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Numero 4 / 2024

Saggi

La valutazione d'impatto sociale nella co-progettazione. Uno studio preliminare sulle esperienze avviate in Friuli Venezia Giulia

Paolo Tomasin


Introduzione[1]

Parafrasando un noto incipit, potremmo affermare che uno spettro si aggira per l’Italia: lo spettro della Valutazione d’Impatto Sociale (VIS). La sua diffusione lambisce ormai qualsiasi settore e attività, investendo qualsiasi attore, pubblico e privato. Con la pubblicazione delle “Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore”, adottate con il Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n°72/2021, la VIS ha fatto capolino anche nei procedimenti di co-progettazione. Questa emergente fattispecie di procedimento amministrativo conclude formalmente il suo iter con la sottoscrizione, tra i partner, di una convenzione che definisce e regola gli elementi salienti della realizzazione degli impegni reciproci, tra i quali è prevista la VIS, e rinvia i dettagli operativi ad un allegato progetto esecutivo.

A fronte di un ampio e articolato dibattito giuridico e giurisprudenziale sulla co-progettazione non fa riscontro, per ora, un simile interesse sulle pratiche attuative di questo procedimento amministrativo (Vesan et al. 2023). Ancora poche sono le ricerche empiriche che si avventurano a rilevare la sua messa in pratica, intesa sia come produzione di atti (frutto di un iter non senza margini di ambiguità) che come realizzazione concreta di attività esecutive (Borzaga-Fazzi- Rosignoli, 2024; Boschetti, 2024; Euricse, 2023c; Maino, 2023; Vesan et al., 2023). In assenza di una completa e quanto mai necessaria rilevazione, a livello nazionale, degli atti di co-progettazione e della loro concreta attuazione, l’articolo riporta i risultati preliminari di una ricognizione condotta sulle esperienze di co-progettazione realizzate in Friuli Venezia Giulia, focalizzandosi sull’adozione della VIS a partire dal suo inserimento nelle convenzioni[2]. Così facendo si intende contribuire all’analisi della diffusione delle pratiche di co-progettazione (Marocchi, 2022), parte di quell’”effetto di sistema” dell’art. 55 del Codice del Terzo Settore (CTS) che risulta ancora poco esplorato dal punto di vista empirico (Vesan et al., 2023). Base empirica che appare quanto mai indispensabile anche per fornire elementi al dibattito apertosi sulle critiche all’implementazione della riforma del Terzo settore (Polizzi, 2023). 

Oltre ad offrire una descrizione di come la VIS si sta diffondendo in pratica (benché in un ambito circoscritto come quello definito dal procedimento della co-progettazione), i risultati emersi intendono, da un lato, contribuire ad un più ampio dibattito sulla “misurabilità” degli effetti dei servizi di welfare e, dall'altro, fornire qualche spunto di riflessione ad un’area di ricerca che ancora fatica ad emergere: quanto il procedimento dell'amministrazione condivisa consegue un miglioramento nell'implementazione delle politiche pubbliche rispetto al procedimento competitivo delle gare d'appalto?

Nel primo paragrafo si illustra brevemente il collegamento esistente tra la VIS e la co-progettazione; nel secondo si riporta una sintesi del dibattito in corso e delle prime evidenze empiriche che emergono sull’argomento qui affrontato. Le domande di ricerca che ci siamo posti sono inserite nel terzo paragrafo al quale fa seguito la descrizione della costruzione del dataset che ha permesso l’analisi documentale. I risultati emersi occupano il quinto paragrafo, mentre nel sesto e ultimo si enucleano alcune prime e parziali acquisizioni.   

La co-progettazione e la valutazione d’impatto sociale

Come definito dall’art. 55 del CTS[3], la co-progettazione è un procedimento amministrativo finalizzato alla definizione, ed eventualmente alla realizzazione, di specifici progetti di servizi e interventi volti a soddisfare bisogni definiti alla luce degli strumenti di coprogrammazione.

Trattasi di una modalità oggi a disposizione dell’amministrazione pubblica, alternativa al modello competitivo della gara d’appalto[4], per realizzare azioni progettali in collaborazione con gli Enti del Terzo Settore (ETS). Il rapporto che si instaura non si basa sulla corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata (rapporto sinallagmatico), ma sulla convergenza di obiettivi e sull’aggregazione di risorse pubbliche e private, per la realizzazione congiunta di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico (Sentenza della CC 131/2020).

Dal punto di vista operativo, la co-progettazione (assieme alla co-programmazione e alle altre modalità di collaborazione istituite con il CTS ma già previste dall’art.118 della Costituzione) è stata chiaramente delineata dalle “Linee guida sui rapporti collaborativi tra P.A. ed Enti del Terzo Settore di cui agli articoli 55 e seguenti del Decreto Legislativo n°117/2017 (CODICE DEL TERZO SETTORE)” pubblicate con Decreto Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n°72 del 31 marzo 2021. Essa prevede uno sviluppo nelle seguenti fasi: 1) Avvio del procedimento con atto del dirigente della PA, anche su iniziativa degli ETS e a seguito dell’attività di co-programmazione; 2) pubblicazione dell’avviso e dei relativi allegati per raccogliere le manifestazioni di interesse da parte degli ETS; 3) svolgimento delle sessioni di co-progettazione, attraverso dei tavoli di lavoro congiunti tra l’ente procedente (EP) e gli ETS selezionati; 4) conclusione della procedura ad evidenza pubblica con la predisposizione di un progetto esecutivo; 5) sottoscrizione della convenzione da parte dei soggetti partner.

