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ISSN 2282-1694
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Numero 2 / 2025

Saggi

La sfida del discredito: la risposta strategica del movimento cooperativo sociale a Mafia capitale

Riccardo Maiolini, Francesca Capo, Tommaso Rasmus, Francesco Rullani

Abstract

Questo studio esamina l’impatto dello scandalo Mafia Capitale sul sistema cooperativo italiano e il modo in cui la stigmatizzazione che ne è derivata si è rapidamente diffusa all’intero movimento delle cooperative sociali. La ricerca esplora inoltre i meccanismi attraverso cui il movimento cooperativo ha reagito a questa crisi, volti ad affrontare la stigmatizzazione e ripristinare la legittimità del movimento. Lo studio evidenzia in particolare come il “lavoro istituzionale” messo in opera collettivamente abbia innescato un meccanismo di revisione del modo in cui il movimento traduce i propri principi in modelli operativi, andando a riallineare valori e pratiche, e rimuovendo infine la stigmatizzazione.

Introduzione

Lo scandalo noto come Mafia Capitale, scoppiato alla fine del 2014 con l’arresto di 37 persone con l’accusa di essere parte in un’organizzazione mafiosa[1] legata alla cooperativa “29 giugno” ha rivelato una rete di attività illecite finalizzate al controllo economico e alla manipolazione degli appalti pubblici. Le istituzioni della Pubblica Amministrazione (PA) e le altre organizzazioni del Terzo Settore (come le associazioni di volontariato e di promozione sociale) che avevano strette collaborazioni con il mondo cooperativo, hanno reagito prendendo subito le distanze dalle cooperative; e non solo da quelle coinvolte direttamente, ma da tutto l’ecosistema cooperativo. Le cooperative hanno cercato di limitare la diffusione della stigmatizzazione di cui erano diventate bersaglio e recuperare la loro legittimità prendendo le distanze dalle azioni illegali perpetrate dalle organizzazioni direttamente coinvolte in Mafia Capitale. Tuttavia, questa risposta iniziale si è dimostrata insufficiente: la stigmatizzazione ha continuato a diffondersi, causando una grave interruzione dei rapporti sia con la Pubblica Amministrazione, sia con le altre organizzazioni del Terzo Settore, in particolare nel Lazio, con ripercussioni anche su altre regioni italiane.

In risposta a questa crisi, le cooperative - in particolare le cooperative sociali - hanno quindi iniziato un processo di revisione critica volto a ridefinire i modi in cui i principi e i valori fondamentali del movimento cooperativo sociale venivano tradotti in azioni concrete, innescando un autentico processo di cambiamento. Questo ha portato le cooperative e le loro associazioni di categoria a rivedere le proprie priorità e metodi di lavoro, attenuando progressivamente gli effetti negativi della stigmatizzazione e ristabilendo relazioni con i principali partner.

Il presente studio esamina le strategie messe in atto dalle cooperative sociali, in particolare quelle operanti nel Lazio travolte dallo scandalo di Mafia Capitale, per affrontare la stigmatizzazione, ponendo particolare attenzione al modo in cui queste organizzazioni hanno cercato di ricostruire le relazioni con la Pubblica Amministrazione e il resto del Terzo Settore, ricalibrando le proprie pratiche operative attorno agli obiettivi sociali e ai valori fondanti il sistema cooperativo.

La cooperazione sociale e il suo sistema di relazioni

Il sistema della cooperazione sociale è composto da una rete complessa di cooperative e stakeholder - tra cui i principali sono certamente la Pubblica Amministrazione e il resto del Terzo settore - che si configura come un sistema di relazioni economiche, sociali e istituzionali fortemente interconnesso (Zietsma et al., 2017). Sistemi come questo non sono nuovi in letteratura, dove infatti si è coniato il concetto di field per identificare “reti di organizzazioni che partecipano di un comune sistema di significati e i cui partecipanti interagiscono più frequentemente ed in modo più saliente tra loro che con attori esterni al campo” (Scott, 1995: 56, nostra traduzione). Il movimento cooperativo e la sua collaborazione con la Pubblica Amministrazione e il resto del Terzo Settore sono quindi inquadrabili nel concetto di field.

La letteratura esistente ha già studiato come la trasformazione di interi field possa essere innescata da attori capaci di fare leva su crisi o contraddizioni per riorganizzare il sistema di cui son parte (Zietsma & Lawrence, 2010; Battilana & D'Aunno, 2009). Studi precedenti si sono focalizzati sulle strategie di singoli attori (Battilana et al., 2009) o di gruppi specifici (Vaccaro & Palazzo, 2013) nel plasmare il cambiamento dei loro field. Tuttavia, il ruolo di possibili “azioni difensive”, volte quindi a preservare la legittimità delle organizzazioni esistenti in un contesto di crisi (Zietsma et al., 2017) nella trasformazione di interi field come quelli analizzati in letteratura resta ancora poco indagato. In questo studio andiamo invece ad analizzare come il riposizionamento delle cooperative sociali dopo lo scandalo abbia dato vita a una serie di dinamiche che non solo hanno ridefinito le interazioni tra gli attori coinvolti, ma hanno anche contribuito a riplasmare l’intero field di cui sono parte. La ricerca si propone dunque di indagare le seguenti domande:

  • In che modo l’azione difensiva innescata da una popolazione stigmatizzata all’interno di un field porta al cambiamento degli elementi base del field stesso?
  • In che modo tale cambiamento influenza il ruolo e il comportamento dei diversi attori che operano in quel field?

Per svolgere tale analisi sono state raccolte una serie di evidenze empiriche relative alla storia e alle conseguenze che lo scandalo Mafia Capitale ha avuto su tutto il sistema della cooperazione sociale a livello nazionale, ma con un focus particolare sul Lazio e le cooperative coinvolte nello scandalo direttamente ed indirettamente attraverso il diffondersi della stigmatizzazione. In particolar modo, sono state raccolte ed analizzate 60 interviste svolte con i principali attori del sistema cooperativo sociale, 368 fonti di archivio – documenti strategici, comunicati stampa, report – e 2500 articoli di giornale. Le evidenze mostrano che il sistema cooperativo sociale ha intrapreso un percorso di analisi interna per recuperare legittimità presso la Pubblica Amministrazione e il resto del Terzo Settore, ridefinendo il modo in cui andava a operazionalizzare alcuni dei suoi valori fondanti (Kroezen & Heugens, 2019). Questo processo ha portato a una riorganizzazione di ruoli, pratiche e modelli di interazione, modificando quindi gli elementi materiali del field cooperativo secondo logiche più in linea con la missione sociale originale del movimento (Zietsma et al., 2017).

Gli elementi strutturali di un field

Un field (Scott, 1995) ruota attorno ad una popolazione focale, vale a dire “un aggregato di organizzazioni che si somigliano lungo specifiche dimensioni” (Hannan & Freeman, 1977: 934, nostra traduzione) perché condividono logiche strategiche, modelli comportamentali e rappresentano un modello ideale di riferimento. Attorno alla popolazione focale operano gli stakeholder primari da cui gli attori della popolazione focale dipendono: sono i partner con cui la popolazione focale intrattiene scambi di risorse materiali e immateriali (Zietsma et al., 2017), costruisce relazioni, transazioni economiche, e decisioni politiche, e con cui condivide un “sistema comune di significati” che guida le interazioni (Zietsma et al., 2017). In particolare, questo sistema si basa su una dimensione simbolica o immateriale definita da obiettivi e valori (Zilber, 2006), dove gli obiettivi orientano le azioni dei partner (Evans & Kay, 2008), mentre i valori definiscono i confini dei comportamenti considerati appropriati (Hitlin & Piliavin, 2004).

La popolazione focale è generalmente omogenea, unificata da valori condivisi riflessi in identità e forme organizzative coerenti (Dhalla & Oliver, 2013), ma può suddividersi in nicchie basate su ruoli e posizioni che dipendono da una gerarchia di poteri diversi tra di loro (Greenwood et al., 2002). Gli attori centrali detengono reputazione e potere, mentre quelli marginali possono promuovere valori alternativi, magari allo scopo di guadagnare centralità (Battilana, 2011). In questa dinamica relazionale, i diversi attori che compongono un field possono avere diversi ruoli: vi sono i “gestori” del field, vale a dire gli attori che identificano le pratiche standard (Hardy & McGuire, 2010) e i valori e i principi che definiscono gli attori della popolazione focale; i “mediatori esterni” (Zietsma & Lawrence, 2010), ovvero coloro che cercano di portare nuove pratiche nel field andando ad alterare, in alcuni casi, il focus valoriale della popolazione focale; ed infine i “custodi” (Kroezen & Heugens, 2019), cioè gli attori che difendono i valori fondanti del field, ma che potrebbero essere messi da parte laddove il field stesso cambiasse direzione evolutiva, allontanandosi dai suoi valori originari.

I partner con cui la popolazione focale interagisce, pur guidati dai propri valori (Zietsma et al., 2017), tendono a adattarsi al sistema di significati della popolazione focale durante gli scambi di risorse. Ne consegue che gli elementi valoriali influenzano anche quelli materiali, come pratiche, interazioni ed equilibri di potere (Wooten & Hoffman, 2008; Davis & Marquis, 2005).

Nelle prime definizioni i field erano descritti come entità statiche, con elementi stabiliti da forze inerziali (DiMaggio, 1995; Davis & Greve, 1997). Studi più recenti, tuttavia, mostrano come i field possano trasformarsi, evolversi o ristrutturarsi in risposta a cambiamenti nei loro elementi valoriali e materiali (Mazza & Pedersen, 2004; Reay & Hinings, 2005), portando di conseguenza alla costruzione di scambi tra la popolazione focale e i partner che diventano dinamiche e cambiano nel tempo. Questo approccio dinamico apre spazio a nuove prospettive. Il movimento degli attori tra centro e periferia, ovvero tra governanti, mediatori esterni e custodi, accompagnato da nuovi equilibri di potere, può avviare trasformazioni significative (Battilana, 2011). Attori interni o esterni possono introdurre nuovi elementi o recuperare quelli trascurati (Kroezen & Heugens, 2019; Zietsma & Lawrence, 2010), anche affrontando resistenze strutturali (Vaccaro & Palazzo, 2015).

