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ISSN 2282-1694
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Numero 4 / 2024

Saggi

Relazione tra redditività e dimensione aziendale nelle cooperative sociali italiane

Andrea Bernardoni, Antonio Picciotti


1. Redditività e dimensione: una breve review della letteratura

La relazione tra la dimensione e la redditività d’impresa rappresenta una tematica ampiamente dibattuta nella letteratura economica (Sala-Ríos, 2023). Generalmente, il rapporto che viene identificato tra queste due variabili è di tipo causale ed è riconducibile alla definizione del modo in cui (se e quanto) la prima variabile (dimensione) influisce sulla seconda (la redditività). I diversi studi che sono stati condotti pervengono, tuttavia, a risultati contrastanti. Alcuni contributi identificano una relazione positiva (Budisaptorini et al., 2019; Nanda e Panda, 2018; Isik et al., 2017; Doğan, 2013), attribuendo questo effetto ad una pluralità di fattori, tra cui l’emergere di economie di scala (Alarussi e Alhaderi, 2018), mentre altre ricerche individuano una relazione negativa o almeno una sostanziale indipendenza tra i due fenomeni (Gharaibeh e Khaled, 2020; Işık, 2017).

Concentrando l’attenzione sulle imprese cooperative, è possibile affermare che, anche in relazione a questo particolare modello d’impresa, esiste una molteplicità di ricerche volte ad investigare l’esistenza o meno di una relazione tra dimensione e redditività. Larga parte degli studi si concentra sulle cooperative agricole (Meliá-Martí et al., 2024; Liang et al., 2023; Pokharel et al. 2020) queste realtà, tuttavia, operano secondo logiche particolari non confrontabili con le altre tipologie di impresa cooperativa. Altre ricerche, invece, affrontano il problema in un’ottica più ampia, trattando il modello cooperativo in generale ed evidenziando come la redditività, in questa particolare tipologia di impresa, non possa essere definita esclusivamente dai tradizionali indicatori di performance economico-finanziaria ma debba esprimersi in termini di benefici complessivi, ovvero di capacità dell’impresa di creare e distribuire valore per tutti gli stakeholders (Calabrese e Falavigna, 2024; Zimnoch e Mazur, 2018; Balaguer e Castellano, 2012).

Cosa accade se si considera l’esperienza delle imprese sociali e, in particolare, delle cooperative sociali che, per loro stessa natura, esaltano la dimensione multi-stakeholder e sono maggiormente legate ai loro territori di appartenenza? In altri termini, esiste una relazione (e di che natura) tra la dimensione e la redditività delle cooperative sociali? Questa domanda non ha trovato sino ad ora una chiara risposta e costituisce un gap presente nella letteratura. La dimensione che risulta maggiormente esplorata è rappresentata, invece, dalla definizione dell’indicatore che potrebbe essere ritenuto più adatto a definire la redditività aziendale. Sotto questo aspetto, studi recenti individuano il valore aggiunto come “variabile ideale” in quanto grandezza economica in grado di rappresentare il valore complessivo generato dalle cooperative sociali per i propri stakeholders (Corsi e Broglia, 2024; Montrone e Poledrini, 2020). Altre ricerche propongono, invece, indicatori diversi, appositamente elaborati ed aventi l’obiettivo di rappresentare la complessità della gestione di queste imprese (Costa et al., 2012). Seguendo questi filoni di indagine, è possibile sostenere che le cooperative sociali rappresentano imprese che non hanno come fine la massimizzazione del profitto degli azionisti ma sono impegnate nel perseguire il benessere generale della comunità. Per questa ragione, le performance delle cooperative sociali non devono essere valutate analizzando in modo esclusivo la capacità di produrre utili (Bernardoni, 2008; Travaglini, 1997). L’utile, inoltre, non descrive in modo esaustivo la redditività delle cooperative sociali, poiché come le altre tipologie di impresa cooperativa, possono remunerare i soci attraverso il ristorno distribuito in proporzione allo scambio mutualistico esistente nell’esercizio tra socio e cooperativa (Zamagni e Zamagni, 2008). L’utile d’impresa, tuttavia, costituisce un parametro significativo per valutare la capacità delle cooperative sociali di consolidare il patrimonio netto e di realizzare investimenti nel medio e lungo termine, anche in considerazione del fatto che nelle imprese cooperative l’utile è indivisibile. A differenza delle società di capitali, le cooperative sociali devono rispettare, infatti, dei limiti stringenti nella distribuzione dell’utile netto ai soci sotto forma di dividendi (Borzaga e Fazzi, 2011). Per questo motivo, una limitata capacità delle cooperative sociali di produrre utili ha effetti significativi anche sulla dimensione patrimoniale e sulla loro progettualità strategica (Borzaga, 2015).