Ebbene, le Linee Guida elencano tra i vari contenuti minimi da inserire nella convenzione anche la valutazione d’impatto sociale. Si sottolinea come la disciplina della VIS viene mantenuta distinta, come argomento separato e per niente sovrapponibile, dalla rendicontazione delle spese.

La VIS, facendo tesoro di un diffuso e crescente interesse[5], è stato un altro tema inserito nella riforma del Terzo settore che ha trovato una descrizione metodologica ed operativa nel Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 23 luglio 2019 recanti le “Linee guida per la redazione di sistemi di valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte dagli enti del Terzo settore”. Indirizzate soprattutto agli ETS, le indicazioni ivi contenute sono rivolte anche alla Pubblica Amministrazione nella sua attività di affidamento di servizi e quindi, per estensione, pure ai rapporti di collaborazione. Il suo impiego è previsto in modo progressivo rispetto alla durata, ampiezza territoriale e entità economica del procedimento[6].

La definizione di VIS inserita nella legge delega n°106/2016 è la seguente: «valutazione qualitativa e quantitativa, sul breve, medio e lungo periodo, degli effetti delle attività svolte sulla comunità di riferimento rispetto all’obiettivo individuato». Come si può facilmente dedurre, la VIS sposta l’attenzione della valutazione dagli output agli effetti (outcome) e ai cambiamenti generati sui beneficiari e sulla comunità. Questo slittamento di focus sulla catena del valore di un intervento (Zamagni et al., 2019) ha dischiuso un proliferare di approcci metodologici e strumenti applicativi della VIS (Biancone P., Secinaro S. 2020; Perrini F., Vurro C., 2021).

Infine, come ci ricorda il rapporto di Terzjus (Boscehtti, 2024), la VIS è stata pure inserita in alcune leggi regionali sull’amministrazione condivisa (Lr 2/2023 dell’Umbria e Lr 3/2023 dell’Emilia-Romagna).

Lo stato delle conoscenze sul tema

Negli ultimi anni, soprattutto dopo la sentenza della Corte costituzionale n°131 del 2020, le esperienze di amministrazione condivisa – in particolare i procedimenti di co-progettazione - si stanno intensificando (Scalvini, 2020). Sembrano aver contribuito a tale diffusione anche le indicazioni date per la realizzazione degli interventi progettuali del PNRR e del Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023 (Scialdone, 2023). Vi è però piena consapevolezza che la diffusione del procedimento stia avvenendo in modo graduale e non omogeneo sul territorio nazionale (Gallo, 2022) e la prima rilevazione basata su un ampio dataset di procedimenti analizzati ne dà perfettamente conto (Vesan et al., 2023)[7].

Da una preliminare rassegna della letteratura si rileva che l'argomento VIS nell'ambito della co-progettazione vanta ancora un numero limitato di studi empirici[8]. Una recente indagine svolta da Euricse su una ventina di esperienze di co-progettazione (Euricse, 2023) rileva che “nelle convenzioni stipulate con le pubbliche amministrazioni, la valutazione d'impatto non è presente se non in un caso in cui è prevista perché una parte del finanziamento per i progetti è integrato da risorse provenienti da un bando di una fondazione che richiede di formulare una valutazione di impatto come requisito per l'accesso alle risorse”. Inoltre, nello stesso report si afferma più in generale che “gli accordi che contengono indicazioni relative alla valutazione dei servizi e dei progetti sono una minoranza” (Euricse, 2023: 33). Elemento che viene confermato anche dall’analisi di 12 casi di co-progettazione riportati da Terzjus che, pur rilevando come alcune amministrazioni pubbliche si avvalgano della VIS come criteri di selezione dei partner, così sintetizza: “Nonostante l’impulso dato dalle legislazioni regionali, le esperienze osservate dimostrano un ritardo significativo nello sviluppo e uso di tecniche di valutazione d’impatto” (Boschetti, 2024). Quando sono presenti riferimenti valutativi, “gli obiettivi sono definiti soprattutto in termini di controllo, di verifica dei servizi da erogare, dei compiti da svolgere (...) con poca differenza rispetto all’approccio di un tipico affidamento di servizio attraverso l’appalto (Euricse, 2023: 33). Oppure, come afferma Nanni che invece si addentra in ben 15 manifestazioni di interesse che prevedono la VIS, “si limitano a definire la VIS senza utilizzare modalità funzionali ad un’efficace implementazione” (Nanni, 2024).

Questa limitata, incompleta e, in parte pure distorta, diffusione della VIS nella co-progettazione viene addebitata dai ricercatori principalmente ad una difficoltà nell'individuazione delle corrette metriche per valutare l'impatto sociale di molti servizi, mentre più in generale nei servizi pubblici - siano essi l'esito di un procedimento di co-progettazione o di una gara d'appalto - il focus valutativo, quando presente, rimane sugli interventi (processi e output) e non sui risultati finali e sul cambiamento generato nella comunità.

