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ISSN 2282-1694
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Numero 4 / 2024

Saggi

La concorrenza disegnata dal Legge 118/22 e dal Decreto del Ministero della Salute del 19 dicembre 2022: rischi, opportunità e strategie di mitigazione

Salvatore Semeraro, Pina Di Rago, Massimiliano Malè, Franco Radaelli


Il presente articolo viene chiuso in redazione il 25 novembre 2024. A tale data, il termine ultimo per le Regioni per recepire la normativa sull’accreditamento disegnata dalla legge 188/2022 qui discussa è fissato nel 31 dicembre 2024. Sono al tempo stesso diffuse le voci che prevedono probabili interventi normativi tesi a prorogare o sospendere tale termine ultimo. Anche se così fosse, le analisi qui proposte non perdono di pregnanza, per due motivi. Il primo, è che, a prescindere dal termine ultimo, le Regioni possono in ogni momento approvare – e in alcuni casi, citati nell’articolo, hanno approvato - misure attuative che rendono operativa la normativa in questione. Il secondo, è che meri interventi dilatori, anche se allontanano gli effetti della previsione, non mutano il contesto normativo di fondo entro cui le imprese sociali e gli altri soggetti interessati si trovano ad operare.


 

Il tema

L’Italia sta affrontando una trasformazione cruciale nel settore sanitario e sociosanitario, spinta dall’introduzione di nuove normative mirate a promuovere la concorrenza e la trasparenza nei processi di affidamento dei servizi. Come noto, infatti, la Legge 118/2022, “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021”, ed il Decreto del Ministero della Salute del 19 dicembre 2022, attuativo della stessa, intervenendo su alcune disposizioni del d.lgs. 502/1992, hanno comportato e stanno comportando l’estensione delle regole sulla concorrenza agli enti privati che erogano servizi sanitari e sociosanitari e, conseguentemente, anche agli enti di Terzo settore. Il presente articolo esplora da una parte le implicazioni giuridiche e pratiche di queste riforme, con particolare attenzione al bilanciamento tra la concorrenza come principio euro unitario e l’articolo 41 della Costituzione Italiana, che pone l’utilità sociale come vincolo all’iniziativa economica privata e dall’altra pone al centro la sfida che gli enti del terzo settore dovranno attraversare nell’applicazione della normativa (Legge 118/2022 e Decreto del Ministero della Salute del 19 dicembre 2022). In particolare, l’art. 15 della Legge 118/2022, intervenendo sugli articoli 8 quater, sostituendo i commi 7 e 8 quinquies, e aggiungendo il comma 1 bis del d.lgs. 502/92, modifica la disciplina dell’accreditamento e del convenzionamento delle strutture private, nonché del monitoraggio e valutazione degli erogatori privati convenzionati; ciò segna un cambiamento significativo rispetto al passato, affermando con forza il paradigma di una maggiore competitività, con l’effetto di un indebolimento della visione collaborativa e mutualistica tipica dei sistemi di welfare e degli enti del terzo settore.

La normativa impone che le Regioni organizzino sulla base di criteri oggettivi - che privilegiano certamente la qualità, ma anche i volumi di prestazioni - selezioni periodiche e trasparenti (leggi “gare”) per individuare i soggetti accreditati in ambito sanitario e sociosanitario. Questa riforma intende promuovere l’efficienza produttiva, dinamica e allocativa nel settore sanitario e sociosanitario, attraverso il processo competitivo degli enti privati, indipendentemente dalla loro natura lucrativa o non lucrativa. Il Decreto del Ministero della Salute del 19 dicembre 2022, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 305 del 31-12-2022, mira a determinare le modalità di valutazione delle strutture sanitarie in termini di qualità, sicurezza ed appropriatezza delle attività erogate, senza alcuna distinzione in relazione al carattere mutualistico degli enti, stabilendo criteri per il rilascio di nuovi accreditamenti e per la stipula di accordi contrattuali con le strutture sanitarie private nell’ambito della programmazione delle singole regioni.

Per comprendere a fondo l’impatto della Legge 118/2022 e del Decreto del Ministero della Salute del 19 dicembre 2022 sui servizi sanitari e sociosanitari, è utile analizzare il cambiamento strutturale[1] che essi introducono, confrontando il sistema di accreditamento precedente con il nuovo regime.

Il sistema di accreditamento prima della riforma

Prima dell’introduzione della Legge 118/2022, l’accreditamento istituzionale e la relativa contrattualizzazione delle prestazioni, per gli enti privati (sia enti lucrativi, sia non lucrativi) che erogavano servizi sanitari e sociosanitari era, di fatto, una sorta di “storicizzazione di un titolo a tempo indeterminato”: una volta ottenuti, l’accreditamento e il contratto non richiedevano successive conferme, se non la verifica dei requisiti di appropriatezza delle prestazioni ed il mantenimento dei requisiti strutturali ed organizzativi previsti dalla normativa vigente. Ciò significava che le strutture, una volta accreditate, potevano proseguire la loro attività per un periodo indefinito, con rinnovi che non passavano necessariamente attraverso un meccanismo competitivo e con budget che si rimodulavano in relazione a predeterminate regole di storicizzazione. Questo sistema, benché stabile, garantiva per le strutture accreditate la permanenza della certificazione per continuare ad operare nell’erogazioni delle prestazioni e altresì per le strutture contrattualizzata la permanenza del budget storicizzato. Questo modello di accreditamento non distingue comunque tra chi opera con finalità di profitto in una mera logica di mercato e di distribuzione di utili e gli enti che invece operano sulla base di una particolare ispirazione religiosa, sociale o etica, nella prospettiva, mutualistica, della sola utilità sociale e nel divieto, appunto, di qualsivoglia distribuzione di utili.

Le principali modifiche introdotte

La Legge 118/2022 e il successivo Decreto attuativo del Ministero della Salute hanno ridefinito le regole, introducendo l’obbligo per le Regioni di effettuare selezioni periodiche e trasparenti per l’accreditamento delle strutture private, basate su criteri oggettivi che privilegino la qualità e i volumi dei servizi erogati. Questo significa che l’accreditamento non è più un titolo permanente, ma viene assegnato per un periodo limitato ed è soggetto a nuove e periodiche selezioni alla sua scadenza. In particolare, l’accreditamento dovrà essere rinnovato periodicamente e le Regioni disciplineranno, con relative deliberazioni, i criteri per rivalutare l’idoneità degli enti, sia sanitari che sociosanitari, per l’ottenimento del titolo concessorio di accreditamento e per la relativa contrattualizzazione. Da ciò ne deriva che l’accesso all’accreditamento e al convenzionamento sarà condizionato a standard di qualità, sicurezza e appropriatezza delle attività erogate, oltre che ai volumi di servizi offerti, nell’intento di garantire un’offerta migliore ai cittadini.

