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ISSN 2282-1694
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Numero 4 / 2021

Saggi brevi

Educazione e tecnologie digitali al tempo del Covid. Un ossimoro o un’opportunità?

Luciano Tosco

Proposte di riflessioni per il Terzo settore da suggestioni di esperienze di cooperative sociali nei servizi per l’infanzia

 

Abstract

Le nuove tecnologie, in particolare attraverso i programmi a distanza, sono state, nei servizi educativi e scolastici, tanto necessariamente considerate nel periodo del lockdown, quanto oggi, invece, criticate e spesso anche rifiutate in nome della sola educazione, nuovamente, in presenza. Non pare invece necessaria un’analisi critica che, partendo dall’esperienza e da considerazioni di contesto sia del percorso di attraversamento non ancora concluso della pandemia che delle potenzialità del digitale, prefiguri una educazione integrata tra “presenza” e “distanza”? In questa riflessione, quale il contributo degli Enti di Terzo Settore e nello specifico delle cooperative sociali? E nell’ambito dei nidi e delle scuole dell’infanzia, un’educazione integrata con le nuove tecnologie è un ossimoro o una opportunità? Un contributo alla riflessione a partire da una indagine qualitativa in servizi dell’infanzia gestiti da cooperative sociali.

Keywords: cooperative sociali, Enti di Terzo Settore, Covid-19, servizi all’infanzia, educazione, digitale

DOI: 10.7425/IS.2021.04.04
 

Premessa

Questo contributo intende analizzare il tema dell’educazione attraverso le tecnologie digitali, in specifico quelle “a distanza”, al tempo del Covid-19 attraverso lo studio delle esperienze realizzate in epoca di pandemia da alcune cooperative sociali piemontesi; tema che caratterizza non solo il periodo di lockdown, ma anche quello ancora in corso, con le riaperture “governate” da stringenti misure di sicurezza sanitaria per evitare al massimo possibile i contagi, ma anche con nuovi ricorsi alla DAD.[1] Nel contempo, con la auspicabile progressiva uscita dalla pandemia, si pongono alcune domande e si prospettano possibili ipotesi di sviluppo delle tecnologie digitali oltre la DAD, attraverso una loro rivisitazione da un contesto di relazioni a distanza verso forme di utilizzo integrativo e complementare alla presenza. Tema che, per una corretta analisi, non può prescindere da una rivisitazione dell’ormai lungo percorso attraversato dalla pandemia, delle sue tappe evolutive con le diverse complessità, errori, nuove conoscenze[2]. Il fatto di avere coinvolto nell’analisi soggetti al tempo stesso dinamici nel considerare l’introduzione di innovazioni, ma anche attenti alla qualità del servizio realizzato ci restituisce un quadro complesso di cui si darà conto in queste pagine.

L’analisi critica dell’educazione attraverso le tecnologie digitali, comprese quelle a distanza, per l’ampiezza e complessità del campo di indagine, pena una inevitabile e non utile genericità, richiede però una riduzione di campo sia per quanto riguarda le fasce di età e i relativi servizi scolastici ed extrascolastici[3], sia il relazione ai gestori degli stessi[4]. In considerazione di ciò, pur nell’ambito dell’intero sistema formativo-educativo, faremo più specifico riferimento ai Servizi educativi dell’infanzia, potendo offrire in proposto anche gli esiti di una indagine realizzata in queste settimane presso alcuni servizi gestiti da cooperative sociali.

Questa indagine intende rilevare aspetti cruciali dei “legami”[5] a distanza promossi da Servizi educativi dell’infanzia (in particolare bimbi in età 0-3 e loro genitori) attraverso tecnologie digitali, device, programmi e piattaforme nel periodo del lockdown e in quello successivo in cui le riaperture sono state caratterizzate da pesanti limitazioni per contenere i rischi di contagi. I servizi coinvolti sono cinque nidi e due scuole 3-6 anni gestiti da cooperative sociali piemontesi[6].

Per quanto riguarda metodi e strumenti dell’indagine, è stato utilizzato l’approccio della pedagogia clinica (Pesci, Pesci, 1999) e la metodologia del colloquio libero autobiografico e delle storie di vita (Demetrio, 1996; 2008). In specifico, obiettivo dell’indagine non è quello della tipicizzazione e generalizzazione delle esperienze di educazione attraverso le tecnologie digitali al tempo del Covid, bensì raccogliere e sistematizzare spunti e suggestioni per successivi interrogativi, approfondimenti e prassi operative. Si è pertanto evitato di formulare domande dirette, limitandosi a richiedere eventuali approfondimenti su specifiche questioni di interesse qualora non trattate o solo accennate dagli interlocutori.

Piste per una riflessione sull’esperienza di educazione a distanza al tempo del Covid-19

I tre arcipelaghi di certezze nella complessità del nuovo contesto

A fine febbraio 2020 l’Italia (quindi anche nidi e scuole), fatta eccezione per i servizi ritenuti essenziali, si ferma causa pandemia da Covid-19. L’infanzia, pur essendo la fascia di età che forse ha sofferto di più delle limitazioni imposte nei tre mesi di lockdown, è in gran parte rimasta “invisibile” alla società e alle istituzioni (Tosco, Garena, 2020a; 2020b; 2021a; 2021b).

La voce dei bambini si è espressa nelle testimonianze dei loro genitori che ne hanno dimostrato l’adattamento (Farnè, Balduzzi, 2021), non indenne però da una profonda sofferenza (vedi in “Riferimenti sitografici per il digitale”: “Bambini e Covid-19”) i cui effetti negativi ancora non si è in grado di valutare compiutamente. I genitori, privati anche del supporto dei nonni – considerati, per l’età, soggetti fragili e a massimo rischio – insieme al lavoro (smart working) hanno dovuto farsi carico completo della cura, istruzione e educazione dei figli.

Le cooperative intervistate hanno vissuto un primo momento di incredulità e scoramento, quasi il crollo di un mondo, mitigato dall’illusione che si trattasse di un periodo transitorio molto breve. Ma presto, con la consapevolezza di un lungo periodo di isolamento, si è fatta strada, dentro lo straniamento e la paura di non farcela, quale reazione di resilienza, la tensione ad apprendere a navigare in un oceano di incertezze attraverso arcipelaghi di certezze (Morin, 2020).

Si individuano qui tre piste – gli “arcipelaghi di certezze”, appunto – lungo le quali le cooperative intervistate si sono mosse per gestire la difficile convivenza tra educazione e pandemia.

La prima consiste nella convinzione della necessità assoluta di mantenere in ogni modo la relazione con ciascun bambino e con l’intero gruppo in un periodo della vita (quello infantile) che fonda e struttura tutto lo sviluppo evolutivo sia nelle strutture cognitive che emotivo-affettive (vedi note 14 e 15).