A fronte di tali limiti, si registrano anche elevate aspettative come quelle qui espresse:

infine, un ruolo decisivo dovrà essere svolto dall’applicazione dello strumento della VIS. Applicare correttamente la disciplina della VIS significa costruire su basi e logiche nuove le scelte degli enti pubblici; gli obiettivi di lunga durata – auspicabilmente da raggiungere – diventano in prima battuta indicatori da scegliere e deliberare, per poi passare alla valutazione ed eventuale misurazione dell’impatto generato dalle attività di interesse generale. La condivisione degli obiettivi “comuni”, intesi come comunanza di scopo fra enti pubblici ed ETS, eleva la stessa azione degli enti pubblici dalla sfera della doverosità (dover raggiungere un risultato per adempiere ad una norma) o della mera discrezionalità (politica) a quella, ben diversa, della “intenzionalità”. L’indicatore di cambiamento diventa forma e sostanza di un cambiamento “voluto” e, conseguentemente, la VIS conduce l’azione degli enti pubblici dallo spazio degli output, pur apprezzabile, a quello degli “outcome”, inteso come spazio del cambia mento durevole generato nei confronti della comunità [Gallo. 2022:147-148].

Altri studiosi hanno iniziato a chiedersi se la valutazione dell’amministrazione condivisa abbia in sé delle specificità (Marocchi, 2023b), se “nell’era della co-programmazione e della co-progettazione cambi qualcosa per la valutazione dei progetti” e la proposta più coerente appare quella di un nuovo paradigma fondato sulla co-valutazione che, in primis, si propone di superare la netta separazione fra i tre attori chiave del processo valutativo: committente, valutatore, valutato (De Ambrogio, Guidetti, 2023)[9].

La VIS applicata alla co-progettazione riceve anche delle critiche, in quanto si ritiene preferibile dare priorità ad una valutazione di processo (Marocchi, 2023b).

Domande di ricerca

A partire dalla limitata conoscenza acquisita sull’argomento, l’analisi empirica qui condotta è stata guidata essenzialmente da due composite domande di ricerca:

  • le convenzioni di co-progettazione[10] adottano qualche forma di valutazione? E se sì, impiegano, come indicato nelle linee guida, anche la VIS? E con quale gradualità? In altre parole: si evince un’adozione della VIS proporzionale alla dimensione economica delle iniziative co-progettate?
  • Come viene impiegata la VIS nella co-progettazione? Con quali approcci metodologici? Chi sono gli attori protagonisti della valutazione, ovvero: chi effettua la valutazione? Sono attori interni al partenariato, esperti esterni o entrambi? Su quali oggetti da valutare (evaluando) si concentrano le prassi valutative?

Risulta evidente che alla seconda domanda, quanto previsto nella convenzione sottoscritta e nel progetto esecutivo allegato può essere solo parzialmente d’aiuto. Conoscere come si realizza de facto l’impiego della VIS nella co-progettazione richiederebbe pure l’analisi dei report valutativi. In questo articolo si inizia pertanto a rispondere alla domanda a partire da quanto formalmente sottoscritto a chiusura dei tavoli di co-progettazione, benché si riporti una prima incursione nei passi successivi di alcune esperienze che però comporterebbe porsi contemporaneamente una terza domanda: quanto l’attività di VIS, effettivamente realizzata, si discosta da quanto sottoscritto nei documenti iniziali[11]?

La costruzione del dataset di analisi

In assenza di fonti ufficiali e di repertori nazionali o regionali, in attesa dell’avvio delle attività dell’Osservatorio Nazionale sull’Amministrazione condivisa (istituito con il DM 169/2022), per la costruzione del dataset su cui si è fondata l’analisi si è fatto ricorso ad un database di procedimenti di co-progettazioni elaborato da Legacoop sociali del FVG, che è stato aggiornato e integrato con la conoscenza diretta di altri percorsi e con una ricognizione non sistematica sul web, ossia visitando i siti internet degli enti procedenti e la piattaforma e-appalti FVG[12].

La fonte documentale principale su cui si è proceduto all’analisi è data dalle convenzioni[13] sottoscritte, a seguito del procedimento di co-progettazione, tra pubbliche amministrazioni procedenti aventi sede in FVG e gli enti partner, a partire da aprile 2021 (data di pubblicazione delle linee guida ministeriali) e fino a marzo/aprile 2024.

Non sempre è stato possibile disporre delle convenzioni sottoscritte dai partner e dei progetti esecutivi[14], talvolta ci si è avvalsi degli schemi di convenzione allegati all’avviso, così come dei progetti di massima[15].

L’arco temporale scelto per la costruzione del dataset è stato dettato dal voler considerare solo i procedimenti di co-progettazione successivi alla data di pubblicazione delle Linee Guida che prevedono l’inserimento della VIS nella convenzione. Ciò ha significato trascurare numerosi processi avviati precedentemente a quella data. In particolare, altri studi empirici hanno confermato che le co-progettazioni hanno registrato una progressione a partire dal 2021, quindi dopo la Sentenza n° 130/2020 della Corte costituzionale e la pubblicazione del DM 72/2021 (Vesan et al, 2023). Nondimeno ad oggi rappresentano sicuramente una piccola parte di fronte ai numerosissimi procedimenti di gara d’appalto[16].

