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ISSN 2282-1694
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Numero 2 / 2025

Ricerca

Cooperazione: la partecipazione è in crisi? Gli esiti di una ricerca in provincia di Brescia

Federica Avigo

Introduzione

In questo articolo si intende sviluppare una riflessione sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, in particolare interrogandosi, a partire da una ricerca empirica svolta in provincia di Brescia, su come l’elemento partecipativo, che costituisce l’aspetto caratterizzante della cooperazione, sia ad oggi effettivamente vissuto da chi opera in una cooperativa.

L’articolo è suddiviso in due parti; nella prima si affronta il tema generale della partecipazione dei lavoratori, nella seconda si espongono i risultati della ricerca, per poi concludere con alcune indicazioni su come rafforzare la partecipazione nelle imprese cooperative.

Nella prima parte, si delineerà il tema della partecipazione dei lavoratori sulla base del dettato costituzionale e delle norme oggi in discussione, per poi passare in rassegna i modelli e le forme di partecipazione – antagonistica, collaborativa e integrativa – che gli studiosi hanno esaminato. Ci si concentrerà poi sulla partecipazione “antagonistica” in ciò includendo tutte le forme che – come la cooperazione – disegnano un modello economico diverso da quello capitalistico, ancorché inserite in esso. Si svilupperà quindi il tema della partecipazione nell’organizzazione cooperativa, individuando quali siano i vantaggi attesi.

Nella seconda parte si evidenziano i risultati della ricerca svolta nella provincia di Brescia. In primo luogo, sono evidenziate le domande di ricerca dalle quali si è partiti, riassumibili nella effettività o meno delle dinamiche partecipative nelle cooperative. Dopo avere evidenziato le caratteristiche degli intervistati, sono esposti i risultati di ricerca, che mettono in luce significative criticità nella partecipazione reale dei soci lavoratori, connesse a diversi aspetti, alcuni riferibili al contesto in cui le imprese operano, altri alle dinamiche interne all’organizzazione. Successivamente sono approfonditi taluni elementi specifici della partecipazione quali la partecipazione economica, la partecipazione alle decisioni, la relazione tra partecipazione e turnover dei lavoratori e tra partecipazione e competenze.

In sede conclusiva sono proposte alcune riflessioni sulla partecipazione nelle cooperative. Gli elementi di crisi della partecipazione individuati spingono, in sintesi, a non ritenere assolta l’istanza partecipativa sulla base della mera natura cooperativa, ma di mettere a tema con urgenza il rilancio – in sede formativa, di organizzazione, nel sistema di relazioni con gli stakeholder – il tema della partecipazione che si conferma come determinante per la salute del modello cooperativo.

I lavoratori e la partecipazione all’impresa

La partecipazione nella Costituzione e nel dibattito normativo

Il tema della partecipazione dei lavoratori come motore di crescita per le imprese, siano esse no profit o profit, è diventato sempre più rilevante.

La nostra Costituzione Italiana[1] abbraccia appieno la prospettiva della partecipazione[2]; gli articoli 45, 46 e 47 della Costituzione Italiana[3] la declinano nelle tre forme ancora attuali della cooperazione (art. 45), del diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione dell'impresa (art. 46), e dl risparmio popolare tramite l'azionariato nei grandi complessi produttivi (art. 47).

Se le cooperative rappresentano già un’impresa partecipativa per statuto, è l’art. 46 che delinea la partecipazione dei lavoratori all’interno della generalità delle imprese ed è noto che i lavori della sottocommissione dell’Assemblea costituente che prepararono la formulazione di questo articolo furono contrassegnati da un intenso dibattito. L’articolo 46, infatti, privilegia la finalità della “elevazione economica e sociale del lavoro” ma “in armonia con le esigenze della produzione”. Quindi punta a tenere insieme gli obiettivi di equità sociale con la presenza delle condizioni economiche che li possano consentire. E ancora “la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi alla gestione delle aziende”[4].

Su questo tema nel 2023 la CISL ha deciso di promuovere una raccolta firme su una proposta di legge di iniziativa popolare sulla partecipazione di lavoratori e lavoratrici[5]; la proposta, che ha raccolto 400 mila firme, è stata recentemente approvata dalla Camera dei Deputati ed è in attesa di esame da parte del Senato. Giulio Pastore, il fondatore della CISL, scriveva che la partecipazione agli utili, al capitale azionario ed il controllo dell’amministrazione, rendono l’operaio non più salariato ma cooperatore interessato e responsabile”. E secondo il Segretario generale Luigi Sbarra[6], “Oggi più di allora pensiamo che questo sia il modello più efficace per affrontare le sfide delle molteplici transizioni che attraversano il mondo delle imprese e del lavoro”.

Se da una parte vi è chi attende quindi significativi benefici da tale norma, altri ritengono che la partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici possa incontrare difficoltà nella diffusione e nell'implementazione. Le sfide possono derivare da fattori culturali, da modelli aziendali consolidati, o dalla mancanza di conoscenza e supporto istituzionale[7]. È pertanto ragionevole domandarsi se vi sia spazio per una partecipazione dei lavoratori che sia compatibile con un efficiente funzionamento dell’impresa.