Negli ultimi anni, diverse analisi hanno evidenziato una ridotta capacità delle cooperative sociali di generare utili. Un recente studio (Bernardoni, Picciotti 2023) focalizzato sulle cooperative sociali di inserimento lavorativo ha confermato questa tendenza, facendo inoltre emergere che l’utile delle cooperative sociali di inserimento lavorativo, negli anni a cavallo della pandemia da Covid 19, ha seguito un andamento inversamente proporzionale alla dimensione di impresa. Le cooperative sociali delle classi dimensionali più grandi hanno fatto registrare, infatti, un utile netto percentuale inferiore rispetto alle cooperative sociali appartenenti alle classi dimensionali più piccole.

In questo lavoro, considerando un campione rappresentativo di imprese, estratto dalla banca dati Orbis della Bureau van Dijk, si intende approfondire questa tematica, verificando se e in quale misura la tendenza appena evidenziata trova conferma nel triennio 2021-2023, sia per le cooperative sociali di inserimento lavorativo che per quelle che erogano servizi di welfare.

2. Metodologia della ricerca

Questo studio prosegue il lavoro condotto dagli autori sulla redditività delle cooperative sociali (Bernardoni e Picciotti, 2023), ampliando il campione di indagine in cui vengono incluse tutte le cooperative sociali italiane, indipendentemente dalla loro attività, e considerando un diverso e più recente periodo di osservazione.

Da un punto di vista metodologico, l’indagine della relazione tra dimensione e redditività delle cooperative sociali ha condotto alla realizzazione di una ricerca di natura quantitativa, basata su un approccio metodologico consolidato. La fase iniziale di questo lavoro ha previsto la costruzione del campione di analisi. Come appena evidenziato, sono state considerate non solo le cooperative sociali di inserimento lavorativo ma anche quelle che forniscono servizi di welfare. In particolare, le imprese sono state identificate attraverso i dati contenuti nella banca dati Orbis della Bureau Van Dijk. Nella consultazione di questa banca dati, sono stati dapprima stabiliti i criteri iniziali di ricerca e di selezione, costituiti dallo stato giuridico dell’impresa (impresa attiva), dal territorio (Italia) e dalla forma giuridica nazionale (Società cooperativa consortile, Società cooperativa a responsabilità limitata - SCARL, Società cooperativa a responsabilità limitata per azioni - SCARLPA, Piccola Società cooperativa a responsabilità limitata - SCARL, Società cooperativa a responsabilità illimitata - SCARI, Cooperativa sociale). Anche in questo caso, la motivazione che ha condotto ad includere una pluralità di forme giuridiche deriva dal fatto che, a seguito di diversi tentativi, è stato riscontrato che molte cooperative sociali non venivano classificate come tali ma veniva assegnata loro una forma giuridica diversa (sempre cooperativa, ma non sociale). In altri termini, si conferma l’esistenza, se non addirittura l’ampliamento, del bug presente nella banca dati che determina un’erronea classificazione delle imprese e una sottostima del campione, nel momento in cui viene utilizzato il solo criterio di ricerca della forma giuridica. Al termine di questa attività sono state individuate 16.972 cooperative. A queste imprese, sono state progressivamente sottratte quelle che non presentavano i requisiti necessari per poter essere incluse nel campione (Tab. 1). Inizialmente, sono state eliminate le cooperative non sociali, ovvero che non presentavano il termine sociale all’interno della loro denominazione (11.747); successivamente, quelle che non avevano finalità sociale, come ad esempio le cooperative con chiara finalità agricola (290); i consorzi e le società consortili (232); infine, quelle che non avevano i bilanci aggiornati, ovvero con dati anteriori al 2022 (477). In questo modo, è stato possibile pervenire ad un campione finale costituito da 1.212 imprese

Nella seconda fase, le imprese incluse nel campione sono state distinte e raggruppate in termini territoriali (macroregioni), settoriali, distinguendo tra cooperative sociali operanti nei servizi di welfare e cooperative sociali di inserimento lavorativo e, infine, in termini dimensionali, ovvero per classi del valore della produzione. Sotto quest’ultimo aspetto, la classificazione utilizzata ha previsto una scala di valori parzialmente diversa, con l’aggiunta per le cooperative sociali di welfare, di una classe più elevata (maggiore di 40 milioni), data la verosimile esistenza di realtà aziendali aventi dimensioni più elevate.