Questi cambiamenti, di solito, sono maggiormente riscontrabili in field emergenti o frammentati (Purdy & Gray, 2009; Smets et al., 2012), dove shock e contraddizioni aprono spazi per soluzioni alternative (Zietsma & Lawrence, 2010).

Tuttavia, scandali e processi di stigmatizzazione, specialmente se diffusi, possono essere causa di cambiamenti che aprono spazio per la messa in discussione degli elementi fondanti del field. Laddove questo avviene, la letteratura ha individuato l’utilizzo di strategie difensive da parte della popolazione focale per preservare la propria legittimità (Jonsson et al., 2009), avviando processi di recupero o trasformazione dei valori e ridefinendo il modo in cui questi vengono operazionalizzati nelle proprie pratiche.

Stigmatizzazione e trasformazione del field

La stigmatizzazione si verifica quando emerge un'incongruenza tra le aspettative morali di una determinata audience e gli elementi fondamentali di un’organizzazione (Hudson, 2008). Gli elementi soggetti a stigmatizzazione possono essere materiali, come prodotti e pratiche, o valoriali, come obiettivi e principi. Sebbene molti studi abbiano analizzato l’impatto della stigmatizzazione su singole organizzazioni (Hampel & Tracey, 2017), ricerche recenti si concentrano sul trasferimento della stigmatizzazione da quella originariamente stigmatizzata verso organizzazioni che ne condividono alcuni elementi fondanti.

Nel trasferimento della stigmatizzazione, gli attori vengono etichettati negativamente per la somiglianza con l’organizzazione responsabile dello scandalo (Vergne, 2012; Lashley & Pollock, 2019), coinvolgendo sia i membri dell'organizzazione stigmatizzata (Durand & Vergne, 2015), sia i suoi partner (Hudson & Okhuysen, 2009). Se gli elementi condivisi sono materiali, come per esempio specifiche pratiche organizzative, le altre organizzazioni appartenenti al field possono distanziarsene (Tracey & Phillips, 2016). Quando lo stigma deriva da elementi valoriali, o principi condivisi da tutti gli attori che fanno parte della popolazione focale, è necessario uno sforzo morale collettivo. Ridefinire tali valori può mettere in discussione la raison d’être delle organizzazioni (Lashley & Pollock, 2019), scuotendo i fondamenti valoriali dell’intero field, spesso percepiti come non negoziabili (Vaccaro & Palazzo, 2015).

Data l'importanza e la complessità di lavorare sui valori per rispondere alla stigmatizzazione e la scarsa attenzione finora riservata al suo impatto sulla struttura di un field, il contributo che questo articolo porta al dibattito si concentra sul field delle cooperative sociali. In particolare, esamina come le azioni difensive delle cooperative sociali (operanti principalmente nel Lazio e nella provincia di Roma), mirate a riconquistare legittimità, abbiano portato a cambiamenti nelle pratiche di operazionalizzazione di alcuni valori cooperativi in risposta al processo di diffusione della stigmatizzazione successivo allo scoppio dello scandalo di Mafia Capitale.

Contesto e metodo di ricerca: caratteristiche delle cooperative sociali in Italia

Le cooperative in generale sono “associazioni autonome di persone unite in modo volontario per soddisfare bisogni e aspirazioni economiche, sociali e culturali comuni attraverso imprese di proprietà congiunta e controllate democraticamente” (International Cooperative Alliance).

Per quanto riguarda nello specifico le cooperative sociali, queste rappresentano una particolare forma di cooperativa introdotta e regolata dalla legge 381/1991 (con successive modifiche ed integrazioni fino all’ultima riforma del 2017), che si qualifica come particolare forma di società cooperativa finalizzata a perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini.

È fondamentale distinguere tra cooperative tradizionali e cooperative sociali: le prime si concentrano prioritariamente sulla tutela degli interessi dei propri soci, che possono essere consumatori o lavoratori, mentre le seconde hanno come obiettivo principale il supporto a pubblici fragili o alla comunità nel suo insieme. Questa differenza di missione influisce sulle strategie operative e sulle modalità con cui le cooperative interagiscono con il contesto sociale ed economico, ad esempio nel modo in cui interpretano il sistema condiviso di valori codificato nel 1995 nella “Dichiarazione di identità cooperativa” globale a Manchester (Regno Unito), tra cui compaiono i principi di “cooperazione tra cooperative”, di “attenzione specifica per le comunità” e di “controllo democratico da parte dei membri”, che vedremo più nel dettaglio successivamente. Le cooperative sociali perseguono un obiettivo sociale attraverso un’attività economica (Ashforth & Reingen, 2014): competono sul mercato e vendono prodotti e servizi per soddisfare le esigenze dei loro principali beneficiari (clienti o utenti dei loro prodotti e servizi) e quelle della comunità cui appartengono. Dunque, si distinguono per il loro impegno a favore di persone fragili o dell’intera comunità, mirando a generare obiettivi sociali più ampi, ed operano dal lato economico in modo puramente strumentale. Non a caso, fanno parte dell’insieme di organizzazioni che in letteratura sono considerate “nonprofit organizations” (e.g., Vigano e Salustri, 2015; Defourny and Nyssens, 2013; Borzaga & Defourny, 2011), in cui l’attività economica non è un fine, ma un mezzo.

Le circa 100.000 cooperative attive in Italia rappresentano la popolazione complessiva del sistema cooperativo italiano, all’interno del quale le cooperative sociali costituiscono una componente specifica e rilevante. L’intero settore cooperativo, che comprende cooperative di consumo, di produzione, agricole, di lavoro e sociali, generava nel 2015 un fatturato aggregato di 82 miliardi di euro e un valore aggiunto di 28,6 miliardi di euro, pari al 4% del valore aggiunto totale prodotto da organizzazioni private in Italia (Borzaga, 2018; Istituto Nazionale di Statistica, 2019). In Italia, la maggior parte delle cooperative è rappresentata da due principali Associazioni Nazionali di Categoria, i “gestori del field”, Legacoop e Confcooperative, che insieme includono 31.000 cooperative e oltre 9,5 milioni di soci. I rappresentanti delle associazioni, eletti democraticamente dai soci, riflettono il valore del “controllo democratico dei soci.” (ICA, 1995) Organizzate territorialmente, queste associazioni promuovono partnership tra cooperative, in linea con il valore della “collaborazione tra cooperative,” (ICA, 1995) e forniscono servizi di supporto a livello locale. Di conseguenza, le cooperative italiane condividono obiettivi e valori comuni, interagendo frequentemente tra loro.

Con riferimento specifico alle cooperative sociali, nel 2024 si contano circa 14.000 realtà attive che operano nell’ambito dei servizi alla persona o dell’inserimento di lavoratori svantaggiati, occupano complessivamente oltre 500.000 persone e generano un fatturato di circa 17 miliardi di euro, pari a circa lo 0,7% del PIL italiano (Marocchi, 2024). Le cooperative sociali operano principalmente in collaborazione con le Pubbliche Amministrazioni (PA) e con organizzazioni del Terzo Settore, che rappresentano storicamente i loro principali partner nei settori del welfare, della sanità e dell’inclusione lavorativa. Un partner cruciale è rappresentato dalla pubblica amministrazione (PA), insieme agli altri Enti di terzo settore (quali ad esempio le Organizzazioni di volontariato, le Associazioni di promozione sociale), e altre istituzioni non profit.

Sebbene il settimo principio dell’ICA (1995) – “l’attenzione per la comunità” – sia applicabile a tutte le forme di cooperazione, nel caso delle cooperative sociali questo principio rappresenta l’asse fondante del loro agire. In coerenza con tale valore, le cooperative sociali svolgono un ruolo chiave nella progettazione e nella fornitura di servizi sociali e sanitari che vengono esternalizzati dalle Pubbliche Amministrazioni a livello locale (Borzaga, 2018).

A partire dalla fine degli anni Settanta le cooperative sociali italiane svolgono un ruolo centrale nella gestione dei servizi sanitari e assistenziali diventando tra l’altro destinatarie di una quota consistente dei servizi (Borzaga, 2018). Fino all'inizio degli anni Novanta, la PA poteva destinare risorse significative e crescenti ai servizi assistenziali e sanitari, ed era abituata ad affidare tali risorse tramite affidamento diretto principalmente a cooperative sociali, in vista del loro riconosciuto impegno sociale. Nel corso dei decenni, l'Italia ha sperimentato un drammatico aumento del debito pubblico che ha causato una “crisi del welfare” (Maino & Ferrera, 2017) cambiando il modo in cui la PA gestisce gli appalti. Parallelamente, le normative europee hanno incoraggiato l’Italia a adottare un approccio più competitivo e orientato al mercato nella gestione di servizi assistenziali e sanitari. Di conseguenza, le PA hanno iniziato ad assegnare i servizi prima tipicamente affidati alle cooperative sociali attraverso contributi o convenzioni basati su criteri di qualità, sostenibilità finanziaria e costo complessivo (Maino, 2019). Questo cambiamento ha portato le cooperative sociali a dover bilanciare l’impatto sociale dei propri servizi con la sostenibilità economica, necessaria per partecipare e competere efficacemente nelle gare pubbliche (Andreaus, 2002). Nel corso degli anni, si è pertanto assistito, anche con riferimento alla cooperazione sociale, a significativi processi di aziendalizzazione e a una progressiva pervasività, almeno in alcune esperienze, della dimensione economica rispetto ad altre priorità. In particolare, l’applicazione sempre più diffusa della logica della concorrenza ha modificato in modo sostanziale la natura dei rapporti tra enti pubblici e cooperative sociali. Se nella fase iniziale dello sviluppo della cooperazione sociale questi rapporti erano prevalentemente ispirati a un paradigma collaborativo, fondato sul riconoscimento del valore sociale delle cooperative e sulla loro capacità di cogliere i bisogni delle comunità locali, con l’introduzione delle gare pubbliche e dei meccanismi concorrenziali tali relazioni si sono trasformate, assumendo una logica competitiva. Questo ha richiesto alle cooperative sociali di adattarsi a criteri di efficienza economica e sostenibilità finanziaria, spostando gradualmente l’attenzione dalla missione sociale alla performance di mercato.