Definizione, modelli e forme della partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici

Guido Baglioni[8], ha formulato in ambito del lavoro almeno due definizioni della partecipazione:

  • La partecipazione dei lavori dipendenti nell’impresa riguarda le proposte e le esperienze volte a migliorare o a modificare la simmetria del rapporto e delle condizioni di lavoro e non di rado anche le condizioni socioeconomiche dei lavoratori nella società;
  • la partecipazione può essere intesa come l’insieme delle pratiche degli istituti con i quali le parti in gioco interagiscono, andando oltre le disposizioni e l’incompletezza dei contratti (collettivi e non) e spesso dichiarando esplicitamente le finalità e gli obiettivi.

La partecipazione – che può manifestarsi in modi diversi, con esperienze durature e tentativi di breve periodo, con istituti più o meno formalizzati, e in una varietà di proposte e progetti – può seguire, seguendo sempre Baglioni[9], tre modelli[10] (Tabella 1):

  • La partecipazione antagonistica, che tende alla modificazione effettiva della simmetria del rapporto di lavoro salariato e spesso della condizione dei lavoratori stessi all’interno della società. La principale manifestazione di questo tipo di partecipazione sono il controllo operaio e l’impresa cooperativa, ove si intende la partecipazione come un passaggio per il superamento del tipico rapporto di lavoro dell’impresa capitalistica.
  • La partecipazione collaborativa, che contempla la possibilità dei miglioramenti della posizione socioeconomica e la correzione della asimmetria senza modificare l’aspetto istituzionale del capitalismo e la ragione sociale dell’impresa. La manifestazione di questo modello è la concertazione, in cui si cerca di contemperare il miglioramento del le condizioni dei lavoratori e le esigenze dell’impresa.
  • La partecipazione integrativa, che si propone di interessare i dipendenti all’andamento dell’impresa e coinvolgerli nelle vicende del suo destino.

 

Modelli

Direzioni

Forme

Partecipazione antagonistica

Influenza dei lavoratori nella vita economica

Controllo operaio

Consigli di gestione

Fondi di investimento

Estensione esplicita del modello della democrazia politica ai rapporti di produzione

Cooperativa

Autogestione

Partecipazione collaborativa

Partecipazione politica (concertazione)

Scambio politico pluralistico

Scambio politico neocorporativo

Presenza dei rappresentanti dei lavoratori in istituzioni pubbliche

Organismi consultivi

Organismi con compiti esecutivi e di controllo

Organismi gestionali

Partecipazione finanziaria

Fondi di previdenza complementare

Partecipazione a decisioni dell’impresa (democrazia industriale)

Informazione e consultazione

Codecisione

Codeterminazione e cogestione

Partecipazione integrativa

Partecipazione economica

Profit Sharing

Employee Ownership

Partecipazione culturale ed organizzativa

Programmi di qualità totale

Tab. 1: Modelli, direzioni e forme della partecipazione[11]

 

Nel corso del tempo, tutti e tre questi modelli di partecipazione hanno subito un cammino evolutivo, apportando modifiche e cambiamenti per adeguarsi alle esigenze in continua evoluzione e per perseguire i loro obiettivi in modo più efficace[12]. Questi sviluppi possono includere aggiornamenti normativi, adattamenti delle pratiche aziendali e risposte alle mutevoli dinamiche del contesto economico e sociale.

Focus: la partecipazione antagonistica

Ai fini del nostro ragionamento, ci interessa addentrarci meglio nella “partecipazione antagonistica” Abbiamo visto come questo modello per Baglioni[13] comprende tutte quelle proposte che tendono a modificare sostanzialmente la simmetria che è intrinseca nel rapporto di lavoro e come spesso abbia l’obiettivo di modificare questa asimmetria anche nella società, a partire dall’idea è che vi sia un contrasto naturale di interessi tra i lavoratori e l’impresa.

A ben vedere parlare di partecipazione antagonista può risultare contraddittorio data l’incompatibilità fra il sostantivo e l’aggettivo che la qualifica. Ma se la prima direzione, quella dell’influenza dei lavoratori nella vita economica, risulta più antagonistica, la seconda, l’estensione del modello della democrazia politica ai rapporti di produzione ha la finalità di applicare modalità e strumenti istituzionali di democrazia. A ben vedere possiamo parlare di parziale antagonismo dato che spesso si parla di tipi di impresa alternativi al modello capitalistico che però con il capitalismo possono convivere[14], come avviene nel caso della cooperazione.

In questa seconda direzione troviamo, secondo l’autore[15], sia l’impresa cooperativa di produzione di beni e servizi, sia l’autogestione. Nel primo caso non si distingue tra redditi da lavoro e redditi da capitale perché i soci conferiscono a questo tipo particolare di impresa sia il lavoro sia il capitale essendo essi stessi proprietari dell’azienda. Nel secondo caso il capitale è remunerato separatamente dal lavoro in quanto è preso a prestito.

In entrambi i casi il tratto che le caratterizza è il fatto che i lavoratori partecipano alla vita di un’impresa nella quale non sono solo subordinati o dipendenti, sia per quanto attiene alla sua proprietà, sia per la sua gestione. Infatti, quantomeno in via di principio, dispongono della titolarità della responsabilità e del funzionamento dell’impresa ed esercitano questi diritti applicando il metodo della democrazia politica. Pensiamo alla procedura per l’elezione dell’assemblea della cooperativa che si basa su un voto per ogni socio, quale che sia la quota azionaria di cui ciascuno dispone. O ancora gli organi rappresentativi che godono di delega. In questo senso i lavoratori sfuggono alla condizione tipica di lavori dipendenti e dai vincoli di contratto salariato.

