Il presente lavoro è sviluppato a partire da una base dati messa a disposizione da Euricse. È doveroso a tale proposito un ringraziamento speciale ad Elia Lattari, che per Euricse ha collaborato alla costruzione e alla pulizia dei dati. Si ringraziano inoltre Chiara Carini (Euricse), Massimo Lori (Istat), Luca Bagnoli e Andrea Bernardoni per gli utili suggerimenti ricevuti, pur restando dell’autore l’esclusiva responsabilità di eventuali inesattezze.
Il tema della sostenibilità economica della cooperazione sociale è spesso evocato all’interno di diversi ragionamenti. Si è sostenuto, ad esempio, che le cooperative (in generale) e le cooperative sociali (in particolare) abbiano adottato, nel lungo ciclo di crisi economica e poi di crisi del debito a cavallo degli anni Dieci, politiche tese a salvaguardare l’occupazione e la continuità di impresa comprimendo i risultati di esercizio in modo significativo; e in questo, si è argomentato, risiede una delle virtù della formula cooperativa, che difende il lavoro anche quando le imprese for profit tendono a interrompere l’attività. Si è parlato di redditività all’interno di discorsi sulle politiche di esternalizzazione delle pubbliche amministrazioni che, con politiche ispirate esplicitamente o implicitamente al massimo ribasso, determinano una riduzione oltre misura dei margini delle cooperative sociali; e, talvolta si è individuato nel mercato privato una possibile contromisura a tale situazione. Si è talvolta fatto cenno a diverse redditività in funzione delle dimensioni di impresa o delle aree territoriali.
Queste e altre discussioni si contestualizzano entro un mai abbastanza approfondito ragionamento sulla specificità della riga finale del conto economico che va sotto la voce di “risultato di esercizio” o, con un termine in verità più adatto all’economia non cooperativa, il ’“profitto” ricavato dalla gestione. Nell’analisi delle performance di un’impresa for profit, si tratta di comprendere la quota di risorse destinate a gratificare i portatori del capitale proprio nell’immediato (sotto forma di utile ripartito e quindi di dividendi concretamente erogati) o nel medio periodo (sotto forma di aumento del valore dell’impresa e di conseguenza del valore delle quote di capitale sociale detenute dai proprietari). Nell’analisi del bilancio di una cooperativa si tratta, invece, di comprendere quali risorse, nell’ambito delle strategie di redistribuzione del valore aggiunto, possono essere dedicate a quel particolare stakeholder costituito dalla cooperativa stessa o se, si preferisce, alla costruzione di un patrimonio intergenerazionale intangibile per i soci singoli, ma a disposizione della cooperativa per perseguire il proprio scopo sociale nel medio periodo. Di fatto – ed emergerà anche da queste analisi – la parte preponderante del patrimonio netto delle cooperative sociali italiane ha appunto questa origine: risultati di esercizio positivi destinati a rafforzare il patrimonio.
Ma, a monte di tutti questi discorsi, è necessario interrogare i dati e chiedersi quale sia l’effettivo risultato di esercizio conseguito dalle cooperative sociali italiane. Questo è l’argomento delle pagine che seguono, dove ci si interrogherà, coerentemente con le premesse di cui sopra, prima sull’equilibrio economico che emerge dall’analisi dei risultati di esercizio e quindi sulla solidità patrimoniale.
Le analisi riguardano le 9656 cooperative sociali italiane che nell’ultimo biennio di cui sono disponibili i dati (2021 e 2022) abbiano realizzato un fatturato medio di almeno 100 mila euro, soglia con la quale si intende cogliere la presenza di una qualche rilevanza economica; si rimanda al precedente articolo “Le dimensioni della cooperazione sociale: numeri, evoluzioni e articolazione del fenomeno” su questo numero di Impresa Sociale per la discussione del rapporto tra tale sottoinsieme e il più ampio universo delle cooperative sociali italiane formalmente “attive”.
Ad uno sguardo aggregato, il risultato di esercizio delle cooperative sociali italiane si pone, fatte salve le oscillazioni annuali – compreso il sostanziale azzeramento del risultato di esercizio aggregato nell’anno dell’emergenza pandemica – nell’ordine di grandezza di circa 100 milioni all’anno (113 milioni nel 2022), oltre 1.1 miliardi di euro nell’ultimo decennio, che si tradurrebbe, in media, circa 11 mila euro all’anno per ciascuna delle 9656 cooperative sociali effettivamente attive e con una gestione economica di un qualche rilievo. Se, a prima vista, questo risultato può apparire confortante, va comunque evidenziato che questo corrisponde ad una capacità di allocare al consolidamento della cooperativa una quota media inferiore all’1% del fatturato, cifra senz’altro inferiore a quella che si riscontrava nei primi Rapporti sulla cooperazione sociale.