La costruzione del dataset ha così rappresentato la prima e piuttosto laboriosa fase della rilevazione (svolta tutta in modalità desk). A questa ha fatto seguito l’individuazione della presenza della VIS nell’articolato della convenzione (o del progetto) e la successiva analisi dei contenuti. Il lavoro ricognitivo si è concluso con l’avvio di alcuni studi di caso volti ad approfondire l’applicazione concreta della VIS lungo l’attuazione e la conclusione delle co-progettazioni.

I risultati dell’’indagine – che ha natura meramente documentale - si espongono con la consapevolezza di essere elementi preliminari utili ad un successivo e più approfondito studio di campo.

Risultati dell’analisi

Durante il periodo considerato sono stati rilevati 47 procedimenti di co-progettazione che compongono quindi il dataset di partenza della presente analisi. Gli avvisi delle manifestazioni di interesse sono stati pubblicati nelle quattro annualità considerate secondo una distribuzione che vede nel 2023 l’anno con il maggior numero di procedimenti avviati (19).   

Gli enti pubblici procedenti sono 18 ed includono 10 Comuni (in alcuni casi in qualità di enti capofila dell’Ambito territoriale sociale), 3 Aziende Sanitarie[17], 2 Consorzi, l’Azienda regionale di coordinamento per la Salute[18], l’Amministrazione regionale, l’Ufficio Distrettuale di Esecuzione Penale Esterna di Trieste e Gorizia. Alcuni enti sono titolari di più procedimenti che, se predisposti dagli stessi uffici, finiscono per assumere caratteri molto simili.

Tre procedimenti sono finanziati da fondi messi a disposizione del PNRR, mentre gli oggetti della co-progettazione spaziano da interventi socioassistenziali a sociosanitari, dall’abitare alle politiche giovanili.

Per quanto concerne la dimensione economica, si registra una varietà notevole dell’ammontare di risorse dedicato: se i procedimenti mettono a disposizione mediamente 1,7 milioni di euro, si passa da avvisi che non definiscono chiaramente il valore delle risorse finanziarie disponibili (avvisi a “importo zero”) a quattro che superano i 4mln di euro[19].

Come già rilevato, purtroppo solo una parte degli avvisi è corredata anche degli atti successivi che attestano l’avvenuto processo (convenzione sottoscritta e progetto esecutivo); pertanto la base empirica per l’analisi della VIS si è ristretta a 31 procedimenti. 

I documenti hanno permesso di rilevare che, su 31 casi considerati, la VIS è stata esplicitamente inserita in 11 percorsi di co-progettazione[20], ovvero poco più di un terzo del totale. I restanti processi fanno riferimento a valutazioni di solito generiche (12 casi), mentre in 8 casi non compare nemmeno la parola valutazione, ma solo attività di monitoraggio (Fig. 1), di solito accompagnato da verifica, controllo e più spesso da rendicontazione (alcuni articoli della convenzione si intitolano proprio: Monitoraggio e rendicontazione).

Gli 11 procedimenti che prevedono la VIS dispongono cadauno mediamente di 368mila euro di risorse finanziarie, quindi molto meno della media complessiva dei procedimenti analizzati (quasi 2mila euro) e rilevati dal dataset completo (ca. 1.700 euro, Fig. 2). Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, si rileva così che non sono i procedimenti di co-progettazione più consistenti dal punto di vista economico quelli che si dotano della VIS. La sua introduzione nella convenzione sembra essere quindi connessa a motivazioni non strettamente correlate all’ammontare finanziario.

I percorsi con VIS afferiscono a 7 enti procedenti diversi in quanto un ente usa più o meno la stessa formulazione della VIS in ben tre co-progettazioni diverse ed un altro in due. Appare evidente da questi due casi che, una volta accolta con favore dall’ufficio (o dal singolo funzionario) deputato al procedimento, la modalità venga poi reiterata per tutti gli atti successivi.

 

Fig. n°1: VIS nei procedimenti rilevati

Fig. n°2: valore economico dei procedimenti di co-progettazione

In due sole convenzioni sottoscritte la VIS appare come titolo di uno degli articoli, come da DM 72/21. Nelle restanti l’articolo che contiene la VIS viene denominato “risultati attesi” (2 casi), “raccolta dati” (1 caso), “modalità di erogazione – obbligo di rendicontazione periodica e di rendicontazione finale” (2 casi), “modalità e tempistiche di erogazione delle somme per la realizzazione degli interventi” (1 caso).

Si tratta di una spia linguistica per nulla banale: assegnare un articolo specifico della convenzione alla VIS, rendendola autonoma dalla rendicontazione e dalle restanti attività di verifica, controllo e monitoraggio, rivela indubbiamente una maggior consapevolezza della specifica pratica valutativa in oggetto (oltre che il rispetto delle Linee Guida). Per contro, inserire la VIS, come viene diffusamente fatto per la valutazione in generale, quale sotto-attività della rendicontazione o del monitoraggio restituisce il perdurare di una pratica amministrativa che conserva disinteresse e limitata conoscenza della materia.

