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Numero 4 / 2020

Saggi brevi

Le convenzioni con il Terzo settore tra gratuità del rapporto e regime dei rimborsi
. Nota a Tar Toscana, 1 giugno 2020, n. 666

Simone Franca

I fatti

Con sentenza del 1 giugno 2020, n. 666, il Tar Toscana si è pronunciato in relazione alla portata applicativa dell’art. 56 del Codice del Terzo settore (d’ora in avanti, CTS).

Nella specie, una società che svolge attività di consulenza ha contestato la propria esclusione – impugnandola congiuntamente al relativo avviso pubblico – da una procedura comparativa finalizzata all’individuazione di organizzazioni di volontariato o associazioni di promozione sociale per l’organizzazione e gestione dei corsi comunali di lingua straniera per il biennio 2019-2021 nel Comune di Massa, ai fini della stipula di una convenzione ex art. 56 CTS. In particolare, fra le censure mosse nei confronti del Comune di Massa, la società ricorrente lamentava che l’avviso impugnato – in applicazione dell’art. 56 CTS – limitasse la partecipazione alla procedura selettiva alle sole organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale, escludendo altri eventuali competitors, in violazione del principio di concorrenza.

Il giudice di prime cure ha ravvisato la fondatezza della censura lamentata, sulla scorta di quanto disposto dall’art. 56 CTS, letto alla luce del parere del Consiglio di Stato n. 2052/2018. Più precisamente, il Tar Toscana ha considerato come l’art. 56 CTS, nella misura in cui individua come interlocutori privilegiati solo organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale, potrebbe apparire in contraddizione con quanto disposto dalle direttive eurounitarie in tema di contratti pubblici; tuttavia, il contrasto sarebbe evitato da un elemento, valorizzato anche dal succitato parere, ossia la gratuità delle prestazioni oggetto di convenzione ex art. 56 CTS.

In particolare, prosegue il Tar Toscana, richiamando il Consiglio di Stato, il concetto di gratuità non va inteso come assenza di corrispettivo, bensì come non economicità del rapporto posto a base della Convenzione. Nella specie, mancherebbe l’elemento della gratuità, in quanto, a dire della Corte, la quota prevalente dei docenti impegnati nei corsi di lingua offerti dalla organizzazione risultata affidataria avrebbe percepito un corrispettivo da parte del Comune, nella forma di rimborso delle spese vive.

La motivazione della pronuncia, invero piuttosto sintetica, si incentra, come visto, sul profilo del rimborso spese, letto alla luce del concetto di gratuità della prestazione oggetto della convenzione. Al fine di sondare, dunque, la correttezza dell’argomentazione svolta dal Tar Toscana si rende necessario chiarire la disciplina del rimborso spese evincibile dal CTS e, in seconda battuta, analizzare il concetto di gratuità, nonché la sua incidenza sul regime delle spese rimborsabili tanto alla luce del parere n. 2052/2018[1], quanto alla luce della giurisprudenza nazionale ed eurounitaria.

L’art. 56 CTS e il problema delle spese rimborsabili

Lo strumento della convenzione[2] disciplinato dall’art. 56 CTS – e, per quanto concerne i servizi di trasporto di emergenza e urgenza, dall’art. 57 CTS – costituisce un istituto già conosciuto e ampiamente impiegato nell’ambito dell’affidamento[3] e della gestione dei servizi sociali. La modalità di gestione dei servizi sociali tramite convenzione è stata infatti originariamente disciplinata nell’art. 7 della l. 266/1991, nell’art. 5 della l. 381/1991 e nell’art. 30 della l. 383/2000, rispettivamente per quanto concerne la gestione di servizi da parte di organizzazioni di volontariato (ODV), cooperative sociali e associazioni di promozione sociale (APS). Come correttamente rilevato, lo scopo di simili discipline a carattere settoriale è stato quello di assicurare un regime a carattere speciale – rispetto a quello che avrebbe richiesto la normativa in tema di contratti pubblici – in ragione del rilievo sociale dell’attività svolta dai vari enti del Terzo settore (d’ora in avanti, ETS)[4].

Nella nuova cornice rappresentata dal CTS[5], il duplice riferimento alle ODV e alle APS come soggetti protagonisti nella stipula delle convenzioni ai sensi dell’art. 56 CTS, da un lato, e la definizione dell’oggetto della convenzione come “attività e servizi sociali di interesse generale”, dall’altro lato, hanno poi una particolare rilevanza nella conformazione dell’istituto. Tali requisiti soggettivi e oggettivi, infatti, laddove letti alla luce delle definizioni di volontariato (art. 17 CTS)[6] e di attività di interesse generale (art. 5 CTS) – ma anche delle altre norme codificate, in particolare quelle contenute nei primi tre Titoli del CTS – paiono restituire all’interprete una visione più nitida della convenzione: in primo luogo, come strumento teso a rimarcare il ruolo di soggetti connotati da specifici requisiti previsti nel CTS; in secondo luogo, come istituto avente ad oggetto il compimento di attività e servizi di interesse generale, secondo una formulazione che richiama la nozione europea di servizio di interesse generale[7].

Un ulteriore elemento da tenere a mente si ricava dall’art. 56, co. 1 CTS, dove si afferma che il ricorso alle convenzioni è preferibile laddove esse siano sottoscritte a condizioni «più favorevoli rispetto al ricorso al mercato», con ciò determinando un regime di alternatività piena tra la convenzione e il regime dei contratti pubblici[8].