È in questo contesto che, nel 2014, è emersa l’attività illecita della cooperativa sociale “29 Giugno”, attiva a Roma e nel Lazio, coinvolta in attività illegali legate all’assegnazione degli appalti. L’inchiesta ha fatto luce su una rete di cooperative connesse che condividevano parte delle pratiche illecite. L’intero field delle cooperative sociali è finito sotto accusa, alimentando una generalizzata stigmatizzazione del movimento cooperativo. (e.g., Gori, 2024; Marocchi, 2020).

Raccolta dati e analisi

Per analizzare come un field si trasformi in seguito alle azioni difensive della sua popolazione focale contro la stigmatizzazione, abbiamo esaminato i dati relativi al caso di Mafia Capitale (MC) e al suo impatto sul field delle cooperative sociali. La maggior parte dei dati copre il periodo 2014-2019: dal momento in cui lo scandalo è emerso fino a quando la popolazione cooperativa – sociale in primis – è riuscita a attenuare gli effetti negativi della stigmatizzazione. Abbiamo inoltre integrato l’analisi con dati precedenti al 2014, per comprendere le caratteristiche del field prima dell’indagine MC. Di seguito, descriviamo in dettaglio le fonti dei dati e il loro utilizzo nel nostro studio.

Articoli di giornale: Nel 2018 abbiamo analizzato la copertura mediatica di MC (2014-2019) per individuare cause, effetti e attori coinvolti. Lo scandalo ha colpito non solo le cooperative sociali implicate, ma l'intera popolazione cooperativa. Abbiamo esaminato il ruolo delle Pubblica Amministrazione e del resto del Terzo Settore nella stigmatizzazione, e le reazioni pubbliche delle cooperative e delle loro associazioni, con attenzione alle strategie adottate contro lo stigma.

Interviste: Tra il 2018 e il 2020 abbiamo condotto interviste con cooperative sociali, associazioni di categoria ed esperti, utilizzando un campionamento mirato e a valanga (Patton, 2002). La selezione degli intervistati è stata avviata partendo dai Presidenti delle associazioni di categoria delle due principali centrali cooperative, includendo sia i Presidenti dell'intera associazione nazionale sia quelli specifici del settore sociale. A cascata, attraverso un processo di selezione a cascata, abbiamo intervistato rappresentanti di cooperative sociali direttamente o indirettamente coinvolte nella gestione dello scandalo e della stigmatizzazione. Abbiamo inoltre intervistato i commissari della cooperativa 29 Giugno, i soci di altre cooperative sociali e i rappresentanti dei principali consorzi che, nel corso delle indagini, sono stati toccati dall'inchiesta, anche solo come soggetti informati sui fatti. Infine, sono stati raccolti i contributi dei membri di una task force istituita dopo il commissariamento di una delle due centrali cooperative, includendo i rappresentanti delle cooperative sociali coinvolte. Le interviste, registrate e trascritte, chiarivano: i) le caratteristiche del field prima di MC; ii) le reazioni alla stigmatizzazione; iii) l'impatto delle reazioni sul field. Inizialmente disorganizzate, il coding delle risposte ci ha permesso di consolidare concetti fondanti come i valori cooperativi “controllo democratico,” “cooperazione” e “attenzione alle comunità.” Successivamente, il protocollo di intervista è stato adattato per approfondire l’applicazione dei valori prima e dopo MC, il loro ruolo nella difesa contro la stigmatizzazione e la percezione di PA e TS.

Dati di archivio: Abbiamo raccolto 214 documenti (2014-2019) dalle principali associazioni di categoria, incluse relazioni, articoli e comunicati stampa. Questi dati hanno ricostruito la storia del field. Abbiamo poi triangolato le informazioni delle interviste, migliorandone credibilità e affidabilità (Pratt et al., 2020; Patton, 2002). I resoconti delle riunioni hanno rivelato come il field abbia reagito e si sia trasformato, e hanno permesso di identificare i momenti chiave utili ad analizzare MC, definire le strategie difensive delle cooperative e descrivere la trasformazione del field.

Tabella 1 tipologia di dati utilizzati per la ricerca

 Tipologia dati

# documenti

Interviste

60

Rassegna stampa

1200

Atti giudiziari ed intercettazioni

6

Registrazioni audio Processo

47

Documenti programmatici/strategici

74

Comunicati Stampa

20

Tweet

2200

Dossier Mafia nel Lazio

1

Audizioni Commissione Antimafia

4

 

Abbiamo continuato a raccogliere dati fino a quando non abbiamo raggiunto la data crystallization (Janesick, 2000), cioè fino a quando i nuovi dati non hanno confermato le intuizioni precedenti e la nuova raccolta di elementi non ci ha più fornito informazioni utili per la costruzione della teoria (Strauss & Corbin, 1990).

Seguendo un approccio analitico induttivo (Langley, 1999; Gioia, Corley, & Hamilton, 2013), abbiamo adottato un processo iterativo per trasformare i dati grezzi in interpretazioni teoriche, alternando evidenze empiriche e teoria. Due autori hanno utilizzato NVivo per la codifica aperta e assiale (Miles & Huberman, 1994), confrontando i codici con la letteratura sulla stigmatizzazione e la trasformazione settoriale. Eventuali disaccordi sono stati risolti tramite discussioni tra gli autori e consultazioni con gli altri due coautori.

Per maggiore chiarezza, il processo di analisi è suddiviso in tre fasi.

Prima fase: Resoconto empirico. Abbiamo utilizzato la mappatura visiva (Langley, 1999) e la grounded theory (Gioia et al., 2013) per identificare temi empirici e mappare le interazioni tra cooperative, associazioni di categoria e key partners (PA e TS) prima e dopo MC, sviluppando una cronologia degli eventi chiave.

Seconda fase: teorizzazione. Interpretare teoricamente la trasformazione del field cooperativo dopo MC si è rivelato complesso, portandoci a un'analisi abduttiva basata su interviste e documenti, confrontata con studi sulla stigmatizzazione (Vergne, 2012) e sulla trasformazione del field (Battilana, 2006). Abbiamo trovato fondamentale poter usare il concetto di field per identificare il movimento cooperativo come un sistema di organizzazioni con una popolazione focale (Purdy & Gray, 2009), unita attorno a significati e valori comuni (Zietsma et al., 2017; Kroezen & Heugens, 2019) condivisi con PA e TS.

Terza fase: Process Model. Dopo aver sviluppato le categorie concettuali, le abbiamo integrate in un “modello di processo” che desse conto della struttura relazionale tra i costrutti identificati. La Figura 1 illustra il modello di processo di ricerca

Figura 1. Il processo di ricerca

Risultati

La struttura del field italiano delle cooperative prima di MC

La crisi del welfare giunta al suo apice alla fine degli anni Novanta e la crisi economica dei tardi anni duemila hanno ridotto le risorse messe a disposizione delle PA per i servizi di welfare. Per riuscire a muoversi in un mercato sempre più competitivo, le cooperative sociali hanno dovuto, secondo il parere degli intervistati, spostare il focus delle attività verso un modello economicamente efficace ed efficiente, a scapito, in alcuni casi, dell’interesse generale e dei pubblici maggiormente vulnerabili.

[Tra il 2008 e il 2013] c'è stata una riorganizzazione delle caratteristiche degli appalti pubblici che ha portato a tagli nei servizi ai beneficiari, in particolare alle categorie svantaggiate, che hanno bisogno di più ore di assistenza. Ciò ha causato, di fatto, una riorganizzazione [dei modelli di business e delle strategie interne] per ridurre le spese. (Presidente, Cooperativa #2 — Intervista)

La priorità data agli obiettivi economici ha influenzato sia la concettualizzazione dei valori fondamentali del sistema cooperativo sia la loro traduzione in elementi materiali. Questo processo ha inciso su: (a) ruoli, posizioni e relazioni di potere tra le cooperative sociali; (b) pratiche e modelli di interazione con PA e altri attori del TS. Ad esempio, il valore della “cooperazione tra cooperative” è stato interpretato principalmente come creazione di partnership commerciali per sostenersi finanziariamente e ottenere risultati economici, piuttosto che come strumento per amplificare l'impatto sociale:

Essendo originariamente un sistema difensivo (per proteggere i guadagni delle persone socialmente svantaggiate), ci siamo sempre sostenuti a vicenda, anche dal punto di vista finanziario. Ma a un certo punto [all'inizio della recente crisi del welfare] abbiamo sottolineato soprattutto questo aspetto [del sostegno finanziario]. (Manager #1, Associazione Nazionale #1—Intervista)

Questa concettualizzazione del valore in senso economico è stata materialmente resa operativa conferendo agli organi di governo (Zietsma et al., 2017) – le associazioni di categoria – il ruolo chiave di coordinatore delle partnership commerciali tra cooperative sociali, per rafforzare la loro forza contrattuale ed il loro potere di mercato. Le associazioni di categoria hanno contestualmente ridotto l’attenzione al sostegno di collaborazioni tra cooperative sociali che miravano a realizzare iniziative innovative e di impatto sociale:

La cooperazione tra le cooperative non è un elemento aggiuntivo alla natura di una cooperativa. Piuttosto è una parte significativa della sua stessa natura... Il compito principale dell'associazione di categoria è ... favorire le collaborazioni tra cooperative per favorire l'innovazione di prodotti, servizi e processi, promuovere la creazione di un marchio comune, sostenere la competitività delle cooperative, facilitare l'ingresso sul mercato e l'accesso ai mercati del credito. (Comunicato stampa, Associazione Locale di Categoria #1—Dati d'archivio)

La “cooperazione tra cooperative” è stata prevalentemente interpretata in termini economici, favorendo pratiche volte a rafforzare il potere di mercato, come l’organizzazione in consorzi per ridurre i costi e risultare più competitivi in occasione di appalti pubblici, guidati dalle cooperative sociali più influenti.