Quali sono gli impatti pratici per le strutture del Terzo Settore

Questi cambiamenti normativi influiscono direttamente anche sugli enti del Terzo Settore, molti dei quali operano nel settore sociosanitario. Strutture che offrono servizi di assistenza a persone fragili, come disabili e anziani, dovranno ora confrontarsi con nuove regole competitive che potrebbero mettere a rischio il rinnovo dei loro accreditamenti se tali Enti non soddisfano gli standard richiesti o se comunque altri soggetti otterranno punteggi migliori. Ad esempio, cooperative sociali che gestiscono centri diurni per disabili o case di riposo potrebbero trovarsi a dover partecipare a “bandi” o “avvisi di manifestazione di interesse” – queste ormai le pratiche utilizzate da molte regioni[2] - per mantenere la possibilità di continuare a operare nel sistema pubblico.

Immaginiamo una cooperativa sociale che accoglie persone con disabilità. In passato, una volta ottenuto l’accreditamento, tale centro poteva lavorare con il sistema sanitario regionale senza scadenze particolari, tranne la contrattualizzazione annuale. Ora, questa cooperativa dovrà rinnovare l’accreditamento almeno ogni tre anni, dimostrando di soddisfare criteri di qualità e sicurezza più stringenti, ma probabilmente anche i budget assegnati, laddove la procedura selettiva avvenga anche sugli aspetti economici. La struttura, pertanto, potrebbe risultare non più accreditata alla scadenza triennale e gli ospiti potranno permanere in struttura in regime privato accollandosi l’intero costo del servizio o tentare - lista d’attesa permettendo - di trasferirsi in altra struttura.

La selezione sarà effettuata su base competitiva, per cui strutture nuove o rinnovate, con tecnologie all’avanguardia, potrebbero costituire una concorrenza seria, spingendo anche gli operatori più tradizionali a adeguarsi ai nuovi standard.

Questa riforma rappresenta una sfida, in particolare per le imprese sociali che operano in settori dove i margini di investimento per innovazione tecnologica sono ridotti e dove la sostenibilità economica non permette di fare ulteriori economie. Le nuove regole spingeranno, infatti, le imprese a ricercare maggiore efficienza produttiva e qualità dei servizi per competere in un contesto rinnovato. Parimenti a quanto accade per le prestazioni ospedaliere – dove i privati si concentrano in prestazioni ad alta remunerazione, lasciando al pubblico l’onere di garantire le altre prestazioni -, potrebbe non essere più sostenibile investire in progetti, azioni e servizi a basso margine, ma ad alto valore sociale, in un contesto in cui la gestione pubblica diretta nei servizi sociali e sociosanitaria è di fatto assente.

Tra concorrenza, iniziativa privata, utilità sociale e salute

La concorrenza è uno dei pilastri su cui si fonda l’Unione Europea e rappresenta un principio essenziale del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), che mira a promuovere un mercato interno efficiente, dinamico e competitivo. In questo contesto, il TFUE sancisce norme che regolano la concorrenza, incentivando l’efficienza, l’innovazione e la qualità dei servizi offerti ai cittadini. Tale principio si traduce in politiche che evitano monopoli e cartelli, stabilendo al contempo regole chiare per tutti gli operatori economici che vogliano competere nel mercato interno europeo, incluso il settore sanitario e sociosanitario.

In ambito europeo, la concorrenza non è solo un mezzo per garantire costi sostenibili e migliorare i servizi, ma è anche un elemento chiave per il rafforzamento dell’integrazione economica e del benessere dei cittadini europei. Le norme del TFUE, infatti, vietano pratiche che limitano la concorrenza, come gli accordi di cartello e l’abuso di posizione dominante (articoli 101 e 102 TFUE), e stabiliscono regole per garantire una competizione equa, in modo che nessun operatore possa sfruttare il mercato a scapito di altri o del consumatore finale.

Il principio di concorrenza, seppur fondamentale, non è applicato senza eccezioni o limiti, soprattutto quando si tratta di servizi di interesse generale, come i servizi sanitari e sociosanitari. L’UE prevede, infatti, deroghe alla piena applicazione del principio di concorrenza in settori dove prevale un interesse pubblico e un bisogno di solidarietà sociale. Questo è il caso dei cosiddetti “servizi di interesse economico generale” (SIEG), dove l’Unione riconosce che la concorrenza potrebbe entrare in conflitto con la necessità di garantire l’accessibilità, l’appropriatezza e la qualità dei servizi fondamentali per la collettività, soprattutto per le categorie vulnerabili. L’Unione Europea consente quindi agli Stati membri di derogare alle norme sulla concorrenza, specialmente quando i servizi in questione riguardano ambiti come la salute, l’istruzione o il welfare, al fine di preservare un accesso universale e un equilibrio tra efficienza economica e solidarietà. Questa flessibilità permette ai Paesi membri di adottare normative specifiche e di sostenere economicamente i servizi pubblici essenziali e le imprese sociali che operano in questi ambiti[3].

La Direttiva 23/2014/CE, al paragrafo 13 delle premesse e al paragrafo 22 e all’art. 2, comma 2, lett. f), difatti, esclude dal proprio ambito di applicazione «i regimi in cui tutti gli operatori che soddisfano determinate condizioni sono autorizzati a svolgere un determinato compito, senza selettività, come i sistemi basati sulla libera scelta del cliente e i sistemi di buoni servizio […] compresi quelli fondati su accordi giuridici tra l’autorità pubblica e gli operatori economici. Tali sistemi si basano generalmente su una decisione dell’autorità pubblica che definisce le condizioni trasparenti e non discriminatorie applicabili all’accesso continuo da parte degli operatori economici alla fornitura di servizi specifici, quali i servizi sociali, consentendo ai clienti di scegliere tra tali operatori»[4].

Tuttavia, l’implementazione di selezioni competitive per l’affidamento dei servizi sanitari in Italia segue l’obbligo di trasparenza e non discriminazione, principi cardine del diritto eurounitario. L’articolo 41 della nostra Costituzione recita: “L’iniziativa economica privata è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute e all’ambiente. La legge determina i programmi e i controlli necessari affinché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”. Questo vincolo costituzionale è particolarmente rilevante per settori strategici come la salute, dove l’interesse pubblico deve prevalere sulle logiche di mercato.