Dal riferimento alla necessaria valutazione delle condizioni più favorevoli rispetto al ricorso al mercato si ricava, dunque, la natura differenziata dei meccanismi che informano il Terzo settore, ma, a ben vedere, si potrebbe pure evincere un altro elemento, che è opportuno già rimarcare, ossia la possibile rilevanza economica del servizio sociale oggetto della convenzione: se infatti la norma pone a confronto il ricorso al mercato e la convenzione come strumenti di affidamento e gestione del servizio sociale, implicitamente ammette che possa sussistere un mercato potenziale per un determinato servizio e che ciò non impedisca il ricorso alla convenzione come strumento di affidamento e gestione del servizio[9]. Si consideri poi che anche la giurisprudenza eurounitaria ha riconosciuto, in linea con le Comunicazioni in materia di servizi di interesse economico generale (d’ora in avanti, SIEG)[10], che un SIEG è escluso dalla disciplina di mercato laddove sia regolato dal principio solidaristico[11].

Aldilà di questo dato inerente alla rilevanza economica del servizio, va evidenziato come pure dalla relazione accompagnatoria al CTS si evinca che la disciplina della convenzione è concepita in netta opposizione rispetto alla disciplina degli appalti di servizi: nel primo caso, la convenzione prevede una forma di sostegno finanziario alle attività poste in essere dall’ente convenzionato, consistente in una somma di denaro dalla pubblica amministrazione esclusivamente a titolo di rimborso di spese effettivamente sostenute e rendicontate. Nel secondo caso, il contratto ha per oggetto la prestazione di un servizio, a fronte del quale è previsto il pagamento di un corrispettivo. Con l’ulteriore differenza che la disciplina di riferimento è rinvenibile, nel primo caso, nell’art. 12 l. 241/90 e, nel secondo caso, nel codice dei contratti pubblici[12].

Dunque, il tratto distintivo tra le due figure, appalto di servizi e convenzione, riposerebbe nella diversa qualificazione della prestazione monetaria erogata dall’amministrazione in favore dell’operatore convenzionato, rispettivamente come corrispettivo o come rimborso delle spese sostenute[13]. Tanto è peraltro confermato dall’art. 56 CTS, il quale, al comma 2, prevede che possano essere rimborsate solo le spese «effettivamente sostenute e documentate», mentre, al comma 4, si specifica anche che le convenzioni devono disciplinare «i rapporti finanziari riguardanti le spese da ammettere a rimborso fra le quali devono figurare necessariamente gli oneri relativi alla copertura assicurativa […] nonché le modalità di rimborso delle spese, nel rispetto del principio dell’effettività delle stesse, con esclusione di qualsiasi attribuzione a titolo di maggiorazione, accantonamento, ricarico o simili, e con la limitazione del rimborso dei costi indiretti alla quota parte imputabile direttamente all’attività oggetto della convenzione».

Dall’esegesi dell’art. 56 CTS sin qui operata, come peraltro è stato già segnalato nella letteratura[14], non appare immediatamente ricavabile il riferimento alla nozione di gratuità della prestazione dedotta in convenzione, almeno qualora intesa come non economicità del servizio. A prescindere da tale nozione, che peraltro non pare essere dirimente per definire un ambito applicativo autonomo per la disciplina del Terzo settore, giusta la astratta possibilità di dedurre anche attività aventi natura economica in convenzione[15], la disciplina positiva offre solo indicazioni, anche piuttosto specifiche, rispetto al rimborso spese come l’inclusione degli oneri assicurativi e delle spese indirette solo se riferibili all’attività svolta. Per poter approfondire meglio la nozione di gratuità e le sue ripercussioni sulla disciplina del rimborso spese si rende necessario prendere in esame il già richiamato parere n. 2052/2018 del Consiglio di Stato, che a tali temi dedica particolare attenzione.

Gratuità e regime delle spese a rimborso nel parere del Consiglio di Stato n. 2052/2018

Al fine di inquadrare correttamente la posizione del Consiglio di Stato n. 2052/2018 in ordine al problema del rapporto tra gratuità e disciplina del rimborso spese è opportuno richiamarne brevemente struttura e contenuti.

Anzitutto, può essere utile distinguere fra una parte generale del parere – in cui si svolge una riflessione sulla nozione di gratuità – e una parte “speciale”, relativa alla disciplina dell’art. 56 CTS e, in particolare, alla disciplina delle spese rimborsabili.

Sul primo versante, va osservato che secondo il Consiglio di Stato la nozione di gratuità è strumentale a individuare l’ambito di applicazione della disciplina concernente il Terzo settore, distinguendola da quella in materia di contratti pubblici[16]. In questo senso, il Consiglio di Stato chiarisce che la disciplina in materia di contratti pubblici non trova applicazione solo a fronte dell’affidamento di prestazioni integralmente gratuite. Secondo il Consiglio di Stato, la gratuità assume due significati: in primo luogo, la produzione di un arricchimento mediante il lavoro del prestatore di servizi non remunerato dal profitto; in secondo luogo, «il sostenimento eventuale di costi senza rimborso né remunerazione, a puro scopo di solidarietà sociale»[17].

Benché la prima nozione appaia sostanzialmente condivisibile, non altrettanto parrebbe potersi dire per la seconda, almeno nella misura in cui sembrerebbe che il Consiglio di Stato assimili rimborsi e remunerazioni dei costi. Evidentemente, il Consiglio di Stato non afferma questo, ma per comprendere l’impostazione del supremo consesso amministrativo, occorre leggere tale affermazione alla luce della successiva analisi dei costi rimborsabili nell’ambito dell’art. 56 CTS.

In questo contesto, la commissione speciale rileva che solo la previsione di un rimborso spese “a pie’ di lista” consente di non mettere in discussione la gratuità della prestazione: in altri termini, solo un rimborso basato sulla analitica rendicontazione delle singole voci di spesa effettivamente sostenute consente di escludere la configurabilità dell’erogazione monetaria come remunerazione. Di contro, un rimborso spese a forfait viene escluso. La previsione di un rimborso forfettario, infatti, non garantisce la «sicura esclusione di ogni possibile ripianamento con risorse pubbliche del costo dei fattori produttivi utilizzati dall’ente e l’assenza di alcuna forma di incremento patrimoniale»[18]: in altri termini, non assicura l’assenza del carattere economico del servizio in questione.