Tuttavia, alcune cooperative sociali, definibili come “custodi” (Kroezen & Heugens, 2019), hanno cercato di promuovere partnership finalizzate a promuovere una migliore qualità dei servizi o a orientare l’azione sociale verso valori condivisi. Nonostante questi sforzi, i custodi hanno inizialmente avuto un’influenza limitata, restando marginali nel field. Come un intervistato ha ricordato:

[Era da qualche tempo prima di MC] che, rispetto ad altre cooperative, avevamo fatto scelte diverse... e mantenuto l'attenzione sulle persone emarginate, non sui guadagni ... questo in qualche modo ci ha isolato. (Presidente, Cooperativa #3 — Intervista)

Mentre le cooperative sociali creavano aggregazioni per rafforzare la propria posizione in sede di appalti pubblici, agivano anche per ridurre al minimo la concorrenza nei territori in cui operavano. In effetti, la priorità data agli obiettivi economici aveva portato a considerare le comunità come mercati in cui le cooperative dovevano massimizzare il valore economico raggiungibile piuttosto che come territori da coltivare attraverso iniziative sociali:

L'idea [prima dello scandalo MC] era che ogni cooperativa avrebbe investito nel proprio territorio e creato le proprie relazioni e reti al suo interno, in modo tale che questo territorio diventasse “il suo” e consentisse alla cooperativa di ottenere [leciti] rendimenti da quell'investimento. (Presidente, Cooperativa #2 — Intervista)

Le cooperative sociali hanno operazionalizzato questa concettualizzazione del valore economico dando alle associazioni di categoria il compito di “proteggere in qualche modo tutte le cooperative associate dalla concorrenza” (Presidente, Cooperativa#2 - Intervista) in modo che solo una cooperativa in ciascun territorio partecipasse al bando di gara lanciato dalla PA locale.

In questo contesto, il valore “interesse per la comunità” ha coinciso con l’affermazione sul mercato, mettendo in secondo piano il conseguimento di obiettivi sociali e indebolendo il legame con il tessuto di TS locale.

La collaborazione tra cooperative e [altri soggetti del Terzo Settore] si basa sulla creazione di un impatto sociale. È chiaro che non appena le cooperative enfatizzano le prestazioni del mercato, molte organizzazioni associative o di volontariato non vogliono più lavorare con le cooperative. Il motivo è semplice: queste organizzazioni sono vicine alle persone ... Quindi, sicuramente, a un certo punto, hanno tagliato le relazioni [Esperto del movimento cooperativo #1—Intervista].

Le cooperative sociali che abbiamo definito “custodi” hanno cercato di difendere gli scambi con gli altri enti del TS. Tuttavia, queste cooperative sociali avevano perso da tempo la loro centralità dentro la popolazione focale, e svolgevano solo il ruolo di custodi di valori ormai marginalizzati.

La spinta verso obiettivi economici ha inoltre influenzato l’operazionalizzazione del valore della “cooperazione tra cooperative”, intesa come collaborazione tra cooperative volta a stabilire il controllo del mercato a livello territoriale, e di quello della “attenzione specifica per la comunità”, interpretato principalmente attraverso il conferimento di un maggiore potere decisionale alle cooperative sociali con migliori risultati economici e maggiore potere di mercato. Come affermato da un Presidente di associazione:

“Quelle cooperative che mostravano risultati economici e potere di mercato erano anche quelle che definivano le regole del gioco” (Presidente #1, Associazione Locale di Categoria #2).

Questa dinamica ha rafforzato uno specifico equilibrio di potere, allentando il controllo diretto delle associazioni di categoria sulle modalità di collaborazione tra cooperative. Una volta ottenuta la partecipazione formale da ciascuna cooperativa sociale ad eventuali raggruppamenti strategici per la partecipazione a gare, le associazioni, in alcuni casi, non intervenivano ulteriormente, riducendo così il controllo e indebolendo i modelli di interazione tra cooperative e associazioni. Analogamente, anche le PA hanno concesso piena autonomia alle cooperative sociali per quanto riguarda la gestione delle modalità di ripartizione delle aggregazioni, purché potessero condurre gli appalti pubblici rispettando il bilancio loro assegnato. Nel corso del tempo si è quindi affermato il concetto di “delega” e le decisioni hanno iniziato a essere prese da un numero ridotto di cooperative. Le cooperative sociali delegate godevano di grande considerazione, in virtù del loro potere economico. Questo, insieme alla capacità di queste cooperative delegate di vincere e gestire gli appalti pubblici, spiega perché le PA hanno finito per dare molto credito a tali cooperative (Esperto del movimento cooperativo #1—Intervista)

In sintesi, prima dell'inchiesta MC, le cooperative sociali che si erano affermate sul mercato mettendo al primo posto l'obiettivo economico a discapito degli obiettivi sociali avevano assunto un ruolo centrale nel field, in virtù dei loro modelli di interazione con le PA forti e orientati all’aspetto economico, e dell'influenza che avevano all'interno delle associazioni di categoria e su altre cooperative. Nel frattempo, le cooperative che erano più orientate al sociale – o perché agivano come custodi dell'obiettivo sociale, o perché difendevano le partnership con gli altri enti del TS – venivano emarginate.

L'inchiesta MC e la stigmatizzazione della popolazione cooperativa

La struttura economicamente orientata del field cooperativo ha permesso alla cooperativa sociale 29 Giugno di acquisire crescente centralità e potere di mercato nel Lazio. Fondata nel 1985, e inizialmente attiva nella gestione degli spazi verdi, la 29 Giugno è diventata una delle più grandi cooperative italiane. Nel 2014 ha registrato ricavi superiori a 50 milioni di euro, stipulando contratti con vari comuni, principalmente a Roma e in altre città laziali. Le sue dimensioni e i rapporti con le pubbliche amministrazioni le hanno permesso di mantenere continuità negli appalti pubblici, diventando un modello di successo economico per altre cooperative e un interlocutore chiave per la PA. Come ha ricordato il presidente di un'associazione di categoria:

La 29G è stata apprezzata non a causa delle sue finalità sociali, ma per la sua capacità commerciale. Le sue dimensioni hanno aiutato nella sua interazione con le PA, perché le dimensioni spesso vanno di pari passo con l'affidabilità. L'idea è che le piccole cooperative non possano affrontare specifici tipi di servizi e sfide; non possano gestire appalti pubblici significativi; non possiedano quelle caratteristiche per così dire “imprenditoriali” che permetterebbero loro di garantire risposte efficienti. 29G le aveva. (Presidente #1, Associazione Nazionale di Categoria #1—Intervista)

Questo riconoscimento aveva permesso alla 29G di gestire le partnership commerciali con altre cooperative da una posizione di forza, da una parte dando a queste ultime la possibilità di accedere a quote di mercato, dall’altra mantenendo la propria supremazia economica. Un Presidente di cooperativa sociale ha ricordato:

Le cooperative che partecipavano ai consorzi vigilati da 29G erano numerose. Un esempio tra tutte “Beta”: hanno riposto la loro fiducia in [29G] perché aveva permesso loro di vincere appalti pubblici ... [29G] ha fatto proposte del tipo: “Se collabori con noi per presentare offerte per questo contratto di appalto pubblico, divideremo [i territori da gestire] 50-50”. (Presidente, Cooperativa #3 — Intervista).

L'ampio riconoscimento della 29G come attore economicamente di successo – combinato con la conseguente delega data alla cooperativa sociale dai gestori del field ed esercitata al di fuori di un sistema di controllo democratico – ha permesso alla 29G di acquisire una grande autonomia strategica e operativa. Non solo le singole cooperative sociali, ma anche le associazioni di rappresentanza (e talvolta la stessa pubblica amministrazione) si ponevano in posizione di fatto subordinata a fronte del potere commerciale della 29G, che traeva la sua legittimazione dalla capacità di assicurare significativi risultati economici positivi per sé stessa e per i suoi partner:

All'interno dei rapporti contabili [della Associazione Nazionale di Categoria], i controlli sono basati su documenti. [...]. Quando una cooperativa vince un appalto pubblico e cresce in termini di business, noi la sosteniamo. (Commissione Parlamentare d'Inchiesta sul Fenomeno della Mafia e sulle altre Associazioni Criminali dal Presidente #1 dell'Associazione Nazionale di Categoria #1, Aprile 2015 – Dati d’archivio).

La libertà operativa della 29G ha permesso al suo Presidente di affiancare alle attività legali una serie di azioni illegali, tra cui “associazione mafiosa, corruzione, partecipazione ad appalti collusivi e trasferimento fraudolento di denaro” (documento del Tribunale, luglio 2017). Questi reati hanno portato, all'inizio del 2015, all'arresto e alla condanna del Presidente stesso e di funzionari pubblici e di altri imprenditori.

Lo scandalo, noto come “Mafia Capitale” (MC), ha avuto un’ampia copertura mediatica a causa della visibilità degli attori coinvolti e del loro impatto sul sistema economico e politico italiano. Il termine MC enfatizzava il ruolo del sistema cooperativo romano come centro di una rete di pratiche illegali con caratteristiche simili a quelle mafiose. I media hanno stigmatizzato sia la 29G sia la sua gestione, non solo per l’illegalità delle pratiche, ma anche per aver mascherato tali attività sotto un'apparenza di impegno sociale, rendendo lo scandalo ancora più eclatante.

“Chissà cosa devono aver pensato i poliziotti che fecero irruzione alla 29G quando hanno si sono trovati davanti il capo indiscusso della cooperativa, colui che l’aveva fondata quasi 30 anni prima. Ora lui è in carcere accusato di essere uno dei cervelli dietro MC [...]. Per decenni 29G è stato sinonimo di solidarietà, bene sociale e riconoscimento politico. Ora, tutto questo è svanito. (Giornale, Corriere della Sera, dicembre 2014 —Dati d'archivio).

Come conseguenza della copertura mediatica, PA e TS hanno immediatamente stigmatizzato e tagliato i legami con la 29G, temendo che qualsiasi associazione con questa cooperativa sociale potesse danneggiare anche loro:

La nostra associazione [...] — alla luce delle indagini della Procura di Roma — approva con forza la decisione delle PA di Roma di sospendere, come misura preventiva, tutte le trattative in corso con 29G. [...] Queste decisioni sono necessarie per salvaguardare sia i cittadini che l'amministrazione. (Quotidiano Il Faro, dicembre 2014 — Dati d'archivio).

