Sostienici! Rivista-Impresa-Sociale-Logo-Mini
Fondata da CGM / Edita e realizzata da Iris Network
ISSN 2282-1694
impresa-sociale-3-2024-carlo

Numero 3 / 2024

Editoriale

Carlo

Felice Scalvini

Mi accingo a scrivere questo pezzo, ma una domanda continua a risuonarmi nella mente: “a chi lo faccio rileggere?”, adesso che non c’è più Carlo.

Perché funzionava così: lui rileggeva tutto quello che scrivevo e io una buona parte di quanto scriveva lui. Solo una parte, perché era un tale produttore di testi che non riuscivo a stargli dietro. Anche se sosteneva che in realtà ero un po’ “lavativo”, come diceva quando tardavo a dargli un riscontro su un pezzo sul quale il mio parere gli stava particolarmente a cuore.

Siamo sempre andati avanti così. A mescolare idee, riflessioni, intuizioni, al punto da dirci che non sapevamo più quale delle ipotesi formulata da ciascuno fosse autonoma e quale generata dal nostro dialogo. Così per oltre quarant’anni. Da quella volta in cui tirammo notte tarda, immersi nella prima delle nostre poi infinite discussioni su economia e diritto, cooperazione, impresa sociale, terzo settore e dintorni, trasformazioni sociali… Fu nell’autunno dell’83.

Al Centro Mancini di Foligno, dove con Gino Mattarelli avevamo organizzato uno dei primi seminari nazionali delle cooperative di solidarietà sociale, arrivò questo giovane ricercatore, presidente della Cooperativa Sant’Ignazio di Trento. La sera, salimmo insieme a Trevi, il borgo che domina la zona del Clitunno e, seduti sui gradini di una chiesa nel borgo antico - mentre su e giù per la via si allenavano con gran frastuono i portatori dei carri, in vista del palio di qualche giorno appresso - scoprimmo una sintonia e una naturale vocazione all’intreccio e allo sviluppo condiviso di pensieri e riflessioni che non ci ha più abbandonati.

Per questo ora mi ritrovo un po’ incerto, anche nel raccontare di un itinerario intellettuale del quale ho conosciuto e condiviso i molti passaggi, ma che, proprio per questo, temo di non saper leggere con la lucidità ed il rigore sempre richiesti da Carlo. Però questa è l’introduzione ad un numero della rivista integralmente a lui dedicato, nel quale si intrecciano molte narrazioni e analisi che riguardano vari profili, umani e scientifici. Quindi mi posso limitare ad una riflessione circa il suo modo di essere e a qualche sintetico accenno ad alcune sue iniziative e attività. Il resto della lettura offrirà altri spunti e punti di vista. Per tutti vorrei proporre una chiave interpretativa: quella della “militanza intellettuale”, vissuta da Carlo come un impegno innanzitutto etico e attuato secondo criteri intellettuali, scientifici e operativi rigorosi, senza mai concedersi sconti.

Per lui studiare economia ha significato applicarsi all’esplorazione dei comportamenti umani al fine di comprendere come riconoscerli, valorizzarli e sostenerli in funzione di un obiettivo preciso: la costruzione di un sistema sociale aperto, equo e solidale. In questo stava la “militanza”. Non in un a priori ideologico al quale cercare di ricondurre la propria costruzione intellettuale, bensì nel mettersi al servizio di un’idea della condizione umana, secondo la quale tutte le persone debbono avere la possibilità di condurre al meglio la propria esistenza, potendo contare su un habitat sociale, economico e istituzionale in grado di offrire a tutti, nessuno escluso, adeguate opportunità sulla base delle quali poter scegliere. Dunque, un’idea fondativa di giustizia, libertà e solidarietà.

Si tratta di una chiave di lettura che, negli ultimi decenni, ha acquisito nuove prospettive. Grazie a studiosi come Olstrom, Sen, Dasgupta, Kahneman, Simon e in generale tutti i rappresentanti della behavioral economics, superando la prospettiva dell’homo œconomicus come egoista razionale, si è iniziato a prendere in esame la condizione e il comportamento umano nella sua complessità. Quel misto di egoismo e generosità, razionalità e irrazionalità che determina la variabilità delle scelte e dei comportamenti. In estrema sintesi Carlo, inserendosi in questo filone di pensiero, ha lavorato con la convinzione – e su questo ci ha lasciato uno straordinario corpus di studi e riflessioni – che nella varietà delle istituzioni economiche, ne esistono alcune nate e funzionanti in modo da assecondare, nel rispetto della libertà individuale, i comportamenti migliori delle persone e che suo compito, da studioso di scienze sociali, fosse lavorare affinché all’interno del più generale sistema economico queste istituzioni avessero riconoscimento, legittimazione, valorizzazione.