La tutela della concorrenza in Italia non ha una definizione esplicita nella Costituzione tranne che l’articolo 117 comma 2 lettera e) ed il suo richiamo alla potestà legislativa esclusiva dello Stato e, difatti, la sua rilevanza è stata riconosciuta solo attraverso il processo di integrazione europea. La dottrina giuspubblicistica italiana[5] ha spesso visto la concorrenza come estranea alla Costituzione nazionale, considerando la sua tutela giuridica derivante principalmente dall’ordinamento europeo ed in capo alla legislazione esclusiva del potere centrale. Tuttavia, si riconosce che la concorrenza può essere legittimata come principio di utilità sociale, in cui l’efficienza economica è coordinata con fini sociali e ambientali. Questo approccio integra la visione utilitaristica con una concezione normativa della concorrenza che garantisce l’equilibrio tra diritti individuali e benessere collettivo. Il punto cruciale è il potenziale conflitto tra la promozione della concorrenza e la tutela dell’interesse generale nel settore della salute pubblica. Infatti, al contrario della tutela della concorrenza che è materia esclusiva dello Stato (ex art. 117 comma 2), la tutela della salute è materia di legislazione concorrente (articolo 117 comma 3). Questo aspetto può generare tensioni normative, poiché l’accreditamento ed il convenzionamento delle strutture sanitarie e sociosanitarie sono di competenza delle Regioni e delle aziende sanitarie. Da qui la necessità di un bilanciamento, non solo legislativo, ma altresì amministrativo tra la necessità di garantire l’accesso e la qualità dei servizi sanitari e sociosanitari con il sistema concorrenziale di tipo commerciale. Le spinte verso la concorrenza[6], seppur con la rimozione alle barriere all’ingresso dei nuovi operatori[7], devono essere bilanciate con i principi della libertà di scelta dell’utente e della programmazione sanitaria regionale. L’introduzione di un sistema concorrenziale nella gestione della salute deve essere valutata con attenzione da parte del sistema ordinamentale per evitare le logiche meramente di mercato che prevalgono sull’interesse generale e sulla dei servizi erogati a favore della cittadinanza.

Critica alla concezione utilitaristica della concorrenza

La concezione utilitaristica della concorrenza è in contrasto con i principi sanciti dai Trattati dell’Unione Europea, dove la concorrenza non è vista come un valore intrinseco, ma come uno strumento per promuovere valori sociali e politici quali dignità umana, libertà, democrazia e uguaglianza. Questo approccio richiede una riconciliazione tra l’utilità sociale in termini di efficienza allocativa e altri valori sociali e politici. Una visione normativa[8] della concorrenza propone che questa non solo favorisca il benessere economico, ma sia anche essenziale per la sovranità della persona e la preservazione della democrazia liberale, evitando che il potere pubblico o privato limiti indebitamente le libertà fondamentali.

Il diritto alla salute, sancito dall’articolo 32 della Costituzione, è riconosciuto come un diritto fondamentale della persona e interesse della collettività. La relazione tra concorrenza e diritto alla salute è complessa e controversa. Sebbene il diritto alla salute sia chiaramente definito, la concorrenza non ha una definizione normativa specifica, portando a diverse interpretazioni sul suo ruolo nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN). L’approccio utilitaristico della concorrenza, che enfatizza l’efficienza economica, deve essere bilanciato con la necessità di garantire la qualità e l’accessibilità dei servizi sanitari pubblici, preservando la coesione sociale e i valori costituzionali. Questo approccio more economic si basa su tre aspetti efficientisti, promossi dalla Scuola di Chicago degli anni Settanta: efficienza produttiva, l’efficienza dinamica[9] e l’efficienza allocativa[10].

Tale approccio more economic alla concorrenza, sviluppato dalla Scuola di Chicago, è oggetto di critiche perché, invece di limitare il potere economico, lo ha aumentato, specialmente nei settori tecnologici, promuovendo dinamiche collusive tra potere economico e politico. Questo approccio, che identifica il benessere del consumatore come obiettivo principale, ha prodotto effetti negativi sull’efficienza economica e sulla qualità dei processi democratici, incrementando il potere di mercato e creando rendite pubbliche e private. Si sottolinea come sia necessario riconciliare l’efficienza allocativa con l’efficienza dinamica e altri valori sociali per garantire una concorrenza che supporti la democrazia e la coesione sociale.

La concorrenza in sanità vista dall’AGCM

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha espresso diverse posizioni critiche riguardo alla disciplina dell’accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie in Italia, regolata principalmente dal d.lgs. 502/1992 e successivamente modificata dal d.lgs. 229/1999. Queste norme stabiliscono le modalità di autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie e sociosanitarie, includendo la verifica della compatibilità dei progetti con il fabbisogno sanitario regionale.

Le principali critiche, da parte dell’AGCM, all’attuale sistema delle 3A (Autorizzazione, Accreditamento istituzionale e Accordi Contrattuali) del sistema sanitario e sociosanitarie riguardano nello specifico:

  • Barriere all’Ingresso nel Mercato Sanitario:
  • AGCM ha criticato il sistema di verifica della compatibilità con il fabbisogno sanitario regionale come una barriera all’ingresso nel mercato sanitario. Questa verifica, effettuata dalle Regioni, può impedire l’entrata di nuovi operatori nel mercato, limitando la concorrenza.
  • La presenza di queste barriere può favorire gli operatori esistenti, consolidando la loro posizione e riducendo le opportunità per nuovi entranti, che potrebbero offrire servizi innovativi o di maggiore qualità.
  • Sistema Transitorio e Accreditamenti Provvisori:
  • AGCM ha evidenziato come il regime transitorio, che permette accreditamenti provvisori, perpetui una situazione di chiusura del mercato. Questo sistema impedisce di fatto l’accesso di nuovi operatori, mantenendo uno status quo che non favorisce la concorrenza.
  • Il principio del no one in, no one out (N.I.N.O.)[11] è stato oggetto di particolare critica da parte dell’AGCM, poiché limita significativamente l’ingresso di nuove strutture, proteggendo gli interessi degli operatori già accreditati.
  • Autorizzazioni alla Realizzazione e all’Esercizio:
  • L’AGCM ha sollevato preoccupazioni riguardo alle procedure di autorizzazione alla realizzazione di nuove strutture sanitarie, che richiedono l’assenso del Comune e una verifica di compatibilità da parte della Regione. Questa doppia verifica può risultare in un processo lungo e complesso, disincentivando nuovi investimenti nel settore sanitario.
  • La necessità di ottenere autorizzazioni per l’esercizio delle attività sanitarie, basate su requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi, è vista come un’ulteriore barriera che può rallentare l’entrata di nuovi attori nel mercato.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, già dall’anno 2012, raccomandava la rimozione delle barriere all’ingresso per facilitare l’accesso di nuovi operatori nel mercato sanitario. Questo processo, secondo l’AGCM, avrebbe portato ad una semplificazione delle procedure di verifica della compatibilità e l’eliminazione del regime transitorio che perpetua gli accreditamenti provvisori e suggeriva di adottare criteri di selezione più trasparenti e oggettivi per il rilascio degli accreditamenti, garantendo che la qualità dei servizi offerti fosse il principale fattore determinante e sottolinenando più volte  l’importanza di incentivare l’innovazione e la qualità nel settore sanitario. Secondo AGCM, un sistema più aperto alla concorrenza può stimolare gli operatori a migliorare continuamente i loro servizi per attrarre pazienti e ottenere accreditamenti. Risulta chiaro come tale processo pro-concorrenziale, di derivazione eurounitaria, abbia avuto un supporto importante, anche in una logica della “concorrenza per il mercato” tipica del settore degli appalti pubblici[12], da parte della Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che, in parte, risulta anticipatorio, con le sue raccomandazioni, del processo riformatore messo in atto con la Legge 118/2022 nel settore sanitario e sociosanitario.