È interessante notare che, sebbene la stigmatizzazione abbia inizialmente colpito l'unica cooperativa sociale coinvolta in attività criminali, ha rapidamente finito per colpire l'intera popolazione della cooperazione sociale del Lazio ed ha avuto ripercussioni anche nelle altre regioni italiane. Dal momento che la 29G era un attore ben noto, con cui la maggior parte delle cooperative sociali mirava a collaborare, sembrava plausibile che tutte le cooperative sociali potessero essere impegnate in attività illegali, a prescindere dalla realtà di queste credenze. Le PA erano scettiche, infatti, sull'accettabilità dei comportamenti delle cooperative:

Le PA e altri attori facevano domande del genere: “Che tipo di rapporto hai con 29G?” tutti si ponevano queste domande (Presidente #1, Associazione Nazionale di Categoria #1—Intervista).

Di conseguenza, subito dopo lo scandalo MC, le PA hanno abbandonato qualsiasi tipo di partnership con la maggior parte delle cooperative, soprattutto nel Lazio. Eccone un esempio:

Il Ministero della Giustizia annullerà i workshop sul lavoro gestiti da cooperative all'interno di 10 carceri italiane. Una scelta che può essere letta come la conseguenza dell'indagine sulle cooperative a Roma (Giornale, Vita Magazine, dicembre 2014 —Dati d'archivio).

Le altre organizzazioni del TS collegavano la maggior parte delle cooperative a comportamenti moralmente discutibili, anche se non esplicitamente illegali, e quindi arrivavano a stigmatizzare la popolazione cooperativa (quasi) nella sua interezza. Come ha affermato il presidente di un'associazione di volontariato:

Anche l'associazione “Gamma” (con sede a Milano) fa eco all'associazione “Delta” di Milano: “Da anni, insieme a molte altre realtà, segnaliamo che in Italia si pretende che fenomeni previsti, prevedibili e di lungo periodo siano emergenze... Ora viene fuori che un grumo denso e appiccicoso composto da politici, cooperative, clientele e mafiosi si approfittava di questa gestione dell'emergenza” (2014 — Dati d'archivio).

Reazione individuale e materiale delle cooperative sociali alla stigmatizzazione

La stigmatizzazione, il taglio delle risorse che arrivavano dalle PA e la chiusura ad ogni forma di scambio e relazione da parte delle altre organizzazioni del TS, rappresentavano una minaccia esistenziale per molte cooperative sociali:

Gli effetti delle indagini, e il conseguente alto profilo dato loro dai media, hanno colpito il sistema cooperativo nella sua interezza, anche se l'impatto è stato più forte nella regione Lazio, causando danni economici e reputazionali (Report Introduttivo dell’Associazione Locale di Categoria del Presidente #1, marzo 2017 —Dati d'archivio).

La prima reazione delle cooperative sociali allo scandalo MC fu quindi di shock e sorpresa, poiché “nessuno avrebbe mai immaginato che qualcosa del genere potesse accadere” (Presidente #1, Associazione Locale di Categoria #1 – Intervista). Tuttavia, presto si resero conto della necessità di distinguersi dalla 29G per recuperare legittimità agli occhi di PA e TS e preservare le relazioni con loro (Presidente #1, Associazione Nazionale di Categoria #1 – Intervista).

Inizialmente, le cooperative sociali reagirono individualmente, utilizzando elementi materiali per prendere le distanze da 29G e dai suoi comportamenti illeciti. Nel 2015, molte cooperative sociali dichiararono pubblicamente di non essere coinvolte in attività mafiose e di essere vittime dello scandalo (Intervista al Presidente della Cooperativa “Gamma” – 2015). Oltre a evidenziare la propria estraneità, rafforzarono l'integrità delle proprie pratiche economiche.

Le associazioni di categoria adottarono un approccio simile, dissociandosi da 29G e da qualsiasi attività illecita. Espulsero manager e cooperative sociali coinvolti nello scandalo e si presentarono come parti civili nei processi, dichiarandosi vittime piuttosto che complici. Questo atteggiamento mirava a tracciare una chiara linea di demarcazione tra le associazioni e le pratiche illegali, dimostrando il loro ruolo di promotori di comportamenti legali:

Gli eventi di Roma sono gravi – come spiega il Presidente #2 dell'Associazione Nazionale Categoria #1 – e abbiamo preso misure adeguate: abbiamo sospeso dagli enti associativi coloro che sono sotto inchiesta e coloro che sono stati arrestati, e abbiamo chiesto alle cooperative di cui fanno parte di prendere decisioni simili. Inoltre, come Associazione Nazionale Categoria #1, saremo una parte civile nel processo. Detto questo, tuttavia, il sistema cooperativo è onesto (Comunicato stampa, Associazione Nazionale Categoria #1, dicembre 2014 —Dati d'archivio).

Tuttavia, questa reazione, implementata individualmente dalle cooperative sociali e basata su elementi prettamente materiali, operativi, si è rivelata inefficace nell'affrontare la stigmatizzazione. Le PA associavano ancora l'intera popolazione cooperativa alla 29G ed erano riluttanti a firmare contratti con le cooperative:

C'è stato un graduale e abbastanza consistente aumento dei pregiudizi [contro di noi] che si è tradotto in diverse azioni concrete. Ad esempio, nell'ambito dei mercati pubblici di Roma, molti appalti pubblici sono stati affidati a soggetti che provenivano dall'esterno, danneggiando in questo modo le cooperative che storicamente fornivano quei servizi (Presidente #2, Associazione Locale di Categoria #2—Intervista).

Anche le altre organizzazioni del TS stigmatizzavano le cooperative e le trattavano con scetticismo, in questo caso perché non riuscivano a vedere chiari segnali di discontinuità con il passato:

L'associazione “Epsilon” dichiara: per quanto riguarda oggi, le notizie giudiziarie riportano che alcune cooperative che avrebbero dovuto salvaguardare i più deboli e fornire servizi chiave (dall'assistenza domiciliare ai servizi ambientali alle pulizie) stavano cinicamente speculando appropriandosi indebitamente di enormi quantità di denaro pubblico da servizi dedicati ai cittadini. Chiediamo al settore non profit di riconoscerlo e di consentire la creazione di condizioni in grado di escludere le persone disoneste e impedire che qualcosa di simile accada di nuovo. Siamo noi che dobbiamo reagire (Comunicato stampa Associazione Epsilon, aprile 2015 —Dati d'archivio).

Reazione collettiva e materiale delle cooperative sociali alla stigmatizzazione

L'inefficacia delle reazioni individuali delle cooperative sociali alla stigmatizzazione le aveva convinte della necessità di dover mettere in atto una reazione collettiva. Il primo passo in questa direzione è stata la creazione nel 2015 di una task force di cooperative operanti nel Lazio ed in particolare nel comune di Roma a seguito del commissariamento delle due centrali romane. I componenti sono stati nominati con l'obiettivo di coordinare una strategia comune per l'intera popolazione delle cooperative sociali, soprattutto del territorio romano, al fine di gestire lo strappo relazionale con PA e TS.

La task force cominciò il proprio lavoro in qualità di coordinatore della reazione delle cooperative sociali alla stigmatizzazione, cercando immediatamente di coinvolgere le singole cooperative del territorio e di ricostruire relazioni anche con le associazioni di categoria. Le realtà selezionate includevano non solo quelle cooperative che avevano sempre svolto un ruolo attivo nell'associazione di categoria, ma anche quelle che si erano trovate ad essere emarginate perché più critiche nei confronti dell'attenzione del movimento cooperativo allo specifico obiettivo economico: questi custodi dell'obiettivo sociale volevano e potevano difendere i rapporti di scambio con PA e TS originali, ed avevano accettato di partecipare perché intravedevano un'opportunità per aprire un dialogo con altri attori del field e influenzarli con la loro visione orientata al sociale. Come ha ricordato il presidente di una di queste cooperative sociali:

Ho ricominciato a collaborare [con l'associazione di categoria], dopo anni, nello stesso esatto momento in cui quel gruppo [la task force] è stato creato. Un gruppo di quel genere stimolava le cooperative a riaprire la discussione sull'Associazione Locale di Categoria #1. (Presidente, Cooperativa #1 — Intervista).

Tuttavia, le prime azioni volte a reagire collettivamente alla stigmatizzazione non hanno riguardato la ridefinizione degli obiettivi delle cooperative sociali. Ad esempio, la prima azione fu un comunicato stampa (firmato dalle cooperative sociali rappresentate nella task force e da altre che volontariamente decisero di aderire) che dichiarava esplicitamente la disapprovazione unanime delle cooperative per le pratiche illegali eseguite da 29G durante la partecipazione a gare d'appalto. Questo comunicato evidenziava l'impegno collettivo e preciso delle cooperative a stabilire nuovi modelli di interazione volti a prevenire qualsiasi illecito all'interno del field, anche attraverso il ruolo di supervisione degli organi direttivi:

Le cooperative rifiutano e condannano ogni tipo di estorsione, usura o altre tipologie di reato messe in atto da organizzazioni criminali e mafiose, e collaborano con autorità e istituzioni segnalando, con l'assistenza delle associazioni di categoria, ogni caso di attività illecita in cui figurino come soggetti passivi (Libro bianco, Ministero della Giustizia, 2015 —Dati d'archivio).

Inoltre, le associazioni di categoria provarono a trasmettere l'impegno di tutte le cooperative sociali nell’adozione di pratiche pienamente conformi ai meccanismi di mercato, come richiesto dalle gare per gli appalti pubblici:

Le associazioni di categoria hanno pensato che riaffermare la disponibilità ad accettare concorsi, bandi, rotazioni, e tutte queste attività parte del bando per gli appalti pubblici, fosse un modo per riaffermare i criteri di legalità e quindi difendersi dalla potenziale accusa di coinvolgimento [in attività criminali e illegali] (Presidente, Cooperativa #1 — Intervista).

In questa fase, le cooperative sociali che avevano avuto il ruolo di difensori dei rapporti di scambio con TS e PA cercarono anche di sfruttare le proprie connessioni con gli altri enti del TS per rafforzare i modelli di interazione basati sul pieno rispetto delle regole di trasparenza e concorrenza leale tipiche dei meccanismi di mercato. Come descritto dal Presidente di una di queste cooperative sociali:

Ricordo che partecipammo a [una serie di] riunioni. Ad esempio, io sono andato a riunioni [con servizi sociali e TS non imprenditoriali nel settore dell'istruzione]. Non c’erano molti incontri, ma noi abbiamo cercato di essere presenti a tutti (Presidente, Cooperativa #2 — Intervista).