Addentrandoci nell’analisi, sembra opportuno riportare alcuni estratti del testo dell’articolato della convenzione:

L’Azienda Sanitaria coprogettante: 1) deve (…) effettuare una valutazione d’impatto in merito ai risultati raggiunti dall’Associazione di volontariato” [casi 37 e 39]

(…) il soggetto partner è responsabile della conduzione delle attività di valutazione d’impatto sociale, relativamente agli esiti del percorso [caso 28]

Ebbene in questi tre casi la VIS sembra snaturarsi configurandosi come attività di mero controllo dell’ente procedente sul partner del Terzo settore, controllo che può configurarsi pure, come nel caso 28, “delega” all’ETS attribuendogli tutta la responsabilità operativa. Comunque, la questione fondamentale non cambia, non si tratta di co-valutazioni in cui i partner ETS e EP condividono una lettura di quanto si sta facendo. Solo in poche convenzioni si esplicita che la VIS è frutto di un lavoro condiviso tra tutti i soggetti partner (pubblici e privati):

L’ente procedente e gli enti attuatori partner realizzeranno, sulla base di un disegno preventivamente e congiuntamente definito, una valutazione d’impatto sociale (…) [caso 3]

Le parti concordano di istituire un tavolo di co-gestione, attivato per tutta la durata delle attività, con funzioni di valutazione partecipata del percorso e degli esiti delle azioni (...) [caso 5]

Nei casi analizzati vi sono solo due riferimenti all’affidamento della VIS ad esperti esterni, ma è anche probabile che questa possa essere una decisione che si assume successivamente alla stesura della convenzione e del progetto esecutivo. D’altra parte, nelle esperienze di co-progettazione si riscontra anche la fattispecie di imporre al soggetto partner la responsabilità di avvalersi di esperti[21]. In ogni caso, appare che il ricorso ad esperti esterni sia di solito deciso e attuato dal solo ente procedente, modalità che rischia di legittimare il ruolo asimmetrico dei partecipanti alla co-progettazione, assegnando all’amministrazione pubblica il controllo sull’attività degli enti partner.

Proseguendo, non sempre nell’articolato viene chiarito l’oggetto da valutare (l’evaluando) facendo sorgere il dubbio che l’interesse prevalente sia ancora ancorato all’output e non all’outcome (agli esiti, agli effetti) e al cambiamento generato nella comunità (come invece richiederebbero le Linee Guida ministeriali sulla VIS). Così pure è difficile recuperare informazioni sul valore economico della VIS, a differenza invece di azioni di rendicontazione e monitoraggio talvolta quantificate e riconosciute nel loro ammontare.

Infine, solo in un caso, poi reiterato dal medesimo ente procedente, c’è in convenzione un riferimento metodologico alla VIS:

La valutazione d’impatto sociale sarà condotta seguendo le “Linee Guida per la redazione di sistemi di valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte dagli Enti del Terzo settore (Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 27/07/2019) (…) e adottando l’approccio metodologico della teoria del cambiamento. [Caso 3].

Quanto previsto nella convenzione richiede poi di essere approfondito nell’analisi delle pratiche e dei prodotti della valutazione, compito che qui viene solo anticipato su quattro percorsi (quelli che nei documenti apparivano con un certo grado di robustezza) rinviando l’approfondimento ad un proseguimento dello studio. Nei quattro percorsi di co-progettazione selezionati, due risultavano conclusi[22], un terzo aveva appena avviato il percorso di VIS[23], mentre il quarto, pur avendo iniziato l’esecuzione delle attività, si trovava ancora in fase di impostazione del disegno valutativo. Le evidenze raccolte fanno quindi riferimento in generale ai quattro casi pur non essendo comuni a tutti e quattro.

Un primo aspetto riguarda il chi valuta. Le esperienze analizzate indicano, in un caso ben augurale, un possibile intreccio tra il ricorso, anche limitato, a valutatori esterni (professionisti esperti) e la valorizzazione di conoscenze e competenze possedute dal personale sia dell’ente procedente sia dei partner, stemperando quindi anche le nette divisioni di ruolo tra i diversi attori coinvolti.  

Accanto a questo intreccio ne emerge anche un altro, quello tra attività valutativa e attività di coordinamento dell’esecuzione progettuale. Con tutti i connessi rischi di perdita di neutralità, la VIS viene impiegata come azione di affiancamento e supporto all’azione (per esempio con la partecipazione ai tavoli di co-gestione) e non solo come intervento parallelo di raccolta dati e poi di analisi.

Un terzo aspetto riguarda le metodologie di VIS impiegate: i pochi riferimenti contenuti nei progetti lasciano trasparire approcci misti e talvolta autoreferenziali, a fronte di un fiorire di metodi disponibili (Biancone P., Secinaro S. 2020; Perrini F., Vurro C., 2021).