In mezzo al guado tra logica pro-concorrenziale e amministrazione collaborativa

La posizione dell’AGCM viene ribadita, dall’autorità stessa, nel corso dell’iter di approvazione del Disegno di Legge Recante “Delega al Governo per la Riforma del Terzo Settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile Universale”[13]: il Presidente dell’allora AGCM pone l’attenzione sulla necessità di valutare la compatibilità della disciplina giuridica dell’impresa sociale con la normativa europea in materia di concorrenza e di aiuti di Stato[14]. Risulta chiara la posizione dell’AGCM: rispetto alle imprese sociali e agli enti del Terzo Settore, pur riconoscendo l’importanza di queste organizzazioni per l’economia e il welfare, si sottolinea la necessità di un equilibrio tra supporto pubblico e rispetto delle regole concorrenziali per evitare distorsioni di mercato. L’autorità non tiene conto della differenza fondamentale tra gli ETS e le società for-profit che trova riferimento costituzionale e nel Codice del Terzo settore e quindi del ruolo di interesse generale attribuito agli ETS[15].

Questo appare un orientamento non allineato alla giurisprudenza europea. Con sentenza dell’11 luglio 2013 C-57/12, infatti, la prima Sezione della Corte UE si è espressa nel seguente modo: “L’articolo 2, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2006/123 dev’essere interpretato nel senso che l’esclusione dei servizi sanitari dall’ambito di applicazione di tale direttiva comprende qualsiasi attività finalizzata a valutare, mantenere o ripristinare le condizioni di salute dei pazienti, sempre che tale attività sia fornita da professionisti riconosciuti come tali in base alla legislazione dello Stato membro interessato, a prescindere dalle modalità di organizzazione e di finanziamento e dalla natura pubblica o privata della struttura in cui le cure sono assicurate”. Pertanto, la Corte Europea di Giustizia ha di fatto ribadito l’esclusione dei servizi sociali e sanitari dall’applicazione della Direttiva 123/2006, ribadendo che la decisione spetta agli Stati Membri, che restano i soli competenti ad organizzare i propri servizi sociali e sanitari e definendo il sistema di accreditamento “quale potenziale istituto autorizzatori/concessorio che stabilisce un legame tra le istituzioni pubbliche (locali) ed i fornitori dei servizi sociosanitari[16].

Tale posizione della Corte Europea di Giustizia, trova una relativa e simmetrica comparazione nella pronuncia della Corte costituzionale 131 del 2020, laddove si afferma: “Nella suddetta disposizione costituzionale – (articolo 118 comma 4) , valorizzando l’originaria socialità dell’uomo (sentenza n. 75 del 1992), si è quindi voluto superare l’idea per cui solo l’azione del sistema pubblico è intrinsecamente idonea allo svolgimento di attività di interesse generale e si è riconosciuto che tali attività ben possono, invece, essere perseguite anche da una «autonoma iniziativa dei cittadini» che, in linea di continuità con quelle espressioni della società solidale, risulta ancora oggi fortemente radicata nel tessuto comunitario del nostro Paese. Si è identificato così un ambito di organizzazione delle «libertà sociali» (sentenze n. 185 del 2018 e n. 300 del 2003) non riconducibile né allo Stato, né al mercato, ma a quelle «forme di solidarietà» che, in quanto espressive di una relazione di reciprocità, devono essere ricomprese «tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico, riconosciuti, insieme ai diritti inviolabili dell’uomo, come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente» (sentenza n. 309 del 2013).” È la stessa Corte costituzionale, con la sentenza 131 del 2020 nell’identificare il tema dell’amministrazione condivisa, evidenzia come l’istaurazione dei rapporti tra ETS e PPAA sia diverso da quello di mercato, evidenziando a tal proposito che: “Si instaura…. tra i soggetti pubblici e gli ETS, in forza dell’art. 55, un canale di amministrazione condivisa, alternativo a quello del profitto e del mercato: la «co-programmazione», la «co-progettazione» e il «partenariato» (che può condurre anche a forme di «accreditamento») si configurano come fasi di un procedimento complesso espressione di un diverso rapporto tra il pubblico ed il privato sociale, non fondato semplicemente su un rapporto sinallagmatico[17]. La sentenza 131/2020 risponde alle sfide poste da una crescente domanda di welfare, riconoscendo il ruolo imprescindibile del Terzo Settore come soggetto che agisce non solo come semplice fornitore, ma come partecipante attivo nella pianificazione e realizzazione degli obiettivi pubblici. La sentenza, inoltre, promuove il principio di sussidiarietà orizzontale, che invita le PPAA a valorizzare il contributo degli ETS, configurando questa collaborazione non come mera transazione ma come una relazione basata su obiettivi condivisi. Questa decisione evidenzia un percorso per la democratizzazione della governance dei servizi pubblici, in cui il Terzo Settore non si limita a eseguire compiti delegati, ma partecipa alla formulazione delle politiche. Questo modello apre prospettive per un welfare più inclusivo e partecipato, con un riconoscimento sostanziale del valore del privato sociale nella realizzazione del bene comune.

In tale contesto si tratta altresì di evidenziare quali siano le attività di interesse generale disciplinate dall’articolo 5 del Decreto Legislativo 117/2017, evidenziando come tra queste vi rientrino anche quelle sanitarie e sociosanitarie. L’articolo 5, infatti, nel definire le attività di interesse generale, recita: “si considerano di interesse generale, se svolte in conformità alle norme particolari che ne disciplinano l’esercizio, le attività aventi ad oggetto:

  • interventi e servizi sociali ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, della legge 8 novembre 2000, n. 328, e successive modificazioni, e interventi, servizi e prestazioni di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e alla legge 22 giugno 2016, n. 112, e successive modificazioni;
  • interventi e prestazioni sanitarie;
  • prestazioni sociosanitarie di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001, e successive modificazioni
  • …”.

Tale previsione determina che le attività aventi ad oggetto prestazioni ed interventi sanitari nonché quelle sociosanitarie di cui al DPCM, del 14 febbraio 2001, avente ad oggetto l’indirizzo e il coordinamento in materia di prestazioni sociosanitarie, rientrano di fatto nelle attività di interesse generale e come tali possono essere sussunti nell’ambito della più ampia Amministrazione Condivisa. L’articolo 55 del Codice del Terzo Settore rappresenta una svolta fondamentale per liberare il settore delle organizzazioni dalla logica della concorrenza, che spesso deteriora la qualità dei servizi e le condizioni di lavoro, promuovendo nuove forme di collaborazione , passando dalla logica della competizione a quello della cooperazione[18] attraverso la co-programmazione, la co-progettazione e l’accreditamento[19], incentivando così la collaborazione tra enti pubblici e organizzazioni del Terzo settore per migliorare efficacia e trasparenza nella gestione dei servizi per la collettività.