Ma, in ogni caso, ragionare per dati aggregati (e da questi trarre dati medi) è operazione solo in parte opportuna, dal momento che il dato aggregato è frutto di situazioni tra loro assai diverse. Infatti, tra le cooperative considerate, come emerge dalla Tabella 1:
Tabella 1 – Risultato di esercizio per tipo di cooperativa e macroarea territoriale – Anno 2022
|
Tutte |
Somma risultati di esercizio |
|
A |
B |
A+B |
manca |
|
Nord |
Centro |
Sud e Isole |
manca |
1. Fino a -25.000 euro |
13% |
-168'890'782 |
|
14% |
13% |
11% |
15% |
|
15% |
13% |
11% |
15% |
2. Da -25.000 a 0 euro |
18% |
-16'165'118 |
|
19% |
17% |
15% |
19% |
|
17% |
19% |
18% |
23% |
3. Da 0 a 5.000 euro |
24% |
4'063'555 |
|
24% |
25% |
25% |
23% |
|
22% |
28% |
24% |
23% |
4. Da 5.000 a 25.000 euro |
21% |
26'321'554 |
|
21% |
22% |
22% |
22% |
|
21% |
21% |
22% |
15% |
5. Da 25.000 a 100.000 euro |
16% |
79'251'297 |
|
16% |
16% |
19% |
16% |
|
17% |
13% |
18% |
23% |
6. Oltre 100000 euro |
7% |
188'522'041 |
|
7% |
7% |
9% |
6% |
|
8% |
6% |
7% |
0% |
Totale |
9656 |
113'102'547 |
|
5221 |
2002 |
1705 |
728 |
|
4198 |
1894 |
3551 |
13 |
Fonte: nostre elaborazioni su dati AIDA
Alla luce di questi dati, è bene essere consapevoli che l’affermazione – pur del tutto corretta – circa i 113 milioni di utile aggregato nel 2022 può essere riformulata come segue: la cooperazione sociale è divisa in due parti di numerosità simile, la prima delle quali (il 55% di cooperative sociali contenuta nelle prime tre categorie della Tabella 1 - 5301 in numero assoluto - in perdita o poco sopra la linea di pareggio) perde complessivamente circa 181 milioni (34 mila in media a testa) e l’altra (le 4355 cooperative delle ultime tre categorie) che produce un risultato positivo di esercizio pari complessivamente a circa 294 milioni, pari in media a 67.500 di risultato positivo a testa.
O, altrettanto correttamente, si potrebbe affermare che il 93% delle cooperative – le prime cinque classi della Tabella 1 - complessivamente, perdono in un anno 75 milioni di euro (somma algebrica della colonna “somma risultati di esercizio”), circa 8 mila euro a testa in media; d’altra parte, invece, un 7% di cooperative, che in media fanno ciascuna utili per oltre 270 mila euro, portano l’aggregato complessivo a oltre 113 milioni e il dato medio a + 11.713 euro.
E, infine, si potrebbe correttamente anche affermare che, se non si considerasse il 2% dell’universo della cooperazione sociale, quelle 197 cooperative su 9656 che hanno risultati di esercizio positivi per 260 mila euro e oltre, il risultato di esercizio aggregato della cooperazione sociale – delle restanti 9459 cooperative - sarebbe pari a zero anziché positivo per 113 milioni.
Questi dati ci aiutano a comprendere come mai la narrazione della cooperazione sociale sia così complessa: il dato aggregato trasmette un’immagine tutto sommato positiva – oltre un miliardo di euro messo da parte nel decennio, resistendo e rilanciandosi tra le diverse crisi che lo hanno percorso – ma uno sguardo diverso ci porta a vedere un gran numero di soggetti che faticano a porsi sopra la linea di pareggio, insieme ad un numero limitato di altri che determina l’esito aggregato sopra richiamato.
Quanto detto sopra porta ad ipotizzare che il risultato di esercizio delle cooperative sociali presenti delle significative articolazioni interne. Come si è visto, le variabili relative al tipo di cooperativa e all’area territoriale non risultano a prima vista decisive; può essere ragionevole, pertanto, interrogarsi sulla relazione tra risultato di esercizio e fatturato, nell’ipotesi che le grandi dimensioni possano portare ad economia di scala tali da assicurare un maggior agio nei bilanci. Anche in questo caso, i risultati si prestano a narrazioni diversi e meno lineari di quelle spesso ipotizzate.
Si esamini la Tabella 2, dove, in ciascuna casella, nella prima riga si trova il risultato di esercizio aggregato per una certa classe dimensionale e per una certa fascia di risultato di esercizio e nella seconda la quota di imprese di quella classe di fatturato con un certo risultato di esercizio. Esemplificando, con la prima cella in alto a sinistra: tra le 1351 imprese sino a 150 mila euro di fatturato, il 7% ha un risultato di esercizio con perdita superiore a 25 mila euro e questo determina, in termini aggregati, una perdita complessiva di 4.499.973 euro.
Tabella 2 – Risultato di esercizio per tipo dimensione di impresa – Anno 2022
|
Fino a 150'000 euro |
Da 150.000 a 250.000 euro |
Da 250.000 a 500.000 euro |
Da 500.000 a 1.500.000 euro |
Da 1.500.000 a 5.000.000 euro |
Oltre 5.000.000 euro |
Totale |
Fino -25.000 euro |
-4'499'973 7% |
-7'589'570 9% |
-18'930'295 13% |
-42'605'178 16% |
-48'962'942 18% |
-46'302'824 17% |
-168'890'782 13% |
Da -25.000 a 0 euro |
-3'326'217 29% |
-4'187'379 27% |
-4'277'027 20% |
-3'261'495 14% |
-911'462 6% |
-201'538 4% |
-16'165'118 18% |
Da 0 a 5.000 euro |
691'990 33% |
756'032 30% |
967'076 26% |
1'074'321 22% |
485'174 16% |
88'962 8% |
4'063'555 24% |
Da .5000 a 2.5000 euro |
3'528'445 22% |
4'547'646 21% |
6'100'406 23% |
6'961'340 21% |
3'751'579 21% |
1'432'138 17% |
26'321'554 21% |
Da 2.5000 a 100.000 euro |
4'938'913 9% |
8'652'928 12% |
15'859'653 15% |
25'646'907 20% |
16'170'459 22% |
7'982'437 24% |
79'251'297 16% |
Oltre 100.000 euro |
1'839'994 1% |
2'168'814 1% |
8'965'123 2% |
38'327'667 7% |
64'761'809 18% |
72'458'634 30% |
188'522'041 7% |
Totale |
3'173'152 |
4'348'471 |
8'684'936 |
26'143'562 |
35'294'617 |
35'457'809 |
113'102'547 |
Numero |
1351 |
1674 |
2136 |
2501 |
1398 |
596 |
9565 |
Media |
2'349 |
2'598 |
4'066 |
10'453 |
25'247 |
59'493 |
11'713 |
Fatturato |
196'490'732 |
380'473'622 |
868'358'407 |
2'416'882'904 |
4'139'689'060 |
9'400'179'758 |
17'402'074'483 |
% Fatturato |
1.61% |
1.14% |
1.0% |
1.08% |
0.85% |
0.38% |
0.65% |
Fonte: nostre elaborazioni su dati AIDA
Da una parte si può evidenziare – e questo era prevedibile – che i valori più grandi, sia come risultati di esercizio positivi, sia come risultati di esercizio negativi, sono maggiormente presenti nelle cooperative sociali più grandi: in queste si fanno più facilmente grandi utili e grandi perdite. Ad esempio, i risultati di esercizio positivi per più di 100 mila euro sono pochi (1%) tra le cooperative con fatturato sino a 150 mila euro e nella classe successiva, poi iniziano a crescere (7%) nella classe tra 500 mila euro e 1.5 milioni, sino a diventare il 30% nella classe dimensionale più grande, quella delle 596 cooperative oltre i 5 milioni di euro. Allo stesso modo crescono, all’aumentare della dimensione economica, i casi di perdita di maggiori dimensioni.