Un ulteriore aspetto riguarda i prodotti generati dalla VIS. Sembra importante partire da un documento di baseline in grado di raccogliere lo stato di avvio del progetto (se il progetto è in continuità con il passato si rivela necessario recuperare i risultati consolidati nel tempo); ciò rappresenta l’unico modo per poter misurare gli effetti generati dal progetto. Inoltre, non è chiaro se, quando e come finanziarie eventuali valutazioni ex post, a distanza dalla conclusione delle attività progettuali. Strettamente connesso al tema dei prodotti, appare poi quello di dare diffusione dei risultati valutativi in forme non solo per addetti ai lavori, ma destinati alla cittadinanza.

Infine, emerge anche un obiettivo più ampio, dal momento che oggi si presenta l’alternativa se adottare un procedimento di affidamento competitivo (la gara d’appalto) o un procedimento collaborativo: valutare, su una comune batteria di indicatori, quale dei due procedimenti produce i migliori risultati, comparando effetti di processo e di esito. Obiettivo che non appare certo scevro da difficoltà metodologiche, tra cui quella di disporre della condizione di ceteris paribus che permette il corretto confronto tra i due procedimenti. La tentazione che si intravvede è quella di fermarsi all’impiego dello SROI (Social Return On Investments) o di limitate batterie di indicatori di esito, senza curare quelli di processo forieri di impatto. In due esperienze esaminate, chiaramente emerge l’importanza di valutare le reti di partenariato quali infrastrutture funzionali non solo alla realizzazione del progetto in partenariato, ma anche di altre attività più o meno connesse, creando maggior capitale relazionale e coesione sociale nella comunità.

Concludendo: alcune prime lezioni apprese

I risultati sopra riportati – frutto di una rilevazione documentale indubbiamente limitata sia geograficamente che temporalmente - ritraggono pratiche embrionali di VIS nella co-progettazione sulle quali è rischioso trarre considerazioni generali. Nondimeno sono da intendersi come un primissimo affondo su aspetti che un futuro programma di ricerca sugli impatti delle co-progettazioni, più ampio e approfondito, potrà meglio circoscrivere e misurare.  

Nonostante alcune difficoltà incontrate nell’acquisizione di tutta la documentazione durante il lavoro di campo, di cui si è già fatto cenno, l’analisi effettuata, da un lato, pare confermare aspetti già noti (anche se ancora poco suffragati da solide basi empiriche) e, dall’altro, fa emergere alcune prime evidenze.

Rispondendo alla prima domanda di ricerca, si conferma innanzitutto la limitata attenzione prestata nei procedimenti pubblici - in particolare nei settori sociali e socioassistenziali - alla valutazione dei risultati progettuali. L’attenzione prevalente rimane ancora rivolta alla rendicontazione del contributo (quindi all’input) e al monitoraggio degli impegni presi (quindi al massimo ci si occupa di output), sovente scambiato per valutazione, dimostrando non solo poca dimestichezza nell’impego corretto della terminologia, ma di non cogliere la centralità assunta dai processi valutativi nell’attività progettuale così bene invece evidenziati dalla normativa e dallo zeitgeist.

Quando si esplicita la valutazione (ma vale anche per la rendicontazione e il monitoraggio), l’ente procedente si pone ancora troppo frequentemente nell’ottica del committente che controlla, verifica quello che fa l’ETS, non assumendo quindi un ruolo paritetico e dunque riproducendo i comportamenti asimmetrici tipici dei procedimenti di gara. Questo ci aiuta a capire quanto la neonata riflessione sulla co-valutazione (De Ambrogio, Guidetti, 2023) sia piuttosto lontana dalle pratiche in corso, benché si abbia avuto modo di rilevare un inizio di superamento dei tradizionali ruoli valutativi e l’avvio di relazioni di corresponsabilità.

La VIS, grazie anche al riferimento contenuto nelle Linee Guida, comincia però ad essere inserita anche nei procedimenti di co-progettazione, pur nei limiti rilevati anche dalle prime indagini empiriche (Euricse, 2023; Boschetti, 2024; Nanni 2024). L’impiego non sembra però distribuirsi secondo un modello che le linee guida sulla VIS auspicano: una progressività graduata in base anche all’entità economica delle iniziative co-progettate, ma seguendo altre vie: indicazioni di consulenti, copy and paste amministrativo, disponibilità di risorse aggiuntive dell’ente procedente talvolta derivanti da fondi di finanziamento che lo richiedono (PNRR, ecc.), e altri aspetti che sarebbe interessante approfondire.

 

Passando alla seconda domanda di ricerca, si riscontra che il diffondersi quantitativo della VIS non sembra sempre accompagnarsi al propagarsi di una profonda conoscenza dello strumento: i contenuti degli articolati faticano a identificare lo sviluppo di un disegno di VIS chiaro, metodologicamente fondato, con chiarezza dell’evaluando, dominio degli strumenti applicativi e imperniato sul coinvolgimento paritetico di tutti i partner (pubblici e terzo settore).

Le poche pratiche di VIS in corso stanno incontrando difficoltà consolidate e specifiche della co-progettazione: innanzitutto i limiti di come è stato costruito collettivamente il progetto (spesso realizzato senza una strumentazione, quale ad esempio il quadro logico, in grado di definire chiaramente obiettivi, azioni, prodotti, risultati attesi); le resistenze culturali alla “misurabilità” degli effetti degli interventi sociali; la disponibilità di dati pregressi per conoscere la baseline; le difficoltà tecnico-metodologiche di effettuare comparazioni con i procedimenti di gara; la quantificazione dei costi delle attività valutative; ecc.