La cooperazione

La forma cooperativa è effettivamente una delle forme più rilevanti di partecipazione dei lavoratori, e la sua importanza è stata particolarmente evidente in numerosi paesi europei. Già alla fine del XIX secolo, la cooperativa si affermò come modello di organizzazione economica e sociale, e fu oggetto di regolamentazione. Nel corso del Novecento, questa forma di partecipazione ha continuato a crescere in rilevanza, godendo di un'ampia diffusione in vari settori economici.

Secondo Mazzoleni[16], il modello cooperativo rappresenta la “culla” della logica gestionale partecipativa, con i valori cooperativi di mutualità, democrazia e solidarietà affiancati da una cultura condivisa, costituendo la base per la partecipazione. In virtù di ciò, la partecipazione emerge come una parola chiave fondamentale nell'analisi dell'agire cooperativo, racchiudendo i concetti etici su cui si fonda il movimento cooperativo. La partecipazione si configura come tratto distintivo del sistema cooperativo e, allo stesso tempo, come elemento capace di generare un autentico vantaggio competitivo. Nei meccanismi di gestione interna, la cooperativa posiziona il socio al centro del proprio universo, considerandolo sia come individuo, sia come parte di un sistema di persone unite da obiettivi e approcci comuni. Gli strumenti impiegati per soddisfare i bisogni e le aspettative della comunità sociale derivano direttamente dalla necessità di attuare meccanismi partecipativi. Il reciproco rapporto tra il socio e la cooperativa conferisce a quest'ultima una natura democratica e mutualistica, intrinseca alla sua missione cooperativa.

I principi cooperativi non solo rappresentano richiami di natura valoriale, ma hanno anche una forte influenza sulle attività aziendali e sulle logiche gestionali. Per meglio chiarire questo concetto, è possibile rileggere, grazie a un approfondimento fatto da Mazzoleni, i principi accostandoli tra loro, in modo da evidenziare l’influenza che gli stessi esercitano sulla cooperativa intesa come azienda[17].

In particolare, è possibile riconoscere i tre seguenti insiemi:

  1. L'attenzione limitata al capitale e la distribuzione degli utili mettono in risalto il carattere mutualistico della cooperazione, chiarendo le sue finalità e, di conseguenza, le caratteristiche di indirizzo e gestione[18].
  2. La natura democratica che le cooperative devono incarnare nel loro rapporto con i soci è evidente dalla sinergia tra i principi di adesione volontaria e di amministrazione democratica[19].
  3. L'educazione cooperativa, la collaborazione tra cooperative e l'interesse per la comunità determinano il carattere solidaristico, che può essere declinato nei seguenti aspetti[20]:
  • Finalità di istituto: gli obiettivi economici ed extra-economici che spingono le persone ad associarsi tra di loro.
  • Potenzialità e modalità di azione delle aziende: le organizzazioni costituite per raggiungere la parte degli obiettivi di istituto più specificamente economici.
  • Modalità di azione e sviluppo delle stesse aziende: espone le aree di collaborazione e integrazione tra cooperative.
  • Capacità di interloquire e rispondere con diversi interlocutori sociali, istituzionali e non: mostra la capacità di dialogare e rispondere a una varietà di attori sociali, istituzionali e non.

La capacità di conservare nel tempo e consolidare le attività e i contributi forniti direttamente dai soci rappresenta una delle finalità primarie dell'impresa cooperativa. Questa caratteristica, al contempo, costituisce uno degli elementi distintivi e vantaggiosi di questo tipo di impresa. All'interno di essa, si individuano principalmente due modalità principali di partecipazione: la partecipazione dei soci, che possono essere lavoratori, utenti o sovventori, nella definizione delle linee strategiche, esprimendo un coinvolgimento decisionale, e quella di tipo economico, riguardante il finanziamento a lungo termine[21].

Gli effetti della partecipazione nell’organizzazione cooperativa

La partecipazione delinea in modo unico il rapporto tra socio e cooperativa. Poiché le cooperative sono intrinsecamente orientate a rispecchiare i bisogni e le visioni dei propri soci, questi ultimi sono motivati a essere coinvolti in tutti gli aspetti della gestione aziendale per soddisfare le proprie esigenze in modo efficace. Inoltre, strutture democratiche partecipative sono essenziali per i soci che vogliono creare un’organizzazione efficace e di successo, capace di soddisfare i loro bisogni[22].

Vi è un circolo virtuoso che si crea tra partecipazione ed efficienza[23].