Per fare ciò riteneva essenziale - anche per la consapevolezza di non essere mainstream nell’epoca della dominanza del pensiero unico finanziario-capitalista - un ancor maggiore rigore scientifico, fatto di osservazione attenta e soprattutto documentata della realtà, anche nei suoi profili complessi e contraddittori, da cui far discendere tesi interpretative attendibili e coerenti in grado di poter fondare proposte di policy puntuali ed efficaci. Il “bene comune”, come fine dell’agire individuale da abilitare attraverso appropriate forme economiche dell’agire collettivo – le organizzazioni - ha rappresentato così la stella polare del suo lavoro intellettuale. Stella che sapeva remota e spesso difficile da decifrare, ma proprio per questo motivo da avvicinare non con superficiali empiti sentimentali, destinati a dissolversi in irrilevanza e oblio, bensì lavorando a un percorso inevitabilmente più lento, ma più sicuro perché costruito su solide fondamenta fattuali e scientifiche.

Dare solidità alle fondamenta: questa può essere la sintesi e la chiave di lettura di un percorso di cui è visibile un metodo ricorrente costruito secondo una sequenza che ha visto un primo approccio a specifiche tematiche, essere sempre seguito dalla creazione di entità strutturate di studi, ricerca ed elaborazione di proposte concrete di cambiamento. I temi di studio e ricerca non hanno rappresentato solamente un’avventura intellettuale e scientifica individuale, ma di volta in volta, sono stati da Carlo portati entro organizzazioni in grado di dare continuità e trasferire sul piano dell’azione politica e di quella formativa le acquisizioni che andavano maturando. Per questo, accanto alla dimensione accademica, si è lavorato in più occasioni alla costituzione centri studi, sempre nati con l’idea di dare forza e struttura al lavoro di approfondimento e sviluppo di specifiche tematiche.

La prima occasione fu, nella primavera dell’1985, quando si tenne ad Assisi la prima conferenza nazionale delle cooperative di solidarietà sociale. Nella memoria di quanti parteciparono, si trattò di un momento fondativo, costruito sullo scoprire di essere in tanti a sperimentare in tutto il paese un modo di sentire e di agire proiettato verso una nuova frontiera dell’azione sociale ed economica. Fu Carlo a ricordarci immediatamente che non sarebbe stato sufficiente il cumulo di emozioni, ma che si doveva studiare il fenomeno, affinché noi stessi, che ci proponevamo di guidarlo, potessimo avere elementi di chiarezza e risconti di realtà. Fu così che partì la prima indagine nazionale sulle cooperative di solidarietà sociale.

Affinché non rimanesse un episodio isolato, ma l’avvio di un lavoro permanente e strutturato, nacque subito dopo il Centro studi CGM, che rappresentò il tentativo di dotare il nascente fenomeno di una guida strategica fondata sul progressivo consolidarsi di saperi adeguati alla ambiziosissima sfida innovativa che intendevamo affrontare. Purtroppo, l’iniziativa fini con l’esaurirsi per varie ragioni, ma per un decennio vi fu una intensa attività di studi e ricerche originali e anticipatori – si pensi ad esempio a quella sul bilancio sociale -, che trovò nella rivista Impresa Sociale un decisivo strumento di diffusione.

Raggiunta con la legge 381 l’istituzionalizzazione della cooperazione, partì la stagione caratterizzata da un focus specifico sull’impresa sociale. L’idea che condividevamo era che, senza una pluralità di forme organizzative, il dispiegarsi dell’azione economica con finalità sociale sarebbe risultato limitato. Carlo, come me, era innamorato della forma cooperativa e molto ha studiato le potenzialità, la duttilità e la resilienza di questa forma, ma credeva anche che la pluralità delle forme giuridiche rappresentasse, in un ordinamento come il nostro, un fattore di libertà che andava garantito anche all’economia sociale.

In questo caso il percorso si svolse in due tappe. Prima a Bruxelles con la nascita di EMES dove, sotto la guida di Carlo, un gruppo internazionale di ricercatori codificò i criteri per la definizione di Impresa sociale che furono poi fatti propri dalla Commissione Europea. EMES continuò poi negli anni a rappresentare un punto di riferimento essenziale che alimentò vari filoni di riflessione nonché l’azione di quanti, nel Parlamento Europeo, nel Comitato Economico e Sociale Europeo, nelle organizzazioni di rappresentanza e nelle commissioni di lavoro promossero e alla fine ottennero l’approvazione del Social Economy Action Plan.

Da Bruxelles il ritorno in Italia si concretizzò nella creazione di Iris Network che, sempre guidata da Carlo, ha rappresentato il punto di riferimento nazionale degli studi sull’impresa sociale, animati attraverso il colloquio scientifico e il workshop annuali, i ricorrenti rapporti nazionali e la ripresa e valorizzazione della rivista Impresa Sociale.

Non va poi dimenticato che nel 1990, col supporto della Fondazione Zancan, realizzò la prima ricerca sul campo – il territorio di Bassano – riguardante il Terzo Settore, iniziando per primo a dare consistenza scientifica ad una prospettiva che poi sarebbe arrivata, in poco più di un ventennio, al Codice del Terzo settore.

E infine la nascita di Euricse, figlia del desiderio di offrire al mondo della cooperazione quel centro studi che gruppi dirigenti nazionali e europei privi di visione non si sono mai impegnati a promuovere, guardandosi bene – a parte l’encomiabile impegno della cooperazione trentina – dal fornire qualsiasi apporto o sostegno a questa iniziativa che Carlo coi suoi collaboratori ha portato ad essere un indiscusso punto di riferimento per quanti a livello globale si occupano di studi in materia cooperativa.