Ciò premesso, alla domanda “Le imprese più grandi hanno margini maggiori?” la risposta rimane complessa, come emerge dall’analisi delle righe finali della tabella. Certamente, è vero che:
Entrambe queste circostanze porterebbero a ritenere che le imprese di maggiori dimensioni realizzino economie di scala o altre forme di efficienza gestionale che portano a conseguire margini più ampi.
D’altra parte, se si confrontano i margini aggregati (riga “totale” in grassetto) con il fatturato aggregato (penultima riga della tabella), emerge (ultima riga della tabella) come i 35 milioni di utile, confrontati ai 9.4 miliardi di fatturato prodotti dalle cooperative oltre i 5 milioni di euro, rappresentino un margine percentuale di circa lo 0.38%, inferiore a quello delle classi di fatturato più basse. O, ampliando lo sguardo all’insieme della distribuzione, possiamo constatare come la consistenza del risultato di esercizio in proporzione al fatturato segua una proporzionalità inversa alla dimensione. Rispetto alle cooperative di maggiori dimensioni, il cui margine di esercizio vale lo 0.38% del fatturato, le cooperative della classe dimensionale inferiore (1.5 – 5 milioni di euro) mostrano una percentuale doppia (0.85%) e le cooperative più piccole mostrano mediamente valori ancora maggiori.
I motivi richiederebbero una specifica analisi organizzativa. Probabilmente, a fronte di economie di scala della grande dimensione limitate dalla incomprimibilità del principale fattore di costo, il lavoro degli operatori, le caratteristiche di maggiore formalità dell’organizzazione portano alla lievitazione di alcuni costi o comunque alla minore disponibilità di risorse informali o parzialmente informali, ad esempio nel gruppo dirigente. In ogni caso, al di là di queste analisi, che richiederebbero strumenti di indagine diversi, questa relazione inattesa consiglia qualche riflessione di politica organizzativa più approfondita rispetto a quelle sino ad ora realizzate, dove la virata dalla “strategia del campo di fragole” degli anni Novanta all’attuale promozione dell’aggregazione, delle fusioni e dell’aumento dimensionale va probabilmente fatta oggetto di ulteriori analisi, alla ricerca di strategie più adeguate alla specificità del modello cooperativo.
Il tema del risultato di esercizio rapportato al fatturato merita qualche analisi ulteriore. In generale, la distribuzione presenta una notevole concentrazione sui valori prossimi allo zero, che può corrispondere in una certa misura anche allo stile gestionale di molte cooperativa sociali che, in una situazione di persistente penalizzazione della remunerazione di taluni fattori produttivi, e in particolare della forza lavoro, alloca a quest’ultima la maggior quota di valore aggiunto compatibile con le risorse disponibili o, d’altra parte, elimina o rimanda (nella sostanza, o talvolta, con qualche artifizio contabile) possibili costi nella misura in cui essi non sono compatibili con le disponibilità di bilancio. In sostanza: a fronte delle tante (e debordanti) esigenze di destinazione del valore aggiunto disponibile (ai lavoratori che reclamano trattamenti economici superiori, agli utenti che necessiterebbero di una qualità del servizio migliore), si spende sino a che si può, sino ad attestarsi sulla linea minima di galleggiamento, rimandando o annullando oneri ulteriori. Sicuramente una situazione diversa da quella constatata dai primi rapporti sulla cooperazione sociale degli anni Novanta, in cui si riscontravano alcuni punti percentuali di utile medi.
I dati riportati nella Tabella 3 – che considera le percentuali e non i dati assoluti - confermano questa tendenza ad addensarsi sulla linea del pareggio: un quinto della distribuzione si pone tra il pareggio e una quota positiva pari allo 0.5% e, al crescere delle classi di fatturato, questo addensamento aumenta, sino a giungere al 39% per le cooperative di dimensioni maggiori. A rimarcare maggiormente questo aspetto, si consideri che una categoria che raccogliesse le cooperative che realizzano un risultato di gestione compreso tra il -0.5% e il +1% del fatturato raccoglierebbe oltre il 30% della distribuzione e il 55% delle cooperative con oltre 5 milioni di euro di fatturato. Cresce, al crescere del fatturato, anche la quota di cooperative che realizzano un risultato di gestione tra +0.5% e +2.5% e che rappresentano il 21% dell’intera distribuzione e il 29% dei casi nelle cooperative con maggiore fatturato. Tra il pareggio e il +2.5% si collocano il 41% delle cooperative, che risultano dal 30% di quelle con fatturato minore e dal 57% di quelle con fatturato maggiore, con una crescita abbastanza continua al salire delle classi di fatturato.