Tuttavia, questa reazione collettiva e materiale si rivela presto inefficace nell’eliminare la stigmatizzazione. All'inizio del 2016, PA e TS continuano a stigmatizzare le cooperative sociali ed associarle ai comportamenti illegali perpetuati dalla 29G. Di conseguenza si rifiutano di collaborare con le cooperative sociali.

Dall'economico al sociale: Rafforzamento collettivo dell'obiettivo sociale e ri-concettualizzazione dei valori delle cooperative sociali

Le cooperative sociali erano sempre più preoccupate per l'inefficacia delle loro risposte individuali alla stigmatizzazione. Per questo motivo, e sfruttando il ruolo di coordinamento delle associazioni di categoria (Zietsma et al., 2017), nel 2016 la task force intensificò incontri informali con cooperative sociali e associazioni per elaborare strategie comuni. A queste riunioni parteciparono anche cooperative sociali impegnate a difendere i rapporti con PA e TS e quelle che cercavano di preservare la missione sociale del field, i “custodi”, che videro nell’opportunità di rifocalizzarsi sull’obiettivo sociale una via per avviare un processo collettivo di ri-concettualizzazione degli elementi valoriali del field cooperativo. Erano convinti che il rafforzamento degli obiettivi e delle attività sociali fosse cruciale per le cooperative sociali, al fine di recuperare coerenza con la propria missione e rafforzare la propria legittimità come difesa contro la stigmatizzazione. Il Presidente di una cooperativa sociale ce lo ha spiegato molto chiaramente durante un'intervista:

Dunque, la nostra reazione iniziale, in particolare alla luce di ciò che è accaduto, era quella di focalizzare l'attenzione delle cooperative su quello che dovrebbe essere il loro vero scopo. Lo abbiamo fatto attraverso l'associazione di categoria e per mezzo di reti improvvisate con altre cooperative più sensibili al nostro punto di vista [socialmente orientato] (Presidente, Cooperativa #1 — Intervista).

Dal punto di vista dei custodi, rifocalizzarsi sull'obiettivo sociale era fondamentale per riallinearsi con le aspettative del TS. Le esperienze di queste cooperative sociali avevano insegnato loro che gli attori del TS avevano progressivamente indebolito la loro interazione con le cooperative sociali non solo perché temevano di essere in qualche modo associati a comportamenti illegali, ma anche a causa dell'enfasi delle cooperative sociali sulle performance di mercato, a discapito dell’orientamento sociale:

Molte cooperative lavorano a fianco di associazioni di volontariato o altri enti del terzo settore non imprenditoriale. In molti casi in cui il rapporto con loro era debole ... So che ci sono state associazioni che hanno abbandonato quelle collaborazioni. Sai, il problema è che le persone costruiscono solo relazioni semplici e basilari. Nel caso della nostra cooperativa questo non è accaduto, poiché il modo in cui abbiamo costruito i rapporti con le associazioni è stato sostanziale, piuttosto che meramente formale. Abbiamo sempre coinvolto appassionatamente tutte le associazioni e abbiamo implementato processi di partecipazione. Così si sono fidati di noi in modo spontaneo... Se le relazioni sono, diciamo, deboli o recenti, è più facile per esse trasformarsi dall'essere deboli al diventare inesistenti (Presidente, Cooperativa #8 — Intervista).

La prospettiva delle cooperative sociali custodi della missione sociale con PA e TS venne rafforzata dagli organi di governo, i quali consideravano la rifocalizzazione sull'obiettivo sociale come chiave per consentire alle cooperative sociali di ottenere un contatto positivo con la PA:

Quando il successo imprenditoriale di tipo economico inizia a perdere importanza, puoi solo sfruttare la prova di come tu [come cooperativa] sei diverso da un modello come quello [del successo imprenditoriale economico]. Avevamo bisogno di sottolineare il valore di quello che ora sarebbe chiamato “impatto sociale” (Presidente #1, Associazione Nazionale di Categoria #1—Intervista).

Per rafforzare l’orientamento sociale tra le cooperative sociali, nel 2017 le associazioni di categoria utilizzano le proprie risorse e il proprio potere per coinvolgere il maggior numero possibile di cooperative sociali negli eventi organizzati dalla task force. Lo fanno spingendo per una ri-concettualizzazione del modo in cui vengono operazionalizzati i processi di decisione partecipativa tra cooperative, coinvolgendo tutti i soci nelle decisioni strategiche anziché delegando ai soli Presidenti le decisioni che coinvolgono relazioni, scambi e partnership anche con altre cooperative sociali. Il Presidente di un'associazione di categoria lo ha spiegato in questo modo:

C'è una questione che riguarda una grande quantità di cooperazione ... Si tratta di una questione relativa al fatto che, anche se ci sono manager [che prendono decisioni], essere un membro implica diritti e obblighi, nel senso di avere il diritto di essere informati e l'obbligo di partecipare attivamente a un insieme di decisioni. Non può essere qualcosa di limitato a un piccolo gruppo; deve essere qualcosa di simile a una strategia di controllo sociale allargato (Presidente #1, Associazione Nazionale di Categoria #1—Intervista).

Le associazioni di categoria ritenevano importante aprire le riunioni a una maggiore partecipazione e discussione per consentire alle cooperative sociali custodi e ai partner PA e TS di influenzare altre cooperative con la loro visione orientata al sociale:

È molto semplice: abbiamo cercato di consentire un dibattito tra diversi attori in modo tale da favorire uno scambio continuo. Abbiamo iniziato col lasciare che le cooperative “sane” si conoscessero, e poi abbiamo proseguito sponsorizzando il dialogo, non solo tra i presidenti, ma tra tutti i membri, stimolando così una partecipazione più ampia. (Presidente #1, Associazione Locale di Categoria #2—Intervista)

Anche le associazioni di categoria vedono nella più ampia partecipazione uno strumento per mantenere il proprio ruolo storico di gestori del field, sebbene ora in vista di un rinnovato impegno sociale:

L'associazione di categoria deve assomigliare alla cooperativa più virtuosa, diventando un esempio da seguire e da migliorare costantemente... L'associazione di categoria deve essere in grado di innescare e gestire il cambiamento, e promuovere percorsi di innovazione all'interno delle cooperative partecipanti... L'obiettivo primario dell'associazione di categoria è quello di sponsorizzare una cultura organizzativa basata sulla centralità del ruolo delle cooperative, e sulla valorizzazione delle loro competenze (Documento del Congresso, Associazione Locale di Categoria #1, febbraio 2017 - Dati di archivio).

In sostanza, il mondo cooperativo – inteso nel suo complesso come parte istituzionalmente coinvolta nella vicenda giudiziaria, e in particolare nella sua componente della cooperazione sociale – cerca di passare da una mera strategia difensiva, volta inizialmente a prendere le distanze in modo individuale e successivamente collettivo dalle attività illecite della cooperativa 29G ed inizia ad interrogarsi sulla sostanza degli effetti della “mercatizzazione” del proprio ruolo ed operato, e quindi sulla messa in discussione del modo di operare di alcuni componenti del sistema cooperativo sociale a prescindere dalle derive illecite di cui alcune cooperative sociali. Dopo le difficoltà causate dall'inchiesta MC, tutti gli attori coinvolti erano alla ricerca di opportunità di dialogo e dibattito, per condividere idee su come reagire:

Ricordo una delle prime iniziative che durò un'intera giornata, durante la quale tutte le cooperative si incontrarono ... Al principio di quell'iniziativa non c'era un'agenda fissa, ma si intendeva dare sfogo alle cooperative, e “dare sfogo” divenne presto “ascolto”. Le cooperative hanno partecipato e sono rimaste insieme per un'intera giornata, e hanno espresso la loro voce nei momenti plenari, nei momenti settoriali. (Presidente #1, Associazione Nazionale di Categoria #2 —Intervista)

Questa partecipazione allargata fu immediatamente utilizzata dalle cooperative sociali custodi per influenzare la popolazione delle altre cooperative sociali con il proprio orientamento al sociale e riaffermare gli elementi costitutivi del mondo cooperativo che nella fase di “mercatizzazione” erano stati tralasciati. Come rifletteva il Presidente di una cooperativa sociale custode, durante questi incontri le cooperative sociali in questione ribadivano la necessità di interpretare e gestire le collaborazioni tra cooperative sociali con lo scopo primario di orientare l'impatto sociale piuttosto che migliorare le performance di mercato. Sostenevano come questo fosse vitale per attenersi alla ragion d’essere delle cooperative sociali, come ricordato dal Presidente di un’altra cooperativa:

Ad esempio, [abbiamo suggerito] una questione che per noi era importante: quella di creare reti per fornire assistenza alle persone svantaggiate (come, ad esempio, le persone con problemi di tossicodipendenza) mentre le aiutavamo a trovare un lavoro ... Queste due attività [fornire assistenza e inserimento lavorativo] possono essere realizzate attraverso collaborazioni tra diverse cooperative (Presidente, Cooperativa #1 — Intervista).

Coordinando questo processo, la task force ha immediatamente rafforzato gli sforzi dei custodi, lavorando per “la creazione di reti, progetti, percorsi di sviluppo” (Presidente #2, Associazione Locale di Categoria #2 - Intervista) progettati espressamente per aiutare le cooperative sociali a formulare proposte su come collaborare al meglio per raggiungere e scalare l'impatto sociale. Ciò ha dato ai custodi ancora più spazio per influenzare altre cooperative sociali e renderle consapevoli dell'importanza di rimanere coerenti con l'obiettivo sociale per riconquistare legittimità:

Il workshop rappresenta la seconda tappa del nostro percorso, iniziato durante il 13° Congresso dell'Associazione Categoria Locale #1, per individuare idee e soluzioni condivise e offrire uno spazio in cui attivare energie e possibili soluzioni [...]. Nel corso della discussione è emersa con forza la necessità di iniziare a lavorare insieme sui tratti distintivi della cooperazione (Rapporto stampa successivo all'assemblea generale della Associazione Locale di Categoria #1, novembre 2017 —Dati di archivio).