La seconda pista di certezze è quella che, date le condizioni, ci si può relazionare, in piena pandemia, soltanto “a distanza”. Per i bambini l’unica finestra sul loro mondo – quello del nido e della scuola – è stata per mesi la tecnologia con schermi di televisione, computer, tablet, telefono. Finestra, peraltro, fonte di preoccupazione per i genitori i quali, prima istruiti dagli “esperti” a contingentare al massimo, se non vietare, questi dispositivi, si sono visti costretti a concedere molto tempo alla fruizione degli stessi. La comunicazione a distanza è subito apparsa l’unico modo per “resistere”. A questa, pur non competenti, ci si è preparati facendosi aiutare da colleghi più esperti, frequentando corsi, inventando con creatività. Ma con quali limiti e a quali costi? I criteri (Decreti Ministero Istruzione del 26 giugno e 7 agosto) tuttora in vigore, per un utilizzo delle nuove tecnologie nella scuola e in specifico di quelle a distanza considerano i limiti ormai sperimentati e noti della DAD non negando l’utilizzo della tecnologia digitale, ma configurandola come Didattica Digitale Integrata a quella in presenza e individuata come metodologia innovativa di apprendimento-insegnamento limitata, se non per casi eccezionali, alle sole secondarie di secondo grado. L’orientamento nei servizi per l’infanzia che emerge nell’indagine conferma la valutazione ormai unanime sulla DAD[7]: è considerata necessaria perché inevitabile in situazioni di emergenza, ma deve durare per un tempo molto limitato ed essere totalmente superata appena possibile. È ritenuta comunque dannosa[8] in un contesto in cui già i bambini utilizzano a scopi “ricreativi” troppo a lungo audiovisivi e device tecnologici. Anche se ci sono programmi molto sofisticati e interattivi, molti ritengono che non basti, in quanto con un programma digitale e di fronte ad uno schermo non ci si può relazionare, arrabbiare, contestare, confrontarsi, cooperare come si può fare con papà e mamma, nonni, fratelli, compagni di scuola e di giochi. Non si può neanche annusare, toccare, spingere, entrare in competizione, sperimentare il conflitto e la cooperazione, anche fisica e concreta.

La terza certezza è rappresentata dalla necessità di apprendere o affinare le conoscenze digitali per tutti i servizi e scuole di ordine e grado e anche quindi per quelle dell’infanzia. Questa considerazione deriva in primo luogo dal fatto che dal Covid non siamo ancora usciti, né possiamo prevedere quando accadrà. Se anche i vaccini e il green pass possono contenere e governare i contagi, in ogni caso ci saranno, come già sta succedendo (peraltro, nel momento in cui questo articolo viene scritto, con un preoccupante aumento dei casi)[9], alunni positivi in singole classi se non addirittura focolai in intere scuole che rendono necessaria, con le relative quarantene, la DAD. Quello che occorre garantire nelle scuole di ogni ordine e grado è una didattica a distanza il più possibile adeguata ai percorsi formativi. A questo proposito serve aver chiaro che l’autentico sapere e operare digitale non è una modalità di comunicazione trasmissiva da un emittente ad un ricevente, ma esercizio di funzioni attive, interattive e cooperative, essenziali in età evolutiva con possibilità di essere nel contempo fruitori e autori, individuali e collettivi. Si pensi, per esempio, ai programmi di conoscenza “wiki”, in cui più persone (tra cui gli studenti) possono costruire prodotti in modo collaborativo, ad applicazioni quali Padlet e piattaforme Moodle (Baldoni, 2011) particolarmente adatte per la creazione di corsi online che con tutor in presenza e programmi di tutoring a distanza ravvivano e innovano la didattica (vedi “Riferimenti Biblio-sitografici”).

Aspetti teorico-operativi dei Legami educativi a distanza nel lockdown

Le piste di certezze sopra indicate hanno conosciuto un percorso incerto e differenziato. Se i servizi educativi a gestione diretta degli enti pubblici hanno proseguito con interventi a distanza essendo garantita al personale l’attività in smart working, decisamente più complessa e accidentata è stata la situazione per gli Enti di Terzo Settore (ETS) ampiamente presenti in tutti i servizi e attività per bambini e ragazzi, ma soprattutto oltre i due terzi del totale nell’ambito del sistema educativo 0-6 (nidi e scuole dell’infanzia)[10].

È oggi possibile delineare il percorso operativo – utile non solo per ripercorrere e fare memoria dell’esperienza a partire dagli “arcipelaghi di certezze” sopra accennati – per trarne insegnamenti e competenze per il futuro, soprattutto nel momento attuale di convivenza con il virus, possibilità di nuove “ondate” e recrudescenza della pandemia. In questa sezione ci si concentra sui bambini nel lockdown e sui contatti a distanza con loro.

Sulla base delle esperienze fatte dalle cooperative intervistate, per quanto riguarda l’obiettivo di instaurare una relazione a distanza con i bambini risulta necessario iniziare con il coinvolgimento dei genitori, per esempio attraverso telefonate alle famiglie, chiedendo notizie loro e dei figli, inviando mail e messaggi su whatsapp.

Peraltro, soprattutto per l’età infantile, la presenza e mediazione/supporto dei genitori o di altre figure adulte significative quali i nonni, risulta sempre fondamentale. Quindi spesso le cooperative hanno ritenuto utile predisporre e inviare video di quattro cinque minuti in cui si salutano i bimbi uno per uno, si mandano loro messaggi, si canta qualche canzoncina, si leggono storie, si riproducono attività che già si facevano al nido e che quindi i bimbi possono riconoscere per trovarsi a loro agio. Contestualmente è stato necessario che educatrici e insegnanti delle cooperative acquisissero o affinassero le competenze informatiche, documentandosi attraverso i vari siti già presenti o apparsi nel contesto del lockdown, partecipando a formazioni per l’utilizzo di device digitali, confrontandosi tra servizi diversi della stessa organizzazione o in sinergia con altre e con iniziative allo scopo degli Enti locali titolari delle funzioni formativo-educative.

Si tratta di un percorso di progressiva implementazione e differenziazione di strumenti, metodi e contenuti da trasmissivi unidirezionali sincroni (un “fare televisione” non con persone sconosciute, ma con le loro educatrici e maestre) a asincroni o con canale audio e poi audiovisivo, quindi multimediali, attivi, interattivi e cooperativi. Il tutto, considerando la struttura cognitivo-affettiva dei bambini e quindi con la presenza/supporto di un adulto, genitori, ma anche nonni e fratelli più grandi.

Non solo, ma stante appunto la struttura mentale del bambino, i soggetti intervistati hanno favorito l’attività concreta per imitazione, con esercizi motori e di manualità fine: cose piccole, brevi, data la limitata soglia di attenzione.

Si offre così la possibilità di riconoscere e ritrovare le educatrici/insegnanti in un contesto diverso e di un “vedere per imitare” o anche “fare creativo” in quanto il bambino impara facendo; fa le cose con dei materiali vari, all’interno di una relazione, per esempio con l’educatrice.

Per i più grandicelli, dai tre anni, le cooperative hanno proposto laboratori leggeri, fruibili e facili da seguire attivamente anche da soli per non appesantire di impegni ancor di più i genitori, cui, peraltro, in sincrono, ma anche in forma asincrona, si devono proporre appunto cose da fare e costruire insieme. Avvicinandosi all’età della seconda infanzia (6-10 anni) è sufficiente che gli operatori predispongano materiali e rimangano a disposizione in caso di difficoltà, perché i piccoli sono già in grado di seguire in autonomia le istruzioni a video. Le cooperative hanno in questo caso di solito combinato una programmazione settimanale in asincrono, con qualche laboratorio in sincrono, da trasmettere e proporre ai genitori[11].