Il parere, tuttavia, non si arresta a queste indicazioni, in parte condivisibili[19], ma procede ad una esegesi dell’art. 56 CTS che risulta piuttosto discutibile.

Su questo secondo versante, infatti, è dato registrare una maggiore problematicità nell’argomentazione del Consiglio di Stato. Il supremo consesso amministrativo ravvisa delle criticità in relazione all’art. 56, co. 4 CTS, per ciò che concerne la rimborsabilità degli oneri assicurativi e dei costi indiretti direttamente imputabili al servizio convenzionato. Secondo il Consiglio di Stato, in queste ipotesi, il rimborso costituirebbe una remunerazione e sarebbe pertanto indice di una onerosità del servizio.

Per di più, sempre il Consiglio di Stato, a fronte di eventuali contrasti della disciplina contenuta nel CTS con la disciplina del codice dei contratti pubblici invita i giudici e le amministrazioni a disapplicare le previsioni contrastanti contenute nel CTS (ivi incluso, evidentemente, l’art. 56 CTS), in ragione della primazia del diritto eurounitario.

Questo sviluppo dell’argomentazione del Consiglio di Stato solleva diverse perplessità.

Anzitutto, l’approccio del Consiglio di Stato appare fondato su una visione sostanzialmente monistica[20], che non rende conto della differenziazione tra l’ambito del Terzo settore e della solidarietà sociale, da un lato, e l’ambito dei contratti pubblici e della concorrenza, dall’altro lato: differenziazione che trova un sicuro ancoraggio nella Costituzione italiana[21] e che, come meglio si dirà infra, non pare debba essere nemmeno negata in base ad una interpretazione corretta del diritto eurounitario.

In secondo luogo, l’interpretazione del Consiglio di Stato pare provare troppo nel momento in cui assimila il rimborso di alcune specifiche voci di spesa a forme di remunerazione dei fattori di produzione e, pertanto, a veri e propri corrispettivi. Come si avrà meglio di precisare meglio infra, infatti, non è il rimborso di specifiche voci di spesa a determinare l’onerosità di un contratto, quanto piuttosto il fatto che il rimborso costituisca surrettiziamente un corrispettivo.

In terzo luogo, il richiamo all’istituto della disapplicazione appare piuttosto discutibile: come è stato osservato[22], il ricorso a tale rimedio rappresenta una extrema ratio, sicché andrebbe preliminarmente verificato se non sia possibile svolgere un’attività interpretativa in grado di conciliare la prospettiva del CTS con quella in tema di contratti pubblici; inoltre, non è chiaro perché il meccanismo della disapplicazione debba operare, per così dire, “in una sola direzione”[23], senza tenere conto che, come si avrà modo di illustrare, l’art. 56 CTS si pone in continuità con gli orientamenti giurisprudenziali della Corte di giustizia[24].

Alcuni spunti alla luce della giurisprudenza eurounitaria e nazionale

Il parere del Consiglio di Stato non è stato accolto con particolare favore da parte della dottrina[25]: è stato, infatti, correttamente rilevato come nella sua impostazione rischi di limitare le potenzialità della disciplina del Terzo settore, sia in relazione a istituti a carattere innovativo come la coprogettazione[26], sia, per quanto più interessa in questa sede, in relazione all’uso dello strumento della convenzione. Può dunque rivelarsi utile cercare di leggere l’impostazione del Consiglio di Stato alla luce degli orientamenti giurisprudenziali eurounitari e nazionali.

Nel tentativo di sintetizzare gli approdi della giurisprudenza, occorre richiamare, in prima battuta, quanto stabilito dalla Comunicazione in materia di SIEG del 2007, ovvero che il carattere economico di un servizio non dipende «dallo status giuridico del prestatore (ad esempio un ente non a scopo di lucro), né dalla natura del servizio, bensì dalle effettive modalità di prestazione, organizzazione e finanziamento di una determinata attività»[27]. Ciò significa che occorre guardare alle singole modalità organizzative e di finanziamento dei servizi dedotti in convenzione e, in particolare, al regime delle somme erogate a titolo di rimborso spese, in modo da impedire che esso si traduca in una forma “mascherata” di corrispettivo.

Per quanto concerne più precisamente le nozioni di gratuità e onerosità impiegate dalla giurisprudenza eurounitaria, vale la pena osservare come la giurisprudenza più risalente in tema[28] riguardasse una fattispecie molto peculiare, relativa ad una convenzione di lottizzazione. Più precisamente, nel caso di specie, la gratuità del rapporto tra l’amministrazione e il soggetto privato che realizzava, in conformità alla convenzione, opere di urbanizzazione in assenza di corrispettivo, veniva esclusa sull’assunto che il privato avesse ricevuto comunque una controprestazione, consistente nel vantaggio ritratto dal regime di scomputo degli oneri di urbanizzazione. Siffatta giurisprudenza è stata poi richiamata nel caso Commissione v. Italia relativo al servizio di trasporto sanitario[29]. In questa ipotesi, tuttavia, l’argomentazione utilizzata dalla Corte al fine di escludere la gratuità del rapporto si soffermava opportunamente sul fatto che il rimborso previsto fosse calcolato su base forfettaria[30]. Assume dunque rilievo, ai fini del vaglio sulla sussistenza dell’elemento dell’onerosità, l’analisi del regime di erogazione della controprestazione da parte dell’amministrazione. Da tali elementi, la giurisprudenza è giunta a ritenere che la previsione di un rimborso spese in luogo di un corrispettivo non vale ex se a escludere l’onerosità del servizio[31]. Anche in questo caso, tuttavia, l’affermazione, apparentemente dirompente, veniva resa nell’ambito di una controversia molto peculiare[32], non inserita nel quadro delle discipline ispirate a logiche di solidarietà[33], riprese nella giurisprudenza successiva. In particolare, è stato affermato che il rimborso spese previsto nella forma di rimborso forfettario esclude la gratuità del servizio: la mancanza di voci di spesa analiticamente determinate, infatti, non consente di individuare gli specifici costi coperti e, dunque, di escludere che il rimborso a forfait vada a remunerare i fattori di produzione, traducendosi in un corrispettivo[34].