Accanto alle difficoltà, di per sé occasioni anche per esplorazioni inedite, emerge l’interesse a valutare innanzitutto il processo, nello specifico il rafforzamento delle reti partenariali che poi si riverbera anche in interventi esterni alla specifica co-progettazione, generando effetti diffusi nella comunità di riferimento. Nessuno sembra si sia ancora avventurato nella “probatio diabolica”, come definita da Marocchi, nel voler dimostrare la maggior efficacia (oltre che efficienza) dell’amministrazione condivisa rispetto alla competizione della gara d’appalto (Marocchi, 2023b).   

Concludendo, appare importante incrementare le occasioni di analisi dell’agire amministrativo riferito al modo in cui vengono strutturati i procedimenti di co-progettazione. La definizione di ogni iter procedimentale è infatti rimessa all’autonomia di ciascuna amministrazione pubblica, che determina così esiti differenziati, ma che dischiude pure diverse opportunità di “apprendimento procedimentale” (Sciotto, 2024) in cui la co-progettazione rappresenta uno spazio di apprendimento continuo volto a favorire l’adattamento delle decisioni amministrative alla complessità sociale. Dinanzi a tale eterogeneità occorre forse interrogarsi – come proposto da Sciotto - in che modo generalizzare e stabilizzare quanto appreso nei confini dei procedimenti di co-progettazione. La VIS potrebbe svolgere un ruolo significativo nell’identificazione delle aree di apprendimento generate dalla e nella co-progettazione, sia per un aggiornamento delle attuali Linee guida dei procedimenti amministrativi sui rapporti collaborativi, sia per un miglioramento degli interventi e dei servizi che compongono il sistema di welfare.

DOI: 10.7425/IS.2024.03.10

 

Riferimenti normativi

Decreto Legislativo n°117/2017 (Codice del Terzo Settore)

Decreto Legislativo n°36/2023 (Codice dei Contratti Pubblici)

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, DECRETO MINISTERIALE 23 luglio 2019, “Linee guida per la realizzazione di sistemi di valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte dagli Enti del Terzo Settore”

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, DECRETO MINISTERIALE n°72/2021, “Linee guida sui rapporti collaborativi tra Pubblica Amministrazione ed Enti del Terzo Settore negli artt. 55-57 del D.Lgs. n°117/2017”

ANAC, Linee guida n°17, deliberazione 382 del 27 luglio 2022, Indicazioni in materia di affidamenti di servizi sociali.

 

Riferimenti bibliografici

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[1] Una prima versione di questo articolo è stata presentata alla Sessione “La valutazione di impatto delle politiche pubbliche” della XVII Conferenza ESPAnet Italia, svoltasi a Napoli dal 4 al 6 settembre 2024. Si ringraziano: Paolo Felice di Legacoopsociali FVG per la messa a disposizione del proprio database sulle co-progettazioni; i funzionari degli enti procedenti che hanno contribuito ad integrare il database fornito da Legacoopsociali con l’invio di ulteriori atti; Elisabetta Sciotto, Cecilia Guidetti, Eliano Fregonese, Giorgia Nanni, Luca Fazzi e Gianfranco Marocchi per i consigli ricevuti sul paper.  

[2] Una rilevazione similare a quella qui presentata e è stata realizzata da Nanni nella sua tesi di Laurea magistrale, analizzando le modalità di inserimento della VIS in 15 avvisi di co-progettazione di diversa provenienza regionale (Nanni, 2024). 

[3] Si ricorda che forme di co-progettazione sono preesistenti al CTS. Nondimeno il CTS e i successivi atti normativi, inclusa la Sentenza della Corte costituzionale n°131/2020, hanno delineato e legittimato un procedimento amministrativo prima non codificato.

[4] Regolato dal Codice dei Contratti Pubblici, D.lgs. n°36/2023.

[5] Interesse che deborda dai confini del Terzo settore per abbracciare anche le società benefit, le imprese socialmente responsabili e le politiche pubbliche in genere.

[6]Le pubbliche amministrazioni, nell'ambito di procedure di affidamento di servizi di interesse generale, possono prevedere la realizzazione di sistemi di valutazione dell'impatto sociale da parte degli ETS che intrattengono rapporti con le medesime PP.AA, sì da consentire una valutazione dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni e delle attività svolte. All'interno di tali procedure, la valutazione di impatto è applicabile ad interventi ed azioni di media e lunga durata (almeno diciotto mesi) e di entità economica superiori ad euro 1.000.000,00, se sviluppati in ambito interregionale, nazionale o internazionale” (DM 23/07/2019).

[7] Gli autori analizzano un dataset di 1.748 procedimenti di amministrazione condivisa dal 2009 al 2022, ma poi si soffermano su 600 avvisi pubblicati nel 2022, di cui il 92% di co-progettazione. Tra il 2018 e il 2022, oltre il 45% degli avvisi proveniva da tre regioni: Lombardia, Toscana ed Emilia-Romagna.