In questo percorso si può incontrare una situazione apparentemente paradossale. I nativi digitali già da piccoli non hanno difficoltà, nella fruizione di un programma “neutro” alla TV tipo cartoni o visione di persone non conosciute in presenza. Ma, secondo l’esperienza riferita dalle cooperative intervistate, possono trovare difficoltà, specialmente i più piccoli, a livello emotivo, nel vedere e interagire a distanza tramite uno schermo con educatrici e insegnanti, magari anche ripercorrendo con loro, senza contatti fisici, le stesse attività che facevano in presenza. Si possono superare le resistenze offrendo messaggi non subito e direttamente ai bambini, ma in forma mediata dai genitori, oppure, nelle situazioni di minore resistenza, sollecitando i genitori a preparare i piccini e stando loro vicini durante la visione.

Legami e collaborazioni educative a distanza con i genitori nel lockdown

Ciò che è emerso dall’esperienza delle cooperative è che la struttura del mondo infantile, in particolare per i più piccoli, richiede, per autentici e motivanti apprendimenti, non passive trasmissioni di conoscenze e informazioni come nel caso dei prodotti audiovisivi unidirezionali, ma, diversamente dai più grandi con un maggior livello di autonomia, esercizio di azioni dirette e in interazione con figure adulte significative. Interazioni che comportano sia una vigilanza su un uso improprio dei programmi digitali o sulla permanenza troppo prolungata di fronte al video, sia una competenza per sostenere e gestire apprendimenti ed educazione con questi strumenti.

La casa, per almeno i tre lunghi mesi del lockdown totale, è stata luogo esclusivo di vita. Così i genitori, quasi sempre le sole figure adulte presenti, sono risultati, ove disponibili, i fondamentali sostegni e mediatori delle relazioni per i legami educativi e gli apprendimenti, veicolati a distanza dai servizi educativi attraverso le tecnologie digitali; compito per loro non semplice, in quanto è difficile intrattenere i bambini in casa per intere giornate, soprattutto se soli e non supportati da altri adulti, per esempio i nonni, chiusi anche loro nelle abitazioni e considerati particolarmente a rischio di contagio per la fragilità conseguente all’età anziana. Non solo, ma nel nuovo difficile contesto papà e mamma rischiano di essere almeno distratti, se non travolti, dalle preoccupazioni di una incombente precarietà economica e/o occupati nel lavoro in smart working (con ben poco smart) che richiede impegno e tranquillità.

Le famiglie, quindi, hanno assunto nelle esperienze studiate atteggiamenti diversi rispetto ai LEAD: partecipare attivamente alle proposte, pur evidenziando la fatica dell’esclusività della cura soprattutto per più piccoli, da parte di alcuni; oppure rifiutare le proposte a distanza perché privi dei dispositivi adatti o delle necessarie competenze, da parte di altri. O ancora, le famiglie possono anche ritenere questi contributi “inutili” in quanto, richiedendo la presenza, non permettono di “liberarli” dagli impegni di accudimento per dedicarsi agli ordinari impegni lavorativi e domestici[12].

Per tutti si profila il rischio, forse in certa misura inevitabile, di “abbandono” di bambini lasciati soli a “pasticciare” davanti ad uno schermo televisivo o ad altri device digitali.

Le relazioni a distanza proposte dai servizi educativi delle cooperative rischiano così di sommarsi ad una sovraesposizione semplicemente “riempitiva” di tempo vuoto in casa, risultato paradossale se si considera che, in periodo pre-Covid, erano proprio i servizi educativi a rappresentare ai genitori i danni da esposizione allo schermo, soprattutto per i più piccoli.

Le proposte delle cooperative, pur a distanza, sono comunque spesso risultate di aiuto per i genitori in quanto hanno permesso di avere supporti concreti per strutturare una giornata che rischia spesso di avere ampi spazi vuoti che i bambini, soprattutto i più piccoli, non sanno da soli gestire.

Ma, secondo le esperienze raccolte, i legami digitali sono stati importanti anche per favorire indirettamente una relazione il più adeguata con i figli, sostenere i genitori in un periodo per loro difficilissimo e pieno di preoccupazioni e paure per la salute, il lavoro, il reddito, per esempio, con momenti di ascolto da parte delle educatrici/insegnanti e sportelli di ascolto a cura di psicologi o anche forme di consulenza a distanza pedagogico-educativa da parte di esperti.

La riapertura

La riapertura a settembre 2020 di tutte le scuole di ogni ordine e grado si accompagna alla speranza, purtroppo non confermata nella realtà, di servizi in presenza e tramonto della DAD grazie a stringenti misure di prevenzione per il contenimento dei contagi[13].

Stesse speranze per l’anno scolastico successivo in corso, supportate da un “calcolato rischio” grazie a vaccini e green pass[14].

L’auspicio del tramonto della DAD, stante una generale valutazione negativa di una didattica ed educazione esclusivamente a distanza (vedi note 7 e 8) è presente per la generalità delle scuole e certo anche, ancor più motivata, nei servizi educativi per l’infanzia.

Nello specifico di questi ultimi, l’assenza di attività in presenza sembra avere, secondo gli intervistati, comportato la rinuncia ad aspetti qualificanti dell’azione educativa, quali la valorizzazione del protagonismo infantile, la possibilità di creare condizioni di sviluppo della creatività, l’offerta di tempi dilatati per il gioco, l’ascolto discreto ed attento da parte degli adulti dei messaggi dei bambini, verbali, ma soprattutto non verbali.

Questa convinzione non rappresenta per gli intervistati una valutazione pregiudiziale di esclusione delle forme di comunicazione digitale, ma è coerente con la scelta di investire prioritariamente nella riapertura in presenza che assorbe tutto il tempo disponibile, considerati anche gli aggravi imposti necessariamente dalle regole per la prevenzione e il contenimento dei contagi.

In ogni caso secondo le cooperative intervistate occorre riconoscere un ruolo, almeno integrativo-residuale, alla comunicazione a distanza. Per esempio, per informare i genitori sulle attività svolte in presenza, ma anche per momenti di formazione/confronto tra operatori e con esperti. Ciò è molto utile soprattutto in questo periodo di “bolle”[15] che non permettono ai genitori di fermarsi e di partecipare almeno un poco alle attività educative scolastiche, né comunicare direttamente in modo significativo con le educatrici.

Ma forme di relazione a distanza con i genitori possono essere mantenute anche successivamente per garantire, ad esempio con un sistema misto presenza/distanza con registrazione, la partecipazione dei genitori alla vita del servizio educativo e scolastico, nonché agli incontri previsti dagli organi collegiali; ma anche per favorire con comunicazioni e proposte in asincrono una continuità educativa tra attività in sede e a casa.

Educazione e tecnologie digitali. Sfide e prospettive per il Terzo settore nella ricomposizione di un ossimoro

Per il Terzo settore il Covid-19, con le misure necessarie adottate per contenere i contagi (vedi Appendice 1), ha comportato drammatici problemi a livello economico-finanziario a causa delle chiusure in presenza e la necessità di scegliere tra la cassa integrazione in deroga prevista per le attività chiuse per il lockdown, oppure attività a distanza attraverso lo smart working con la conseguente incertezza di risorse economiche non assegnate per la copertura dei costi del personale.

In una rilevazione di Confcooperative Piemonte Nord della primavera 2020, su 600 ETS, il 78% dichiarava di aver più che dimezzato nel periodo Covid le proprie attività, e in una percentuale del 30% riteneva molto difficile una riapertura. Ciò nonostante i “ristori”, comunque insufficienti, previsti dal Decreto Legge “Rilancio” del 19 maggio 2020 convertito in legge il 17 luglio, per le scuole più in sofferenza (per esempio quelle paritarie finanziate in grande prevalenza attraverso le rette versate dalle famiglie).