A ben vedere, dunque, seppure la giurisprudenza potesse sembrare di primo acchito accogliere un’idea di onerosità molto ampia, nell’ambito dei servizi sociali la stessa appare molto chiara nel censurare unicamente le forme di rimborso previste a forfait.

Rispetto all’assetto così ricostruito, la giurisprudenza nazionale ha sviluppato un orientamento ben più restrittivo. Infatti, in analogia a quanto previsto a fattispecie di tenore differente, quali quelle relative alle sponsorizzazioni[35], è approdata a ritenere che la nozione di onerosità è suscettibile di interpretazione particolarmente ampia, tale per cui anche la previsione di un rimborso spese può di fatto determinare l’onerosità del contratto: in particolare, secondo tale orientamento, l’onerosità andrebbe riguardata tenendo conto di «altri vantaggi, economicamente apprezzabili anche se non direttamente finanziari, potenzialmente derivanti dal contratto»[36]. E in particolare, assumerebbe rilievo, al fine di escludere la gratuità di un servizio, pure l’utilità economica immateriale, data dall’assegnazione di una determinata commessa.

Chiaramente, un simile orientamento – così come quello recato nel parere n. 2052/2018, nella misura in cui è stato precedentemente sottoposto a critica[37] – finisce col circoscrivere in modo sproporzionato la nozione di gratuità, anche rispetto a quanto previsto dalla giurisprudenza eurounitaria.

L’insegnamento della Corte di Giustizia, infatti, non è mai stato nel senso di porsi in una prospettiva così radicale[38], limitandosi a richiedere l’analiticità delle voci di spesa rimborsabili, in modo da escludere che il rimborso si traduca surrettiziamente in un corrispettivo. Se in passato si sarebbe pure potuto porre il dubbio che la nozione di non onerosità ai sensi del diritto eurounitario avesse assunto una latitudine troppo ampia anche nella materia dei servizi sociali, la giurisprudenza eurounitaria più recente pare aver fugato questo dubbio.

È sufficiente richiamare quanto stabilito con le sentenze Spezzino[39] e Casta[40], che hanno consentito di operare una vera e propria actio finium regundorum fra il piano della concorrenza, da un lato, e quello della solidarietà, dall’altro lato. Secondo l’orientamento elaborato in tali giudizi, nell’ambito dei servizi sociali[41] l’esigenza di tutela della concorrenza va bilanciata con i principi di solidarietà, economicità ed equilibrio di bilancio. In questo quadro concettuale, è dunque necessario che i soggetti convenzionati «non traggano alcun profitto dalle loro prestazioni, a prescindere dal rimborso di costi variabili, fissi e durevoli nel tempo necessari per fornire le medesime, e che non procurino alcun profitto ai loro membri»[42].

Le immediate ricadute di tali orientamenti sono state poi raccolte dalla giurisprudenza eurounitaria più recente che mostra una certa flessibilità rispetto al novero di spese rimborsabili[43]. In particolare, la giurisprudenza ha considerato rimborsabili anche le spese relative al personale, ma unicamente nei limiti in cui tali spese sono direttamente imputabili allo svolgimento del servizio[44]. Pertanto, come è stato ben sottolineato, all’onere di rendicontare in modo trasparente le spese effettivamente sostenute, si affianca l’accertamento del collegamento diretto e analitico alla realizzazione dell’iniziativa oggetto di finanziamento[45].

Alla luce di tali considerazioni, appare pienamente condivisibile il rilievo secondo cui le differenziazioni operate nel già più volte citato parere n. 2052/2018 – come la distinzione tra spese di investimento e spese “vive” – rappresentino interpretazioni autonome del Consiglio di Stato[46] e trovino solo in parte riscontro nella giurisprudenza eurounitaria che, al contrario, in tema di social welfare, ha mostrato, pure in altri contesti, un approccio piuttosto pragmatico e nient’affatto granitico[47].

La valorizzazione della convenzione fra solidarietà e concorrenza

Tenendo conto della ricostruzione sinora operata del concetto di gratuità e della disciplina del rimborso delle spese l’argomentazione svolta dal Tar Toscana solleva alcune perplessità.

Nel caso in esame, infatti, il richiamo ai concetti così come illustrati nel parere del Consiglio di Stato non appare sviluppato in modo particolarmente efficace.

La natura economica del servizio svolto viene infatti desunto dal fatto che «la quota ampiamente maggioritaria dei docenti impegnati nei corsi di lingua offerti dalla controinteressata ha percepito e percepisce una remunerazione posta a carico del comune di Massa sotto forma di rimborso delle spese vive». Come visto, tenendo conto di quanto previsto dall’art. 56 CTS, ma anche della lettura operata dal giudice eurounitario, la rilevanza economica del servizio affidato non è dirimente al fine di determinare il regime giuridico applicabile. Né, a ben vedere, appare dirimente la previsione ex se di un rimborso di determinate spese. Come si è già osservato, l’analisi della disciplina del rimborso presuppone a monte una valutazione in ordine alle modalità organizzative e di finanziamento del servizio, nonché alla maggiore convenienza del ricorso alla convenzione rispetto al mercato[48]. La considerazione della disciplina del rimborso può risultare dirimente, ma va comunque contestualizzata nell’ambito di una valutazione analitica dei caratteri specifici del servizio in esame.