In sostanza, al di là delle espressioni sbilanciate sul versante pro-concorrenziale da parte di taluni organi, tanto la normativa italiana, quanto quella comunitaria, aprono lo spazio per una visione più bilanciata tra concorrenza e collaborazione.

La sentenza del TAR Toscana n. 804/2024 del 01/07/2024 e la questione dell’interesse generale

La recente sentenza del TAR Toscana (804/2024) affronta alcune questioni di legittimità sollevate da Rugani Hospital S.r.l., un operatore privato accreditato che contestava l’applicazione delle nuove regole di accreditamento e convenzionamento introdotte dalla Legge 118/22. Il TAR ha confermato la validità del nuovo sistema concorrenziale, sottolineando come le norme siano allineate con i principi comunitari di tutela della concorrenza (art. 106 TFUE) e rispettino il diritto alla salute (art. 32 Cost.). In particolare, il TAR ha evidenziato che la selezione dei contraenti basata su criteri di qualità e trasparenza non implica la cessione dei servizi sanitari al “miglior offerente,” ma rafforza la garanzia di standard elevati per i cittadini. Inoltre, il Tar sostiene che il criterio della “spesa storica” sia contrario ai principi di concorrenza, in quanto limiterebbe l’accesso di nuovi operatori al mercato sanitario regionale. Nella stessa sentenza, il giudice amministrativo recide il campo di applicazione tra strutture pubbliche e private accreditate, con una netta distinzione tra le stesse, riconoscendo una deroga ai vincoli della concorrenza per gli enti pubblici, giustificata dal loro ruolo di portatori di interessi generali, trascurando tuttavia di evidenziare la specificità del Terzo settore[20], da collocare all’interno di un terzo polo, quello dell’interesse generale, che si distingue sia dal pubblico che dal privato profit. La sentenza del TAR Toscana, in sostanza, pur non intervenendo nel caso specifico riguardante un ente del TS, ignora, nel suo ragionamento questo ruolo, assumendo perntato una posizione discutibile. Sono dimenticati gli istituti previsti dal Codice del Terzo Settore, all’art. 55, e quindi la “co-programmazione” e la “co-progettazione” tra enti non profit e amministrazioni pubbliche, che ben evidenziando il carattere collaborativo e complementare tra il polo degli interessi pubblici e quello dell’interesse generale e solidaristico (principio richiamato dal giudice amministrativo della Toscana con riferimento alla sentenza del Tar della Lombardia sez. III, n. 1891/2010). Laddove si avesse a mente questo quadro, appare chiaro che il Terzo Settore ha una funzione distinta dai semplici operatori economici, contribuendo a finalità civiche e solidaristiche che non rispondono a una logica di profitto bensì ad un interesse generale. La sentenza del TAR Toscana, imponendo criteri di concorrenza a tutti gli enti privati accreditati, sembra ignorare il modello dell’amministrazione condivisa, mettendo a rischio il contributo sociale e territoriale che gli ETS forniscono in virtù della loro missione civica. Un approccio che riconoscesse l’esenzione del Terzo Settore dai rigidi vincoli concorrenziali, in linea con il principio di sussidiarietà orizzontale e il Codice del Terzo Settore, consentirebbe invece una maggiore valorizzazione delle competenze e del ruolo degli enti non profit nel welfare locale. Così facendo, si permetterebbe a questi attori di operare non come semplici fornitori, ma come partner effettivi dell’amministrazione pubblica, promuovendo una sinergia a beneficio del territorio e delle comunità vulnerabili, in piena coerenza con i principi costituzionali e con il modello di amministrazione condivisa sostenuto dalla Corte costituzionale.

Il processo selettivo della Legge 118/2022 e del DM 19 dicembre 2022: tra rischi generali e specifici e sfide per gli ETS

In questa situazione di impasse, tra spinte pro-concorrenziali ed affermazione del principio dell’amministrazione condivisa come modalità di collaborazione alternativa al mercato ed al profitto, ci si pone una domanda: qual è la strategia di mitigazione che gli enti del Terzo settore dovranno mettere in campo per affrontare le procedure selettive previste dal DM 19 dicembre 2022?

La modalità di selezione degli enti per la sottoscrizione degli accordi contrattuali, delineata dall’allegato B del DM Salute del 19 dicembre 2022, pone un’enfasi rilevante sul tema della qualità delle prestazioni, sulla trasparenza del procedimento amministrativo e sulle procedure non discriminatorie. Un auspicio è che le selezioni non si trasformino in mere formalità burocratiche, ma che mirino a promuovere la qualità delle prestazioni e l’efficacia dei servizi erogati. Le Regioni, pertanto, dovranno definire con attenzione il fabbisogno di servizi sanitari e sociosanitari (il cd. Piano dei Fabbisogni, che oggi manca a molte Regioni), garantendo che la distribuzione sia equilibrata sui territori e risponda efficacemente alle necessità della popolazione. La coerenza con la programmazione sanitaria regionale è cruciale per evitare inefficienze e sovrapposizioni. L’attività delle strutture accreditate dovrà essere regolarmente monitorata, con particolare attenzione ai risultati delle prestazioni sanitarie e all’efficacia delle attività di controllo, a garanzia di elevati standard di qualità e sicurezza.

In tale contesto di proceduralizzazione selettiva, sia per l’accreditamento di nuove strutture, sia per la stipula degli accordi contrattuali necessari al fine di erogare prestazioni sanitarie e sociosanitarie, si possono intravedere alcuni rischi generali per il sistema universalistico della sanità ed alcuni rischi specifici per gli enti del terzo settore, oggi accreditati e contrattualizzati:

  • riduzione della Qualità dei Servizi: L’aumento della concorrenza potrebbe portare a una corsa al ribasso sui costi, con potenziali effetti negativi sulla qualità delle prestazioni sanitarie. La pressione per ridurre i costi potrebbe indurre gli erogatori a risparmiare su personale e attrezzature, compromettendo la qualità dei servizi offerti. La competizione basata sulle selezioni periodiche per l’accreditamento potrebbe spingere gli operatori a concentrarsi su interventi economicamente più vantaggiosi, trascurando segmenti di popolazione più complessi o servizi di lunga durata che necessitano di continuità e stabilità. Questo non solo riduce l’efficacia complessiva del sistema di welfare, ma può anche compromettere la fiducia degli utenti, fondamentale nei rapporti di cura[21].
  • disuguaglianze Regionali: L’implementazione della legge dipende dagli atti amministrativi regionali, il che potrebbe accentuare le disparità tra i contesti geografici. Alcune regioni potrebbero essere più efficienti nell’applicazione delle nuove norme, mentre altre potrebbero incontrare difficoltà, creando un sistema sanitario disomogeneo e diseguale.
  • accesso Limitato ai Servizi: La competizione potrebbe favorire grandi fornitori privati a scapito delle piccole strutture, riducendo l’accessibilità dei servizi sanitari in alcune aree. Questo potrebbe portare a una diminuzione delle opzioni disponibili per i cittadini, in particolare nelle zone rurali o meno densamente popolate.
  • sostenibilità Finanziaria: L’introduzione di un sistema più concorrenziale potrebbe mettere a rischio la sostenibilità finanziaria del SSN, aumentando i costi amministrativi e complicando la gestione dei bilanci sanitari regionali. La necessità di monitorare e regolamentare continuamente i soggetti privati accreditati richiederà risorse significative.
  • eccessiva Burocrazia: L’aumento delle procedure competitive e la necessità di rispettare criteri stringenti potrebbero aumentare la burocrazia, rallentando il processo decisionale e rendendo più difficile l’accesso ai servizi da parte dei pazienti.
  • conflitti di Interesse: La maggiore partecipazione di soggetti privati potrebbe esacerbare i conflitti di interesse tra pubblico e privato, con il rischio che decisioni cruciali siano influenzate da interessi economici piuttosto che dal bene comune.
  • l’asimmetria informativa[22]: In settori dove l’utente ha una conoscenza limitata sui servizi di cui ha bisogno e sulla qualità dei servizi offerti, la concorrenza rischia di non produrre i benefici attesi. Nel caso dei servizi sociosanitari, infatti, gli utenti (ad esempio, anziani, disabili o persone non autosufficienti) non dispongono delle informazioni necessarie per valutare pienamente la qualità delle cure ricevute. Questa asimmetria informativa può portare a una situazione in cui il principio di concorrenza, piuttosto che migliorare l’efficacia e la qualità dei servizi, incentiva strategie di riduzione dei costi che penalizzano la qualità dell’assistenza.
  • dismissione di attività non profittevoli: se la volontà del legislatore è garantire prestazioni con la maggiore qualità ed efficienza possibile, i temi della produttività e del mercato diventano centrali, con la conseguenza che i mercati meno produttivi verranno rapidamente abbandonati, a scapito di quelli più produttivi, che garantiscono la migliore remunerazione. L’ovvia ricaduta sarà non tanto sulla qualità dei servizi, quanto sul fatto che attività e progetti molto personalizzati, che rispondono a bisogni vitali, saranno disponibili solo a chi potrà acquistarli, oppure solo sotto forma di volontariato.

In tale situazione, quali sono i rischi per gli enti del Terzo Settore che partecipano o intendono partecipare o già partecipano al sistema di gestione delle attività accreditate per il servizio sanitario nazionale?

  • competizione Svantaggiata: Gli enti non profit potrebbero trovarsi in una posizione di svantaggio rispetto ai grandi fornitori privati che hanno maggiori risorse e capacità di investimento. La concorrenza basata sui costi e sull’efficienza potrebbe penalizzare gli enti non profit che operano con margini ristretti e si focalizzano sulla qualità e sull’accessibilità dei servizi.
  • erosione del Ruolo Sociale: La maggiore enfasi sulla concorrenza economica potrebbe ridurre l’importanza del ruolo sociale svolto dagli enti non profit. Questi enti spesso operano in aree svantaggiate o con popolazioni vulnerabili, fornendo servizi che non sono redditizi ma essenziali dal punto di vista sociale. La logica competitiva potrebbe minare questo ruolo, riducendo l’impatto sociale degli enti non profit.
  • difficoltà di Accreditamento: Le procedure di accreditamento e i criteri di selezione più rigidi potrebbero rendere difficile per gli enti non profit ottenere e mantenere l’accreditamento e/o la contrattualizzazione. La necessità di conformarsi a standard elevati di efficienza economica potrebbe essere una barriera insormontabile per molti enti non profit, che potrebbero non avere le risorse per competere con i grandi fornitori privati.
  • sostenibilità Economica: La competizione potrebbe mettere a rischio la sostenibilità economica degli enti non profit, che potrebbero vedere diminuire i loro finanziamenti pubblici a favore di fornitori privati più competitivi. La riduzione dei finanziamenti potrebbe portare alla chiusura di molte organizzazioni non profit, con conseguenze negative per i servizi sociali e sanitari nelle comunità.
  • impatto sulla Qualità del Lavoro: La pressione per ridurre i costi potrebbe spingere gli enti non profit a tagliare salari e benefici per il personale (già oggi poco attrattivi), compromettendo la qualità del lavoro e aumentando il turnover del personale. Questo potrebbe avere un impatto negativo sulla continuità e sulla qualità dei servizi offerti.

Questi 5 fattori concorrono al più grande rischio di una scomparsa del mondo del terzo settore, di coloro che ritengono che valga la pena operare professionalmente per l’utilità sociale e non per il profitto. La perdita non sarà però solo di operatori economici o di valori etici, ma di prestazioni tipici della funzione pubblica che oggi sono massimamente garantite proprio dal privato sociale e dagli ETS. Si interromperebbe, cioè, il circuito virtuoso che ha alimentato un florido e efficace terzo settore, in primis, proprio nella regione più produttiva d’Italia, la Lombardia.

Le prime applicazioni del DM 19 dicembre 2022 e le sfide del Terzo Settore e le strategie di mitigazione

Le prime applicazioni della normativa – vedi, ad esempio, “Avviso Pubblico a Manifestare l’Interesse Rivolto a Strutture Private Accreditate per l’Erogazione di Prestazioni di Riabilitazione” dell’Azienda USL Toscana Nordovest - evidenziano un’impostazione valutativa basata non solo sull’analisi della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza delle prestazioni ma, altresì, sull’offerta economica ed evidenziano alcuni elementi che confermano gli interrogativi esposti nel precedente paragrafo. Il bando, in questione, mira a individuare strutture private accreditate interessate a stipulare accordi contrattuali per l’erogazione di prestazioni di riabilitazione in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Regionale (SSR) Toscana. Le modalità di erogazione delle prestazioni devono essere conformi alle normative vigenti al momento dell’erogazione stessa. Le strutture interessate devono possedere e devono garantire:

  • autorizzazione all’esercizio;
  • accreditamento istituzionale;
  • attestazione dei requisiti;
  • sistemi di sicurezza e appropriatezza delle prestazioni;
  • strumentazione e manutenzione adeguate;
  • rispetto delle linee guida nazionali e internazionali;
  • dotarsi di sistemi informatici per integrarsi con la procedura di prenotazione CUP 2.0.

Inoltre, devono indicare le tipologie di prestazioni di riabilitazione che intendono erogare e possedere l’accreditamento per tali prestazioni. Le tariffe sono basate sul Nomenclatore Tariffario Regionale e possono essere soggette a sconti. Le tariffe specifiche per diverse tipologie di prestazioni sono stabilite dai decreti e dalle delibere regionali pertinenti. Le domande saranno valutate in base ai seguenti criteri qualitativi ed economici:

Valutazione Qualitativa:

  • attività svolta e risultati raggiunti (15%): Valutazione dei volumi di attività erogata e della rispondenza ai fabbisogni;
  • proposta organizzativa (30%): Completezza della proposta, capacità di soddisfare il fabbisogno sanitario, percentuale di sconto per utenti residenti;
  • sistema di sicurezza, appropriatezza, qualità (15%): Disponibilità di sistemi di monitoraggio e piani di miglioramento;
  • esiti controlli sanitari biennio 2022/2023 (10%): Verifica delle prestazioni e loro appropriatezza;
  • risorse professionali (20%): Composizione e qualifica del personale, aggiornamento professionale;
  • dotazioni strutturali e tecnologiche (10%): Numero di posti letto, caratteristiche dei locali e apparecchiature sanitarie.

