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ISSN 2282-1694
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Numero 4 / 2021

Saggi

Partecipazione e coinvolgimento nell’impresa. Tra esperienza, fattibilità e strumenti

Michele Pasinetti, Elena Rocca, Silvia Sacchetti, Riccardo Bodini

Abstract

Prendendo spunto dalle riflessioni emerse dalla partecipazione ad un bando di studio promosso da Invitalia – l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa – all’interno di un filone di ricerca sul mondo cooperativo in relazione agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, questo saggio intende contribuire all’identificazione e alla sistematizzazione del modo in cui, all’interno di un’impresa, una governance partecipata può produrre sia esiti immateriali – quali un aumentato valore percepito e/o una maggior appartenenza delle persone coinvolte – sia risultati materiali necessari allo sviluppo dell’impresa stessa – quali la creazione di prodotti e servizi o la formalizzazione di reti e partenariati funzionali all’innovazione.

Come la governance partecipata diventi, quindi, strumento per una sostenibilità integrata del fare impresa sociale oggi, coniugando sviluppo economico, attenzione all’ambiente e produzione di valore sociale, è l’interrogativo che ha accompagnato e continua ad accompagnare la ricerca qui presentata. Tale domanda è resa ancora più attuale dai profondi cambiamenti sollecitati dalla crisi delle culture organizzative tradizionali di fronte all’esperienza pandemica.

Al fine di rispondere a questo interrogativo, l’articolo si struttura in due macrosezioni: la prima, di taglio teorico, indaga l’importanza dell’inclusione e della partecipazione all’interno delle imprese, con particolare riferimento alle imprese sociali. La seconda, adottando un approccio field based di tipo empirico, analizza la messa in atto di pratiche di governance partecipata partendo da un’osservazione partecipante dell’esperienza di Rete CAUTO, una rete di cooperative sociali bresciane che opera da ventisei anni progettando ed erogando servizi e consulenza nell’ambito della sostenibilità integrata. Contando circa 500 lavoratori, una percentuale di inserimento lavorativo (legge 381/91) pari al 41,9% e circa 25 milioni di euro di fatturato, Rete CAUTO ha sviluppato negli ultimi anni diverse esperienze progettuali di governance partecipata, da cui trarre apprendimenti e linee di sintesi che possano dare risposta alla domanda di ricerca.

L’approccio metodologico utilizzato per la parte empirica della ricerca, fortemente multidisciplinare, spazia da teorie classiche in uso nelle ricerche sociali – quali la teoria del cambiamento e l’approccio di matrice antropologica all’osservazione partecipante – a teorie di stampo gestionale quali il project cycle management ed il service design. Lo studio comprenderà, infatti, sia la ricognizione dell’esperienza maturata attraverso l’analisi di cinque case histories di progetti partecipativi, sia la loro modellizzazione al fine di renderli replicabili in altri contesti. A questo proposito, particolare attenzione verrà prestata a quattro dimensioni di fattibilità della governance partecipata:

  • organizzativa, attraverso una struttura di governo chiara e trasparente nei processi decisionali e nei ruoli, in grado di valorizzare – attraverso l’approccio partecipativo – l’intelligenza collettiva dell’organizzazione;
  • giuridica, con l’adozione di forme giuridiche adeguate che consentano di mettere a valore comune competenze professionali e trasversali per l’intera comunità di interesse;
  • tecnica, intendo la presenza, in ruoli apicali, di profili professionali con solide competenze organizzative e trasversali, in particolare con capacità “negativa”, ossia la capacità di condurre e coordinare incertezze derivate da scenari e processi complessi, oltre che in grado di individuare e valorizzare agenti di cambiamento interni ed esterni all’organizzazione;
  • economica, agendo per famiglie di progetti, che allenano ad un cambiamento continuo, e non attraverso programmi d’intervento strutturati, molto onerosi e poco funzionali.

Keywords: partecipazione, governance, governance partecipata, impresa sociale, cooperazione sociale

DOI: 10.7425/IS.2021.04.01

 

Introduzione

Ormai da tempo si sta assistendo alla crescita, in termini di dimensioni e complessità, dei bisogni a cui lo Stato, da una parte, e le imprese tradizionali, dall’altra, faticano sempre più a fare fronte. Uno scenario in cui aumentano, allo stesso modo, le aspettative nei confronti del mondo dell’impresa sociale. La pandemia da Covid-19 ha inevitabilmente acuito una situazione già critica, generando nuove fragilità e bisogni a cui dare risposta, mettendo a nudo, per molti aspetti, l’inadeguatezza non solo del paradigma neoliberista che ha caratterizzato gli ultimi decenni – per altro già messo in discussione dalla crisi finanziaria del 2008 – ma anche quella dei sistemi di welfare e sanitari.

La costruzione di risposte efficaci ai bisogni vecchi e nuovi della società in un’era post-covid dovrà passare dal potenziamento delle risorse a disposizione, da una rinnovata progettazione di un’offerta integrata di servizi sociali e sanitari e dalla promozione di politiche attive del lavoro innovative capaci di intercettare le situazioni di marginalità sia preesistenti che post pandemiche.

Sebbene si stia assistendo ad un ritorno dello Stato, l’azione pubblica in questi ambiti si sta concentrando più sulla costruzione di infrastrutture che sull’organizzazione dell’offerta di servizi. Il lavoro di ripensamento delle politiche sociali, sanitarie, educative e del lavoro dipenderà quindi in larga parte dalle organizzazioni della società civile, a partire da quelle più strutturate e che muovono più risorse: le imprese sociali e, in particolare, le cooperative sociali ed i loro consorzi.