Tabella 3 – Risultato di esercizio in rapporto al fatturato per classi di fatturato – Anno 2022
Fino a 150.000 euro |
Da 150.000 a 250.000 euro |
Da 250.000 a 500.000 euro |
Da 500.000 a 1.500.000 euro |
Da 1.500.000 a 5.000.000 euro |
Oltre 5.000.000 euro |
Totale |
|
1. Fino a -5.0% |
22% |
20% |
17% |
12% |
6% |
3% |
14% |
2. Dal -5.0% al 0.0% |
14% |
16% |
16% |
18% |
17% |
18% |
16% |
3. Dal 0.0% al 0.5% |
13% |
15% |
17% |
21% |
28% |
39% |
20% |
4. Dal 0.5% al 2.5% |
17% |
16% |
19% |
22% |
26% |
29% |
21% |
5. Dal 2.5% al 7.5% |
14% |
15% |
16% |
17% |
15% |
9% |
15% |
6. Oltre il 7.5% |
20% |
18% |
15% |
12% |
7% |
2% |
13% |
Totale |
1'351 |
1'674 |
2'136 |
2'501 |
1'398 |
596 |
9'656 |
Fonte: nostre elaborazioni su dati AIDA
Le cooperative con una maggiore marginalità percentuale – si intende, oltre +2.5%, quindi in ogni caso su quote che qualsiasi impresa for profit eviterebbe di considerare - sono il 28%, in questo caso con un andamento inverso: 34% di quelle sino a 150 mila euro di fatturato e 11% di quelle con maggiori dimensioni; lo stesso andamento è seguito anche dai casi di marginalità negativa: il 30% sul totale della distribuzione, con una decrescita dal 36% delle cooperative più piccole al 21% di quelle più grandi. In sintesi: al crescere della dimensione, aumenta l’addensamento intorno a valori prossimi al pareggio, mentre le cooperative di dimensioni minori hanno una maggiore frequenza sia di bilanci con maggiori perdite percentuali, sia di bilanci con margini positivi percentuali più alti.
A completamento di questa sezione, nella Tabella 4 la percentuale del risultato di esercizio sul fatturato è mostrata in relazione al tipo di cooperativa e alla macroarea territoriale. Come già emerso dall’esame dei valori assoluti, non emergono relazioni particolarmente rilevanti e quelle che si possono intravedere evidenziano comunque una controtendenza rispetto alle categorie precedentemente individuate come imprenditorialmente più solide: troviamo infatti margini percentuali leggermente superiori nelle B rispetto alle A e, soprattutto nel Mezzogiorno rispetto al Nord. Quanto detto sino ad ora fornisce una spiegazione ragionevole di questa relazione, dal momento che, come si è visto, in termini percentuali sono le imprese di dimensioni minori – più presenti tra le B e nel Mezzogiorno – ad avere una marginalità media maggiore.
Tabella 4 – Risultato di esercizio in rapporto al fatturato per tipo di cooperativa e macroarea territoriale – Anno 2022
|
Tutte |
|
A |
B |
A+B |
manca |
|
Nord |
Centro |
Sud e Isole |
manca |
1. Fino a -5.0% |
14% |
|
15% |
15% |
12% |
14% |
|
12% |
15% |
16% |
23% |
2. Dal -5.0% al 0.0% |
16% |
|
18% |
15% |
13% |
20% |
|
19% |
17% |
13% |
15% |
3. Dal 0.0% al 0.5% |
20% |
|
20% |
18% |
20% |
21% |
|
22% |
23% |
16% |
0% |
4. Dal 0.5% al 2.5% |
21% |
|
20% |
23% |
20% |
18% |
|
22% |
21% |
18% |
15% |
5. Dal 2.5% al 7.5% |
15% |
|
15% |
15% |
17% |
17% |
|
15% |
13% |
17% |
31% |
6. Oltre il 7.5% |
13% |
|
12% |
15% |
17% |
11% |
|
9% |
10% |
20% |
15% |
Totale |
9656 |
|
5221 |
2002 |
1705 |
728 |
|
4198 |
1894 |
3551 |
13 |
Fonte: nostre elaborazioni su dati AIDA
Altro aspetto che non fa emergere particolari esiti, ma che è significativo citare, riguarda l’andamento del risultato di gestione nel corso del tempo. Nella Tabella 5 si esaminano i risultati di gestione delle cooperative oggetto di analisi relativamente ai bilanci 2022, andando a ritroso sino al 2013.
Va ricordato che la scelta di considerare cooperative di cui siano disponibili i bilanci nell’intero decennio porta a vantaggi, ma anche a distorsioni, nel momento in cui si volesse desumere dai dati relativi ad anni passati lo stato della cooperazione sociale di allora: le cooperative tutt’ora esistenti sono quelle che in passato avevano un bilancio migliore, quelle in perdita potrebbero avere più facilmente interrotto l’attività e quindi la situazione del passato potrebbe essere rappresentata in termini migliorativi rispetto all’effettiva realtà. D’altra parte, questa scelta ci consente di confrontare la situazione delle stesse imprese nel corso del tempo, cosa che rappresenta un’indicazione rispetto a come sia mutato il contesto intorno alle cooperative. Nella Tabella 5 la percentuale è calcolata sulle cooperative attive nell’anno considerato, sottraendo quindi dalle 9656 del 2022 quelle non ancora costituite.
Dai dati non emerge una tendenza nitida rispetto ad un’evoluzione dei risultati di gestione nel corso di questo ultimo decennio. La quota di cooperative sociali in perdita aumenta lievemente, ma questo è spiegabile nei termini prima indicati e, in linea generale, la tendenza ad addensare una parte consistente dei risultati di gestione intorno allo zero rimane inalterato nel corso del tempo, così come la percentuale limitata di cooperative con margini di gestione significativi. È la stabilità di questo fenomeno si accorda con il dato aggregato che, come evidenziato nelle pagine precedenti, è abbastanza simile (100 milioni all’anno) nei diversi esercizi del decennio (pur, va ricordato, a fronte di fatturati aggregati crescenti e quindi con un minor peso percentuale.