[8] Anche le riflessioni sulle esperienze (Bellin, Rossetti, 2023; Grilli, Astorino, 2023; Grazzini, 2023; Santuari et al, 2021) di solito sfuggono ad una trattazione specifica sul tema. L’attenzione alla VIS invece è ben presente nella ricerca multidisciplinare pubblicata recentemente da Terzjus (Boschetti, 2024) ed era contemplata anche nella “griglia dell’intervista semi-strutturata su coprogettazione coprogrammazione” impiegata nella ricerca sulle pratiche di cui si dà conto nel Sesto rapporto del Secondo Welfare (Maino, 2023).

[9] Il filone della co-valutazione vanta già diversi studi, soprattutto in altri paesi europei come la co-évaluation in ambito pedagogico in Francia (S. Weger, 2017) e il Whitepaper sulla co-evaluation nella “citizen social science” (https://coactproject.eu/whitepaper-on-co-evaluation/).

[10] Per convenzioni di co-progettazione si intende anche il progetto esecutivo che, di solito, compare come suo allegato. Il progetto esecutivo descrive in maniera più puntuale le azioni progettuali, incluse quelle valutative se contemplate.

[11] Domanda alla quale risulta oggi difficile rispondere in quanto molti percorsi qui considerati sono tuttora in corso di realizzazione.

[12] La navigazione sulle pagine “amministrazione trasparente” degli enti procedenti ha riservato diverse sorprese che meriterebbero un focus apposito.

[13] In alcuni casi la convenzione è sostituita da un “Accordo Procedimentale”. Quasi sempre lo schema di convenzione viene pubblicato contestualmente all’avviso della manifestazione di interesse. La convenzione definitiva sottoscritta dai partner al termine del procedimento include come allegato anche il progetto esecutivo. Non si intende nascondere che le convenzioni (se intese come testo autonomo senza l’allegato progetto esecutivo) riservano alcuni limiti come fonte documentale, e in particolare: sono piuttosto sintetiche nell’articolato e di solito vengono copiate nelle parti ritenute poco specifiche o rilevanti. Il progetto esecutivo, quando recuperato, è stato considerato oggetto d’analisi in quanto parte integrante della convenzione che dettaglia obiettivi, azioni, modalità, tempistiche anche per quanto riguarda la valutazione. Risulta peraltro constatato che talvolta il progetto esecutivo includa la VIS quando nel testo della convenzione si fa riferimenti generici a valutazione, monitoraggio, verifica e controllo. 

[14] Si è appurato in più di qualche caso che le convenzioni sottoscritte con i relativi allegati (tra cui il progetto esecutivo) non sempre vengono caricate online, disattendendo la richiesta di trasparenza. 

[15] Si tratta di progetti preliminari allegati all’avviso della manifestazione di interesse per essere discussi e integrati durante i tavoli di co-progettazione.

[16] In Friuli Venezia Giulia, le stazioni appaltanti di natura pubblica sono alcune centinaia, mentre i contratti pubblici sono diverse migliaia all’anno (cfr. portale open data ANAC).

[17] L’ASU FC in alcuni procedimenti agisce in quanto delegata dai Servizi sociali dei Comuni.

[18] L’ARCS funge anche da centrale di committenza per le Aziende Sanitarie e per tale motivo è spesso responsabile anche della predisposizione degli atti del procedimento.

[19] Nella ricerca di Vesan e colleghi, il 56% degli avvisi riporta un importo inferiore ai 250mila euro (Vesan et al, 2023).

[20] In effetti più che di VIS la rilevazione ha verificato se era presente nel testo la parola “impatto” connessa ad un’attività valutativa, talvolta anche molto generica. Inoltre è bene precisare che la parola impatto compare in altre due convenzioni, ma si tratta di un riferimento alla DPIA - Data Protecion Impact Assessment (ovvero Valutazione d’impatto della protezione dei dati) che è una procedura prevista dall’articolo 35 del Regolamento UE/2016/679 (RGDP) e che riguarda appunto la specifica valutazione della protezione dei dati ma non gli effetti dell’intero progetto.

 

[21] A tal proposito si veda inoltre questa formulazione: “In accordo con quanto previsto dal progetto definito e approvato dal Tavolo di co-progettazione, il Soggetto Partner è responsabile della conduzione delle attività di valutazione d’impatto sociale, attraverso un esperto interno alla Raggruppamento Temporaneo di Impresa / Associazione Temporanea di Scopo o un consulente esterno appositamente incaricato. [Schema convenzione per la realizzazione in co-progettazione delle azioni previste dal progetto sperimentale di residenzialità per persone con disabilità (Azienda Speciale Consortile Consorzio Desio–Brianza)].

[22] Di questi due percorsi di co-progettazione ci si è potuti avvalere del “Report di valutazione sulle coprogettazioni di azioni innovative e sperimentali nelle aree della domiciliarità e dell’inclusione realizzate nell’ambito territoriale del Torre nel corso del 2022” di Marco Brunod (aprile 2023).

[23] La base empirica è qui fondata sulla partecipazione diretta dell’autore in quanto componente del team di valutazione del percorso.

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