Per argomentare quanto affermato, si possono esaminare alcune variabili che contribuiscono a migliorare il clima aziendale, a mitigare i conflitti sul luogo di lavoro e a rafforzare il senso di appartenenza e cittadinanza organizzativa. Queste variabili agiscono come leve positive sull'efficienza complessiva dell'azienda. L’aumento della motivazione al lavoro è conseguenza della partecipazione di tipo economico[24] poiché l’incentivo materiale stimola i lavoratori attratti dalla possibilità di ottenere benefici economici diretti. La diminuzione delle inefficienze deriva della partecipazione di tipo decisionale in quanto i lavoratori che possono “influenzare i processi” porranno da soli rimedio alle inefficienze e presteranno maggior controllo su tutte le fasi del processo produttivo (meccanismo di controllo sociale)[25]. I sistemi di partecipazione, potenziando il sentimento di appartenenza, contribuiscono a diminuire il turnover aziendale. Questo fenomeno favorisce l'accumulo di know-how, costituendo un elemento cruciale per il successo dell'azienda e agevolando la crescita di economie basate sull'esperienza.

Quindi, il principio che sottolinea l'importanza della partecipazione economica e decisionale dei lavoratori-soci non è solo un mezzo per influenzare positivamente l'efficienza economica dell'azienda, ma costituisce anche uno stimolo concreto per coinvolgere attivamente i soci nella vita della cooperativa[26].

Questo stesso coinvolgimento rappresenta una base rilevante per garantire il raggiungimento di obiettivi di natura economica ed extra-economica. L’influenza positiva della partecipazione economica e decisionale dei lavoratori sull’efficienza dell’impresa si riferisce a tre principali condizioni[27]:

  1. la partecipazione economica aumenta la propensione del lavoratore al coinvolgimento nella vita aziendale;
  2. la partecipazione accresce la motivazione al lavoro perché i lavoratori sono attratti dalla possibilità di ottenere benefici economici dall’aumento del prodotto realizzato grazie all’impegno di ognuno, contestualmente essi sviluppano un forte senso di identificazione con l’impresa a vantaggio delle relazioni industriali;
  3. la partecipazione riduce le inefficienze organizzative perché i lavoratori sono incentivati a porre rimedio all’eventuale presenza di inefficienze e proporre formule innovative rispetto alle proprie aree di competenza[28].

La redistribuzione degli utili generati dall'attività aziendale, intesi in senso più ampio, consente di includere categorie di soggetti che, normalmente, sarebbero esclusi, essendo privi della risorsa capitale a cui solitamente sono destinati i margini generati dalla gestione[29].

È importante sottolineare che la partecipazione ha impatti anche nella dimensione esterna dell'azienda. La cooperativa si configura come un ente orientato fortemente alle relazioni di sistema, seguendo una sorta di “vocazione al networking”[30] che non si limita ai rapporti all'interno della rete cooperativa, ma si estende, e forse ancor più oggi, nella capacità di instaurare legami collaborativi positivi con istituzioni, territorio, comunità e una vasta gamma di altri soggetti con cui interagisce.

Alla prova dei fatti. Una ricerca empirica

Le domande di ricerca

Se nei precedenti paragrafi si sono richiamate le ragioni per cui la partecipazione che caratterizza il modello cooperativo dovrebbe portare risultati positivi, nelle prossime pagine si illustreranno gli esiti di una ricerca realizzata nella provincia di Brescia, che ha inteso indagare l’effettività degli istituti partecipativi nel mondo cooperativo[31].

Le domande che sorgono sono molte. Le imprese cooperative, partecipative per statuto, sono effettivamente partecipative? In che misura la partecipazione, nei termini sopra descritti, è effettivamente diffusa alla base sociale e in che misura si esplica, per i soci, nel momento della nomina degli amministratori, essendo poi questi ultimi da quel momento in avanti a egemonizzare il momento partecipativo e decisionale?

Ma nel momento in cui ci si interroga su eventuali asimmetrie partecipative all’interno della base sociale è altrettanto opportuno chiedersi se i soci sono effettivamente interessati ad essere informati. Sono attenti? Sono e vogliono essere partecipi?

È – richiamato che diventare socio non è un fatto automatico, ma frutto della reciproca scelta del lavoratore e della cooperativa – per quali motivi, anche in organizzazioni che fanno della partecipazione il loro tratto caratteristico, continua a rimanere importante però il numero dei dipendenti non soci, che spesso supera la metà dei lavoratori[32]?

Domande di questo genere vanno poste ricordando che la partecipazione richiede – oltre alla volontà, al tempo e alle energie - competenze e capacità non trascurabili.  Non di rado, infatti, manca ai soci la strumentazione minima sulla quale poter avviare un confronto con il management sulle scelte di più ampio respiro[33] e dunque non è improbabile pensare che il socio possa avvertire una oggettiva difficoltà ad esprimere la propria volontà di partecipazione. D’altra parte, anche in forme partecipative diverse – il riferimento è agli istituti partecipativi nelle aziende for profit – il problema si pone: “Quanti quadri sindacali (non solo periferici, non solo delle categorie) sono oggi in grado di leggere un bilancio? Quanti sono in grado di valutare oggettivamente se le informazioni fornite da un’azienda relativamente alla propria situazione di mercato, ai rapporti concorrenziali nei quali è inserita, alle dinamiche di mercato future e ai piani di sviluppo sono vere, solo in parte vere o del tutto false? Quanti sarebbero in grado di ricostruire sulla base dei dati degli anni precedenti gli effetti economici di un accordo sul salario variabile che si è sul punto di sottoscrivere?”[34]

Potremmo estendere questa domanda anche ai soci delle cooperative. Quanti hanno davvero tutte queste competenze? Ma soprattutto in quanti si sentono di doverle acquisire per svolgere al meglio il loro ruolo?