In questo processo l’impresa sociale è chiamata a coordinarsi con attori diversi, sia pubblici che privati, nella co-costruzione di sistemi di servizi territoriali che mettano al centro i bisogni delle persone e delle comunità in un’ottica integrata, mobilitando le risorse di cui la stessa comunità, nel suo complesso, può disporre e che possono essere messe, in questo modo, a valore. Si tratta di un’esigenza che chiama in causa la capacità delle imprese sociali nel relazionarsi con una pluralità di interlocutori esterni, ma anche la necessità di migliorare la capacità di fare leva sulle sue risorse interne, attingendo a un patrimonio che non è solo economico, ma fatto anche di competenze, conoscenza, motivazione dei propri lavoratori e altri stakeholder primari.

A questo fine è particolarmente importante quello che è sempre stato un tratto distintivo dell’impresa sociale, quanto meno nella tradizione italiana ed europea: il ricorso a modelli di governance inclusiva. La letteratura sulla governance evidenzia infatti il collegamento tra i meccanismi di governo ed i risultati ottenuti dall’organizzazione, mettendo l’accento sull’importanza di adottare forme di governance inclusiva in particolare proprio quando si affrontano problemi complessi e situazioni di asimmetria informativa (Sacchetti, Catturani, 2021). Le istituzioni formali di governance inclusiva, tuttavia, non sono sufficienti a garantire il risultato: occorre infatti creare le condizioni per una reale partecipazione dei diversi portatori di interesse ai processi decisionali, lavorando non solo sugli organi di governo, ma anche (se non soprattutto) sui processi organizzativi e sui dispositivi che generano empowerment e coinvolgimento attivo di soci e lavoratori.

In questo paper cercheremo di indagare le dimensioni e i fattori della governance partecipata combinando la riflessione teorica con un caso studio empirico al fine di estrapolare alcuni elementi di apprendimento per la ricerca e la pratica. L’articolo è strutturato in tre parti principali: nella prima presenteremo le caratteristiche strutturali e procedurali della governance inclusiva, passando in rassegna i principali contributi della letteratura scientifica sui suoi presupposti comportamentali all’interno dell’organizzazione, sui fattori che generano empowerment e partecipazione e sul ruolo della conoscenza. La seconda parte illustrerà il caso studio di Rete CAUTO, partendo da una breve descrizione dell’organizzazione e degli elementi che al suo interno l’hanno condotta ad affrontare un cambiamento verso una maggiore partecipazione. Il caso studio descriverà, poi, cinque progetti partecipati portati avanti da CAUTO negli ultimi anni e che hanno coinvolto sia i lavoratori che alcuni portatori di interesse esterni alla cooperativa. L’ultima parte del caso studio punterà l’attenzione su alcune procedure e dispositivi organizzativi che hanno consentito l’effettiva partecipazione all’interno dei progetti proposti. Il paper si concluderà con alcune osservazioni sugli apprendimenti di ordine generale deducibili dallo studio di caso, anche in un’ottica di trasferibilità ad altre organizzazioni e di implicazioni per la riflessione sulla governance partecipata.

Le caratteristiche strutturali e procedurali della governance inclusiva

La governance delle organizzazioni che si fondano su principi di cooperazione si presta per sua natura ad una riflessione sul ruolo dell’inclusione e della partecipazione e sugli esiti che soluzioni organizzative di questo tipo producono per le persone e per la comunità. La letteratura scientifica ha messo in relazione una varietà di possibili soluzioni di governance con la loro capacità di includere e far partecipare gli stakeholder d’impresa e promuovere l’interesse collettivo, producendo esternalità (Sacchetti, Sugden, 2003; Sacchetti, 2015; Sacchetti, Borzaga, 2020; Sacchetti, Catturani, 2021; Santos, 2012). A questo proposito, in un precedente lavoro (Sacchetti, 2015), si sono analizzate le specificità e le implicazioni di due stili alternativi di governance, caratterizzati dal mettere rispettivamente l’accento l’una su caratteri di esclusività e l’altra su caratteri di inclusività. Quest’ultima è di particolare interesse, in quanto incorpora i valori della cooperazione ad un livello profondo, che si verifica quando questi si riflettono sia nella struttura di governo che nelle pratiche organizzative. La governance inclusiva, in sintesi, si caratterizza per i suoi alti livelli di partecipazione da parte degli stakeholder, favoriti e predisposti da specifiche pratiche e strategie organizzative, mentre ad un livello più specificatamente strutturale attribuisce il diritto di accesso agli organi decisionali, di indirizzo e controllo. Il presupposto è che gli stakeholder siano identificabili e disposti a partecipare attivamente alla definizione delle strategie ed iniziative di un’impresa (con o senza diritti di proprietà). Questa soluzione implica la presenza di specifiche norme statutarie e regolamentari, che definiscano il diritto degli stakeholder di accedere agli organi di governo del controllo strategico (Helmsing, Vellema, 2011). Ciò implica che siano rappresentati nei consigli di amministrazione delle organizzazioni e che i manager possano legittimamente perseguire molteplici interessi piuttosto che quelli di un solo stakeholder chiave (Blair, Stout, 1999).

Nelle strutture inclusive, il principio di autorità tipico del coordinamento organizzativo è giustificato da quello che può essere chiamato un pre-accordo tra i portatori di interesse sul fatto che tale autorità sarà utilizzata insieme a criteri di equità, inclusione e partecipazione. Ciò significa che gli stakeholder legittimano l’autorità purché i risultati siano distribuiti equamente ex post e gli interessi degli stakeholder siano rappresentati equamente nella definizione ex ante della direzione strategica dell’impresa (Sacconi, 1991).

L’approccio di governance inclusiva sottolinea in sostanza che, affinché si verifichino esiti positivi su stakeholder e collettività in senso lato, le caratteristiche strutturali devono essere supportate e rese vitali da una coerente pratica organizzativa, che aspiri a creare una cultura partecipativa tra gli stakeholder, così delineando una visione complementare agli approcci consolidati nell’economia organizzativa concentrati invece su questioni di efficienza interna (Coase, 1937; Williamson, 1973; Appararo et al., 2019).