In sintesi, considerando questi dati, quello che emerge è una situazione - persistente e ormai consolidata - da anni caratterizzata da margini molto limitati, tali da consentire una significativa accumulazione patrimoniale solo ad un numero molto limitato di cooperative sociali. Tanto nel settore del welfare, quanto nell’inserimento lavorativo, tanto nelle commesse pubbliche quanto in quelle private, si avverte una pressione generalizzata sui corrispettivi che comporta un assestamento sulla “linea di pareggio”, portando di fatto nella grande maggioranza dei casi ad allocare una quota residuale di valore aggiunto al rafforzamento dell’impresa, essendo la gran parte da destinarsi ad altre inderogabili priorità – prima di tutto il lavoro – e senza peraltro riuscire a soddisfarle compiutamente, come evidenziato dalla diffusa disaffezione rispetto alle professioni sociali.
Tabella 5 – Risultato di gestione. Serie storica
2022 |
2021 |
2020 |
2019 |
2018 |
2017 |
2016 |
2015 |
2014 |
2013 |
|
0. Non ancora costituita |
0 |
1 |
127 |
353 |
661 |
1018 |
1449 |
1882 |
2304 |
2753 |
1. Fino a -25000 euro |
13% |
11% |
14% |
10% |
8% |
7% |
7% |
7% |
8% |
10% |
2. Da -25000 a 0 euro |
18% |
17% |
19% |
20% |
20% |
19% |
20% |
20% |
22% |
25% |
3. Da 0 a 5000 euro |
24% |
24% |
23% |
29% |
29% |
29% |
29% |
29% |
29% |
28% |
4. Da 5000 a 25000 euro |
21% |
23% |
21% |
21% |
22% |
21% |
21% |
22% |
21% |
19% |
5. Da 25000 a 100000 euro |
16% |
17% |
15% |
14% |
14% |
15% |
15% |
14% |
14% |
12% |
6. Oltre 100000 euro |
7% |
8% |
6% |
6% |
7% |
9% |
8% |
8% |
7% |
6% |
Totale già costituite |
9'656 |
9'655 |
9'529 |
9'303 |
8'995 |
8'638 |
8'207 |
7'774 |
7'352 |
6'903 |
In perdita (1+2) |
31% |
28% |
33% |
30% |
28% |
26% |
27% |
27% |
30% |
35% |
In perdita o con margini minimi (1+2+3) |
55% |
52% |
57% |
59% |
57% |
56% |
55% |
56% |
59% |
63% |
Margini significativi (5+6) |
24% |
25% |
22% |
20% |
22% |
23% |
23% |
22% |
20% |
18% |
Fonte: nostre elaborazioni su dati AIDA
A margine, una considerazione sulla lunga discussione che ha impegnato gli anni Dieci rispetto al potenziale interesse della finanza – di una finanza che si suppone sensibile agli esiti sociali conseguiti – per le imprese sociali e specificamente per partecipazione di capitale, laddove fossero ulteriormente allentati gli attuali vincoli alla remunerazione degli utili. Al di là di ogni considerazione sulla coerenza di tali ipotesi con le specificità dell’impresa sociale, alla base è necessario avere consapevolezza che, anche in assenza di vincoli normativi, la situazione economica della gran parte delle cooperative risulterebbe poco attrattiva da questo punto di vista. Allentare i vincoli alla remunerazione del capitale (attualmente già consentita in una misura ci circa 5%) in un universo con questo tipo di redditività non pare una soluzione particolarmente significativa: i vincoli, prima ancora che le norme, li sta imponendo in modo generalizzato il mercato.
Sintesi dei risultati
L’analisi del patrimonio netto rappresenta, per i motivi già richiamati, uno degli aspetti più originali e rilevanti per la comprensione del funzionamento di una società cooperativa. Il patrimonio è frutto della destinazione, anno per anno, di una quota del valore aggiunto prodotto dalla cooperativa ad un fondo intergenerazionale intangibile per i soci, ma centrale per rafforzare la cooperativa, la quale spesso parte con un capitale poco consistente.
In termini aggregati, la dinamica di questo decennio di cooperazione sociale è abbastanza chiara: a fronte di un moderato aumento del capitale sociale (circa 100 milioni di euro, da circa 500 a circa 600 milioni, pari in media a poco più di 60 mila euro a cooperativa), il patrimonio netto aggregato sale dai 2.4 miliardi del 2013 agli attuali oltre 4 miliardi e da una media di circa 275 mila euro a cooperativa a quella attuale di oltre 400 mila euro. Già questi numeri danno un’idea della struttura patrimoniale della cooperazione sociale: il patrimonio è costituito, in termini aggregati, per circa il 15% dagli apporti dei soci e per il restante 85% dagli utili via via girati a riserva nel corso degli anni; e, in una dinamica decennale, solo 100 milioni dei 1600 milioni di incremento del patrimonio netto – circa il 6% - è dovuto alla componente di capitale sottoscritto dai soci, mentre il resto deriva dagli utili realizzati e conferiti al patrimonio (e dal venir meno di patrimoni netti negativi di unità che cessano di esistere). Approfondendo la lettura in termini aggregati e sempre con riferimento alle unità con almeno 100 mila euro di fatturato, rispetto ai diversi tipi di cooperative sociali emerge che:
La parte restante è frutto del patrimonio di cooperative di cui non è disponibile il tipo.
Rispetto alle aree territoriali, sempre con riferimento alle unità con almeno 100 mila euro di fatturato:
Tabella 6 – Patrimonio netto per tipo di cooperativa e per macroarea
Patrimonio netto attuale (.000.000) |
Patrimonio medio (.000) |
Aumento nel decennio (.000.000) |
Quota derivante da aumenti di capitale |
|
A |
2400 |
460 |
1000 |
14% |
B |
650 |
320 |
250 |
16% |
A+B |
630 |
360 |
350 |
14% |
Nord |
2600 |
620 |
1000 |
16% |
Centro |
600 |
315 |
315 |
22% |
Sud e Isole |
800 |
220 |
470 |
7% |
Fonte: nostre elaborazioni su dati AIDA
Ma, come evidenziato già nelle pagine precedenti, il dato aggregato e il dato medio rappresentano solo un punto di partenza per chi voglia comprendere l’effettiva situazione della cooperazione sociale italiana.