Per partecipare veramente alle scelte spesso bisogna discutere, analizzare, studiare, confrontare, coinvolgendo e attivando processi di conoscenza, valorizzando esperienze e risorse, cercando la collaborazione di esperti. Tutte azioni che richiedono impegno e dedizione e che possono pertanto risultare troppo onerose.

Gli intervistati[35]

Con la ricerca si è voluto raccogliere i punti di vista in merito alla partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici alla vita dell’impresa e, nello specifico, se e come la partecipazione economico-finanziaria possa agevolare processi quali efficienza, efficacia e affiliazione. Il disegno di ricerca è stato caratterizzato da una struttura aperta e flessibile. Il metodo di raccolta di informazioni si basa su un’intervista[36] semi-strutturata e la raccolta di pareri e opinioni tramite la partecipazione a seminari. Nell'intervista si è utilizzato uno schema di domande flessibile e non standardizzato.

È stato scelto un campionamento a scelta ragionata: in questo caso le unità campionarie non sono scelte in maniera probabilistica, ma sulla base di alcune loro caratteristiche. Questo risponde anche alla finalità della ricerca essendo uno studio descrittivo.

I soggetti intervistati sono stati 20: 4 persone con compiti di rappresentanza del movimento cooperativo, 2 dirigenti di cooperative sociali, 4 dirigenti di cooperative non sociali, un sindacalista, un ricercatore e 8 rappresentanti di imprese diverse dalle cooperative, tra cui 7 società benefit.

La partecipazione in crisi

Dalle interviste fatte a chi opera nella cooperazione in provincia di Brescia[37] emerge una definizione di partecipazione nell'azienda che va oltre la mera esecuzione del lavoro. Da un punto di vista ideale, la partecipazione è intesa come coinvolgimento attivo dei lavoratori nella vita e nelle decisioni dell'impresa, con responsabilità e diritti di proprietà: possibilità per i lavoratori di influenzare e contribuire alle decisioni e alla direzione dell'azienda, la condivisione di un progetto e senso di appartenenza, è l’espressione di una dimensione politica, vista come fondamentale e precedente rispetto alla partecipazione economica e finanziaria, è un diritto di proprietà, dal momento che partecipare significa prendere decisioni significative sulla propria azienda e al tempo stesso partecipare ai frutti della sua gestione.

Ma, al di là di questi auspici, si è provato a indagare come la cooperazione, partecipativa per statuto, fosse percepita tale, ai giorni nostri, dagli intervistati.

E su questo aspetto la valutazione degli intervistati è quella di una crisi diffusa della partecipazione.

Innanzitutto, gli intervistati a più riprese mettono in luce come questo aspetto sia connesso con la crisi della partecipazione a livello generale. La partecipazione nelle cooperative riflette, infatti, le tendenze sociali più ampie, con una diminuzione del senso di comunità e di responsabilità. L'accento sull'aspetto economico e il capitalismo dilagante hanno, in parte, contribuito a mettere in discussione l'identità e i valori originali delle cooperative. D’altra parte, si riscontra è l’assenza di politiche che mettano in risalto il beneficio della partecipazione.

Sicuramente la dimensione dell'organizzazione influenza la partecipazione dei soci, di fatto cooperative di grandi dimensioni o molto dislocate a livello territoriale faticano a lavorare su questo aspetto.

Per alcuni intervistati la partecipazione è compromessa dalla perdita di identità delle cooperative. Le origini delle stesse erano fortemente legate a valori condivisi, ma oggi non sempre è così; al tempo stesso la mancanza di comprensione dei principi cooperativi e dei diritti di proprietà può generare confusione e compromettere la partecipazione effettiva dei membri.

E, ancora, la partecipazione fatica perché vi è una sorta di confusione tra partecipazione formale e reale. La prima riguarda attività come assemblee e consigli di amministrazione, la seconda invece è quella che coinvolge veramente i membri nell'organizzazione e nella presa di decisioni. La prima è sicuramente importante, ma non può essere la sola.

Mancherebbe, insomma, una vera e propria cultura organizzativa della partecipazione.

Questo non esclude che, soprattutto in momenti di crisi – come è accaduto durante l’emergenza sanitaria – possano riemergere elementi di coesione interna e di senso di appartenenza determinati dall’essere imprese partecipative, che hanno garantito la sopravvivenza della cooperativa in misura superiore rispetto ad altre imprese; ma questo appare, appunto, un tratto positivamente emerso in una situazione eccezionale piuttosto che la quotidianità organizzativa.

Indagando le cause che possono precludere la partecipazione dei lavoratori, un intervistato, sottolinea l’impatto delle complessità del mercato del lavoro di oggi in tema di competenze e questo può far prevalere l’aspetto professionale su quello partecipativo: si è “uno psicologo” o “un educatore”, per fare due esempi connessi al mondo della cooperazione sociale, prima ancora che “un cooperatore” o “un socio”.