Presupposti comportamentali

Se consideriamo i lavoratori come stakeholder di riferimento per questa analisi, possiamo pensare a livelli profondi di cooperazione in contesti organizzativi in cui l’impresa è gestita con un approccio “umanistico”, ossia incentrato sulla persona e sulla qualità delle relazioni dei lavoratori, privilegiandone la partecipazione, l’equità e l’autorealizzazione, un concetto che troviamo alla base degli approcci contemporanei di psicologia organizzativa. L’approccio umanistico trae le sue origini dalla teoria dei bisogni di Maslow (Maslow, 1998; McGregor, 1960), poi reinterpretata in anni più recenti dalla self-actualisation theory di Deci e Ryan (2000). Questi autori ci suggeriscono che l’autorealizzazione può essere vista come lo sviluppo del pieno potenziale di una persona. Nel contesto organizzativo questo può avvenire attraverso processi che favoriscono l’autonomia (avere un luogo interno di determinazione), la competenza (padroneggiare efficacemente le abilità rilevanti) e la relazionalità (vicinanza e relazione con gli altri) (Deci, Ryan, 2000). Applicata alle risorse umane, la realizzazione di queste tre caratteristiche presuppone la possibilità di partecipare, nonché che gli individui abbiano la volontà e le capacità di esprimere e modellare attivamente l’ambiente organizzativo, utilizzando le proprie competenze, piuttosto che essere destinatari passivi di incentivi comportamentali (Van den Broeck et al., 2017; Sacchetti, Tortia, 2013).

L’idea è che l’individuo – e ad esempio, quindi, il lavoratore in una cooperativa – non sia necessariamente visto come un soggetto da controllare in quanto a rischio di comportamenti opportunistici dannosi per l’organizzazione (come nella teoria organizzativa tradizionale basata sui costi di transazione). Piuttosto, il lavoratore è ritenuto una persona che preferisce dare un contributo positivo, apprendere ed impegnarsi qualora le condizioni lo permettano e fino a prova contraria (Maslow, 1998; Sacchetti, Tortia, 2020). In questo senso, strutture di governance inclusive possono riconoscere questi presupposti comportamentali, e definire processi partecipativi che creino le condizioni affinché le motivazioni positive (anziché quelle negative) delle persone vengano abilitate e promosse.

Partecipazione ed empowerment

Le strutture inclusive definiscono il “contenitore” all’interno del quale può svilupparsi una reale partecipazione. L’organizzazione sviluppa specifiche competenze strategiche in questo senso, ossia competenze che riguardano la capacità di creare processi partecipativi che motivino gli stakeholder a contribuire attraverso la propria intelligenza creativa (Sacchetti, 2015). Il coinvolgimento e la partecipazione sono stati studiati non solo in ambito organizzativo parlando di empowerment (Gandz, Bird, 1996), ma anche nel campo dello sviluppo urbano e negli studi di comunità (Perkins, Zimmerman, 1995). La letteratura sull’empowerment, in particolare, evidenzia il rispetto reciproco, la riflessione critica, la cura e la partecipazione nei processi quali elementi che consentono alle persone di avere un potere di influenza sulle decisioni, ad esempio quelle che riguardano l’allocazione delle risorse, le scelte strategiche e le scelte operative (Perkins, 2000; Sacchetti, Tortia, 2016). Ad esempio, la creazione di regole e routine che supportino la capacità di “voice” degli stakeholder e includano le loro conoscenze esperienziali nel processo decisionale sono state riconosciute come efficaci nell’individuare bisogni e progettare processi in grado di fornire risposte efficaci e più innovative (Hirschmann, 1980).

Nella letteratura organizzativa, gli studi sull’empowerment si riferiscono principalmente ai lavoratori, sebbene altre forme di empowerment – evidenziate più ampiamente dalla letteratura sulla teoria degli stakeholder – si riferiscano anche ad altri gruppi (ad esempio consumatori, utenti e fornitori) (Freeman et al., 2010). In questo contesto, l’empowerment ha una duplice funzione: da un lato migliora le caratteristiche che consentono la self-actualisation (autonomia, competenza, relazionalità) citate sopra, generando dunque un beneficio per l’individuo, dall’altro può migliorare le prestazioni delle organizzazioni (Bogart, 2013; Wilkinson, 1998). Questi risultati possono essere generati in diversi modi; un buon esempio di empowerment dei lavoratori è fornito da Gandz e Bird (1996), che ne identificano diverse forme:

  1. empowerment di ruolo (relativo alla discrezionalità dei lavoratori nel decidere del proprio lavoro);
  2. responsabilizzazione premiante (relativa alla qualità delle prestazioni dei lavoratori);
  3. responsabilizzazione dei processi (consentire ai lavoratori di influenzare la progettazione dei processi organizzativi);
  4. responsabilizzazione della governance (i lavoratori partecipano ed influenzano la direzione dell’organizzazione).

I primi tre punti riguardano i processi legati all’organizzazione del lavoro, alla valutazione dell’operato di ciascuno e alla partecipazione dei lavoratori nella definizione e autogestione delle attività ordinarie; il quarto punto riguarda, invece, la direzione strategica e pertiene la definizione delle strutture di governance.

Conoscenza

Consideriamo la conoscenza e la sua socializzazione come una caratteristica delle interazioni cooperative, rafforzate soprattutto da strutture di governance inclusiva e dai processi partecipativi, dove l’accesso al processo decisionale e alla definizione dei progetti rafforza la cooperazione profonda, portando all’apprendimento congiunto, al miglioramento delle competenze e alla co-produzione di soluzioni a problemi condivisi.

Le strutture inclusive e partecipative sono particolarmente adatte a consentire questo processo perché mirano esplicitamente a far sì che la persona possa contribuire con la propria conoscenza esperienziale, critica e creativa ad esplicitare i propri bisogni (Sacchetti, 2015). Inoltre, il processo partecipativo e dialogico in cui gli stakeholder si impegnano attraverso una comunicazione aperta non solo promuove l’apprendimento reciproco e la creatività (Dewey, 1954), ma contribuisce anche a motivare gli stakeholder (Amabile, 1997; Hirschman, 1982; McGregor, 1960).