Nella Tabella 7 le cooperative sociali – sempre quelle, si intende, attive e con più di 100 mila euro medi di fatturato nell’ultimo biennio - sono suddivise in gruppi a seconda della consistenza del patrimonio netto ed emerge la situazione già osservata a proposito di altri dati. In primo luogo, vi è da segnalare la presenza di un 11% di unità con patrimonio netto negativo; questo significa che perdite pregresse hanno intaccato e poi azzerato il capitale sociale e che tali cooperative si trovano anche da un punto di vista formale in una situazione critica che, se non risolta, porta alla messa in stato di liquidazione. D’altra parte, questo dato corrisponde alle circa 900 cooperative sociali che in media ogni anno passano da uno stato formalmente “attivo” ad altro stato (liquidazione, fallimento, cessazione, ecc.).
Vi è poi un 45% di cooperative che ha un patrimonio netto positivo, ma di entità contenuta: il 31% inferiore ai 50 mila euro, il 14% compreso tra 50 e 100 mila euro; il restante 44% è invece costituito da cooperative con un patrimonio maggiore, che nel 17% dei casi supera i 500 mila euro. Come già osservato a proposito dell’utile, sono un numero abbastanza limitato di cooperative della classe più elevata a contribuire in modo significativo al patrimonio netto aggregato: 3.4 miliardi, pari all’83% del patrimonio netto aggregato, sono in capo al 17% di cooperative il cui patrimonio netto supera i 500 mila euro; o, se si preferisce, 2.8 miliardi, pari a quasi il 70% del patrimonio netto totale, sono conseguiti dalle 861 cooperative (circa il 9% di quelle considerate) il cui patrimonio netto supera il milione.
Stante la natura di grandezza frutto dell’accumulo nel corso del tempo, come risulta evidente dalla Tabella 7, l’entità del patrimonio netto è in relazione con l’età della cooperativa. Come si è visto nell’analisi del risultato di gestione, infatti, la quota di valore aggiunto conferibile a patrimonio netto nella grandissima maggioranza dei casi va dalle poche migliaia alle decine di migliaia di euro all’anno, raggiungendo valori superiori solo in un numero limitato di casi (vedi la Tabella 1 nelle pagine precedenti); questo comporta che l’accumulo di patrimoni significativi, nella gran parte dei casi è frutto di processi di lungo periodo, in cui somme relativamente limitate vengono messe da parte anno per anno.
Non stupisce quindi che siano le cooperative costituite da più di 10 anni a mostrare una quota più alta di situazioni patrimonialmente solide (34% sopra i 250 mila euro di patrimonio, contro il 14% delle cooperative con 5-10 anni di anzianità e il 7% di quelle con 2-5 anni).
Se è normale che le cooperative più giovani abbiano una quota significativa di unità con patrimonio minimo (metà o più nella classe tra 0 e 50 mila euro, il doppio rispetto alle cooperative con più di 10 anni di storia), desta alcuni interrogativi il fatto che il 18% delle cooperative costituite da 2-5 anni abbia patrimonio netto negativo, anche se si tratta di imprese che si sono trovate nella fase iniziale della loro vicenda a confrontarsi con l’emergenza sanitaria; successivi dati evidenzieranno se il dato è sarà destinato a rientrare o meno.
Tabella 7 – Patrimonio netto 2022 per anzianità, tipo di cooperativa e macroarea territoriale
|
|
|
Costituite da |
|
Tipo di cooperativa |
|
Macroarea |
|||||||||
|
Tutte |
|
Più di 10 anni |
5-10 anni |
2-5 anni |
Meno di 2 anni |
|
A |
B |
A+B |
manca |
|
Nord |
Centro |
Sud e Isole |
manca |
1. Fino a 0 euro |
11% |
|
8% |
13% |
18% |
13% |
|
12% |
9% |
11% |
15% |
|
10% |
12% |
12% |
31% |
2. Da 0 a 50.000 euro |
31% |
|
24% |
39% |
50% |
56% |
|
31% |
31% |
31% |
19% |
|
26% |
35% |
34% |
23% |
3. Da 50.000 a 100.000 euro |
14% |
|
13% |
16% |
13% |
14% |
|
13% |
15% |
13% |
23% |
|
12% |
15% |
15% |
23% |
4. Da 100.000 a 250.000 euro |
17% |
|
19% |
18% |
12% |
12% |
|
16% |
20% |
18% |
22% |
|
16% |
16% |
20% |
0% |
5. Da 250.000 a 500.000 euro |
10% |
|
13% |
8% |
5% |
2% |
|
11% |
10% |
11% |
16% |
|
12% |
8% |
10% |
23% |
6. Oltre 500.000 euro |
17% |
|
24% |
6% |
2% |
3% |
|
17% |
15% |
17% |
6% |
|
24% |
14% |
10% |
0% |
Totale |
9656 |
|
6154 |
2053 |
1322 |
127 |
|
5221 |
2002 |
1705 |
728 |
|
4198 |
1894 |
3551 |
13 |
Fonte: nostre elaborazioni su dati AIDA
Dalla Tabella 7 non emergono correlazioni evidenti con il tipo di cooperativa, mentre è più forte l’associazione con l’area territoriale. Le cooperative del Nord con patrimonio superiore a 250 mila euro sono il 36% contro il 22% del Centro e il 20% del Sud e Isole e la relazione si rafforza qualora si considerino le cooperative con più di 500 mila euro di fatturato. Si è voluto verificare se tale relazione fosse spiegabile dalla maggior presenza nel Mezzogiorno di unità di recente costituzione, ma in realtà, se si isolano solo le cooperative con più di 10 anni di vita, le diversità tra macroaree territoriali non diminuiscono, anzi per certi versi si amplificano, cosa per certi versi imprevista almeno se si considerano le tendenze recenti in termini di risultato di gestione, come evidenziato dalla Tabella 1 a pagina 2, dove emerge che le cooperative del Mezzogiorno mostrano margini comparabili a quelli delle cooperative del Nord Italia.