Peraltro, l’aumento dei costi si riscontra anche in sede di riapertura, sia per spese straordinarie di carattere strutturale e la contestuale diminuzione di posti, che ordinarie di gestione materiali e risorse umane imposte dalle misure di prevenzione ai contagi; meno grave invece la situazione per i servizi in appalto con affidamento da parte degli Enti locali competenti per nidi e scuole dell’infanzia: in tali casi, nei contratti è stato possibile, da parte delle Amministrazioni più sensibili, ricorrere a modifiche degli accordi e permettere una continuazione degli interventi dalle strutture a livello domiciliare (vedi per esempio per i servizi diurni per la disabilità e i disturbi relazionali) oppure, a distanza, delle attività, anche, a volte, con forme miste di lavoro in presenza e ricorso alla cassa integrazione guadagni in deroga per alcuni servizi e allo smart working per altri.

In tutti i casi comunque ci si è chiesti cosa possa fare il Terzo settore in tale situazione, come possa assumere funzioni di tutela delle persone fragili, quali siano condizioni minimali per poter continuare ad operare. Ciò a fronte di una generalizzata incertezza sull’evoluzione dei contagi e sulle misure di contenimento continuamente aggiornate, ma anche sull’entità dei ristori introdotti nei vari provvedimenti che si susseguivano nel tempo, sui tempi della effettiva liquidazione, mentre cresceva l’esposizione verso le banche.

Queste brevi e provvisorie considerazioni, frutto di una parziale ricomposizione di tessere sparse di un puzzle, rimandano, pur in carenza di ricerche sistematiche nel merito afferenti al Terzo settore, alla considerazione circa una sostanziale complessiva tenuta dello stesso. Tenuta resa possibile non solo da solidità finanziaria e “ristori” economici, ma ancor più da un “background” culturale, strutturale e organizzativo che origina dagli anni Settanta del secolo scorso nell’ambito dei profondi cambiamenti sociali, politici, normativi degli anni Settanta-Novanta. Contemporaneamente, nell’istituzione scolastica, si era avviata quell’innovazione culturale, formativa e didattica verso trasformazioni, che, sviluppatesi pur con difficoltà, contraddizioni e differenze territoriali, rischi di ritorni indietro, sono tutt’oggi in corso. Così i Servizi educativi per la prima infanzia, il rapporto scuola-territorio, gli interventi educativi extrascolastici diurni e domiciliari per le fasce della popolazione più debole, si trovano sempre più incardinati nella filiera dei servizi del Terzo settore nell’ambito di politiche di welfare mix e community care.

La cultura-teoria e prassi professionale sopra accennata, ormai consolidata nella generalità dei nidi e scuole dell’infanzia (vedi Appendice 2), propria di un modello pedagogico-educativo, ha contenuto, in un contesto di crisi inaspettata ed improvvisa, derive purtroppo generalizzate di sudditanza al modello medico/sanitario che necessariamente risultava e ancora risulta pesantemente condizionare anche i servizi sociali e educativi (Tosco, Garena, 2021a); si tratta di una cultura che pone al centro l’interazione sistemica con l’ambiente (persone, cose) come ascolto, esperienze, apprendimenti attivi e motivanti, nella convinzione che proprio l’interazione con l’ambiente sia la via maestra per la costruzione in età evolutiva dell’intelligenza e dell’affettività.

Oggi la scuola nello specifico e in generale l’azione educativa nel suo complesso, con le riaperture pur condizionate da tante limitazioni di prevenzione sanitaria ai contagi, si trova in un passaggio delicatissimo di radicale ripensamento formativo, didattico, organizzativo per il futuro che non può prescindere da una stretta integrazione tra Educazione/Formazione/Didattica e Tecnologie digitali comprese quelle a distanza. Come affermato anche dall’attuale e dal precedente Ministro all’Istruzione, oggi da queste, nella scuola, non si può prescindere se si vogliono evitare esiziali percorsi separati tra un ambiente esterno sempre più pervaso di device e programmi digitali nell’ambito lavorativo, ma anche “ricreativo” e una formazione “istituzionale” avulsa dai processi dell’ambiente reale. Occorre nel contempo evitare posizioni estreme: né esaltazione acritica da un lato, né demonizzazione dall’altro. È possibile agire nella direzione di “governo” di questi strumenti a scopi educativi e di promozione umana? Soggetti come le imprese sociali, propensi alla sperimentazione e all’innovazione e sensibili alla qualità dell’educazione, che ruolo possono avere in tale processo?

Si ritiene che una risposta affermativa circa l’integrazione delle tecnologie nell’educazione comporti l’avvio e sviluppo di alcuni processi tra loro complementari e interconnessi:

  • implementazione e diffusione delle innovazioni didattico-formative ancora troppo limitate e a macchia di leopardo sul territorio, per permettere agli strumenti digitali di esprimere le loro potenzialità, evitandone l’utilizzo come semplici surrogati delle tradizionali lezioni frontali in classe, ma assegnando ad essi un ruolo specifico entro metodologie appositamente pensate per un contesto digitale;
  • creazione di percorsi mix integrati con docenze/tutoring in presenza che utilizzano anche strumenti tecnologici e device/piattaforme/programmi sincroni e soprattutto asincroni per la ricerca e gli apprendimenti in autonomia degli allievi individualmente o in gruppo;
  • promozione di nuove modalità di relazione scuola-famiglia volte, come sperimentato soprattutto nelle scuole dell’infanzia e nelle primarie, a superare gli attuali percorsi paralleli e di reciproca delega se non addirittura antagonismo, verso reali coprogettazioni educative (vedi Appendice 2);
  • azioni per favorire da parte di educatori, insegnanti, genitori, allievi occasioni di analisi e valutazione/ autovalutazione sull’utilizzo degli strumenti e programmi digitali. Su quali forme abbiano avuto maggiore efficacia, quali condizioni di appropriatezza per ciascuna in relazione a specifici contesti e situazioni formative; quali le cause di resistenza ad un utilizzo educativo/formativo e didattico di questi strumenti da parte dei bambini/ragazzi e dei genitori; come superare queste resistenze.

Se oggi – in una situazione in cui la pandemia, per quanto attenuata, è ancora presente – è necessario facendo tesoro del passato saper guardare al futuro (Buzio, 2020), si ritiene, anche sulla base delle argomentazioni contenute nel presente contributo, che dal passato, attraversato nel presente, il Terzo settore in generale e la cooperazione sociale nello specifico abbiano i requisiti fondamentali per realizzare anche nell’ambito educativo quel cambiamento post-Covid che non sia un mero ritorno al periodo precedente, ma il superamento per l’intero comparto dell’educazione dell’apparente ossimoro tra educazione e tecnologie digitali.