Il ruolo della conoscenza è stato oggetto di dibattito da parte di molti autori sia in ambito economico che aziendale, tanto che le imprese sono state spiegate non solo rispetto alla loro capacità di minimizzare i costi di transazione o di ridurre i problemi di agenzia, ma anche rispetto alla capacità di promuovere la creazione di conoscenza, di trasferirla e di utilizzarla dei processi di innovazione (Kogut, Zander, 1993; Loasby, 2006; Nonaka, Takeuchi, 1995). In parallelo, l’approccio di economia evolutiva di Nelson e Winter (1982) ha spiegato come le organizzazioni possano sviluppare le loro capabilities sotto forma di routine, e come queste possano essere apprese e tramandate da un’entità collettiva come quella organizzativa. Più recentemente, altri autori hanno messo in evidenza come la capacità di creare e traferire conoscenza interagisca con la governance (Grandori, 2001; Sacchetti, 2004; Sacchetti, Catturani, 2021; Spender, 1996).

La conoscenza richiede che gli attori si impegnino con processi cognitivi di creazione di senso e pensiero critico (Dosi, Egidi, 1991; Nonaka et al., 1996). Per sua natura, dunque, la formazione della conoscenza è dinamica e intensiva in termini di tempo e capitale (sociale, umano e fisico). Pertanto, se le informazioni sono potenzialmente disponibili per tutti in un determinato contesto (ad esempio sotto forma di fattori di produzione), la capacità di selezionare, raccogliere e utilizzare le informazioni pertinenti richiederebbe una conoscenza specifica da parte del destinatario su come utilizzare al meglio queste informazioni (Cohen, Levinthal, 1990).

Il processo del conoscere che sta alla base della creazione e del trasferimento della conoscenza è stato analizzato da M. Polanyi (1966), che ha identificato la pratica e l’esperienza come principali fonti di apprendimento, oltre al ragionamento logico. In particolare, per Polanyi la conoscenza personale può essere trasmessa e applicata attraverso il rapporto maestro-apprendista o, più in generale, attraverso la condivisione delle attività quotidiane. Parte della nostra conoscenza personale (nota anche come conoscenza tacita), tuttavia, può essere codificata e quindi resa indipendente dalla relazione intersoggettiva tra due individui. Come sottolinea la letteratura sull’innovazione industriale (Cohen, Levinthal, 1989; Lewin et al., 2011), la conoscenza codificata può assumere la forma di schemi, codici e regole che possono essere letti, interpretati e diffusi tra coloro che hanno le competenze (o capacità di “assorbire”) per decodificare il testo. All’interno delle aziende, questa conoscenza codificata rappresenta “solo la punta dell’iceberg”, mentre la maggior parte della conoscenza rilevante è personale, difficile da riconoscere e formalizzare (Nonaka, Takeuchi, 1995, p. 3). In uno dei primi contributi sul tema, Nonaka e Takeuchi (1995) hanno applicato l’analisi di M. Polanyi sulla creazione e diffusione della conoscenza nelle imprese. Il loro modello a spirale spiega come la conoscenza tacita e quella codificata interagiscono, ma solo all’interno di un processo interpretativo, che è il prodotto di soluzioni organizzative che favoriscono la socializzazione. Una parte essenziale della socializzazione della conoscenza tra gli stakeholder può essere definita dal loro grado di responsabilizzazione e partecipazione (Sacchetti, 2015).

Governance partecipata e strategia organizzativa. Il caso della Rete di cooperative sociali CAUTO

Date queste premesse di natura teorica, è utile approfondire l’analisi delle pratiche organizzative che facilitano la partecipazione sulla scorta di un caso di studio: Rete CAUTO, con sede a Brescia. Si tratta di un caso di particolare interesse in quanto Rete CAUTO è un’organizzazione matura e consolidata, con ventisei anni di storia alle spalle e dimensioni medio-grandi, che gestisce attività complesse e diversificate. Si tratta di un’organizzazione di tipo cooperativo, dotata quindi di un sistema di governance democratica, che ha investito in modo particolare sulla dimensione della partecipazione, sviluppando negli anni diverse esperienze progettuali di governance partecipata ben documentate e socializzate sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione. La prossima sezione presenterà quindi questo caso, partendo da una breve presentazione dell’impresa per poi approfondire i progetti di partecipazione messi in atto e le condizioni organizzative che ne hanno consentito l’implementazione ed il successo.

Rete CAUTO è una rete di imprese costituitasi mediante stipula di apposito contratto ex art. 3, comma 4-ter del D.L. n. 5/2009, formata dalla cooperativa sociale d’inserimento lavorativo CAUTO, da altre due cooperative sociali di tipo B (Cantiere del Sole e Medicus Mundi Attrezzature) nonché da un consorzio di cooperative sociali d’inserimento lavorativo (CantierAperto); ha sede a Brescia e conta oggi circa 500 dipendenti, con una percentuale di inserimento lavorativo ai sensi della legge 381/91 mantenuta da sempre superiore al 40% (41,9% al 31.12.2020) ed un volume d’affari superiore ai 25 milioni di euro. Rete CAUTO svolge attività molto diverse fra loro, affiancando servizi di natura operativa ad attività di progettazione, formazione e consulenza altamente specializzate e diversificate; oggetto dei servizi erogati dalla Rete a soggetti pubblici, aziende private e cittadini è l’ambiente, con focus sul mondo dei rifiuti (prevenzione, gestione, trattamento, recupero, formazione, consulenza tecnica e relativa alla riduzione dell’impatto ambientale, etc.), dell’energia (analisi energetiche, installazione di pannelli fotovoltaici, accumulatori, etc.), dell’ambiente virtuale (grazie alla software house interna ITA-CA) e dell’ambiente “umano”, abitato da persone, sia “dentro” l’impresa (consulenze organizzative e diversity management) che “fuori”, in relazione quindi alla comunità di riferimento (co-progettazione territoriale e, più nello specifico, Banco di Comunità®).