Tab. 1 – Il processo di identificazione del campione di imprese

Imprese

N.

Imprese individuate

(Società cooperativa consortile, Società cooperativa a responsabilità limitata - SCARL, Società cooperativa a responsabilità limitata per azioni - SCARLPA, Piccola Società cooperativa a responsabilità limitata - SCARL, Società cooperativa a responsabilità illimitata - SCARI, Cooperativa sociale)

16.972

- Imprese non sociali

(imprese che non venivano classificate come Cooperativa sociale o che non presentavano il termine sociale nella loro denominazione)

-11.747

 

5.225

- Imprese che svolgono attività agricola in cui la socialità è da intendersi come aggregazione e non come finalità (cantine sociali, latterie sociali, caseifici sociali, oleifici sociali, stalle sociali)

-290

 

4.935

- Consorzi e società consortili

-232

 

4.703

- Imprese con bilanci di anni precedenti (dal 2012 al 2021)

-477

Imprese totali

4.226

 

Infine, nella terza ed ultima fase si è proceduto all’elaborazione dei dati. Sotto questo aspetto, considerando anche le evidenze presenti in letteratura (Costa et al., 2012), sono stati predisposti diversi indicatori, riferiti ad aspetti di natura:

  • dimensionale, come il valore della produzione ed il numero dei dipendenti, definendo il loro valore medio e le variazioni intervenute nell’ultimo triennio disponibile (2020-2022);
  • reddituale, come l’Ebit e l’Utile (Perdita) di esercizio, rapportati al Valore della produzione, nei tre periodi distinti (2020, 2021, 2022);
  • patrimoniale, come le Immobilizzazioni totali e il Patrimonio netto, rapportati al Totale Attivo, sempre nei tre periodi considerati (2020, 2021, 2022).

3. L’indagine empirica

3.1 La numerosità e la composizione del campione

Il campione considera complessivamente 4.226 cooperative sociali che rappresentano il 30,18% delle cooperative sociali che hanno depositato il bilancio relativo al 2022, ed è formato da 3.022 cooperative sociali che operano nei servizi di welfare (CSW) e 1.204 cooperative sociali impegnate prevalentemente nell’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate (CSIL).

 

Tab. 1 Le cooperative sociali nei servizi di welfare (CSW) per classe di valore della produzione e macroarea geografica (val. assoluti, anno 2022)

Classi di VP

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud e Isole

Totale

< 1 milione

169

142

145

579

1.035

1 - 2,5 milioni

342

230

163

305

1.040

2,5 - 5 milioni

178

124

77

115

494

5 - 10 milioni

99

57

60

55

271

10 - 40 milioni

64

42

31

10

147

> 40 milioni

11

16

8

-

35

Totale

863

611

484

1064

3.022

 

Tab. 2 Le cooperative sociali di inserimento lavorativo (CSIL) per classe di valore della produzione e macroarea geografica (val. assoluti, anno 2022)

Classi di VP

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud e Isole

Totale

< 1 milione

126

78

67

163

434

1 - 2,5 milioni

165

113

69

113

460

2,5 - 5 milioni

68

58

32

19

177

5 - 10 milioni

32

30

19

7

88

> 10 milioni

15

21

9

-

45

Totale

406

300

196

302

1.204

 

Le cooperative sociali che operano nei servizi di welfare sono state suddivise in 6 classi dimensionali. Le imprese con un valore della produzione inferiore a 1 milione di euro sono 1.035, quelle con un valore della produzione compreso tra 1 e 2,5 milioni sono 1.040 mentre nella classe dimensionale tra 2,5 e 5 milioni di euro si collocano 494 imprese. Le cooperative sociali con un valore della produzione compreso tra i 5 e 10 milioni di euro sono 271, quelle nella classe dimensionale da 10 a 40 milioni sono 147 mentre le cooperative con più di 40 milioni di euro di valore della produzione sono 35, di cui 11 localizzate nel Nord Ovest, 16 nel Nord Est e 8 nelle regioni del Centro. 

Le cooperative sociali di inserimento lavorativo (CSIL) sono state suddivise in 5 classi dimensionali. Rispetto alle CSW, non è stata utilizzata la classe dimensionale superiore ai 40 milioni di euro perché nel campione il numero delle CSIL con un valore della produzione così elevata si presentava estremamente ridotto. Delle 1.204 CSIL, 434 hanno un valore della produzione inferiore a 1 milione di euro, 460 sono comprese nella classe dimensionale 1-2,5 milioni, 177 in quella tra 2,5-5 milioni, 88 hanno un valore della produzione tra 5 e 10 milioni di euro e 45 cooperative hanno un valore della produzione superiore ai 10 milioni di euro.