Appendice 1

Breve rivisitazione del “viaggio” attraverso il Covid-19

L’irruzione del virus ha prodotto effetti devastanti in tutti gli ambiti: economico, sociale, psicologico e dei comportamenti, politico-istituzionale e dei servizi del welfare. Nell’ormai biennale percorso di questa pandemia si sono intrecciate istanze di interessi (salute, economia, socialità, educazione), che hanno concorso via via alle scelte dei decisori politico-istituzionali. Il sistema educativo, nella prima fase trascurato, ha registrato gravi danni per i fruitori diretti (bambini e ragazzi), indiretti (genitori) e per i gestori dei servizi. Per i primi, rilevanti problemi causa isolamento e mancanza di socialità. Per i secondi, enormi preoccupazioni afferenti al lavoro, reddito, cura dei figli. Per gli ETS, drammatiche complessità economico-gestionali. Nel ripercorrere sinteticamente questi anni di pandemia, con un focus sui servizi educativi e scolastici, si individuano sette periodi.

Il lockdown (marzo-maggio 2020)
Dopo una fase di sottovalutazione (dicembre 2019 – prima metà febbraio 2020), ben presto, di fronte alla tragica diffusione dei contagi, sono assunte misure sempre più estese e intense. Dalle "zone rosse", si passa presto al lockdown nazionale (DPCM 9 e 11 marzo) con divieto di spostamento salvo documentati motivi di necessità, salute, lavoro, e sospensione, tranne per quelle essenziali e della filiera, delle attività produttive e commerciali in presenza, sostituite dallo smartworking. Inizia la "Fase 1". Sono chiuse, di fatto già dalle vacanze di carnevale, tutte le scuole (nove milioni di allievi, ottocentomila docenti e non, 40.000 sedi con 370.000 classi), con sola possibilità di DAD. Contestualmente, vengono assunte misure di sostegno e ristoro per economia e lavoro quali cassa integrazione, lavoro a distanza, estensione congedi parentali, blocco licenziamenti.

Graduale riapertura (maggio 2020)
A seguito delle pressioni del mondo produttivo sia datoriale che dipendente e in concomitanza con il miglioramento della situazione epidemiologica, con decreti del 26 aprile e 18 maggio si realizza la “fase 2” di progressiva apertura e convivenza con il virus. Sempre al palo i servizi educativi per i quali si prevede il riavvio in presenza a settembre. Ciò pur essendo ormai evidenti i danni per bambini e ragazzi e le sofferenze economico-finanziarie degli enti gestori, in particolare di quelli delle scuole paritarie e private.

Timide riaperture nei servizi educativi (giugno-agosto 2020)
A seguito della crescita delle preoccupazioni e pressioni per gli effetti del distanziamento prolungato e per la ripresa del lavoro in presenza dei genitori, con decreti del 29 maggio e 11 giugno, sono rese possibili dal 15 giugno – con vincoli di sicurezza – riaperture di parchi gioco, oratori, nidi e scuole dell'infanzia, estate ragazzi, grazie – insieme e di concerto con i Comuni – all'impegno degli ETS. Si realizzano così anche prove di simulazione di riapertura delle scuole a settembre. Il 26 giugno viene emanato il D.M. Ministro Istruzione recante disposizioni quadro per il riavvio. Sono apprezzabili lo sforzo per la promozione di sinergie tra scuola e territorio, supportate, in ossequio al principio di sussidiarietà, da dichiarati sostegni dei livelli istituzionali superiori (Ministero e Regioni); la decisione di affidare alle autonomie scolastica e degli enti locali, nell'ambito di una serie di possibili soluzioni per l'apertura in sicurezza, le scelte specifiche più appropriate nei diversi contesti. Diverse però le criticità in ordine a risorse necessarie per investimenti ordinari e straordinari, richiami “retorici” alla necessità di una “nuova didattica” di cui si parla da almeno mezzo secolo, tuttora attuata in forme ancora residuali e a macchia di leopardo sul territorio.

Riapertura delle scuole (settembre 2020)
Scuola in presenza e in sicurezza sono le parole d’ordine. È ormai opinione comune che la DAD non possa costituire soluzione nel medio-lungo termine. Così, tra fatiche e difficoltà inevitabili, stante i problemi mai risolti e i ritardi negli interventi necessari per le riaperture, si ritorna in presenza in tutte le scuole di ogni ordine e grado, pur in periodi diversi del mese da regione a regione.

Nuove chiusure (novembre-dicembre 2020)
L'aumento dei contagi porta alla richiusura delle scuole a partire dal secondo anno della secondaria di primo grado, pur con differenze da regione a regione, sia in ordine al periodo che ai cicli scolastici.

Altra riapertura (gennaio 2021-fine anno scolastico)
Riaprono (nella maggioranza delle regioni e in periodi diversi) le scuole dell’infanzia, le primarie e secondarie di primo grado (in qualche caso solo le classi prime). Nelle superiori, invece, la riapertura avviene con consistenti percentuali di DAD.

Ripresa autunnale (2021-2022)
Per la scuola tutta nessuno mette più in discussione la necessità delle attività in presenza, con ricorso circoscritto alla DAD in caso di contagi. In un contesto ancora incerto una speranza di normalità è data dai vaccini e dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che, per educazione e istruzione, comporterà investimenti per complessivi 19,44 Mld di euro e per l'inclusione sociale di 19,8 Mld di euro. La sua realizzazione richiederà un gigantesco e integrato sforzo a livello di ricerca scientifica, applicazioni tecnologiche, governo dei processi sociali ed economici, conseguenti cambiamenti gestionali-organizzativi cui il Terzo settore potrà e dovrà fornire un fondamentale contributo.


Appendice 2

Sintesi degli aspetti più rilevanti emersi dall’indagine

Nei colloqui, responsabili ed educatrici dei servizi contattati hanno narrato e documentato nei dettagli operativi l’esperienza sia nel lockdown che alle riaperture con le difficoltà e limitazioni dell’organizzazione in “bolle”.

Nello specifico dei rapporti educazione-tecnologie digitali, educatrici e insegnanti hanno evidenziato complessità e limiti della DAD, o meglio, più opportunamente per la fascia d’età, dei LEAD. Ma anche coscienza delle condizioni di esercizio degli stessi e opportunità offerte, dimostrando capacità di resilienza e creatività (si veda “Materiale sitografico afferente all’indagine”). Ciò in un contesto di scarso utilizzo a fini formativo-didattici del digitale e di resistenza allo stesso dimostrato in generale da pratiche di semplice trasposizione delle lezioni frontali e trasmissive in presenza nei nuovi device e programmi digitali. Non hanno mai fatto esplicito riferimento a fondamenti e presupposti teorico-professionali, dimostrando un “fare riflessivo” indicativo di una ormai consolidata cultura professionale dei servizi educativi per l’infanzia e delle imprese sociali in generale, caratterizzata da quella innovazione pedagogico-formativa che nei segmenti successivi stenta ancora a decollare.

Stante quanto accennato non stupisce che tutti gli interlocutori abbiano sentito il bisogno di acquisire o approfondire, attraverso momenti di autoformazione, confronto tra colleghi, formazione, conoscenza e pratica di piattaforme, applicativi, device informatici applicandoli in congruenti con il modello pedagogico dell’infanzia sopra accennato (si veda “Riferimenti sitografici per il digitale”). Senza gli entusiasmi dei neofiti, ma con il senso critico di chi sa cogliere non solo le potenzialità, ma anche i limiti soprattutto in relazione ai rischi di esposizione allo schermo.

Così come non stupisce il generale respiro di sollievo di tutti gli interlocutori per la riapertura, pur con le tante limitazioni, in presenza e nel contempo l’attenzione a non disperdere, ma sottoporre a revisione, nel nuovo contesto di convivenza con il Covid e magari anche dopo, il patrimonio di esperienza acquisito.