Tabella 8 – Patrimonio netto 2022 per macroarea territoriale e anzianità di costituzione
|
|
Tutte |
Tutte |
|
oltre 10 anni |
|
||||||
|
|
Nord |
Centro |
Sud e Isole |
manca |
|
Nord |
Centro |
Sud e Isole |
manca |
Tutte |
|
1. Fino a 0 euro |
|
10% |
12% |
12% |
31% |
11% |
|
7% |
9% |
10% |
40% |
8% |
2. Da 0 a 50.000 euro |
|
26% |
35% |
34% |
23% |
31% |
|
19% |
28% |
28% |
20% |
24% |
3. Da 50.000 a 100.000 euro |
|
12% |
15% |
15% |
23% |
14% |
|
10% |
15% |
15% |
20% |
13% |
4. Da 100.000 a 250.000 euro |
|
16% |
16% |
20% |
0% |
17% |
|
17% |
18% |
21% |
0% |
19% |
5. Da 250.000 a 500.000 euro |
|
12% |
8% |
10% |
23% |
10% |
|
15% |
10% |
11% |
20% |
13% |
6. Oltre 500.000 euro |
|
24% |
14% |
10% |
0% |
17% |
|
33% |
20% |
13% |
0% |
24% |
Totale |
|
4198 |
1894 |
3551 |
13 |
9656 |
|
2900 |
1193 |
2051 |
10 |
6154 |
Fonte: nostre elaborazioni su dati AIDA
Come si può vedere infatti dalla Tabella 8, se si confrontano i dati già presenti nella Tabella 7 e riferiti a tutte le cooperative con quelli che riguardano le cooperative costituite da almeno 10 anni, le differenze permangono e si rafforzano: la quota di cooperative con oltre 500 mila euro di patrimonio diventa pari ad un terzo nel nord mentre è del 13% nel Mezzogiorno; anche contando la soglia oltre i 250 mila euro, le cooperative nel Mezzogiorno che la superano sono la metà di quelle del Nord Italia. Anche se l’aspetto richiederebbe ulteriori approfondimenti, l’ipotesi plausibile è che in anni meno recenti queste ultime cooperative abbiano avuto la possibilità di accantonare risorse superiori a quelle attuali, accumulando il patrimonio che oggi è possibile apprezzare.
Sintesi dei risultati
Al termine di questo percorso si propone di utilizzare i tre elementi sino ad ora analizzati per costruire un primo e approssimativo indicatore di solidità di impresa. Si considerino:
Si possono verificare, sulla base di tali parametri, quattro distinte situazioni (Tabella 9), sempre, si intende, relative alle cooperative con più di 100 mila euro di fatturato medio nel biennio.
Tabella 9 – Risultato di esercizio e patrimonio netto delle cooperative con fatturato medio del biennio superiore a 100 mila euro
|
Risultato medio di gestione negli ultimi 5 anni |
||
Superiore a 5 mila euro |
Inferiore a 5 mila euro |
||
Patrimonio netto 2022 |
Superiore ai 50 mila euro |
Solida e in equilibrio |
Patrimonio pregresso non più alimentato o eroso |
Inferiore ai 50 mila euro |
In equilibrio, patrimonio in costruzione |
Non in equilibrio, senza patrimonio consistente |
Sulla base di questi (abbastanza “morbidi”) criteri, risultano “solide e in equilibrio” circa un terzo delle cooperative (poco più di 3 mila, in termini assoluti), con quote non troppo dissimili tra i diversi tipi di cooperative e tra le macroaree territoriali. È solo il caso di notare che, soprattutto sul fronte della sostenibilità, i criteri posti sono particolarmente accessibili: laddove, ad esempio, l’utile medio del quinquennio fosse posto ad almeno 15 mila euro, la quota di cooperative “solide e in equilibrio” scenderebbe a circa il 25%; ma va d’altra parte considerata la particolarità dell’anno 2020, in cui ragionevolmente l’emergenza sanitaria ha contribuito ad abbassare ulteriormente la redditività già contenuta delle cooperative sociali italiane. In particolare, va notato come quasi la metà delle cooperative sociali del Centro – Sud manchino sia del requisito patrimoniale, sia di una capacità di accumulazione seppur minima di risorse grazie ai propri risultati di esercizio. In altre parole, componendo tutti gli indicatori sino ad ora considerati, nel Mezzogiorno circa il 10% delle – assai numerose - cooperative formalmente attive ha requisiti economici minimi rispetto a fatturato, risultato di esercizio e patrimonio.