 

Graf. 1 Le cooperative sociali nei servizi di welfare (CSW) per classe di valore della produzione e macroarea geografica

Alcune considerazioni specifiche possono essere avanzate in relazione alla distribuzione territoriale delle imprese. In generale, le cooperative sociali di minore dimensione sono maggiormente presenti nelle regioni meridionali. Queste rappresentano il 54% delle cooperative sociali che hanno sede in questa macro-area, sia nel comparto dei servizi di welfare che nell’inserimento lavorativo (dato estremamente più elevato rispetto alla media nazionale). All’opposto, le imprese di maggiori dimensioni, con un valore della produzione maggiore di 40 milioni (CSW) e di 10 milioni (CSIL), denotano una frequenza più elevata nelle regioni del Nord est (2,6% delle cooperative sociali di welfare e 7% delle cooperative sociali di inserimento lavorativo).

 

Graf. 2 Le cooperative sociali di inserimento lavorativo (CSIL) per classe di valore della produzione e macroarea geografica

Complessivamente, considerando congiuntamente la dimensione delle imprese e la loro distribuzione territoriale, è possibile pervenire ad un quadro sintetico, in base al quale le macroaree in cui sono presenti realtà più strutturate sono, nell’ordine, Nord est, Centro, Nord ovest e, infine, Sud.

3.2 Le performance economico-finanziarie

3.2.1 La dimensione media delle cooperative sociali

Il lavoro di ricerca ha messo in evidenza che nel periodo esaminato (2020-2022) le cooperative sociali hanno fatto registrare una crescita della dimensione media, sia in termini di valore della produzione che in termini di dipendenti.

Tab. 3 La dimensione media delle cooperative sociali nei servizi di welfare (CSW)

Classi dimensionali

(valore della produzione)

Valore della produzione medio

(migliaia di euro)

Dipendenti medi

(unità)

2022

2021

2020

2022

2021

2020

< 1 milione

587

535

474

27

25

20

1 - 2,5 milioni

1.584

1.432

1.265

40

39

38

2,5 - 5 milioni

3.541

3.183

2.782

92

88

86

5 - 10 milioni

6.972

6.363

5.635

193

188

183

10 - 40 milioni

16.157

14.665

12.877

433

413

397

> 40 milioni

81.845

74.909

68.281

2.248

2.213

2.238

Totale

3.684

3.348

3.013

103

99

97

 

Tab. 4 La dimensione media delle cooperative sociali di inserimento lavorativo (CSIL)

Classi dimensionali

(valore della produzione)

Valore della produzione medio

(migliaia di euro)

Dipendenti medi

(unità)

2022

2021

2020

2022

2021

2020

< 1 milione

570

519

447

29

22

23

1 - 2,5 milioni

1.552

1.350

1.142

38

37

36

2,5 - 5 milioni

3.515

3.113

2.618

86

84

76

5 - 10 milioni

7.050

6.462

5.563

173

171

160

> 10 milioni

17.040

15.568

13.039

420

399

384

Totale

2.467

2.241

1.896

66

62

60

 

Il valore della produzione medio delle CSW è passato da 3 milioni di euro nel 2020 a circa 3,7 milioni nel 2022, mentre il numero di dipendenti medio è passato da 97 a 103 unità. In modo analogo, anche le CSIL hanno fatto registrare, nel periodo esaminato, una crescita media, seppur in misura inferiore, in termini di valore della produzione medio (passato da 1,9 milioni nel 2020 ad oltre 2 milioni nel 2022) e di numero medio di dipendenti (da 60 nel 2020 a 66 nel 2022).