Ad esemplificazione delle considerazioni di cui sopra si riportano, di seguito, stralci dei colloqui che si ritengono significativi e atti a documentare le brevi considerazioni di sintesi sopra espresse, non secondo la sequenza di registrazione/sbobinatura, ma per temi di cui ai paragrafi e sezioni del presente contributo.


I tre arcipelaghi di certezze nella complessità del nuovo contesto

Dopo lo shock iniziale del lockdown abbiamo considerato che dovevamo mettere al centro la relazione anche se a distanza e quindi abbiamo acquisito o affinato le competenze digitali aiutandoci a vicenda, collaborando con gli altri nidi gestiti dalla nostra cooperativa e con il Comune che ci aveva affidato il servizio. Ma abbiamo anche partecipato a corsi on line.

La relazione era possibile se riuscivamo a creare momenti e fare proposte che i bimbi sentissero appartenere anche a loro, partendo quindi da comunicazioni semplici e immediate.

Abbiamo iniziato telefonando alle famiglie, chiedendo notizie loro e dei bambini, inviato mail e whatsapp e predisponendo video di quattro cinque minuti in cui salutavamo i bimbi uno per uno e mandavamo loro un messaggio, cantavamo qualche canzoncina, leggevamo storie, riproducevamo attività che già facevamo al nido e che quindi i bambini potevano riconoscere.

Prima facevamo i laboratori di pittura, cucina, lettura, teatrini, piuttosto che cose fatte a mano e per tutte le fasce di età. All’inizio del lockdown ci spaventava la relazione a distanza; siamo abituati ad interagire direttamente con i bambini e non siamo abituati a distanza, ma abbiamo invece dovuto ricrederci perché, grazie al supporto, partecipazione, presenza dei genitori siamo riusciti a interessare i bambini e mantenere la relazione.


Aspetti teorico-operativi dei legami educativi a distanza nel lockdown

C’è non solo un vedere, ma anche una funzione concreta, quella del fare. Il bambino impara facendo; i bambini fanno le cose all’interno di una relazione; il bello dell’attività è all’interno di una relazione con dei materiali; il bello per loro è riconoscere la loro maestra, il loro modo di fare, ecc. Importante è riconoscere la persona e non la cosa in sé.

Abbiamo utilizzato all’inizio le tecnologie digitali più semplici per noi e per i bambini, quali quelle trasmissive e unidirezionali. Abbiamo fatto cioè televisione con la differenza che nello schermo non sono persone sconosciute, ma le loro educatrici e maestre.

Abbiamo voluto dare ai bambini la possibilità di riconoscere e ritrovare le loro educatrici/insegnanti, anche se in un contesto diverso, attraverso saluti e messaggi, auguri per le festività, compleanni e onomastici, letture e narrazioni; tutte attività da svolgere in collaborazione con i familiari o autonomamente richiamando esplicitamente esperienze e routine conosciute.

Per i più grandi, dai tre anni, abbiamo proposto laboratori leggeri, fruibili e facili da seguire attivamente anche da soli per non appesantire di impegni ancor di più i genitori, cui, peraltro, in sincrono, ma anche in forma asincrona, abbiamo proposto cose da fare e costruire insieme ai figli.

Come mamme e non solo educatrici ci siamo subito messe dalla parte dei genitori che hanno figli al nido. I nostri figli trovavano pesanti le esposizioni al video, una cosa che per loro richiamava il distacco e alcuni genitori dicevano che i loro figli parevano non aver piacere di vedere questi video. E da qui si imponeva una riflessione. Ma qualcosa bisognava fare. Allora abbiamo deciso di rivolgerci ai genitori per andare ai bambini. Sarebbero stati almeno all’inizio loro a gestire il rapporto anche attraverso slides e suggerimenti che mandavamo. 


Legami e collaborazioni educative a distanza con i genitori nel lockdown

Ai laboratori online c’erano un gruppo di famiglie che partecipavano regolarmente e volentieri perché tenevamo i contatti con i bambini e occupavamo una parte di quelle giornate molto lunghe soprattutto per quelli che vivevano in appartamento in città. Ma non tutti partecipavano, un po’ perché non avevano i dispositivi adatti o non se la sentivano.

Abbiamo provato anche a riproporre un rapporto con i nonni e un loro coinvolgimento, ma a distanza non è la stessa cosa. In alcuni casi i genitori sono stati aiutati in presenza dai nonni, ma in generale si è riscontrato da parte dei genitori un atteggiamento di grande protezione nei loro confronti.

Come riuscivano i genitori spesso impegnati nello smart working a seguire i bambini tutto il giorno? Era inevitabile lasciare i piccini a pasticciare per loro conto, soprattutto con TV e nuovi device digitali.

Sarà da vedere quanto i bambini piccoli subiranno danni evolutivi per una grande esposizione ai device digitali. Già in periodo pre-covid facevano colazione con video e telefonini e noi avvertivamo a non esporre allo schermo i bimbi più di mezz’ora.

Le nostre proposte in remoto forse rispondevano di più a speranze dei genitori che a esigenze dei bambini. Perché ai bambini, nel momento in cui ci sono adulti con loro, va bene anche se non sono educatrici o maestre e benissimo se genitori o nonni.

Certo la proposta a distanza, che tiene almeno relativamente liberi i genitori, può andare bene dalle secondarie in su, in parte forse anche alla primaria, perché il figlio può stare da solo online o è piuttosto autonomo. Ma nel caso di nido e infanzia il genitore deve comunque esserci. Non può affidarli a distanza all’educatrice/insegnante, ma deve compartecipare, essere presente.

I genitori ci rimandavano tanto la fatica di gestione, di tenere impegnati i bimbi mentre si lavorava in smart working, evitando di incollarli al televisore, la fatica di come spiegare ai bambini questo cambiamento improvviso.

Abbiamo mandato un video della nostra coordinatrice pedagogica su aspetti della genitorialità al tempo del Covid e anche piccole informazioni tipo, per esempio, alle donne in gravidanza, ma, più che altro, per mantenere una relazione, ma anche offrire comunicazioni corrette in quanto su internet si trova certo tutto, ma anche, purtroppo, spesso di tutto.

Ai genitori deve essere chiaro che le nostre proposte non sono per tenere buoni i bambini e far fare loro delle cose. Le attività venivano presentate con modalità asincrona e poi si sarebbe organizzato da parte loro di farle nell’arco della giornata. Il messaggio è far mantenere ai bambini dei ritmi costanti per mattino, pomeriggio, giorno, ma non è come nelle primarie e oltre: 9-12.30, perché c’è il programma e i compiti da svolgere.


La riapertura

Le attività a distanza non permettono di perseguire gli obiettivi di fondo di servizi educativi per l’infanzia. Con la ripartenza in presenza occorre riprendere strategie importanti da promuovere nei contesti educativi in ombra durante l’isolamento.

Noi abbiamo gestito la comunicazione a distanza solo nella prima fase nei mesi di marzo e aprile, ma già abbiamo potuto smettere a maggio in quanto non siamo nido e scuola infanzia. Ritornare a fare attività in presenza pur con tutte le attenzioni e limitazioni ha aiutato a riprendere speranza e offerto sollievo.

Non c’è nessun riscontro positivo dalla modalità di educazione a distanza, nullo risulta il vantaggio per i bambini e le famiglie, almeno adesso che siamo tornati in presenza.