Tabella 10 – Solidità per tipo di cooperativa e macroarea territoriale
|
Tutte |
|
A |
B |
A+B |
manca |
|
Nord |
Centro |
Sud e Isole |
manca |
In equilibrio, patrimonio in costruzione |
13% |
|
11% |
14% |
15% |
11% |
|
10% |
13% |
16% |
31% |
Non in equilibrio, senza patrimonio consistente |
43% |
|
45% |
41% |
39% |
42% |
|
38% |
49% |
45% |
46% |
Patrimonio pregresso non più alimentato |
13% |
|
13% |
13% |
12% |
16% |
|
18% |
12% |
8% |
8% |
Solida e in equilibrio |
32% |
|
31% |
32% |
34% |
31% |
|
35% |
26% |
31% |
15% |
Totale |
9656 |
|
5221 |
2002 |
1705 |
728 |
|
4198 |
1894 |
3551 |
13 |
Fonte: nostre elaborazioni su dati AIDA
Sulla base di questo ultimo passaggio, è possibile aggiungere una ulteriore riga alla tabella presentata in apertura del precedente articolo “Le dimensioni della cooperazione sociale: numeri, evoluzioni e articolazioni del fenomeno”, giungendo pertanto al quadro indicato nella Tabella 11:
Tabella 11 – Cooperative sociali nel 2022 per stato, fatturato, risultato di gestione e patrimonio
|
Numero |
Base 100 |
Descrizione |
Chi è escluso |
Esistono |
21215 |
118 |
costituite e non cessate |
|
Sono formalmente attive |
17946 |
100 |
attive (non in liquidazione) |
Le 3269 in liquidazione o altri stati diversi da «attiva» (anche se non cessate) |
Hanno depositato un bilancio |
13.390 |
75 |
Attive e con bilancio depositato (valori del fatturato non nulli) |
Oltre alle precedenti, altre 4556 attive ma con dati di bilancio nulli |
In cui vi è un qualche segno di attività |
12367 |
69 |
Attive con almeno un minimo livello di operatività (almeno 10 mila euro di fatturato). |
Oltre alle precedenti, altre 1023 che hanno fatturati non superiori a 10 mila euro, che sommate alle precedenti fatto 5579 formalmente attive ma con attività economica nulla o residuale |
Sono economicamente rilevanti |
9656 |
54 |
Attive con rilevanza economica, in quanto hanno almeno 100 mila euro di fatturato medio nel biennio |
Oltre alle precedenti, altre 2711 che hanno fatturati superiori a 10 mila euro, ma inferiori a 100 mila. Sommate alle precedenti, sono 8290 cooperative, quasi la metà di quelle attive |
Sono solide |
3071 |
17 |
Attive con rilevanza economica e con indicatori minimi di solidità: risultato di esercizio medio del quinquennio superiore a 5 mila euro, patrimonio netto (capitale più riserve accumulate) superiore a 50 mila euro. |
6566 cooperative attive con rilevanza economica non hanno questo requisito. In tutto sono 14856 (l’83% di quelle formalmente attive) le cooperative sociali che presentano indicatori economici che rivelano criticità rispetto alla loro rilevanza economica o alla loro solidità. |
Fonte: nostre elaborazioni su dati MISE e AIDA
In sostanza: se le cooperative formalmente attive sono 17946 e quelle con una certa rilevanza economica sono 9656, quelle che aggiungono a tale caratteristica anche minimi elementi patrimoniali e redditività che documentano una almeno minima solidità sono 3071, pari al 17% di quelle attive. Si potrebbe in altre parole dire che 3071 sono le cooperative i cui dati paiono essere rassicuranti circa la loro persistenza quantomeno nel breve medio periodo; ciò, si intende, senza affermare che le altre, al contrario, siano destinate a venir meno, ma semplicemente che si trovano in una situazione di fragilità tale da renderle esposte ad eventuali anche minime contingenze negative.
Sintesi dei risultati
I contenuti di questo contributo si rivolgono, oltre che agli studiosi, a chi si interroga sulle politiche rivolte alle cooperative sociali italiane; non contengono però indicazioni sul “cosa fare”, piuttosto evidenziano questioni che meritano una attenta riflessione – che integri i dati economici con considerazioni ulteriori sulla valenza sociale del lavoro svolto - e una conseguente elaborazione di strategie. Molti sono i fenomeni che richiederebbero di essere collocati narrazioni convincenti:
È utile notare che quanto evidenziato in questo ultimo punto porta a ricongiungere narrazioni diverse sulla cooperazione sociale, che, pur opposte tra loro, alla prova dei fatti contengono entrambe un effettivo fondamento fattuale.
La prima narrazione è quella che sottolinea la resilienza del fenomeno di fronte alle molteplici crisi che hanno interessato il nostro Paese: la cooperazione sociale le ha attraversate senza che i dati aggregati degradassero, segnando la crescita continua e ultratrentennale dei principali indicatori, anche in momenti in cui il resto dell’economia soffre e tuttavia senza limitarsi ad un comportamento anticiclico (gli indicatori aggregati, cioè, oltre a crescere nei momenti di crisi quando per le altre imprese diminuiscono, non si degradano in fasi di ripresa economica); questo rappresenta un elemento di rilievo che non va trascurato.
La seconda narrazione è quella che evidenzia elementi di difficoltà diffusi sul fronte della crescita e soprattutto della sostenibilità. Queste percezioni spesso nascono dai practitioner che vedono intorno a sé – nella propria cooperativa, in cooperative vicine - tali criticità verificarsi in un numero significativo di casi; questi osservatori non percepiscono – o, comunque, hanno minore interesse a percepire – il fatto che, grazie ai valori espressi da un numero limitato di cooperative, l’aggregato risulta positivo e sono invece più sensibili alle difficoltà proprie e di un numero significativo di propri colleghi.
Nessuna della due narrazioni è di per sé errata, entrambe hanno implicazioni che è opportuno portare alla luce e rendere oggetto di analisi.
Ragionare per aggregati è, in ultima analisi, coerente con una visione secondo la quale è opportuno che le cose facciano il loro corso: fin tanto che gli aggregati crescono, ogni riequilibrio interno all’universo è indifferente e, anzi, è bene che il mercato faccia il suo gioco: che i soggetti meno competitivi vengano meno a favore di quelli che sono effettivamente in condizioni di continuare a sviluppare l’azione della cooperazione sociale. Semmai, si tratta di assecondare e favorire i processi in corso.
Ragionare disaggregando e portando così alla luce le articolazioni della cooperazione sociale è coerente con una visione in cui comprendere le dinamiche interne può essere rilevante per più motivi: sia perché si ritiene che le parti fragili della cooperazione sociale siano portatrici di un valore sociale che non va perduto e che quindi non sia condivisibile una strategia che lascia parti di cooperazione sociale al proprio destino, sia perché si può ritenere che, malgrado gli aggregati crescano, una concentrazione della cooperazione sociale su poche unità rappresenti un indebolimento di fondo del fenomeno nel suo complesso e che comunque la presenza di un numero significativo di unità che manifestano criticità più o meno grandi sia indicatore di problematicità che necessitano di essere affrontate.
Di qui in avanti il confronto è aperto.
DOI: 10.7425/IS.2024.03.02
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