3.2.2 Il costo del lavoro delle cooperative sociali

L’analisi dell’incidenza del costo del lavoro e del costo del lavoro pro-capite delle CSW permette di mettere in evidenza alcune tendenze:

  1. una marcata specificità per le cooperative di piccola dimensione (con valore della produzione < 1 milione) che hanno un costo del lavoro pro-capite significativamente più basso rispetto a quello delle cooperative presenti nelle altre classi dimensionali;
  2. un’incidenza del costo del lavoro pro-capite uniforme per tutte le cooperative con valore della produzione superiore a 1 milione di euro (che è pari a 23,5 mila euro nella classe 1-2,5 milioni e a 23,7 mila euro nella classe > 40 milioni di euro). Da questo dato si può dedurre che al crescere delle dimensioni aziendali non aumenta la remunerazione dei lavoratori e non sono impiegati lavoratori maggiormente specializzati e/o formati;
  3. il crescere dell’incidenza del costo del lavoro al crescere delle dimensioni aziendali delle cooperative (che è pari al 58,6% nella classe 1-2,5 milioni e sale al 65,2% nella classe > 40 milioni). Da questo dato si può dedurre che la crescita delle CSW avviene in servizi ad alta intensità di lavoro – come, ad esempio, l’assistenza domiciliare – in cui prevale lo strumento della gara di appalto per regolare i rapporti tra attori pubblici e cooperative sociali.

Tab. 5 Il costo del lavoro delle cooperative sociali nei servizi di welfare (CSW)

Classi dimensionali

(valore della produzione)

Costo del lavoro/VP

(%)

Costo del lavoro pro-capite

(migliaia di euro)

2022

2021

2020

2022

2021

2020

< 1 milione

65,8

64,7

63,4

14,2

14,2

15,5

1 - 2,5 milioni

58,6

59,6

60,4

23,5

22,1

20,1

2,5 - 5 milioni

61,2

62,5

63,2

23,7

22,9

20,6

5 - 10 milioni

64,0

65,0

64,3

23,4

22,1

20,1

10 - 40 milioni

63,9

64,4

64,3

24,0

22,9

20,8

> 40 milioni

65,2

66,5

66,9

23,7

22,5

20,4

Totale

63,1

64,1

64,2

22,8

21,8

20,1

 

Tab. 6 Il costo del lavoro delle cooperative sociali di inserimento lavorativo (CSIL)

Classi dimensionali

(valore della produzione)

Costo del lavoro/VP

(%)

Costo del lavoro pro-capite

(migliaia di euro)

2022

2021

2020

2022

2021

2020

< 1 milione

64,6

62,6

65,2

13,0

15,2

13,3

1 - 2,5 milioni

52,1

53,3

54,2

21,2

19,6

17,6

2,5 - 5 milioni

53,7

54,4

55,9

22,0

20,2

19,2

5 - 10 milioni

53,6

54,7

54,7

22,2

20,9

19,2

> 10 milioni

57,3

58,8

58,5

23,8

22,9

19,9

Totale

55,2

56,0

56,7

20,9

20,3

18,2

 

Allo stesso modo, l’analisi dell’incidenza del costo del lavoro e del costo del lavoro pro-capite delle CSIL permette di definire alcune tendenze emergenti:

  1. anche in questo caso vi è una marcata specificità per le cooperative di piccola dimensione (con valore della produzione < 1 milione) che hanno un costo del lavoro pro-capite significativamente più basso rispetto a quello delle cooperative presenti nelle altre classi dimensionali;
  2. un’incidenza del costo del lavoro pro-capite uniforme per tutte le cooperative con valore della produzione compreso tra 1 e 10 milioni di euro e la crescita del costo del lavoro pro-capite nelle cooperative della classe dimensionale >10 milioni (pari a 23,8 mila euro). Da questo dato si può dedurre che in questa classe dimensionale migliora leggermente la remunerazione dei lavoratori, con l’impiego, presumibilmente, di lavoratori maggiormente specializzati e/o formati;
  3. infine, anche analizzando l’incidenza del costo del lavoro emerge una discontinuità tra le cooperative con un valore della produzione compreso tra 1 e 10 milioni di euro e quelle con un valore della produzione superiore dai 10 milioni. Mentre per le prime l’incidenza del costo del lavoro è compresa tra il 52,1% e il 53,6%, nella classe dimensionale >10 milioni il costo del lavoro rappresenta, infatti, il 57,3% del valore della produzione. Da questo dato si può dedurre che anche la crescita dimensionale delle CSIL è legata a servizi ad alta intensità di lavoro piuttosto che ad attività complesse che hanno una maggiore incidenza di altri costi, diversi dal costo del lavoro.