Il bambino lasciato solo con questi strumenti è in pericolo, ma lo è anche con adulti che non siano in grado di avere le competenze per sostenere e gestire apprendimenti ed educazione con questi strumenti.

Con il ritorno in presenza e le molte regole di prevenzione sanitaria imposte non è più possibile dedicare tempo alla formazione e trasmissione/comunicazione di messaggi e contenuti a distanza.

Noi non abbiamo mai abbandonato una comunicazione digitale, ma mantenuta proprio per le cose che in presenza non si possono ancora fare soprattutto a causa delle limitazioni connesse alle misure di prevenzione e alla struttura delle “bolle”. Ma non è detto che non continueremo anche quando non ci saranno più limitazioni. Per esempio i colloqui con i genitori e la possibilità così di poter contattare con piattaforme digitali quelli che per vari motivi non possono partecipare, così come di tenerli informati e coinvolgerli sulla vita al nido dei figli.

Io faccio come servizio delle proposte, le consegno con un programma asincrono ai genitori e sono loro a decidere, insieme ai bambini, quando e cosa fare in base ai ritmi di vita domestici ed extrascolastica. In forma asincrona si potrebbero per esempio fare cose coordinate con quelle che vengono fatte in presenza.

I nuovi genitori si trovano spaesati: con le bolle non c’è confronto, si lasciano i bimbi fuori, non si entra, non si vedono spazi, locali, anche solo la gestione degli armadietti. Non tutti si trovano a loro agio con le comunicazioni a distanza che comunque adesso facciamo. E così stiamo pensando anche di fare incontri in presenza a micro gruppi con vecchi e nuovi genitori.

Adesso siamo più abituati sul lavoro a distanza e forse a distanza faremo momenti di confronto. Sono in programma – in sincrono interattivo – incontri con pediatra e psicoterapeuta su argomenti scelti dai genitori.

Il bambino può giocare alle carte con un programma interattivo, ma con me ti puoi arrabbiare, contestare, ecc. e alla fine apprendere come si sta con il nonno, con la sorellina; ma come ti relazioni con il computer? Il bambino non può che apprendere la solitudine di fronte allo schermo.

Se non c’è il genitore, da soli i bambini possono guardarsi un cartone come oggetto fruibile in modo autonomo, ma noi non abbiamo alcun interesse a promuovere un suo stare passivo di fronte ad un telefonino che fa le veci di una TV. Devono essere i genitori e/o i nonni, cioè delle figure adulte, a partecipare stando loro accanto per relazionarsi e interagire.

Non buttiamo via il digitale pur mantenendo la priorità per l’apertura in presenza. Bisogna riflettere invece su utilizzi integrati di metodi e strumenti in relazione all’età, agli obiettivi formativi, ai percorsi per raggiungerli.


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www.invalsi.it 


Materiale sitografico afferente all’indagine

Facebook: gruppo abele genitori figli, video (spazio bimbi)
Facebook: arcobirbaleno, video (centro per famiglie e bimbi)
Facebook: milleunacoccola video (due nidi e uno spazio bimbi 0-6 e famiglie)
Internet: Cooperativa Il Margine su Home Kits (un nido e una scuola infanzia)