Questi eventi hanno anche offerto l'opportunità custodi di influenzare altre cooperative sociali con la loro prospettiva orientata al sociale, rafforzando così gli sforzi delle cooperative sociali custodi, ma anche alla fine portando alla ri-operazionalizzazione del valore “attenzione per la comunità”. Mostrando i propri risultati e continuando ad intrattenere relazioni con il TS, hanno convinto altre cooperative che gli scambi con il TS potevano essere ripristinati solo considerando le comunità come territori da sviluppare piuttosto che come mercati da sfruttare:

Dopo aver proposto alla Presidente #1 dell'Associazione Locale di Categoria #1 di entrare nella Rete di Associazioni di Volontariato “Epsilon”, abbiamo aperto un dialogo con lei e con il coordinatore nazionale di questa associazione, con cui lavoro. Lei [Presidente #1 della dell'Associazione Locale di Categoria #1] ne è stata lieta, e abbiamo avuto incontri all'interno dell'assemblea generale dell'Associazione Locale di Categoria, per diffondere questa nozione alternativa di connessione con i territori per ridimensionare l'impatto (Presidente, Cooperativa #2 — Intervista).

Tale ri-operazionalizzazione del valore “attenzione per le comunità”, che mirava al perseguimento di un esplicito obiettivo sociale e alla generazione di un impatto sociale più pervasivo, basato sui bisogni locali, è stata sostenuta dalle associazioni di categoria sostenendo che le partnership con le PA non avrebbero dovuto fondarsi solo su valutazioni di mercato, ma anche su un maggiore orientamento sociale alle comunità (già richiesto negli anni precedenti dall’evoluzione normativa europea in materia di appalti pubblici con le due Direttive del 2014), che avrebbe potuto essere raggiunto solo a partire dalle esigenze dei territori in cui le cooperative sociali operavano:

Creare un sistema che generi ricchezza per tutti. L'obiettivo della collaborazione tra PA e cooperative è quello di comprendere i bisogni locali al fine di garantire programmi in grado di soddisfare tali bisogni. (Proceedings di una convention tenutasi il 18 febbraio 2020 — discorso del Presidente #2, Associazione Nazionale di Categoria #1 — Dati d'archivio).

Ri-operazionalizzazione dei valori ri-concettualizzati e trasformazione del field cooperativo

Gli sforzi degli organi di governo, dei custodi per ridefinire gli obiettivi e gli elementi valoriali hanno infine trasformato il field cooperativo. Ben presto, l'obiettivo sociale è tornato ad essere prioritario e la riaffermazione dei valori fondanti della cooperazione precedentemente tralasciati per effetto dell’eccessivo focus sulla mercatizzazione della cooperazione sociale sono stati incorporati negli elementi materiali del field, rimodellando i ruoli e la posizione degli attori, le loro pratiche, i loro equilibri di potere e i loro modelli di interazione. La spinta verso una ri-operazionalizzazione del valore del “controllo democratico dei membri” in termini non più di delega, ma di maggiore partecipazione è stata resa operativa dalle associazioni di categoria tramite nuove pratiche che hanno facilitato modelli di interazione più partecipativi, come dettagliato qui di seguito:

Come associazione di categoria, abbiamo l'obiettivo di favorire la partecipazione dei nostri soci, attraverso l'organizzazione di almeno un incontro al mese a cui idealmente dovrebbe partecipare almeno il 30% di loro. (Documento strategico, Obiettivi Programmatici dell’Associazione Locale di Categoria #1, dicembre 2017 —Dati d'archivio).

L'aumento della partecipazione ha favorito una distribuzione più equilibrata del potere all'interno della popolazione delle cooperative sociali: le strategie e gli obiettivi del field hanno cominciato ad essere definiti solo dopo aver ascoltato l’opinione di svariate cooperative sociali – comprese quelle dei custodi precedentemente messe in disparte – piuttosto che essere imposti da pochi potenti attori centrali, come era accaduto prima di MC.

La nuova ri-operazionalizzazione del valore “controllo democratico dei soci”, in combinazione con un riposizionamento al centro dell’“attenzione per la comunità” quale principio cooperativo chiave ha influenzato anche le pratiche del field. Le cooperative sociali hanno iniziato a collaborare con le comunità locali per mettere in atto nuove pratiche finalizzate a raggiungere un maggiore impatto sociale:

Abbiamo iniziato a lavorare più ampiamente sulla co-progettazione di progetti con PA e comunità locali al fine di enfatizzare l'impatto sociale dei nostri servizi. Abbiamo co-progettato i progetti seguendo questi passaggi: in primo luogo, identificando un bisogno specifico in una comunità locale insieme ai beneficiari e ad altri attori, e in secondo luogo, proponendo un servizio personalizzato per rispondere al bisogno specifico e progettato per massimizzare l'impatto sociale (Presidente #1, Associazione Locale di Categoria #1—Intervista).

Questo cambiamento nelle pratiche ha anche trasformato la posizione occupata dai custodi dell'obiettivo sociale, nonché i modelli di interazione del field. Le loro competenze, e la riconosciuta capacità di condurre collaborazioni orientate a livello sociale, hanno permesso alle cooperative custodi di acquisire una maggiore centralità nel field. Queste cooperative sociali hanno iniziato a essere nominate da altre cooperative per interagire con le PA, modellando in tal modo le interazioni tra cooperative sociali e PA: mentre in precedenza erano state orientati esclusivamente a consentire alle cooperative di massimizzare le prestazioni finanziarie, ora miravano a massimizzare l'impatto sociale. Il Presidente di una cooperativa sociale ha ricordato:

Abbiamo dato il nostro contributo rispetto alle collaborazioni con le PA: ad esempio, nella regione Lazio, abbiamo partecipato attivamente alla modifica della legge sulle cooperative che ha introdotto requisiti stringenti per l'affidamento degli appalti pubblici (approvata nella primavera 2019), e che prevede la creazione di un consiglio permanente composto da rappresentanti della PA, le cooperative e il settore non profit (Presidente, Cooperativa #3 — Intervista).

La posizione dei custodi e i nuovi modelli di interazione innescati dalla ri-operazionalizzazione del valore “attenzione per la comunità” sono stati ampiamente supportati dalle associazioni di categoria, che hanno iniziato ad assumere un nuovo ruolo all'interno del field. Piuttosto che coltivare collaborazioni per aumentare il potere contrattuale delle cooperative sociali, le associazioni di categoria si sono sforzate di evidenziare gli obiettivi e le priorità sociali delle cooperative, nel tentativo di rafforzare i modelli di interazione con il TS e le comunità locali, per esempio collaborando alla diffusione di strumenti di misurazione dell’l'impatto sociale, attraverso workshop e seminari organizzati ad hoc:

L'Associazione di Categoria Locale #1 favorisce la diffusione di collaborazioni che valorizzino la qualità del servizio e favoriscano l'individuazione di una pluralità di fornitori, in alternativa agli appalti pubblici basati sulla concorrenza e sulla selezione del prezzo più basso possibile. Questa breve premessa chiarisce l'importanza sia di considerare il rapporto tra cooperative sociali e mercato, che di sviluppare relazioni collaborative che inneschino meccanismi virtuosi per il benessere della comunità di riferimento (documento congressuale, Associazione Locale di Categoria #1, febbraio 2017—Dati d'archivio).

Col tempo anche i custodi hanno acquisito maggiore potere, grazie alla loro capacità di collaborare e condurre iniziative volte a rispondere alle esigenze delle comunità locali:

Io lavoro in un contesto che non viene realmente approfondito da altre cooperative. Per me la cooperazione è radicata sul territorio; nasce con persone del territorio; è strettamente legato alle altre realtà associative dei territori. L'associazione di categoria locale ha fortemente sostenuto questa idea, ha chiesto il mio sostegno (Presidente, Cooperativa #4 — Intervista).

Anche la ri-concettualizzazione del valore della “cooperazione tra cooperative” ha rimodellato significativamente il field cooperativo. In effetti, è stato reso operativo attraverso l'introduzione di nuovi tipi di modelli di interazione tra cooperative, basati sulla condivisione di abilità e competenze al fine di scalare l'impatto sociale, anziché, come in passato, semplicemente per vincere appalti pubblici. Nelle parole di un intervistato:

Co-progettare progetti sociali crea filiere virtuose, e ci permette di collaborare in modi nuovi, costruendo momenti di aggregazione per migliorare le competenze delle singole cooperative e offrire servizi migliori (Membro della Task force #1 - Intervista).

Questi modelli di interazione venivano supportati dalle associazioni di categoria, che di conseguenza iniziarono a ricoprire un ruolo nuovo nel field:

Prima, le persone avevano l'abitudine di dire: “quel membro del consiglio non mi sta ascoltando. Ho bisogno di parlare con lui, perché ho quel contratto che sta per scadere, e non ho ancora avuto alcun rinnovo. Chiamerò l’Associazione Nazionale di Categoria #1, che deve aiutarmi. Altrimenti, a che serve?” Per me, l’Associazione Locale di Categoria #1 ha raggiunto un traguardo molto importante: chiarire – a sé stessa e ai suoi membri – che il suo ruolo non è quello di promuovere le imprese delle cooperative, [ma di favorire l'impatto sociale]. Abbiamo chiarito completamente la questione negli ultimi mesi attraverso una serie di incontri interni. In termini di networking, l’Associazione Nazionale di Categoria #1 favorisce la connessione tra cooperative per costruire progetti socialmente orientati. Ove possibile, fornisce anche strumenti o contatti per avviare progetti con obiettivi sociali più ampi rispetto a prima (Membro della Task force #2 - Intervista).

In sintesi, per reagire alla stigmatizzazione, custodi e organi di governo hanno guidato le cooperative sociali attraverso un complesso processo di ri-operazionalizzazione dei loro valori fondamentali in vista del rinvigorimento dell'obiettivo sociale. Ciò ha comportato la trasformazione del field in quanto ha rimodellato i suoi elementi materiali costitutivi.