Valutazione Economica:

  • percentuale di Sconto Offerta: La struttura può offrire sconti sulla tariffa di riferimento, in misura compresa tra 1% e 5%. Ogni punto percentuale di sconto offerto si traduce in un punto aggiuntivo al punteggio di valutazione, fino a un massimo di 5 punti;
  • ripartizione del Tetto di Spesa Zonale: Avviene in proporzione al punteggio ottenuto da ciascuna struttura, con un massimo di sei strutture per zona. La ripartizione segue lo schema di graduatoria in cui, ad esempio, il primo classificato ottiene il 100% del budget disponibile se c’è un solo partecipante, il 60% se ci sono due partecipanti, e così via, fino al 35% se ci sono sei partecipanti.

In questo scenario che tende a mutare velocemente il posizionamento degli enti del Terzo settore già accreditati e contrattualizzati nella nuova arena “commerciale”, le piste per affrontare la sfida della concorrenza per il mercato non possono che poggiare su:

  • collaborazione e Reti di Sostegno: Gli enti non profit possono affrontare la concorrenza formando collaborazioni e reti con altre organizzazioni simili. Questo permette di condividere risorse, competenze e buone pratiche, rafforzando la capacità di competere con i fornitori privati più grandi. Le reti possono anche fornire un supporto mutuo e una piattaforma per la difesa collettiva degli interessi del settore non profit;
  • innovazione nei Servizi: Gli enti non profit devono investire nell’innovazione per migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi offerti. L’adozione di nuove tecnologie, la formazione continua del personale e lo sviluppo di nuovi modelli di servizio possono aumentare la competitività. L’innovazione può anche aiutare a differenziare i servizi non profit da quelli offerti dai fornitori privati, mettendo in evidenza il valore aggiunto sociale;
  • diversificazione delle Fonti di Finanziamento: Per ridurre la dipendenza dai finanziamenti pubblici, gli enti non profit possono cercare di diversificare le proprie fonti di finanziamento. Questo può includere la raccolta di fondi privati, le donazioni, le campagne di crowdfunding e la ricerca di finanziamenti da parte di fondazioni e organizzazioni filantropiche. La diversificazione finanziaria può migliorare la sostenibilità economica e ridurre il rischio di chiusura, ma dovrebbe essere riservato solo agli investimenti e non alla gestione corrente, a cui devono essere garantite risorse per garantire la continuità delle prestazioni;
  • advocacy e Sensibilizzazione: Gli enti non profit possono impegnarsi in attività di advocacy per sensibilizzare il pubblico e i decisori politici sull’importanza del loro ruolo e sui rischi che affrontano. Questo può includere campagne di comunicazione, partecipazione a tavoli di lavoro con le istituzioni e collaborazioni con i media per promuovere una maggiore consapevolezza e supporto pubblico;
  • focus sulla Qualità e sull’Impatto Sociale: Per distinguersi dai fornitori privati, gli enti non profit devono enfatizzare la qualità dei servizi offerti e il loro impatto sociale. La misurazione e la comunicazione dell’impatto possono aiutare a dimostrare il valore aggiunto che gli enti non profit portano alla comunità, rafforzando la loro legittimità e attirando supporto da parte di finanziatori e sostenitori;
  • sviluppo di Competenze Gestionali: Gli enti non profit devono investire nello sviluppo delle competenze gestionali e organizzative del proprio staff. Formazione in gestione finanziaria, marketing, raccolta fondi e gestione delle risorse umane può migliorare la capacità degli enti di operare in modo efficiente e competitivo. Questo può anche aiutare a migliorare la resilienza organizzativa e la capacità di adattarsi ai cambiamenti anche del mercato.

Conclusioni

Le riforme introdotte dal Decreto Concorrenza e dall’articolo 15 della legge 118/2022 rappresentano una sfida significativa per gli enti del Terzo Settore. Tuttavia, attraverso una strategia proattiva di adattamento e innovazione, sarà possibile trasformare questi cambiamenti in opportunità per migliorare la qualità dei servizi offerti e rafforzare il ruolo degli ETS nel settore sociosanitario? Oppure tale processo, basato sulla competizione, mina anche il processo in atto di cambio di paradigma nei rapporti di collaborazione con la PPAA, nell’ambito del più ampio principio dell’amministrazione condivisa e della legittimazione dell’articolo 55 del Codice del Terzo Settore? La partecipazione attiva nel dibattito politico e la collaborazione con vari stakeholders saranno cruciali, per gli enti del Terzo settore, per navigare con successo in questo nuovo contesto normativo amministrativo di competenza territoriale. La riforma, infatti, pone un importante cambiamento nel rapporto tra pubblico e privato, specialmente in ambito sociosanitario, dove la mancanza di standard nazionali per qualità e accessibilità potrebbe comportare disparità significative. La regionalizzazione delle procedure di accreditamento crea un quadro frammentato che rischia di ostacolare l’uniformità del servizio a livello nazionale. Inoltre, la dipendenza economica delle strutture sociosanitarie dalle famiglie rappresenta un rischio per l’equità del SSN. La riforma, quindi, se da un lato promuove l’innovazione e la qualità, dall’altro espone i servizi sociosanitari a nuove sfide, richiedendo cautela per evitare che la concorrenza comprometta l’universalismo e l’accesso equo ai servizi[23]. La strada verso un sistema sanitario più equo, efficiente e sostenibile passa, però, attraverso l’impegno collettivo degli enti che rappresentano “l’interesse generale” e dalla capacità di specializzazione e adattamento di tutti gli attori coinvolti, pur in un processo pro-concorrenziale che, ad oggi, sembra inarrestabile ma, forse in parte, attenuabile. Diviene allora non più rinviabile la necessità di bilanciare le esigenze di mercato con la tutela dell’interesse pubblico, assicurando che le riforme normative non penalizzino le realtà del Terzo Settore che svolgono un ruolo cruciale nel sistema di welfare italiano.

DOI: 10.7425/IS.2024.03.11

 

Bibliografia

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Santuari A. (2023), La Legge n.118/2022 sulla concorrenza e le nuove regole sull’accreditamento istituzionale in Welforum.it, 28 dicembre 2023

[1] Si veda sul tema Alceste Santuari in La Legge n.118/2022 sulla concorrenza e le nuove regole sull’accreditamento istituzionale in Welforum.it, 28 dicembre 2023.