 La sostenibilità integrata è, oggi, pilastro costitutivo e motore dell’azione quotidiana di Rete CAUTO: servizi operativi e consulenziali in ambito ambientale sono strumento di inclusione sociale, in una formula d’impresa che, quindi, deve sostenersi dal punto di vista economico ed organizzativo.

Benché costituita da realtà formalmente distinte e da servizi che si svolgono in luoghi fisici differenti, non concentrati e spesso distanti fra loro, Rete CAUTO è caratterizzata da un modello organizzativo d’insieme che, nella sua declinazione, coinvolge e si propaga in modo uniforme all’interno delle singole realtà costituenti. Da diversi anni, infatti, la Rete ha intrapreso un percorso consapevole di governance partecipata in cui aspetti motivazionali di lavoratori e soci, progetti e processi di coinvolgimento attivo e spinte all’innovazione risultano caratteristiche imprescindibili per la sostenibilità della Rete stessa. La strategia organizzativa in essere, tuttavia, non è scaturita da un processo di implementazione lineare, né, tantomeno, è da leggersi come mera conseguenza di adesione a specifici modelli di riferimento teorici e predeterminati, ma è il risultato di una stratificazione di esperienze, riletture e apprendimenti maturati in luoghi decisionali e operativi della cooperativa in un periodo di tempo medio lungo, con particolare riferimento agli ultimi sette anni di vita. Tale percorso è stato portato ad evidenza anche grazie alla realizzazione di uno studio di fattibilità promosso da Invitalia, su mandato del Ministero Sviluppo Economico, all’interno di un bando dedicato ai nuovi modelli di governance cooperativa, che ha permesso di estrarre, analizzare in dettaglio e con approccio sistemico alcune case histories che hanno consentito una riflessione non solo sul cambiamento e l’evoluzione dell’organizzazione, ma anche sulle dimensioni motivazionali, di appartenenza, partecipazione e innovazione attivate in tali percorsi.

L’analisi per “estrazione” della strategia organizzativa dalle pratiche vissute e messe in atto dalla Rete di cooperative ha permesso una riflessione più ampia sugli elementi che ne hanno consentito il radicamento e, quindi, la successiva permeabilità, traducendoli in aspetti di governance partecipata all’interno della Rete stessa.

Rileggere la storia dell’organizzazione per innestare il cambiamento

Ripercorrere sinteticamente la storia di Rete CAUTO consente di evidenziare alcuni elementi di contesto rilevanti, che hanno influenzato il modo di pensare e agire la partecipazione all’interno dell’impresa:

  • La cooperativa sociale CAUTO, nata nel 1995, ha ventisei anni di vita.
  • Le altre cooperative sociali, nonché il consorzio, costituenti la Rete sono nate negli anni successivi (2003 e 2004) per rispondere a precise necessità commerciali ed organizzative.
  • Rete CAUTO nasce formalmente nel 2014, mutuando il nome della cooperativa “madre”, con l’obiettivo di incentivare e rafforzare la già esistente collaborazione tra le realtà costituenti, oltre che di semplificare aspetti gestionali e procedure in essere a scavalco tra le realtà medesime.
  • Negli anni, la Rete ha continuato a crescere costantemente per numero di dipendenti: dal 2010 ad oggi, l’organico è quasi raddoppiato (Tabella 1).
  • La percentuale di inserimento lavorativo si è sempre mantenuta ben oltre il 30%, limite minimo stabilito dalla legge 381/91.
  • Nel corso degli ultimi dieci anni, Rete CAUTO è stata caratterizzata da una radicale modifica della propria struttura di governo, avvenuta in due fasi successive. Da metà 2012 vi è stato il passaggio da un CdA storico, caratterizzato ormai da dinamiche conflittuali e che riconduceva a sé responsabilità politiche, strategiche ed operative, ad una suddivisione di responsabilità tra CdA e Direzione. Una Direzione di nuova generazione, che inizia ad operare ad inizio 2013, priva però di deleghe formali e senza una definizione esplicita degli obiettivi e, soprattutto, dell’ambito di azione. In questi anni la Direzione inizia ad approcciare svariati tentativi di modifica ai vigenti modelli di gestione, che trovano però molteplici difficoltà di radicamento dovute agli elementi di poca chiarezza sopra definiti. Ad inizio 2016, vi è un ulteriore passaggio verso una struttura di governo più chiara e definita, che prevede un CdA politico ed una struttura direzionale – con ambito d’azione chiaro, la strategia dell’impresa – composta da un Direttore Generale con ampie deleghe formali (sicurezza, gestione risorse umane, contratti, acquisti, spesa, etc.) ed un Comitato Direttivo costituito da sei Direttori d’Area (tre direttori operativi, direttore risorse umane, direttore commerciale e direttore amministrativo). La ridefinizione del sistema di governo viene seguita da una convinta e sostanziale modifica – ad opera della neonata struttura direzionale – dei modelli organizzativi adottati fino a quel momento, introducendo nuovi meccanismi di coinvolgimento interno, istituendo nuovi dispositivi organizzativi (quali, ad esempio, Comunicazione e Ufficio stampa, e Ufficio ICT), valorizzando i “nodi interni” della Rete – rappresentati da responsabili, coordinatori e capisquadra – nonché le connessioni tra di essi.