O, ancora, nelle cooperative che lavorano per commesse, come quelle sociali, i lavoratori spesso appartengono più al servizio che non alla cooperativa, identificandosi quindi come, ad esempio, “operatori del centro diurno”, piuttosto che come soci lavoratori della propria cooperativa. Connesso a questo c’è anche il tema della “clausola sociale” che, pur tutelante per il lavoratore, lo rende soggetto a continui cambi di cooperativa per la vincita/perdita di appalti. È evidente che in tali condizioni il lavoratore possa tendere a sentirsi appartenente al servizio, piuttosto che alla cooperativa che in quel momento si è aggiudicata l’appalto rilevando il personale da quella precedente (ed essendo destinata a cederlo a quella che lo vincerà successivamente).

C’è anche difficoltà a far partecipare lavoratori non adeguatamente pagati. Laddove la sensazione del lavoratore è quella di essere sottopagato – per responsabilità che percepisce essere indistintamente dell’ente appaltante o della cooperativa -, di non riuscire ad avere dal proprio lavoro il necessario per vivere dignitosamente, è difficile sviluppare un senso positivo di identità nei confronti della propria impresa.

Gli elementi della partecipazione

Accanto a queste considerazioni generali, si sono indagati alcuni aspetti specifici della partecipazione: la partecipazione economico-finanziaria, la partecipazione economica e alle decisioni strategiche, il rapporto tra partecipazione e turnover e il rapporto tra partecipazione e competenze.

La partecipazione economico-finanziaria. Come è noto, nelle cooperative esistono forme di partecipazione economico finanziaria al capitale oltre alla proprietà del socio, come ad esempio il prestito sociale. Tuttavia, nel settore della cooperazione sociale, dove i profitti sono limitati, ci sono sfide nell'attrarre capitale da parte dei lavoratori, sia perché il ritorno potrebbe essere non attrattivo, sia perché il reddito potrebbe non essere sufficiente per permettere il risparmio. Esiste anche un modello di azioni dette “partecipazione cooperativa”, ma è complesso e meno diffuso, sono azioni senza diritto di voto che possono essere remunerate solo se il capitale ordinario è remunerato. Questo strumento è stato utilizzato in passato, ad esempio per finanziare la costruzione di sedi, ma è stato adottato solo da pochi lavoratori.

Partecipazione economica e decisioni strategiche. Si tratta della possibilità di incidere, in forza della propria partecipazione economica, al processo e alle responsabilità decisionali. Su questo punto gli intervistati non hanno una visione unanime. Per alcuni questo fattore diventa determinante in momenti di crisi, oppure laddove vi sono dinamiche di mercato che davvero portano un vantaggio economico. In sostanza, si tratta secondo questi intervistati di un aspetto spesso latente, che riesce però a riemergere in circostanze specifiche. In generale, però, l’esercizio della decisione è oggetto di delega attraverso l’elezione di un consiglio di amministrazione cui di fatto viene affidata non solo la traduzione di strategie definite in assemblea, ma la definizione delle strategie stesse. Va d’altra parte considerato che questo “ampliamento” della delega agli amministratori può essere frutto sia del “ritiro” del socio, sia dell’atteggiamento degli amministratori che possono essere più o meno attenti nell’attivare la base sociale. Per tutti gli intervistati la sola partecipazione economica – il fatto che dalle scelte della cooperativa dipenda il suo reddito e il capitale sottoscritto - non sarebbe l’unica o la principale leva alla responsabilizzazione del socio sulle decisioni, come dimostrato da casi ini cui, a fronte della mancanza di senso di appartenenza, pur essendoci interessi e vantaggi economici, l’esperienza della cooperativa è andata perdendosi.

Partecipazione economica e turn over. Quasi tutti gli intervistai hanno posto il tema del turnover, che, in un’epoca di “grandi dimissioni” sta particolarmente colpendo le imprese, siano esse cooperative o profit. Ci si è quindi chiesti se un lavoro sistematico sulla partecipazione economica dei lavoratori e delle lavoratrici potrebbe limitare il fenomeno, creando maggior senso di appartenenza e coinvolgimento. In sostanza, ci si chiede se rafforzare condivisione e partecipazione potrebbero rafforzare l’appartenenza all’impresa, in un momento in cui l’identità stessa del lavoro è in crisi.

Partecipazione economica e competenze. È possibile formare alla partecipazione, così che i soci possano acquisire competenze necessarie a partecipare consapevolmente alla vita delle aziende? Viene sottolineata l’importanza di investire in formazione, con enfasi diverse da parte degli intervistati, che possono sottolineare maggiormente i temi economico finanziari, la consapevolezza sui principi che governano l’impresa cooperativa o i temi identitari e valoriali. Ma va ricordato che questi aspetti, oltre che riguardare i soci lavoratori, debbano interessare anche il gruppo dirigente, che spesso appare privo di queste competenze e consapevolezze. L’educazione alla partecipazione è una delle sfide più importanti, specialmente con le nuove generazioni.

Oltre le fatiche della partecipazione. Uno degli aspetti evidenziati è quello dell’importanza di ragionare sulla partecipazione in termini reali e non disincantati: partecipare è difficile. Comporta energie e risorse individuali e collettive. E quindi è necessario avvicinarla traendo spunto da esigenze palpabili dai soggetti che si vogliono chiamare alla partecipazione.