[2] Si veda a tal fine “Avviso Pubblico a Manifestare l’Interesse Rivolto a Strutture Private Accreditate per l’Erogazione di Prestazioni di Riabilitazione” dell’Azienda USL Toscana Nordovest; “Avviso pubblico a manifestare interesse rivolto a strutture private accreditate interessate alla sottoscrizione di accordi contrattuali ai sensi dell’’art. 8 quinquies del D. Lgs 502/92 e s.m.i. per attività di ricovero-processo chirurgico programmato in regime di degenza ordinaria e day surgery USL Toscana Sud EST ; Avviso pubblico rivolto a strutture private accreditate interessate alla sottoscrizione di accordi contrattuali ai sensi dell’articolo 8 Quinques del Dlgs 502/92 e smi per attività di riabilitazione extra-ospedaliera e centro diurno psichiatrico , USL Toscana Sud Est.

 

[3] Santuari A., I servizi sociosanitari: regolazione, principio di concorrenza e ruolo delle imprese sociali, Giappichelli, 2019.

[4] Angelini F., La partecipazione dei privati al SSN tra servizio pubblico, concorrenza e discrezionalità amministrativa, in P.A. – Persona e amministrazione, V11 – n2 / 2022.

[5] N. Irti, L’ordine giuridico del mercato, cit.; G. AMATO, Il mercato nella Costituzione, cit., p. 302. Altra autorevole dottrina (S. CASSESE, La nuova costituzione economica, Roma-Bari, 2000) ha invece evidenziato come proprio il richiamo all’utilità sociale e alla possibilità di sottomettere la libera iniziativa economica al perseguimento dei fini sociali starebbero a dimostrare il fatto che la tutela della concorrenza fosse in realtà qualcosa del tutto estraneo al nostro assetto costituzionale essendo stata quest’ultima recepita nel nostro ordinamento solo per effetto dello svuotamento della Costituzione economica nazionale ad opera della Costituzione economica europea (Chessa O., (2016), La Costituzione della moneta. Concorrenza, indipendenza della banca centrale, pareggio di bilancio, Jovene, Napoli, p. 117 ss.)

[6] Lubrano E, (2021), L’accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie: profili di criticità della disciplina attuale e prospettive di riforma, in Giustizia Amministrativa, 30/9/2021.

[7] Sentenza TAR Regione Lombardia del 18/04/2023 sez. III n. 965, in cui si ribadisce che il sistema sanitario deve bilanciare il diritto alla salute degli utenti con l’interesse pubblico al contenimento della spesa, senza tuttavia pregiudicare la concorrenza tra gli operatori. Escludere automaticamente nuovi soggetti accreditati dal sistema contrattuale crea una discriminazione ingiustificata.

[8] Amato G. (1998), Il potere e l’antitrust. Il dilemma della democrazia liberale nella storia del mercato, Il Mulino, Bologna, pag. 9.

[9] Per efficienza dinamica si intende capacità di innovare e migliorare continuamente la propria offerta di beni e servizi, Libertini M. (2014), Diritto della concorrenza dell’Unione Europea, Giuffrè Francis Lefevre Milano, pp. 30-31

[10] Angelini F., La partecipazione dei privati al SSN tra servizio pubblico, concorrenza e discrezionalità amministrativa, in P.A. – Persona e amministrazione, V11 – n2 / 2022.

[11] E. Lubrano, L’accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie: profili di criticità della disciplina attuale e prospettive di riforma , in  GiustAmm.it - 2018

[12] Angelini F., La partecipazione dei privati al SSN tra servizio pubblico, concorrenza e discrezionalità amministrativa, in P.A. – Persona e amministrazione, V11 – n2 / 2022.

 

[13] Si tratta del Disegno di Delega 2617 presentato il 22 agosto 2014.

[14] Santuari A., in La (presunta) concorrenza sul mercato delle organizzazioni non profit- Aiccon 4/2015

[15] Hansmann, H. B. (1987), Economic theories of nonprofit organization. In W. W. Powell (Ed.), The nonprofit sector: A research handbook (pp. 27-42). New Haven, CT: Yale University Press., si veda anche C. Borzaga Fin dove si può spingere la concorrenza senza causare danni invece che vantaggi? In Welfare Oggi 14-2/2018, laddove l’autore afferma: “la legislazione e la prassi sia nazionale che comunitaria non tengono adeguatamente conto del senso profondo dalla diversità dei soggetti di Terzo settore, incluse le imprese sociali impegnati nella erogazione di questi servizi – con o senza sostegno pubblico – e delle conseguenze di tale diversità. Ciò che rende queste organizzazioni di particolare interesse e giustificherebbe un loro diverso trattamento non sono infatti né le dimensioni (punto di riferimento per molte politiche europee), né il vincolo formale alla distribuzione di utili (che come noto e facilmente aggirabile), ma anche e soprattutto gli obiettivi dell’attività imprenditoriale, le particolari forme proprietarie e di governance e la composizione delle risorse umane e finanziarie caratterizzata dalla presenza di lavoro gratuito e di donazioni. Tutti aspetti che si ritrovano nella definizione di Social Business adottata dalla Commissione europea e nella recente legislazione istitutiva di forme diverse di impresa sociale e di economia solidale di diversi importanti Paesi europei e non solo”.

[16] Santuari A. (2015), La (presunta) concorrenza sul mercato delle organizzazioni non profit, Aiccon, Short Paper, 4/2015.

[17] Sul tema della sinallagmaticità si veda il già citato Angelini (2022): “la natura del rapporto che regola l’erogazione delle prestazioni da parte dei privati accreditati, evidenzia l’assenza di sinallagmaticità nell’accordo contrattuale di natura pubblicista” che possiamo definire di fatto un contratto di adesione perché non soggetto a negoziazione del budget da parte dell’operatore accreditato.

[18] Borzaga C., L’art.55: come liberare il Terzo settore e i servizi sociali dalla schiavitù della concorrenza, in Welforum del 23 settembre 2019.

 

[19] Non si tratta probabilmente dell’accreditamento ai sensi del citato D.Lgs 502/91, bensì della modalità con cui le PA, successivamente alla fase di coprogrammazione possono ingaggiare ETS al tavolo della Coprogettazione dei servizi e degli interventi. Resta da capire come possono invece essere affidati servizi e interventi. 

[20] Arena G., (2020), Sussidiarietà orizzontale ed enti del Terzo Settore, in Imprese Sociale numero 03-2020.

[21] Borzaga C. (2018), Fin dove si può spingere la concorrenza senza causare danni invece che vantaggi, in Welfare Oggi 2/2018.

[22] Borzaga C. (2018), Fin dove si può spingere la concorrenza senza causare danni invece che vantaggi, in Welfare Oggi 2/2018.

[23] Pelliccia L. (2024), Concorrenza nei servizi sociosanitari: siamo pronti? Quali opportunità e quali rischi?, in Welforum. 12 febbraio 2022.

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