Per di più, anche la sintetica riflessione operata dal Tar Toscana attorno al regime del rimborso appare poco condivisibile. Il fatto che, nel caso di specie, il regime applicabile alle spese sostenute fosse orientato solo al rimborso delle spese vive, porta a presumere che lo strumento convenzionale fosse stato applicato correttamente. Ciò che avrebbe potuto fare il giudice sarebbe stato, piuttosto (e sussistendo eventualmente gli elementi a livello istruttorio), dimostrare che la percezione del rimborso spese avesse gli elementi di una remunerazione, in contrasto, peraltro, con lo status di volontari dei soggetti che prestavano la loro attività di docenti. Tuttavia, non avendo svolto tale riflessione nella sentenza, non appare congruo ritenere che la spesa per il personale potesse essere automaticamente qualificata come una forma di corrispettivo (argomento che, comunque, non viene esplicitato nella sentenza)[49].

Peraltro, accogliendo una simile impostazione – ossia ritenendo che il rimborso del costo del personale impiegato nel servizio rappresenti sempre un corrispettivo –, si giungerebbe a circoscrivere eccessivamente il novero delle spese rimborsabili in contrasto sia con quanto previsto dall’art. 56 CTS sia con la giurisprudenza eurounitaria così come sintetizzata supra.

Per di più, una simile ricostruzione si porrebbe anche in contrasto con la peculiarità del Terzo settore, risultante dall’impianto sistematico del CTS e pure recentemente ribadita dalla Corte costituzionale nella sentenza del 26 giugno 2020, n. 131[50].

Ivi la Consulta ha infatti ribadito l’importanza del valore della solidarietà, come valore fondante dell’ordinamento giuridico[51], rimarcando il ruolo degli ETS quali «rappresentativi della ‘società solidale’», figura di cerniera tra Stato e società, in grado di mettere a disposizione degli enti pubblici non solo un utile patrimonio informativo, ma anche capacità organizzative e di intervento[52].

In questo modo, secondo la Corte costituzionale, gli ETS innescano un modulo di amministrazione condivisa[53] alternativo a quello del mercato, secondo una logica che è valorizzata anche nella giurisprudenza eurounitaria, in particolare dalle sentenze Spezzino e Casta, che «tendono a smorzare la dicotomia conflittuale fra i valori della concorrenza e quelli della solidarietà»[54].

È chiaro dunque che, pure nell’interpretazione della Consulta, concorrenza e solidarietà costituiscono due valori, peraltro non necessariamente contrapposti, che non possono essere richiamati affinché l’uno escluda l’altro e viceversa, ma devono essere per quanto possibile contemperati[55].

Come è stato rilevato, infatti, la concorrenza non è un valore che va totalmente espunto dall’organizzazione del sistema di social welfare ispirato al principio di solidarietà[56], posto che, consente di assicurare la tutela degli utenti, «ricercando la massima qualità del servizio attraverso il confronto competitivo tra potenziali fornitori»[57]. Questo è un elemento che nel CTS è stato ampiamente valorizzato, tramite l’applicazione delle regole di evidenza pubblica alla scelta dell’operatore convenzionato, come già visto supra[58].

In questi termini, dunque, nel superamento di una dicotomia altrimenti esasperata tra solidarietà e concorrenza, peraltro spesso ideologicamente connotata[59], può essere individuato un percorso in cui collocare lo strumento della convenzione, senza restringerne oltremodo gli spazi applicativi[60] e garantendo la sua funzionalizzazione ad un sistema efficace di Welfare Mix[61] ispirato ad una logica collaborativa[62], in modo pienamente conforme a quanto sancito dal diritto eurounitario[63].