Note

  1. ^ Pur essendo stato dichiarato, ai massimi livelli di Governo, per l’anno scolastico 2021-2022 l’obiettivo “mai più DAD”, a poco più di una settimana dall’apertura in Italia erano sospese le lezioni in presenza dalle materne alle superiori per oltre 200 classi con più di 5.000 studenti a casa con un preoccupante progressivo aumento. Ma da inizio novembre, il numero di contagi (presumibilmente per l’aumento dei vaccinati oltre i 12 anni) si è stabilizzato e le classi in DAD sono diminuite a causa di criteri più chiari e formalizzati, nonché progressivamente meno restrittivi rispetto ad ottobre quando in genere andavano in DAD intere classi per un solo contagiato e la scuola intera se erano interessate più classi. Infatti il documento per l’individuazione e la gestione di casi Covid in ambito scolastico – sottoscritto da Ministeri Salute e Istruzione, Regioni, Istituto Superiore di Sanità – prevede che nelle scuole primarie e secondarie in caso di un solo contagio venga fatto subito un tampone molecolare a tutti e in caso di negatività (a parte i contatti stretti valutati caso per caso dall’ASL) gli altri rimangano in presenza. In caso di due contagi – subito o evidenziati dallo screening – i guariti e i vaccinati fanno doppio tampone e gli altri vanno in quarantena di 10 giorni. Al terzo contagio tutti in quarantena (7 giorni i vaccinati e 10 i non, insegnanti compresi, altrimenti questi ultimi fanno il tampone solo se hanno trascorso nella classe con uno o due positivi almeno 4 ore nelle precedenti 48). Nel caso dei servizi educativi per l’infanzia con un solo contagio tutti a casa in quarantena compresi educatrici e insegnanti.
  2. ^ Si veda in appendice 1 una sintetica trattazione.
  3. ^ Si è scelto di focalizzare l’indagine sui servizi per l’infanzia in quanto in tutto il periodo della pandemia gli effetti della loro chiusura per i bambini sono stati a livello sociale, politico e delle istituzioni i meno considerati nell’ambito dell’educazione, mentre l’attenzione si è piuttosto rivolta alla didattica digitale a distanza, in particolare per le secondarie di secondo grado.
  4. ^ Si è scelto di condurre l’indagine in servizi gestiti da ETS e in particolare da cooperative sociali, non solo perché gestiscono il 70% di nidi e scuole dell’infanzia, ma anche come verifica sull’effettivo esercizio della loro mission come soggetti strategici in un sistema di welfare mix.
  5. ^ Molto opportunamente per l’infanzia si parla non di DAD o DDI, ma di LEAD - Legami educativi a distanza. Il documento di maggio 2020 della Commissione infanzia del sistema integrato 0-6 ex d.lgs. 65/217: “Orientamenti pedagogici sui LEAD: Legami educativi a distanza, un modo diverso per fare nido e scuola dell’infanzia” (vedi “Riferimenti sitografici per il digitale”) definisce strategie di contrasto al rischio di privazione prolungata delle relazioni in una età in cui sono fondamentali, per l’evoluzione e gli apprendimenti, i legami affettivi e motivazionali. Definisce i LEAD come costruzione di un ambiente virtuale; un ossimoro reso possibile dalla tecnologia e anche una occasione per riflettere su un reale cambiamento dei metodi e prassi educative, ma pure una possibilità di rinsaldare il patto educativo tra scuola e genitori. Fornisce infine indicazioni ed esempi di concrete proposte di offerta formativa, pur a distanza, con al centro l’esperienza attraverso il gioco; ritmi, programmazione nella giornata, esercizio di percorsi di coscienza di ciò che sta accadendo e immaginazione del futuro.
  6. ^ Hanno partecipato ai colloqui responsabili/educatrici dei seguenti servizi: Binaria Bimbi/Genitori e figli, Gruppo Abele, Torino; Progetto Caleidos, Cooperativa Valdocco, Settimo Torinese (TO); Nido I Bambini di Terezin, Cooperativa Il Margine, Grugliasco (TO); Centro per le famiglie e i bimbi Arcobirbaleno, Cooperativa Progetto Tenda, Torino; Nido Pollicino, Cooperativa Stranaidea, Torino; Nido Milleunacoccola, Cooperativa Valdocco, Torino; Nido di Favignano, Cooperativa Valdocco. Biella.
  7. ^ Alla DAD, resa possibile grazie allo straordinario impegno della maggior parte dei docenti, non si possono attribuire gli effetti dell’isolamento e rarefazione delle relazioni e opportunità di esperienze. Già da una prima indagine del Gaslini (“Bambini e covid-19” in “Riferimenti sitografici per il digitale”) emergono per oltre due terzi del campione: disturbi del sonno, irritabilità, stati d’ansia, cambiamenti del tono dell’umore. Nel contempo si riscontra un aggravamento delle povertà educative, dispersione, abbandono, già presenti in modo preoccupante prima del Covid (Tosco, Garena, 2018). Ma della Didattica a distanza non si possono comunque tacere i limiti strutturali a livello di educazione. Se la scuola dovrebbe essere “per la vita attraverso la vita” (Decroly, 1971) nel mondo virtuale invece rischia di essere tecnologica, asettica, impersonale, priva di emozioni e sentimenti. Senza socialità e relazioni positive, staccata dal territorio reale. Occorre poi rilevare i rischi di eccessiva esposizione agli schermi riflettendo anche su come la DAD e la DDI rischino di sommarsi e non sostituirsi, neanche in parte, all’ordinario sovrautilizzo dei “potentissimi” programmi digitali “ricreativi” già troppo seguiti in epoca pre-Covid e sottoposti alle regole della tecnica e del mercato spesso estranee alle istanze formative, comprese quelle etico-valoriali. Ma forse occorre anche chiedersi quanto, nella generalità, la scuola in presenza di oggi contribuisca davvero alla “vita attraverso la vita”. In generale sono evidenti i ritardi nell’utilizzo appropriato delle nuove tecnologie digitali, limitate, almeno fino all’irrompere del Covid, alla razionalizzazione e miglioramento di adempimenti formali-burocratici. Pur riconoscendo l’enorme sforzo dei servizi educativi, nella generalità sono state utilizzate piattaforme create per ambiti diversi da quello formativo cui sono state trasferite tipo “video conferenza” le modalità d lezioni frontali tradizionali in presenza. Ma la DAD sembra anche non essere sufficiente per il mantenimento dei livelli di istruzione. Gli ultimi dati delle prove INVALSI, indicative, pur con limiti metodologico-valutativi, del livello di competenze/conoscenze nel periodo DAD indicano rispetto all’a.s. 2018-19 (l’ultimo di rilevazione pre-Covid) un “tracollo” soprattutto in italiano e matematica (vedi “Riferimenti sitografici per il digitale”). Si pone però anche l’interrogativo se questi limiti siano solo strutturali o non piuttosto amplificati dall’utilizzo in generale necessariamente affrettato e poco competente che non ha permesso un uso appropriato delle reali attuali potenzialità del digitale, concepito e implementato attraverso una autentica intenzionalità educativa in grado di connettere il territorio virtuale con quelli reali dei ragazzi.
  8. ^ Vari studi delle neuroscienze, confermati dalla pediatria e dalla pedagogia, hanno dimostrano come l’utilizzo delle tecnologie digitali nei primi due anni di vita inibisca lo sviluppo neuronale e delle sinapsi (MacLean, 1984). I bambini 0-2 anni non dovrebbero essere mai esposti ai media digitali. L’esposizione prolungata agli schermi è considerata dannosa anche nella seconda infanzia. Dai 3 ai 5 anni tutti gli strumenti digitali e i media “tradizionali”, per non risultare di pregiudizio per lo sviluppo sia in forma diretta (sviluppo neuronale) che indiretta (eccessiva sedentarietà, stress visivo ecc.) dovrebbero essere utilizzati al massimo un’ora al giorno (Capellani, 2018), mentre almeno tre ore dovrebbero essere dedicate ad attività fisiche e dieci al sonno. Lo stare davanti ad uno schermo inibisce non solo le opportunità cognitive in quanto il pensiero infantile è strutturato per schemi senso-motori e rappresentazioni concrete-operative (Piaget, 1970), ma anche l’esercizio di funzioni affettivo-relazionali fondamentali per lo sviluppo. Infatti, in questa età i bambini iniziano giochi cooperativi, imparano a seguire e rispettare le regole del gioco o addirittura a crearne in modo condiviso (Vygotskij, 2007). Pur con rilevanti limiti per l’intero primo ciclo di studi (6-14 anni), si ritiene, invece, possibile l’utilizzo, a particolari condizioni, della DDI.
  9. ^ Vedi nota 1.
  10. ^ Per aspetti culturali, progettuali, professionali, organizzativo-gestionali, economico/finanziari in generale e nello specifico dei servizi educativi afferenti al Terzo Settore si veda il paragrafo: “Educazione e Tecnologie digitali. Sfide e prospettive per il Terzo Settore nella ricomposizione di un ossimoro”.
  11. ^ Di seguito alcuni esempi, dal video semplice e unidirezionale al complesso e interattivo realizzati dalle cooperative intervistate. Dall’asincrono al mix sincrono-asincrono (vedi anche “Materiale sitografico afferente all’indagine”): *) Le maestre vi salutano. Ci sono le foto delle maestre e se si clicca sopra a ciascuna compare il video della maestra che saluta i bimbi e dice loro delle cose. *) Storie con visione di libri con figure grandi e stilizzate da un lato e dall’altro piccole e semplici frasi che vengono lette dall’educatrice tipo: “Il draghetto che mai vuole andare a letto…”. *) Storie raccontate con il semplice uso delle mani e delle dita o costruite su un teatrino con fogli mobili disegnati. *) Tutorial per fai da te tipo costruzione di giochi con materiale semplice disponibile a casa: fare tempere, pasta, dolci, una macchinina, e altre cose che ricordano ai bambini cosa si faceva al nido. *) Laboratori su piattaforme in sincrono che permettono processi di comunicazione interattiva quali canzoncine cantate in diverse lingue e poi riprodotte tra i bambini e condivise alla fine in un unico video, oppure con esperienze motorie, di danza, yoga, piccoli esperimenti. *) Video (a ridosso delle riaperture in presenza) con animazioni dove le maestre spiegano a più voci, e mimando i gesti, le precauzioni che si devono prendere e le regole nell’ambito dei provvedimenti previsti dalle norme di prevenzione del contagio.
  12. ^ I genitori possono essere liberi con le “proposte a distanza”, almeno in parte, già nelle primarie perché il figlio può fruirne in autonomia e al massimo interpellare l’adulto, se in difficoltà.
  13. ^ Nei nidi e nelle scuole dell’infanzia si parla di “bolle” in coerenza con quanto disposto dal DPCM 17 maggio 2020 allegato 8 per la gestione in sicurezza delle attività estive nella fascia 3-5 anni. L’11 giugno 2020, dopo le insistenze di professionisti, insegnanti, genitori, le disposizioni di questo provvedimento vengono allargate ai nidi e in genere alla fascia 0-3. Si tratta di norme di sicurezza stringenti con piccoli gruppi autonomi e senza rapporti tra loro, chiamati appunto “bolle”. Nei nidi ogni educatrice può lavorare solo con gli stessi bambini (al massimo sette); i piccoli non si possono spostare da un gruppo all’altro e i gruppi non possono avere nessun rapporto tra loro.
  14. ^ Vedi nota 1.
  15. ^ Vedi nota 13.
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