Nei primi anni di attività, la spinta organizzativa di CAUTO era orientata quasi esclusivamente al “fare”, tanto e con innovazione, ed ha portato all’implementazione di servizi e allo sviluppo di settori operativi sulla base delle necessità espresse dai committenti e, più in generale, dal mercato, nonché basandosi sulle caratteristiche dei lavoratori ai quali si voleva garantire un posto di lavoro. Nell’ultimo decennio, la crescita numerica e l’ingresso di nuove professionalità sono state accompagnate da un cambio di impostazione nella cultura organizzativa, evoluta verso il “fare e far sapere”, con una maggior attenzione alla comunicazione, sia interna che esterna. Più recentemente, lo spostamento dell’attenzione da meri aspetti di governo a ben più ampi meccanismi di governance complessiva si sta riflettendo sull’integrazione degli elementi precedenti all’interno di un processo di crescita ed apprendimento continuo, nel quale il “fare” e il “far sapere” si integrano a loro volta con il “saper fare” e il “far fare”. Per “saper fare” si intende la capacità di trasferire decisioni strategiche all’interno della quotidianità dell’organizzazione, ragionando sulla pianificazione e sulla capacità di scegliere in maniera ponderata quali attività/servizi attivare o confermare e quali no, definendo precise strategie di sviluppo della cooperativa. L’espressione “far fare”, invece, sintetizza la riflessione sulla capacità di mettere in atto – all’interno dell’organizzazione – processi di delega strutturati, che permettano il coinvolgimento, su più livelli, di tutta la cooperativa nella messa a terra delle linee strategiche. Tale evoluzione di cultura organizzativa interna ha consentito di introdurre prassi e concetti nuovi: co-responsabilità agita, meccanismi bi-direzionali di comunicazione e azione, organizzazione trasversale e non più (solo) verticale, squadre di lavoro composite, etc. Prassi e concetti da rodare, affinare e alimentare costantemente ma che, certamente, sono oggi consapevolezza dell’intera organizzazione.

Tabella 1. Sviluppo di Rete CAUTO dal 2010; progetti che hanno portato un cambiamento verso una governance inclusiva e partecipata.

Da singole iniziative ad una vera e propria strategia di cambiamento. Cinque esperienze concrete da cui partire

Nel contesto evolutivo sopra descritto, sono numerosi e diversi i progetti partecipati ideati e portati avanti all’interno di Rete CAUTO negli ultimi anni; complessivamente, parliamo di una quindicina di esperienze che, in modo aggregato, hanno coinvolto oltre 200 lavoratori. All’interno di tali progettualità, ne abbiamo individuate cinque – esplicitando per ciascuna le dimensioni di impresa che sono riuscite a modificare e/o con le quali si sono interfacciate – che non solo raccontano in modo sostanziale come il cambiamento verso una governance inclusiva e partecipata abbia avuto luogo, ma che auspicabilmente possano diventare modelli replicabili da altre organizzazioni. Tali progetti agiscono su questioni operative, strategiche, identitarie o toccano dimensioni di sviluppo e mercato quali innovazione e percorsi di multi-stakeholdership.

Un esempio di partecipazione operativa: CAUTOBenvenuto

Si tratta di un progetto di definizione e realizzazione di uno strumento di onboarding in favore dei neoassunti per il trasferimento di informazioni utili sia a livello organizzativo sia di vision aziendale (corporate culture). Il progetto è stato avviato in seguito ad una significativa crescita dell’organico, con cambiamenti organizzativi strutturali, che ha reso necessario uniformare e rendere più efficienti ed efficaci i passaggi informativi in fase di ingresso. Partendo da una ricognizione interna sulle prassi che accompagnavano i primi mesi della vita lavorativa all’interno di Rete CAUTO si evidenziava, infatti, come i neo-assunti ricevessero in breve tempo molteplici informazioni, in ambiti diversi, con modalità non strutturate e disorganizzate e secondo flussi non definiti. Emergeva da qui la necessità di uno strumento che mettesse ordine, che fosse anche esito di un lavoro di coinvolgimento e partecipazione rappresentativo del punto di vista del target dei neoassunti a cui era dedicato.

La Direzione Generale ha quindi costituito un gruppo di lavoro composito formato da sei lavoratori presenti in Rete CAUTO da meno di un anno, affidandone il coordinamento all’Ufficio Comunicazione. Il gruppo di lavoro è stato impegnato per circa quattro mesi nella progettazione dello strumento e ha operato all’interno di incontri dedicati durante i quali ha esaminato materiali, bozze e suggestioni provenienti da molteplici uffici e organi della cooperativa. Attraverso fasi successive, si è passati dall’ideazione di un indice di argomenti – comprendenti sia le informazioni richieste dai lavoratori che quelle ritenute necessarie dalla cooperativa – al coinvolgimento dell’Ufficio Legale e Sicurezza e dell’Ufficio Risorse Umane per il reperimento dei contenuti, fino alla traduzione visiva e grafica dei contenuti stessi. La rappresentazione grafica è stata affidata ad un giovane lavoratore, anch’egli presente da meno di un anno in Rete CAUTO.

Il principale esito del percorso è stata la realizzazione di uno strumento aperto, in forma di raccoglitore ad anelli organizzato in schede, integrabile con contenuti di volta in volta aggiornabili dai singoli lavoratori, ad uso personale. Il lavoro, avviato negli ultimi mesi del 2016, si è concluso nell’estate del 2017 con una distribuzione del “CAUTOBenvenuto” a tutti i lavoratori di Rete CAUTO; distribuzione affidata a ciascun responsabile di settore, primo anello di congiunzione tra i lavoratori stessi e la cooperativa.

Nel corso degli anni il “CAUTOBenvenuto” si è arricchito di nuove schede informative riguardanti i capitoli centrali della vita organizzativa e lavorativa di Rete CAUTO; ad oggi se ne sta studiando anche una versione digitale.

Esempi di partecipazione strategica: Sistema di valutazione del personale e Progetto Soddisfazione

Le due esperienze più significative di partecipazione strategica che Rete CAUTO ha vissuto negli anni riguardano, da un lato, il percorso di definizione di procedure, strumenti e, soprattutto, ambiti di valutazione del personale attivo all’interno della Rete e, dall’altro, un progetto volto a migliorare la soddisfazione dei lavoratori e delle lavoratrici della Rete stessa.