DOI: 10.7425/IS.2020.04.13

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Note

  1. ^ Si tratta del parere n. 2052 del 20 agosto 2018 reso nell’Adunan­za della Commissione speciale del 26 luglio 2018, su richiesta dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), in merito alla normativa applicabile agli affidamenti dei servizi sociali alla luce del d.lgs. n. 50/2016 e del d.lgs. n. 117/2017. Sulla base di tale parere l’ANAC ha redatto le bozze delle Linee guida del 10 maggio 2019, contenenti «Indicazioni in materia di affidamenti di servizi sociali».
  2. ^ Per un inquadramento generale dell’istituto in esame si vedano, ex multis: Albanese (2014 - pp. 153 e ss.; 2017 - pp. 173 e ss.; 2019 - pp. 139 e ss.), Amorosino (2019 - pp. 314 e ss.), Rossi (2018 - pp. 144 e ss.), Giglioni e Nervi (2019 - pp. 228 e ss.), Gualdani (2018 - pp. 8 e ss.), Lombardi (2018 - pp. 219 e ss.), Mazzullo (2017 - pp. 207-208), Michiara (2005), Pellizzer e Santi (1999 - pp. 139 e ss.), Tiberii (2019 - p. 577 e ss., pp. 590 e ss.). Più in generale, per l’inquadramento giuridico della figura delle convenzioni pubblicistiche rimane fondamentale Falcon (1984).
  3. ^ In passato, la giurisprudenza amministrativa ha contestato la possibilità di poter fare ricorso allo strumento della convenzione come strumento di affidamento diretto dei servizi (in tema, cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 29 aprile 2013, n. 2342 e, in dottrina Dello Sbarba (2013 - p. 927)). Tale impostazione pare però superata da quella del Codice del Terzo settore, in base a quanto si evince dalla piana interpretazione dell’art. 56 CTS (Tiberii, 2019 - p. 593).
  4. ^ (Giglioni, Nervi, 2019 - pp. 228-229). Nonostante, dunque, l’ambito di applicazione soggettivo dell’art. 56 CTS, anche in ragione della collocazione nel capo del CTS dedicato a tutti gli enti del Terzo settore, avrebbe potuto abbracciare una platea più ampia di soggetti, la scelta del legislatore – peraltro non esente da critiche da parte della dottrina (Rossi, 2018 - p. 138 e ss.; Amorosino, 2019 - p. 315) – è stata nel senso di riservare la sottoscrizione di convenzioni ex art. 56 CTS alle sole ODV e APS escludendo, ad esempio, le cooperative sociali, pur se a queste ultime si applica ancora l’art. 5 della l. 381/1991. Secondo Frego Luppi (2019 - p. 12), «[si] tratta di una riserva necessitata, per così dire, perché la previsione del mero rimborso spese è compatibile con le caratteristiche di questi soli organismi».
  5. ^ Sul fatto che il CTS rappresenti un cambio di paradigma e sulla portata di tale affermazione, cfr. Clarich e Boschetti (2018 - pp. 28 e ss).
  6. ^ Sulla nozione di volontariato ricavabile dal CTS cfr. in particolare Consorti (2018 - pp. 77 e ss).
  7. ^ Cfr. in tema Albanese (2019 - pp. 146 e ss.), in particolare ove si mette in luce la differenza tra la formulazione dell’art. 56, co. 1 CTS e dell’art. 5, co. 1, lett. a) CTS quanto alla nozione di servizi sociali in essi impiegata. La differente formulazione dei due articoli infatti (“attività e servizi sociali di interesse generale” nel primo caso e “interventi e servizi sociali ai sensi dell’art. 1, l. 8 novembre 2000, n. 328” nel secondo caso) pare suffragare la tesi per cui si sia inteso fare riferimento alla nozione europea di servizio di interesse generale. Sul significato del riferimento alle attività e ai servizi sociali di interesse generale cfr. anche Giglioni e Nervi (2019 - p. 235).
  8. ^ (Giglioni, 2019 - p. 516). Come rileva Albanese (2019 - p. 163), secondo cui la valutazione in ordine al carattere più favorevole del ricorso alle convenzioni va misurato non solo nella mera considerazione di un risparmio di costo, bensì pure nel fatto che il risparmio si leghi ad una dimensione solidaristica che informa il servizio prestato.
  9. ^ (Albanese, 2017 - p. 184). Ciò evidentemente a prescindere dalla necessaria individuazione degli operatori con cui sottoscrivere la convenzione nel rispetto dei principi dell’evidenza pubblica.
  10. ^ (Commissione Europea, 2006; 2007). Sul rapporto tra servizi sociali e SIEG, tenendo conto della disciplina in tema di aiuti di Stato cfr. Cornella (2019 - pp. 143 e ss. - spec. pp. 175 e ss.).
  11. ^ Sul punto cfr. Pellizzari (2019 - pp. 555-556) che, sintetizzando gli orientamenti in materia, isola i seguenti elementi come caratterizzanti un sistema di welfare conforme al principio solidaristico: «l’iscrizione obbligatoria al regime; quest’ulti­mo ha un complessivo fine non lucrativo dato, in particolare, dall’autono­mia delle prestazioni erogate rispetto all’importo dei contributi versati; non vi è una necessaria proporzionalità tra l’importo delle prestazioni versate e i redditi dell’utente; lo Stato mantiene un controllo sull’intera organizzazione del servizio». Ciò appare peraltro coerente con l’orientamento risalente della C. giust. Ue, 17 giugno 1997, causa C-70/95, Sodemare, ove è stato stabilito che il diritto eurounitario non incide sulle competenze degli Stati rispetto alla configurazione dei propri sistemi di sanità pubblica e previdenziali.
  12. ^ Sulla diversa portata applicativa della nozione di evidenza pubblica lato sensu intesa ai sensi dell’art. 12 l. 241/90 sia consentito rinviare a Franca (2019 - pp. 732 e ss).
  13. ^ In realtà, come si avrà modo di precisare meglio infra, non qualsiasi tipo di rimborso, ma solo il rimborso analitico e documentato basato sul principio del costo reale.
  14. ^ (Fici, 2020; Gori, 2020a)
  15. ^ In adesione rispetto all’impostazione di Albanese (2019).
  16. ^ In relazione all’ambito di applicazione del codice dei contratti pubblici rispetto al codice del Terzo settore cfr. Magliari (2019 - pp. 604 e ss.)
  17. ^ Cfr. parere n. 2052/2018 p.to 5.
  18. ^ Ibidem.