Conclusioni

La riflessione ha messo in evidenza una realtà cruciale: nelle cooperative, la partecipazione, da sempre elemento distintivo e fondante, si trova oggi in una fase di crisi. Nonostante il principio partecipativo sia sancito nello statuto delle cooperative, le difficoltà nel reclutare, motivare e coinvolgere i soci dimostra che, senza un lavoro sostanziale e continuo, questo valore, in un contesto organizzativo e di mercato che rende comunque difficile sviluppare identità e appartenenza, rischia di diventare puramente formale. La governance partecipativa, che rappresenta il cuore del modello cooperativo, fatica a adattarsi alla crescente complessità del contesto attuale.

La partecipazione economica, da sola, non garantisce il reale coinvolgimento decisionale, soprattutto in assenza di una chiara formazione culturale e di strumenti adeguati. L'accesso ai processi decisionali e la capacità di incidere nella gestione dell’impresa restano limitati, anche a causa della mancanza di competenze specifiche e della difficoltà di comprendere le dinamiche dell’impresa.

Dalle interviste condotte emerge la necessità prioritaria di un intervento a livello formativo propedeutico rispetto all’attivazione di processi partecipativi. Democrazia e partecipazione sono spesso considerate acquisite, il che può indicare un radicamento culturale; tuttavia, nella pratica, ciò non è così evidente. Molto spesso si utilizzano strumenti e approcci datati e inadeguati rispetto alle nuove sfide e alla complessità del contesto attuale.

Spesso, si dà per scontata una certa definizione di democrazia e partecipazione che ha a che fare più con gli aspetti politici/valoriali e poco con gli aspetti organizzativi e alla possibilità di dare voce, di far incidere davvero i lavoratori e i soci nella definizione delle strategie di impresa.

Ci si dimentica di fare un accompagnamento serio che implica, sia per chi lo conduce (CDA, management), sia per chi vi partecipa (lavoratori, soci) impegno e costanza. Partecipare non è facile e, talvolta, non è nemmeno bello o interessante. Ma in una visione idealistica della partecipazione si tende a non considerare questi aspetti.

È necessario trovare un equilibrio tra aspetti etici ed economici – idealità e identità da una parte, interessi e vantaggi dall’altra - che portano a percepire la partecipazione in modo positivo. Probabilmente la risposta corretta non sta nell’opposizione tra le due polarità, ma nella loro integrazione. Se è vero che insistere sugli aspetti economici senza un lavoro preciso e puntuale sull’identità porta alla perdita di senso per la cooperazione, al tempo stesso non è condivisibile la scelta di mettere in secondo piano gli aspetti economici.

Un ulteriore elemento critico è la tendenza, nelle cooperative, a dare per scontata la Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI), considerandola intrinseca al modello cooperativo; in sostanza nella convinzione di non essere tenuti a ragionare su questi temi in quanto già di per sé “responsabili” in quanto cooperative. Questa percezione porta spesso a trascurare un lavoro di ri-significazione e aggiornamento, mentre altre realtà, come le Società Benefit, hanno utilizzato la RSI come leva strategica per rafforzare il legame tra impresa e partecipazione.

Il fatto che le norme considerino le cooperative sociali già di per sé riconosciute, ad esempio, come “a mutualità prevalente” o già riconosciute come “imprese sociali” o, sino a che tale categoria permarrà, come “Onlus” non esime dal porre al centro costantemente sia i ragionamenti sugli aspetti partecipativi, sia sulla propria vocazione al cambiamento sociale.

D’altra parte, se il tema partecipativo non entra veramente nelle agende politiche nazionali e locali rimarrà comunque “monco”. Non si può pensare di fare partecipazione solo dentro l’impresa, come si è visto è fondamentale anche il sistema in cui l’impresa stessa è inserita che, come si è visto, è caratterizzato da criticità che si riversano sulla partecipazione.

Nonostante queste difficoltà, la cooperazione conserva un potenziale unico: rappresenta un modello d’impresa in cui la democrazia economica e sociale può essere realizzata in modo concreto, a condizione che si lavori per creare un sistema partecipativo moderno, inclusivo e sostanziale. È essenziale riportare la partecipazione al centro dell’agenda delle cooperative, attraverso percorsi formativi specifici, strumenti di governance trasparenti e un impegno concreto per valorizzare il ruolo dei soci.

In questo senso, la cooperazione non deve limitarsi a rispondere alle sfide interne, ma deve anche inserirsi in un sistema più ampio di politiche partecipative a livello territoriale e nazionale. La partecipazione nelle cooperative deve essere rafforzata da workshop congiunti tra enti pubblici, imprese profit e no-profit, e sindacati, al fine di sperimentare e implementare strategie partecipative innovative, sostenibili ed efficaci.

La cooperazione non è solo un modello di impresa, ma un sistema culturale ed etico che richiede impegno e costanza. Riportare la partecipazione al centro significa riaffermare la missione originaria delle cooperative: coniugare gli ideali di democrazia e solidarietà con le esigenze di un’impresa moderna, capace di affrontare le sfide del mercato e della società. Questo impegno, se ben perseguito, non solo rafforzerà la competitività e la sostenibilità delle cooperative, ma rappresenterà anche un esempio virtuoso per altre forme di impresa.

DOI: 10.7425/IS.2025.02.11

 

 

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Zoppoli L., (2006), Lavoro, impresa ed Unione europea, la tutela dei lavoratori nell'Europa in trasformazione, Franco Angeli, Milano.