3.2.3 La redditività delle cooperative sociali

Analizzando il livello di redditività delle cooperative sociali italiane è possibile osservare due aspetti estremamente rilevanti:

  1. da un lato, tutte le cooperative sociali hanno un livello di redditività estremamente contenuto, tanto da poter affermare che, nei primi due decenni del terzo millennio, la cooperazione sociale presenta un problema di redditività. Il rapporto tra utile netto e valore della produzione delle CSW, nel periodo 2020-2022, è stato pari a -0,2% nel 2020, è salito allo 0,6% nel 2021 per poi tornare allo 0,3% nel 2022. Analogamente, l’utile netto per le CISL ha fatto registrare una tendenza simile: 0,4% nel 2020, 1,7% nel 2021 e 1,1% nel 2022.
  2. dall’altro lato i dati mostrano con chiarezza che non esiste una correlazione diretta tra le dimensioni aziendali e la redditività delle cooperative sociali. Le cooperative sociali di maggiori dimensioni, infatti, sono quelle che hanno le peggiori performance in termini di redditività mentre quelle che hanno dimensioni medie hanno fatto registrare, nel periodo esaminato, performance migliori.

Tab. 7 L’Ebit e l’utile delle cooperative sociali nei servizi di welfare (CSW)

Classi dimensionali

(valore della produzione)

EBIT/VP

(%)

Utile/VP

(%)

2022

2021

2020

2022

2021

2020

< 1 milione

1,1

1,8

2,0

0,2

1,0

1,2

1 - 2,5 milioni

2,1

2,5

1,2

1,1

1,6

0,4

2,5 - 5 milioni

2,1

2,6

1,5

1,2

1,8

0,7

5 - 10 milioni

1,9

1,8

1,4

1,1

1,1

0,6

10 - 40 milioni

1,1

1,4

0,8

0,1

0,7

0,0

> 40 milioni

1,2

1,4

0,5

0,3

0,6

-0,2

Totale

1,6

1,9

1,1

0,7

1,1

0,3

 

Analizzando le CSW nel 2022 l’utile medio è stato pari allo 0,7%; le cooperative con un valore della produzione > 40 milioni hanno un utile medio pari allo 0,3% mentre quelle della classe dimensionale 2,5-5 milioni hanno realizzato un utile medio dell’1,2%. Le CSW di dimensioni medie hanno realizzato un utile medio 4 volte superiore a quello delle CSW di dimensioni grandi.

Tab. 8 L’Ebit e l’utile delle cooperative sociali di inserimento lavorativo (CSIL)

Classi dimensionali

(valore della produzione)

EBIT/VP

(%)

Utile/VP

(%)

2022

2021

2020

2022

2021

2020

< 1 milione

0,7

2,9

1,7

-0,2

2,2

1,0

1 - 2,5 milioni

2,7

3,4

2,0

1,8

2,5

1,2

2,5 - 5 milioni

2,1

2,6

1,5

1,6

1,9

0,7

5 - 10 milioni

1,9

2,4

0,8

1,0

1,4

-0,1

> 10 milioni

1,2

1,9

0,3

0,6

1,1

-0,4

Totale

1,9

2,6

1,2

1,1

1,7

0,4

 

La stessa tendenza è stata registrata dalle CSIL. Infatti, nel 2022, l’incidenza dell’utile di queste cooperative è stato, in media, dell’1,1%. Le imprese con un valore della produzione superiore ai 10 milioni hanno un’incidenza media dell’utile dello 0,6% mentre quelle appartenenti alla classe dimensionale 1-2,5 milioni hanno registrato un’incidenza dell’utile pari all’1,8%. Nella classe successiva (2,5-5 milioni), tale incidenza si colloca all’1,6%. I dati evidenziano, pertanto, che anche le CSIL di grandi dimensioni hanno una ridotta capacità di generare utili, significativamente inferiore a quella delle CSIL di dimensioni medie. Le CSIL di medie dimensioni hanno realizzato, infatti, un utile medio tre volte superiore a quello delle CSIL di grandi dimensioni. 

Graf. 3 L’utile delle cooperative sociali nei servizi di welfare (CSW)

 

Graf. 4 L’utile delle cooperative sociali di inserimento lavorativo (CSIL)

 

3.2.4 La patrimonializzazione delle cooperative sociali

Infine, analizzando la dimensione patrimoniale, i dati relativi alle immobilizzazioni e al livello di patrimonializzazione delle cooperative sociali aiutano a completare la fotografia della cooperazione sociale italiana

Tab. 9 Le immobilizzazioni e il patrimonio netto delle cooperative sociali nei servizi di welfare (CSW)

Classi dimensionali

(valore della produzione)

IMM/Attivo

(%)

PN/Attivo

(%)