Il sistema di valutazione del personale nasce all’interno di Rete CAUTO con l’avvio di una sperimentazione che ha coinvolto circa il 70% dei lavoratori e ha consentito di introdurre e testare alcune regole basilari per la realizzazione della valutazione annuale di ciascun dipendente, contribuendo peraltro a destrutturare molteplici stereotipi valoriali del passato sul tema specifico, nonché di familiarizzare con alcuni prototipi di scheda di valutazione. A seguito di ciò, a partire dal 2015, sono state elaborate e utilizzate schede di valutazione e job description specifiche, omologhe per i vari ruoli presenti all’interno di Rete CAUTO; la costruzione di entrambi gli strumenti ha coinvolto referenti dell’Ufficio Risorse Umane, responsabili di settore, coordinatori, componenti del Comitato Direttivo e Direttore Generale, con l’obiettivo di giungere ad una definizione integrata e condivisa di job description che potessero essere punti di riferimento chiari per la valutazione, e non solo.

Negli anni a seguire si è poi giunti alla progressiva strutturazione di un sistema di valutazione definito ed esplicito, nonché di strumenti di valutazione ad hoc, facendo partecipare direttamente, sia nella fase di elaborazione che in quella di raccolta dei feedback, tutti i valutatori coinvolti nel processo, in un’ottica di scambio e di mutua formazione. A partire dal 2016, inoltre, si è avviato un vero e proprio percorso formativo rivolto ai valutatori interni a Rete CAUTO, con l’obiettivo di trasferire loro informazioni utili e linee guida che potessero facilitare non solo la corretta compilazione della scheda di valutazione, ma anche un’adeguata integrazione della valutazione con i processi organizzativi e di gestione risorse umane già in essere.

Da ormai tre anni, la compilazione delle schede di valutazione avviene attraverso un apposito modulo del gestionale, sviluppato internamente da ITA-CA®, la software house di Rete CAUTO. L’informatizzazione della valutazione permette, oggi, di rendere più fruibili i dati raccolti e di analizzarli con precisione e puntualità, consentendo peraltro una maggiore trasparenza del sistema e agevolando riflessioni e azioni relative allo sviluppo dei “percorsi di carriera” interni.

Il “Progetto soddisfazione”, invece, è l’esperienza di partecipazione più corposa – in termini di investimento e di complessità – vissuta da Rete CAUTO; avviata nel 2016, si è conclusa a fine 2019. Obiettivo generale del progetto era definire un percorso di analisi e miglioramento della soddisfazione delle lavoratrici e dei lavoratori di Rete CAUTO attraverso:

  • L’identificazione di cosa sia la soddisfazione per un dipendente di Rete CAUTO e quali siano le variabili che la influenzano (il percorso svolto ha identificato le seguenti: condivisione e accesso alle informazioni, fiducia nell’organizzazione, salute e sicurezza, valutazione del personale, retribuzione, crescita professionale e formazione, relazioni, senso di appartenenza, welfare e discriminazioni).
  • La misura del livello di soddisfazione attuale dei lavoratori in relazione a tali variabili (definizione scenario AS-IS) attraverso la costruzione e la distribuzione di un questionario ad hoc.
  • L’individuazione – attraverso focus group dedicati – di proposte di azioni migliorative volte all’incremento della soddisfazione dei lavoratori (rappresentazione dello scenario TO-BE); il lavoro dei quattro focus group creati si è declinato in tre incontri ciascuno, articolati in modo da permettere una prima ricognizione del tema affrontato, seguita da una problematizzazione e da una fase di raccolta delle proposte. Il coordinamento di ciascun gruppo è stato affidato a due risorse interne a Rete CAUTO (otto lavoratori totali), appositamente scelte non per la specifica competenza sul tema oggetto della discussione ma per la capacità di stimolo e conduzione di un gruppo di lavoro. I coordinatori, inoltre, hanno potuto fruire di incontri di preparazione e supervisione dedicati che hanno permesso di concordare obiettivi e metodi di conduzione comuni per tutti i focus group, nonché di rielaborare i contenuti e le questioni emerse durante le singole discussioni (briefing e debriefing).
  • Una “riduzione della distanza” tra cooperativa e lavoratori attraverso l’introduzione di un approccio bottom-up nell’affrontare il “tema soddisfazione”, in radicale sostituzione a un approccio top-down, nonché grazie al coinvolgimento diretto dei lavoratori stessi in tutte le fasi progettuali, in una logica di partecipazione attiva, consapevolezza e co-responsabilità.

Alla luce di una lettura trasversale delle proposte emerse all’interno dei focus group, di elementi quali-quantitativi propri del contesto spazio-temporale all’interno del quale tale progetto si collocava, nonché di riflessioni in corso interne a Rete CAUTO, sono state elaborate varie proposte di azione che il gruppo di coordinamento della ricerca ha sottoposto all’approvazione del Comitato Direttivo e del CdA, perché potessero essere implementate in un arco temporale definito e condiviso.

La progettazione del percorso è scaturita da un confronto interno, coordinato dal Direttore Generale, che ha coinvolto Comitato Direttivo, Ufficio Risorse Umane, Ufficio Comunicazione e Responsabile Sistema Integrato; sono stati inoltre raccolti elementi essenziali per la progettazione attraverso un’ampia analisi della letteratura e, soprattutto, di casi studio sul tema oltre che grazie al supporto di uno studio di consulenza in grado di supportare Rete CAUTO nella fase di ideazione e di rilettura del progetto. Circa 60 i lavoratori complessivamente coinvolti nella progettazione e nella messa a terra dell’intero percorso.

Un esempio di partecipazione identitaria: Percorso Soci

ll Percorso Soci, avviato dal CdA di CAUTO nel corso del 2017, rientra pienamente nella categoria dei progetti di partecipazione identitaria; obiettivo di tale percorso, infatti, era sì ripercorrere la storia di CAUTO ed analizzarne i valori costitutivi, ma, al contempo, attualizzare tali valori, contestualizzandoli in un “qui ed ora” differente sia per contesto generale che per linguaggio, tematizzando quindi la necessità strutturale di “un’evoluzione coerente”.