[1] Costituzione della Repubblica Italiana.

[2] G. Baglioni, Economia, lavoro e partecipazione, in L’impresa al plurale, Quaderno 3-4, Franco Angeli, Milano, 1999.

[3] Ghezzi G. (1980), Sub art. 46, in Branca G., a cura di, Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, Zanichelli-Il Foro Italiano: 69, 152.

[4] G. Baglioni, Economia, lavoro e partecipazione, op. cit.

[5] Disponibile online https://www.partecipazione.cisl.it/images/allegati/Proposta-di-legge-di-iniziativa-popolare-1-1.pdf

[6] V. Santoni, Luigi Sbarra: Ecco perché incentivare la partecipazione dei lavoratori all’impresa conviene a tutti, in Secondo Welfare, risorsa online del 28/09/23.

[7] I. Senatori, La partecipazione dei lavoratori in Italia: limiti e opportunità, In: Una nuova Europa aspettative sul congresso CGIL, 2014, p. 35.

[8] G. Baglioni, Lavoro e decisioni nell’impresa, Il Mulino, Bologna, 2001.

[9] Baglioni G., Lavoro e decisioni nell’impresa, op. cit.

[10] Ulteriori approfondimenti: S. Zaninelli, et al., La partecipazione dei lavoratori: Una democrazia inedita. Jaca Book, 2020; T. Erboli, et al., La partecipazione dei lavoratori al capitale di rischio dell'impresa. 2005; L. Zoppoli, Rappresentanza collettiva dei lavoratori e diritti di partecipazione alla gestione delle imprese, 2005 : 1000-1108; F. Guarriello, Quale partecipazione dei lavoratori negli organi societari in Italia? La proposta Baglioni, Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali 2005/107; G. Baglioni, La nozione di partecipazione dei lavoratori nella direttiva sulla società europea, 2003: 1000-1016.

 

[11] G. Baglioni, Democrazia impossibile? Il cammino e i problemi della partecipazione nell'impresa, Il Mulino, Bologna, 1995

[12] G. Baglioni, Democrazia impossibile? Il cammino e i problemi della partecipazione nell'impresa, op. cit.

[13] G. Baglioni, Democrazia impossibile? Il cammino e i problemi della partecipazione nell'impresa, op. cit.

[14] G. Baglioni, Democrazia impossibile? Il cammino e i problemi della partecipazione nell'impresa, op. cit.

[15] G. Baglioni, Democrazia impossibile? Il cammino e i problemi della partecipazione nell'impresa, op. cit.

 

[16] M. Mazzoleni, Partecipation and Networking: the root of the co-operative competitive advantage, Maggio 2005.

[17] M. Mazzoleni, L’azienda cooperativa, Cisalpino, Bologna 1996.

[18] M. Mazzoleni, Partecipation and Networking: the root of the co-operative competitive advantage, op. cit.

[19] F. T. Adams., G.B Hansen., Putting Democracy to Work. A Pratical Guide for Starting and Managing Worker-Owned Businesses, Berret-Koehler Publishers, San Francisco 1992.

[20] Mazzoleni M., L’azienda cooperativa, op.cit.

[21] M. Mazzoleni, L’azienda cooperativa, op. cit.

[22] M. Yamagishi., Dare significato all’adesione sociale: la democrazia partecipativa nelle cooperative, in “Rivista della cooperazione”, n° 25, novembre-dicembre 1995, Istituto Italiano di Studi Cooperativi "Luigi Luzzatti", Roma.

[23] M. Mazzoleni, L’azienda cooperativa, op. cit.

[24] J. Meade, Different Forms of Share Economy, Public Policy Center, London 1986.

[25] F. Sangalli, Qualità Totale e Impresa Cooperativa, Il Sole 24 Ore Libri, Milano 1995.

[26] M. Mazzoleni, L’azienda cooperativa, op. cit.

[27] M. Mazzoleni, Partecipation and Networking: the root of the co-operative competitive advantage, op. cit.

[28] S. Zan, Cultura aziendale e processi di cambiamento strategico, Studi Organizzativi, n° 1, 1982.

[29] M. Mazzoleni, Partecipation and Networking: the root of the co-operative competitive advantage, op. cit.

[30] M. Mazzoleni, Partecipation and Networking: the root of the co-operative competitive advantage, op. cit.

[31] La ricerca è stata condotta durante la tesi magistrale in Economia Sociale e Imprese Cooperative dell’Università degli Studi di Brescia. La ricerca ha anche messo a confronto la partecipazione tra il mondo cooperativo e le società benefit. In questo articolo ci soffermeremo ad approfondire solo il primo.

[32] A. Ianes, Le cooperative, Carrocci Editore, 2011

[33] C. Annibaldi, Per una “carta della partecipazione”, L’impresa al plurale, Quaderno 3-4, Franco Angeli, Milano, 1999.

[34] Dalla relazione di M. Marroni al convegno Rappresentanza e partecipazione organizzato a Roma dalla Fondazione Dusseldorf in collaborazione con la Fondazione Ebert, 21 22 giugno 1993.

[35] La ricerca è stata condotta durante la tesi magistrale in Economia Sociale e Imprese Cooperative dell’Università degli Studi di Brescia

[36] P. Corbetta, Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Il Mulino, 1999.

[37] Tab. 2

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