Che l’adagio ricordi come nessuno sia profeta in patria rappresenta una misera consolazione e semplicemente dice quanto lavoro vi sia ancora da fare perché le attività economiche finalizzate al bene comune anziché ad interessi egoistici particolari possano dispiegare appieno le potenzialità che le caratterizzano. Quelle potenzialità che Carlo s’è impegnato in tutti i modi a evidenziare, rispondendo alla propria intima esigenza morale di essere un rigoroso e buon servitore della causa in cui credeva, consegnandoci il mandato di continuare sulla strada da lui intrapresa.

Da questo comune sentire è scaturita la domanda che naturalmente ci siamo posti e da cui questo numero è nato come prima e provvisoria risposta: al di là dell’affetto personale, del ricordo e anche della sensazione di dolorosa assenza, cosa rimane del pensiero di Carlo Borzaga, cosa è destinato ad ispirare gli studiosi che lo hanno conosciuto, hanno letto i suoi scritti e oggi lavorano sulle tematiche dell’impresa sociale? Qual è, quindi, l’eredità intellettuale di Carlo, il lascito di concetti e idee che, al di là dell’interesse per la ricostruzione storica, alimenterà il lavoro di ricerca nei prossimi anni.

Si è consapevoli che questa valutazione andrà formandosi nel corso dei prossimi anni e la stessa Impresa Sociale pubblicherà anche nei prossimi numeri i contributi di altri autori sullo stesso tema; ma quello che si propone qui è una prima rilettura di taluni aspetti del pensiero e della personalità di Carlo Borzaga dal punto di vista di chi oggi studia tematiche connesse all’impresa sociale e analizza cosa, nel suo lavoro, si ispira – per affinità, o anche per differenza – alle elaborazioni di Carlo.

Nella prima parte sono presenti articoli che sviluppano questo tema in forma più strutturata. Galera e Marocchi introducono il numero ricostruendo le successive fasi del pensiero di Carlo Borzaga e individuandone le opere più significative. Gui sviluppa il tema, centrale per Borzaga soprattutto negli ultimi anni della sua produzione, dei diversi meccanismi di coordinamento e dei casi in cui il coordinamento cooperativo risulta vantaggioso, in particolare sviluppando quanto scritto da Borzaga con Tortia in un saggio del 2017. Carpita, Depedri e Tortia ragionano sull’eredità delle ricerche pubblicate da Carlo nel primo decennio del secolo dedicati ai lavoratori nelle imprese sociali. Petrella sviluppa le proprie riflessioni a partire dal saggio scritto da Borzaga nel 2001 con Bacchiega, che analizza le imprese sociali come specifica struttura di incentivo. Mori sviluppa, a partire dalle intuizioni di Borzaga, il tema del rapporto tra mutualità e solidarietà, evidenziando i punti di contatto tra questi due orientamenti. Spear riflette sulle condizioni che portano alla nascita e allo sviluppo di nuova imprenditorialità sociale e Ianes esamina il lavoro di Borzaga dal punto di vista dello storico economico, svelando il profondo interesse di Borzaga per questa disciplina. La sezione si chiude con la recensione, da parte di Luca Fazzi, di Non ho mai smesso di ragionare, opera di Borzaga uscita postuma nel 2024, che costituisce una sorta di suo testamento intellettuale e che dà l’occasione per sviluppare ulteriori riflessioni.

Seguono altri contributi che, seppure in forma meno strutturata, contribuiscono a delineare aspetti del lavoro e della personalità di Carlo. Cristiano Gori immagina cosa Carlo avrebbe detto ad un gruppo di giovani, Zandonai ne tratteggia la figura tra impegno negli studi e vocazione operativa, Santuari ricorda la fondazione di ISSAN – da cui poi nacque Euricse – primo centro di ricerca dedicato all’impresa sociale, O'Shaughnessy richiama alcuni aspetti del lavoro di Borzaga, in particolare sul tema dell’inserimento lavorativo, mentre Arena ne tratteggia la figura tra lavoro di ricerca e impegno civile.

Il numero poi si chiude con la pubblicazione della bacheca di Emes, la rete europea dei ricercatori sul tema dell’impresa sociale, che nei giorni successivi alla morte di Carlo si riempì di ricordi che sono al tempo stesso un omaggio all’amico e allo studioso e una testimonianza degli aspetti più rilevanti della sua opera.

Sostieni Impresa Sociale

Impresa Sociale è una risorsa totalmente gratuita a disposizione di studiosi e imprenditori sociali. Tutti gli articoli sono pubblicati con licenza Creative Commons e sono quindi liberamente riproducibili e riutilizzabili. Impresa Sociale vive grazie all’impegno degli autori e di chi a vario titolo collabora con la rivista e sostiene i costi di redazione grazie ai contributi che riesce a raccogliere.

Se credi in questo progetto, se leggere i contenuti di questo sito ti è stato utile per il tuo lavoro o per la tua formazione, puoi contribuire all’esistenza di Impresa Sociale con una donazione.