2022

2021

2020

2022

2021

2020

< 1 milione

38,9

32,1

32,3

28,9

34,1

34,5

1 - 2,5 milioni

30,6

30,9

31,1

29,9

30,7

31,0

2,5 - 5 milioni

34,5

35,5

36,1

31,5

32,0

31,6

5 - 10 milioni

31,1

31,1

31,8

28,3

28,6

28,6

10 - 40 milioni

37,4

37,1

38,1

27,3

27,0

26,8

> 40 milioni

41,4

41,4

41,2

24,1

24,2

24,3

Totale

35,9

35,5

36,0

27,9

28,6

28,5

 

Tab. 10 Le immobilizzazioni e il patrimonio netto delle cooperative sociali di inserimento lavorativo (CSIL)

Classi dimensionali

(valore della produzione)

IMM/Attivo

(%)

PN/Attivo

(%)

2022

2021

2020

2022

2021

2020

< 1 milione

26,6

28,6

27,4

27,0

28,3

29,0

1 - 2,5 milioni

32,3

32,0

32,5

31,3

31,3

31,1

2,5 - 5 milioni

31,6

31,5

33,7

27,1

27,9

28,2

5 - 10 milioni

33,3

33,6

35,6

25,8

25,8

25,7

> 10 milioni

35,8

36,9

36,8

37,4

41,7

42,0

Totale

32,6

33,1

33,9

30,3

31,7

31,9

 

In particolare, considerando le CSW, è possibile affermare che:

  1. le CSW hanno un livello di immobilizzazioni pari al 35,9% dell’attivo ed un livello di patrimonio netto pari al 27,9% dell’attivo. In media, quindi, le immobilizzazioni superano il patrimonio netto;
  2. le CSW di maggiori dimensioni sono quelle in cui il divario tra immobilizzazioni e patrimonio netto aumenta. In particolar modo, nella classe dimensionale > 40 milioni vi è il massimo livello di immobilizzazioni ed il minimo livello di patrimonializzazione. Nello specifico, le immobilizzazioni sono pari al 41,4% dell’attivo mentre il patrimonio netto è pari al 24,1%. I dati evidenziano che le cooperative più grandi – con un valore della produzione superiore ai 40 milioni di euro – sono quelle patrimonialmente più fragili e maggiormente dipendenti dal capitale di debito apportato da finanziatori esterni. Vista la concentrazione di queste imprese, (nel nostro campione sono 35 le CSW con valore della produzione > di 40 milioni) uno shock esterno, tale da generare la crisi di alcuni grandi player, potrebbe aprire una profonda crisi in tutto il comparto.

Considerando, invece, la situazione della cooperazione sociale di inserimento lavorativo, si evince che:

  1. le CSIL hanno un livello di immobilizzazioni pari al 32,6% del valore della produzione e un patrimonio netto che rappresenta, in media, il 30,3%. Il livello delle immobilizzazioni è quindi leggermente più basso rispetto al patrimonio netto;
  2. nelle CSIL il livello di immobilizzazioni aumenta al crescere della dimensione aziendale (nella classe 1-2,5 milioni le immobilizzazioni sono pari al 32,3% del valore della produzione mentre nella classe > 10 milioni rappresenta il 35,8%). Tuttavia, a differenza delle CSW, nelle cooperative di inserimento lavorativo con un valore della produzione > 10 milioni, insieme alle immobilizzazioni cresce anche il livello di patrimonializzazione. In questa classe dimensionale il patrimonio netto è pari, infatti, al 37,4% dell’attivo.

4. Una prima interpretazione dei dati: i limiti delle economie di scala nella cooperazione sociale

Il lavoro conferma l’esistenza di un problema generalizzato di redditività per le cooperative sociali già evidenziato in altri studi (Bernardoni, Picciotti 2023). Quali sono le cause di questo fenomeno? E soprattutto, quali sono le possibili soluzioni che le cooperative potrebbero perseguire?

L’andamento della redditività è, inoltre, collegato alla dimensione delle imprese: al crescere delle dimensioni medie la redditività diminuisce mentre si presenta più elevata per le classi dimensionali intermedie. Questa evidenza si pone in netta contrapposizione con la narrazione dominante che sostiene, oramai da diversi anni, la necessità della crescita dimensionale per incrementare la produttività delle imprese, da perseguire per vie interne (aumento delle aggiudicazioni dei servizi e relativa espansione territoriale, crescita del fatturato, della quota di mercato, ecc.) oppure, alternativamente o congiuntamente, per vie esterne (fusioni, acquisizioni, ecc.).