  19. ^ Si è già spiegato, infatti, al paragrafo precedente come la natura economica di un determinato in servizio non appaia dirimente ai fini della sua deduzione all’interno di una convenzione.
  20. ^ Tale concezione è peraltro figlia dell’esasperazione della dicotomia tra solidarietà e concorrenza, come rileva puntualmente Magliari (2019 - p. 614).
  21. ^ (Giglioni, 2019 - p. 505)
  22. ^ (Arena et al., 2019). In senso critico rispetto al richiamo dell’istituto della disapplicazione in questa sede si v. anche Marocchi (2020 - p. 84).
  23. ^ Ibidem.
  24. ^ Infatti, considerando la convergenza tra quanto previsto dall’art. 56 CTS e dalla giurisprudenza eurounitaria si può ritenere che l’art. 56 CTS rappresenti una «norma di attuazione dei principi espressi dalla più recente giurisprudenza della Corte di giustizia» (Albanese, 2019 - p. 151).
  25. ^ In particolare, si vedano i rilievi critici individuati in Arena et al. (2019), Bombardelli (2019 - pp. 228 e ss.), Tiberii (2019 - pp. 596-597).
  26. ^ In tema, cfr. Pellizzari (2019 - pp. 545 e ss.), Gori (2020b - pp. 192 e ss.).
  27. ^ (Commissione Europea, 2007)
  28. ^ C. giust. Ue, sent. 12 luglio 2001, causa C‑399/98, Ordine degli Architetti e a.
  29. ^ C. giust. Ue, 29 novembre 2007, causa C-119/06, Commissione v. Italia. L’idea di onerosità impiegata nella sentenza Ordine degli Architetti e a. veniva richiamata anche nella sentenza C. giust. Ue, 18 gennaio 2007, causa C-220/05, Auroux e.a. Va però soggiunto come, in primo luogo, il caso in esame riguardasse la realizzazione di un centro ricreativo (dunque, non un’attività a carattere solidaristico) e, in secondo luogo, era previsto non solo il rimborso delle spese di tutte le opere da realizzare, ma anche il diritto a incassare da terzi il corrispettivo della cessione delle opere realizzate.
  30. ^ Sul punto cfr. C. giust. Ue, 29 novembre 2007, causa C-119/06, Commissione v. Italia, p.to 48.
  31. ^ Cfr. in tema C. giust. Ue, sent. 19 dicembre 2012, C-159/11, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce, par. 29, con commento di Caranta (2013 - pp. 388 e ss.). La Corte si richiama espressamente a quanto rilevato dall’Avvocato generale Trstenjak nelle sue Conclusioni (in part. p.ti 32-34). Va però rilevato come la nozione di onerosità avanzata dall’Avvocato generale sia particolarmente ampia: questi espressamente rileva che «ai fini del riconoscimento del requisito del titolo oneroso, può essere sufficiente che il prestatore di servizi riceva come remunerazione un rimborso integrale dei costi».
  32. ^ Si trattava di una controversia relativa ad una consulenza per lo studio e la valutazione della vulnerabilità sismica di alcune strutture ospedaliere.
  33. ^ Su tale rilievo, cfr. Albanese (2017 - p. 180). Si avrà modo di precisare infra con riferimento alle sentenze Spezzino e Casta il rilievo di tale mancato ancoraggio alla dimensione solidaristica.
  34. ^ Cfr. in tema anche il caso C. giust. Ue, 18 ottobre 2018, causa C-606/17, IBA Molecular Italy Srl, ove una sovvenzione consistente in una forma di rimborso forfettario viene considerata controprestazione parte di un contratto a titolo oneroso rispetto alla prestazione di fornitura di un farmaco.
  35. ^ Cfr. su tali fattispecie Di Pace (2004 - pp. 3898 e ss.), Cavallo Perin e Racca (2013 - pp. 588 e ss.), Reggio d’Aci (2013 - p. 686), Valaguzza (2015 - pp. 1381 ss.). Con riferimento a problematiche relative prevalentemente alle fondazioni bancarie, ma utili all’inquadramento del fenomeno cfr. pure Cammelli (2010 - pp. 5 e ss.), Mastragostino (2010 - pp. 3 e ss.).
  36. ^ Cons. Stato, sez. V, 3 ottobre 2017, n. 4614; Cons. Stato, sez. VI, 9 luglio 2018, n. 4718. Su tale giurisprudenza, cfr. Chiarelli 2018 (18).
  37. ^ E cioè, lo si ricorda, nella misura in cui pare assimilare alcune ipotesi di rimborso di costi a forme surrettizie di corrispettivo.
  38. ^ Come rileva Albanese (2013 - pp. 54-55), la Corte di giustizia «ha fatto un uso molto cauto del proprio potere decisionale, seguendo un criterio di gradualità ed evitando accuratamente che le proprie pronunce avessero conseguenze troppo dirompenti rispetto ai sistemi tradizionalmente adottati negli Stati membri».
  39. ^ C. giust. Ue, 11 dicembre 2014, C-113/13, Spezzino.
  40. ^ C. giust. Ue, 28 gennaio 2016, C-50/14, Casta.
  41. ^ Nel caso Spezzino si trattava dell’affidamento del servizio di trasporto sanitario d’emergenza, mentre nel caso Casta dell’affidamento del servizio di trasporto sanitario non di emergenza.
  42. ^ C. giust. Ue, 11 dicembre 2014, C-113/13, Spezzino p.to 61. In termini sostanzialmente analoghi cfr. pure C. giust. Ue, 28 gennaio 2016, C-50/14, Casta.
  43. ^ Trib. Ue, sez. IV, 19 febbraio 2016, causa T-53/14, Ludwig Bölkow-Systemtechnik v. Commissione.
  44. ^ Nel caso Ludwig Bölkow-Systemtechnik v. Commissione, infatti, la Commissione ha contestato non tanto che fosse previsto il rimborso del costo relativo al personale, quanto il fatto che il rimborso venisse calcolato in modo da tale da sovradimensionare il costo effettivamente sopportato.
  45. ^ (Pellizzari, 2019 - pp. 563-565 - p. 570)
  46. ^ (Giglioni, 2019 - p. 521)
  47. ^ (Cortese, 2014 - p. 474)
  48. ^ Sul rilievo di tali passaggi si rinvia a quanto rilevato supra. Non bisogna trascurare, infatti, che il sindacato sulle modalità di rimborso, pur se più agevole, costituisce solo un elemento di un più ampio sindacato che attiene alla consistenza effettiva dell’attività svolta e che implica, dunque, la considerazione anche delle “ragioni” sottese all’attività in concreto svolta.
  49. ^ Come osserva lucidamente Santuari (2020) occorre tenere ben distinti l’assenza di retribuzione in capo ai volontari e l’assenza di economicità dell’attività svolta, di talché l’economicità dell’attività non comporta che si sia in presenza di un corrispettivo.