De-stigmatizzazione della popolazione cooperativa

La ri-focalizzazione sull’obiettivo sociale, unita alla ri-operazionalizzazione dei valori, ha portato alla de-stigmatizzazione delle cooperative da parte di PA e TS. Questo processo si è manifestato nella graduale rivalutazione positiva delle cooperative sociali da parte dei partner cooperativi e nella rinnovata disponibilità a collaborare con loro.

Inizialmente, dopo lo scandalo MC, la collaborazione con le cooperative sociali era inconcepibile per PA e TS a causa della stigmatizzazione che pervadeva il field. Tuttavia, entro il 2018, tre anni dopo lo scandalo, il field aveva recuperato un’immagine pubblica positiva grazie alla trasformazione avviata e alla capacità di trasmettere un messaggio che dimostrasse la volontà di mettere in campo un nuovo livello di attenzione all’orientamento sociale. Le PA, in particolare, avevano riconosciuto e sostenuto le cooperative sociali, valorizzandone il rinnovato impatto sociale:

La Regione Lazio ha stanziato 1,8 milioni di euro per sponsorizzare il recupero, lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle cooperative. Questo perché il ruolo che le cooperative hanno avuto nella creazione di un nuovo sistema di welfare regionale è stato centrale (Associazione Nazionale di Categoria #2 newsletter, marzo 2018— Dati di archiviazione).

Questo riconoscimento ha permesso alle cooperative sociali di svolgere un ruolo proattivo nell'influenzare le decisioni strategiche delle PA:

Il ruolo del Nuovo Consiglio Regionale per la Cooperazione è quello di allineare gli obiettivi delle PA al ruolo svolto dalle cooperative nei settori della sanità, dell'istruzione, della formazione professionale e dell'integrazione lavorativa delle persone svantaggiate. Il consiglio è composto da a) l'assessore regionale alle politiche sociali; b) tre rappresentanti delle cooperative; c) un responsabile per la regione, selezionato in base alla loro conoscenza della cooperazione; e d) un rappresentante regionale dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani (Documento di legge regionale, 20/05/2019 N 8 —Dati d'archivio).

Anche gli altri enti del TS hanno maturato una considerazione positiva del nuovo corso della cooperazione, riconoscendo la riscoperta delle priorità sociali delle cooperative e riprendendo quindi il dialogo con loro:

Dal 2018 abbiamo riaperto il dialogo con le TS. Ad esempio, abbiamo avviato un rapporto più aperto e attivo con le TS del lazio [con cui dialogavamo in precedenza] considerando la necessità di affrontare congiuntamente le questioni legate alla creazione di servizi di welfare. È anche un modo per segnalare l'apertura e il desiderio di una discussione volta a portare avanti iniziative specifiche (Presidente #1, Associazione Nazionale di Categoria #1—Intervista).

Gli sforzi del field cooperativo sono stati riconosciuti anche dal Presidente della Repubblica Italiana. Nel 2019, ha esplicitamente riconosciuto il contributo delle cooperative sociali al sistema di welfare italiano, cosa che sarebbe stata impossibile all'indomani dello scandalo MC:

[Associazioni e cooperative] sono state riconosciute nella costituzione come pilastri che sostengono la vita della Repubblica Italiana ... Ciò che fa il sistema cooperativo – ha affermato il presidente Mattarella – è senza alcun dubbio importante (Quotidiano, 2019 – Dati d'archivio).

 

Figura 2. Modello concettuale di trasformazione del field a seguito della stigmatizzazione

 

Discussione e contributi alla letteratura

Il nostro caso studio mette in luce come gli elementi di un field interagiscano e contribuiscano al cambiamento del field stesso (Zietsma et al., 2017). Prima dello scandalo di Mafia Capitale, il field delle cooperative sociali, soprattutto nel Lazio, ma con effetti anche a livello nazionale, perseguiva un l’obiettivo sociale attraverso l’attività economica, ma nel contesto della crisi del welfare e con l’affermazione di dottrine di gestione della cosa pubblica centrate sulla competizione spinta tra fornitori, le cooperative sociali avevano cominciato a dare maggiore importanza agli aspetti economici, e questo aveva influenzato ruoli, pratiche e dinamiche di potere, spesso a scapito delle priorità sociali.

Lo scandalo ha portato a una diffusa crisi di fiducia soprattutto nei partner principali delle cooperative sociali, vale a dire Pubblica Amministrazione e altri enti del Terzo Settore, che ha spinto inizialmente a un tentativo di recupero dell’immagine del field semplicemente attraverso un percorso di distanziamento da quegli attori che avevano svolto attività ritenute non soltanto illecite ma, in generale, distanti dal modus operandi tradizionale delle cooperative sociali. Questo processo ha poi condotto a una consapevolezza più profonda: la necessità di un autentico cambiamento delle priorità e degli stili di lavoro, attraverso un percorso di ri-operazionalizzazione degli elementi materiali e delle pratiche da parte delle cooperative. Ciò ha innescato una ridefinizione degli equilibri interni al sistema cooperativo sociale, favorendo una maggiore attenzione agli obiettivi sociali e ai valori fondanti del movimento, grazie ad un lavoro di trasformazione di tali idee in azioni pratiche.

La dinamica messa in evidenza contribuisce alla ricerca esistente (Kroezen & Heugens, 2019; Hehenberger et al., 2019) evidenziando l’ordine gerarchico tra gli elementi di un field: i fini sono necessari per tradurre i valori (quelli del sistema cooperativo, nel nostro caso) in pratiche operative quotidiane (quindi nel modo in cui questi valori trovano espressione concreta nel modus operandi delle cooperative. E quindi gli obiettivi sono prioritari, seguiti dai valori e, infine, dagli elementi materiali.

Le nostre evidenze mostrano che i valori, nella loro dimensione astratta, rimangono invariati nel tempo; ciò che cambia è il modo in cui vengono interpretati e tradotti in pratica in quanto interpretati a partire da un fine piuttosto che da un altro. Prima dello scoppio dello scandalo, un’interpretazione distorta dal fine economico di alcuni valori aveva portato a pratiche che di fatto tradivano il fine sociale. Dopo lo scandalo, invece, si è avviato un processo di riflessione critica sui modi in cui i valori venivano compresi e messi in pratica. Questo ha generato un cambiamento nel field, favorendo un ritorno a un’interpretazione e applicazione dei valori più vicina alle loro radici autentiche.

Questo risultato ha importanti implicazioni per la ricerca sul ruolo dei valori nella trasformazione organizzativa (Vaccaro & Palazzo, 2015; Raffaelli, 2019), sottolineandone la natura complessa e poliedrica, capace di influenzare dinamiche operative e decisioni strategiche.

In particolare, i nostri dati supportano le tre prospettive sui valori identificate da Gehman et al. (2013): la prospettiva cognitiva, che si concentra sulla natura astratta dei valori (Schwartz, 1992); la prospettiva culturale, legata alla loro manifestazione sociale (Kraatz & Moore, 2002); e la prospettiva pratica, che esplora come vengono operazionalizzati (Raynard, Lu, & Jing, 2019).

Nel caso del field cooperativo sociale al centro della nostra analisi, la natura astratta dei valori ha rappresentato un punto di riferimento per la valutazione e la stigmatizzazione da parte dei partner. Questo ha innescato un processo di rioperazionalizzazione di quegli stessi valori attorno a un obiettivo sociale condiviso da tutti gli attori del field. Tale significato è stato successivamente incarnato negli elementi materiali, contribuendo alla sua ristrutturazione complessiva delle pratiche operative in cui tali obiettivi venivano inseriti nell’agire delle cooperative sociali stesse.

Conclusioni

Il presente studio presenta alcune limitazioni che è importante evidenziare. Innanzitutto, si basa su un’analisi qualitativa approfondita, ma circoscritta a un unico caso, limitando la generalizzabilità dei risultati. Le nostre conclusioni sono quindi specifiche a questo contesto, e futuri studi saranno necessari per testare la replicabilità del modello in altri settori o situazioni.

La natura dello scandalo di Mafia Capitale e la diffusione della stigmatizzazione hanno avuto il loro epicentro nel Lazio, con implicazioni significative per le cooperative sociali e sulla cooperazione tout court su scala nazionale. Tuttavia, non siamo stati in grado di misurare l’entità del coinvolgimento o della perdita di legittimità delle singole realtà, che varia notevolmente. Inoltre, l’utilizzo di interviste ex post introduce un elemento di soggettività, influenzato dalla percezione degli intervistati rispetto agli eventi.

Un’altra limitazione riguarda la difficoltà di ricostruire il contesto precedente allo scandalo. Inoltre, ci domandiamo se a distanza di anni dallo scandalo, le pratiche sono state effettivamente implementate o piuttosto la centralità di alcuni valori o di alcuni soggetti è rimasta la stessa o ci sono stati ulteriori cambiamenti nel field? Questi interrogativi richiedono ulteriori approfondimenti attraverso studi longitudinali.

Nonostante queste criticità, il nostro studio dimostra che, sebbene i processi di destigmatizzazione richiedano generalmente tempi lunghi, ciò non è avvenuto nel caso in esame. Questo risultato suggerisce che un cambio strategico tempestivo, strutturale e non solo di immagine, può accelerare il processo, riducendo i tempi necessari per ricostruire legittimità e fiducia.

In sintesi, il nostro studio offre spunti utili per comprendere le dinamiche di risposta organizzativa alla stigmatizzazione e contribuisce al dibattito sulla capacità di un field di trasformarsi attraverso strategie difensive e proattive. Tuttavia, restano molte aree da esplorare per approfondire ulteriormente il tema e ampliare la portata delle nostre conclusioni.

DOI: 10.7425/IS.2025.02.12

 

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[1] La Cassazione Penale, Sez. VI, 12 giugno 2020 (ud. 22 ottobre 2019), n. 18125 ha “escluso il carattere mafioso dell’associazione contestata agli imputati e ha riaffermato l’esistenza, già ritenuta nel processo di primo grado, di due distinte associazioni per delinquere semplici”, non essendo stati evidenziati “né l’utilizzo del metodo mafioso, né l’esistenza del conseguente assoggettamento omertoso, ed essendo stato escluso che l’associazione possedesse una propria e autonoma “fama” criminale mafiosa”.

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