La crescita dimensionale è uno degli obiettivi delle politiche industriali del Paese e rappresenta, anche, uno degli obiettivi perseguiti dalle principali associazioni di rappresentanza delle imprese cooperative. Per questo motivo le policy che incentivano la crescita, le fusioni e le integrazioni appaiono, ad una prima analisi, lungimiranti. Alla base di queste politiche vi è la convinzione che attraverso le economie di scala le cooperative, crescendo dimensionalmente, possano aumentare i livelli di efficienza organizzativa, efficacia gestionale e redditività. I dati delle cooperative sociali italiane confutano questa convinzione e pongono alcuni interrogativi: quali sono le spiegazioni plausibili della differenza di redditività tra cooperative con dimensioni medie e grandi? Questo fenomeno è determinato dalle caratteristiche distintive delle cooperative sociali o può essere attribuito ad altri fattori? Dipende dalla tipologia dei servizi offerti? È legato alla dimensione valoriale ed allo schema di incentivi e di remunerazioni dei soci e dei lavoratori che può variare al crescere della dimensione di impresa?

La letteratura sulla cooperazione sociale ha evidenziato i vantaggi competitivi di questa forma di impresa rispetto alle imprese tradizionali e alle organizzazioni pubbliche (Borzaga, Fazzi 2011; Borzaga, Galera 2023). La ricerca delle economie di scala può ridurre questi vantaggi competitivi senza consentire sufficienti guadagni di produttività?

I dati mostrano come la crescita dimensionale delle cooperative sociali è associata ad un incremento dell’incidenza del costo del lavoro sul valore della produzione; in settori ad alta intensità di lavoro la ricerca delle economie di scala può risultare inefficace in quanto il costo unitario di produzione di un servizio è, nella gran parte dei casi, costante e non decresce all’aumentare delle dimensioni dell’impresa. Un’ora di assistenza domiciliare erogata ad una persona anziana ha un costo standardizzato e non si possono realizzare significativi guadagni di produttività nell’erogazione del servizio. I guadagni di produttività potrebbero essere realizzati, al contrario, ripensando le modalità di erogazione del servizio e mobilitando gli attori e le risorse del territorio, quindi utilizzando strategie alternative a quelle fondate sulle economie di scala.

Infine, la crescita dimensionale, oltre a non trovare un adeguato riscontro nella redditività, sembra essere basata su logiche di tipo finanziario. In altri termini, l’aumento delle immobilizzazioni che rappresenta uno dei requisiti per la crescita, trova solo una parziale copertura nella patrimonializzazione delle imprese. Questa situazione apre un duplice fronte di riflessioni:

  • i servizi di welfare stanno andando verso una progressiva commodization? Come evidenziato in letteratura, questa metamorfosi si è già manifestata nel settore della distribuzione commerciale in cui la necessità di recuperare i bassi margini applicati ai prodotti, ha spinto le imprese ad entrare nel settore della gestione immobiliare. Questo fenomeno si ripeterà anche nel welfare?
  • Inoltre, la crescita dimensionale sembra “quasi incontrastabile”. Una volta avviata questa dinamica, diventa sempre più difficile per le cooperative sociali arrestare il percorso intrapreso, anche in assenza di un’adeguata redditività. Di fronte ad un simile atteggiamento, cosa accadrebbe se si verificasse uno shock esterno, come l’ingresso di competitor internazionali caratterizzati da elevati livelli di efficienza e produttività oppure un crollo della domanda pubblica e privata determinato dai vincoli di finanza pubblica e dalla riduzione del potere di acquisto degli utenti? Si assisterebbe ad una crisi delle cooperative sociali di grandi dimensioni che potrebbe portare al default? Oppure quelle più grandi potrebbero sperare in interventi straordinari finalizzati al loro salvataggio, in una logica to big to fail?

Concludendo queste prime riflessioni, è giusto chiedersi se ci potrebbero essere le condizioni per un’inversione di tendenza e per un ripensamento strategico delle traiettorie di sviluppo della cooperazione sociale fondate sulla valorizzazione degli elementi distintivi e sui vantaggi competitivi tipici di questa forma di impresa sociale, immaginando nuove strategie di sviluppo non più fondate sulle economie di scala e sulla standardizzazione degli interventi ma sulle economie di rete e sulla valorizzazione delle risorse presenti nelle comunità.

Sono questi alcuni interrogativi aperti che, se condivisi, potrebbero costituire la base per sviluppare un nuovo dibattito sulla natura e il ruolo della cooperazione sociale in Italia.

DOI: 10.7425/IS.2024.03.03

 

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