  50. ^ Con riferimento al giudizio in esame, cfr., in part., Giglioni (2020), Pellizzari (2020), Rossi (2020). In tema cfr. anche i contributi di Arena (2020a), Gori (2020c), Marocchi (2020).
  51. ^ Elemento già posto in luce, come puntualmente rilevato dalla Consulta, nel giudizio Corte cost., 17 dicembre 2013, n. 309.
  52. ^ Tramite tale sentenza, dunque, la Corte costituzionale mette in luce la centralità degli ETS che, a pieno titolo, possono considerarsi gli unici soggetti «per legge e per vocazione, stabilmente collocati all’interno del polo dell’interesse generale» (Arena, 2020 - p. 98). Come osserva Marocchi (2020 - p. 86), non rileva dunque solo il dato oggettivo del carattere solidaristico dell’attività concretamente posta in essere, ma anche il dato soggettivo, espresso dagli specifici requisiti che il CTS impone a ciascun ETS.
  53. ^ Sulla nozione in parola si veda lo studio di Arena (1997 - pp. 29 e ss.). In relazione al giudizio della Corte Costituzionale n. 131/2020 cfr. sempre Arena (2020b - pp. 35 e ss.).
  54. ^ Non va peraltro trascurato come la nozione di solidarietà conosciuta a livello eurounitario abbia una portata differente da quella al livello nazionale: come è stato evidenziato, infatti, il concetto di solidarietà sul piano unionale è tracciata ancora in chiave negativa, per individuare il limite di applicabilità delle regole in tema di contratti pubblici, secondo una declinazione tecnico economicistica (Moliterni, 2015 - p. 125).
  55. ^ Per di più, secondo la Consulta è lo «stesso diritto dell’Unione che mantiene, a ben vedere, in capo agli Stati membri la possibilità di apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, un modello organizzativo ispirato non al principio di concorrenza ma a quello di solidarietà (sempre che le organizzazioni non lucrative contribuiscano, in condizioni di pari trattamento, in modo effettivo e trasparente al perseguimento delle finalità sociali)». Il punto è significativo, anche in relazione al tema della disapplicazione evocato nel parere del Consiglio di Stato (e richiamato supra), giacché corrobora l’idea che il codice dei contratti pubblici non debba necessariamente prevalere sulle disposizioni contrastanti contenute nel CTS, così come il principio di concorrenza non prevale su quello di solidarietà, nell’ambito del modello organizzativo nazionale dei servizi con una peculiare valenza sociale.
  56. ^ Il punto è stato evidenziato anche rispetto alla valorizzazione dell’istituto dell’accreditamento nell’ambito del sistema di Welfare: cfr. in tema Piperata (2013 - pp. 98 e ss.), nonché Parona (2019 - pp. 654 e ss.).
  57. ^ (Bombardelli, 2019 - p. 221). D’altronde anche la disciplina degli affidamenti dei servizi sociali nelle direttive dell’Unione Europea appare fondata su una logica di concorrenza “alleggerita”: cfr. in tema, ex multis, Albanese (2019 - pp. 167 e ss.), Caldirola (2016 - pp. 760 e ss.), Caruso (2017 - pp. 1115 e ss.), Cerbo (2011 - pp. 335 e ss.), De Nes, Quarneti (2017 - pp. 371 e ss.), Ferroni (2018), Mazzeo (2016 - pp. 1001 e ss.), Michiara (2017 - pp. 221 e ss.).
  58. ^ In particolare, si tratta di un modello basato sulla trasparenza nella scelta dell’ente convenzionato, secondo una logica che, tuttavia, non è di tipo economicamente competitivo (cfr. Albanese, 2019 - p. 158). Al contrario, una prospettiva strettamente economicistica del dato della concorrenza appare particolarmente deleterio: come è stato osservato, in relazione a servizi sociali caratterizzati spesso da asimmetria informativa ed alta intensità di manodopera, il ricorso a procedure competitive di affidamento «basate del tutto o anche solo in parte su valutazioni di carattere economico, comporta in genere l’abbassamento della qualità di servizi, l’aumento dei carichi di lavoro e spesso la riduzione dei livelli salariali» (Borzaga, 2019).
  59. ^ (Albanese, 2019 - p. 145; Giglioni, 2019 - p. 519)
  60. ^ In particolare, appare condivisibile quanto sostenuto da Gori (2020 - pp. 93-94) in merito al fatto che la sentenza n. 131/2020 può determinare un ripensamento in riferimento al ristretto ambito di applicazione oggettivo delle convenzioni di cui agli artt. 56 e 57 CTS.
  61. ^ (Ascoli, Ranci, 2003; Fazzi, 1999)
  62. ^ Rispetto all’importanza della logica collaborativa nell’ambito del Terzo settore cfr., in particolare, Delsignore (2018 - pp. 587 e ss.), Marocchi (2018), Pellizzari (2018). Si tratta di percorrere un nuovo modello di collaborazione che «non si basa sulla corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata, ma sulla convergenza di obiettivi e, eventualmente, su una logica di supporto e sostegno finanziario» (Pellizzari, 2019 - p. 570). Sulla riconducibilità dell’art. 56 CTS ad una logica collaborativa piuttosto che competitiva si v. Santuari (2020). Evidentemente, come mette in luce Gori (2020 - p. 208), tenendo anche conto del criticabile approccio del Consiglio di Stato nel parere n. 2052/2018, la questione della valorizzazione dell’iniziativa autonoma dei cittadini, della disciplina dei SIEG e del contemperamento tra concorrenza e sussidiarietà/solidarietà ha rilevanza politica, prima ancora che giuridica.
  63. ^ È il caso di rilevare, inoltre, che pure le direttive in materia di contratti pubblici paiono deporre in tal senso. La dir. 2014/24/Ue dispone che gli Stati membri possono porre in essere prestazioni di servizio anche «attraverso modalità che non comportino la conclusione di contratti pubblici, ad esempio tramite il semplice finanziamento di tali servizi» (considerando n. 114) e riconosce agli Stati la possibilità di individuare e organizzare i SIEG (art. 1, co. 4).
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