La traccia tematica di tale percorso è stata identificata e disegnata dai partecipanti stessi e programmata nel biennio 2017-2018, affrontando le seguenti tematiche: storia, aspetti normativi, lettura e confronto interno sui principi fondanti contenuti nello Statuto e identità del socio oggi. Per dare concretezza al coinvolgimento e alla partecipazione dei soci, si è stabilito da subito che ciascun appuntamento fosse preceduto da “incontri stimolo” preparatori, aperti a tutta la base sociale, che hanno portato i soci a confrontarsi sia con le diverse esperienze maturate da ciascuno nel corso degli anni, sia con esperienze di altre cooperative sociali nonchè con rappresentanti di associazioni di categoria. In termini di output, la novità più importante è stata la richiesta da parte della base sociale di poter conoscere in anticipo una bozza di programma di mandato del CdA, con una tempistica in grado di consentire ai soci stessi di portare idee, proposte e candidature includibili nel programma, oppure alternative.

Ecco che, anche in questo caso, partecipazione e coinvolgimento, oltre ad essere dichiarazioni di intenti, diventano prassi di funzionamento.

Un esempio di partecipazione per l’innovazione: Isola del Riuso®

In ordine cronologico, la prima progettualità partecipata orientata all’innovazione implementata da Rete CAUTO ha riguardato la costruzione e la modellizzazione del servizio Isola del Riuso®, attualmente in essere ma sperimentato per la prima volta nel 2013. Il processo partecipato ha coinvolto, oltre a vari uffici e settori interni a CAUTO, anche interlocutori istituzionali della Provincia di Brescia e di Regione Lombardia, con l’obiettivo di concretizzare un’iniziativa di “prevenzione del rifiuto”, trasformandola in servizio operativo e di comunità e rispondendo in modo innovativo a vincoli dati dalla normativa, che limitavano al solo rifiuto gli spazi dei centri di raccolta comunali. La soluzione identificata presenta numerosi vantaggi:

  • Per il Comune: riduzione dei rifiuti e dei relativi costi di smaltimento, valorizzazione etica dell’azione del non spreco di risorse, educazione al bene comune, possibilità di ricevere bonus sociali da destinare a persone in situazione economica difficile.
  • Per i cittadini e l’ambiente: agire concretamente con azioni semplici di solidarietà, non sprecare risorse, verificare che i propri oggetti e cessioni gratuite possono essere riutilizzati anziché essere irrimediabilmente distrutti.
  • Per CAUTO: recuperare materiali da rimettere in circolo in assoluta sintonia con i principi statutari della cooperativa (creazione di posti di lavoro, in particolare per persone in progetto di inserimento lavorativo, e tutela ambientale).

Da quella prima esperienza, valorizzare la partecipazione per immaginare, definire e sperimentare nuovi servizi è diventata una prassi di innovazione per la Rete, adottando e mettendo sempre più a regime capacità tecnica e progettuale dei diversi settori. Si sono così potute sperimentare azioni di service design multistakeholder, di cui è esempio emblematico il Banco di Comunità®, il servizio di Rete CAUTO che unisce l’attenzione all’ambiente, basata sui principi del riciclo e riuso, alla volontà di risposta a bisogni sociali emergenti: promuovere economia di sharing fatta di “cose utili”, ma soprattutto di relazioni. Il Banco di Comunità®, nato in maniera sperimentale sulla leva dell’esperienza dell’Isola del Riuso® e dal confronto con interlocutori attivi nel sociale, pubblici e privati, è oggi un modello di servizio identitario di Rete CAUTO, sperimentato in tre Province: Brescia, Mantova e Verona.

Fattori sistemici e strutture funzionali a coinvolgimento e partecipazione

Da un’analisi ex post delle progettualità poc’anzi descritte e delle molteplici altre implementate all’interno di Rete CAUTO negli ultimi sette anni, emergono due considerazioni di sistema, rappresentative di presupposti comportamentali necessari al mantenimento e all’evoluzione di quanto realizzato fin qui, oltre che alla sua trasferibilità.

La prima è relativa ai percorsi di legittimazione ed empowerment dei ruoli all’interno di una struttura di governo chiara. Questi due aspetti sono stati, e continuano a essere in Rete CAUTO, un presupposto fondamentale per “far esprimere” l’organizzazione: nel suo insieme e nelle diverse soggettività che la compongono (le persone). Legittimità e chiarezza sono l’esito non solo di adeguate strutture di governo, ma anche di una consapevolezza strategica delle funzioni e delle interazioni tra le diverse parti della Rete. In questo quadro, la delega viene interpretata non solo come mero strumento organizzativo, ma come incentivo alla creazione di processi di partecipazione e coinvolgimento: uscire da una logica di governo verticistica, in cui i ruoli apicali si giocano quali “unici decisori”, per spostarsi verso una diffusa capacità risolutiva. Ciò ha aiutato l’organizzazione non solo a scomporre le questioni, rendendole maggiormente intellegibili, ma, soprattutto, ha permesso l’elaborazione diffusa di soluzioni e l’esercizio di creatività e generatività. In questo quadro, chi ha responsabilità non è colui che deve risolvere direttamente i problemi, ma chi è capace di creare condizioni organizzative adatte a promuovere soluzioni e strategie concertate, in grado di far leva e promuovere costantemente l’esercizio della co-responsabilità.

Creare processi partecipativi reali ha significato e significa dover essere aperti alla libera espressione dei soggetti coinvolti all’interno di un contorno definito (il tema, l’ambito, la questione) promuovendo autonomia, competenza e relazionalità; libera espressione che può portare anche molto lontano da dove l’organizzazione stessa pensava inizialmente di andare. E affinché i singoli possano esprimere il proprio pensiero con pienezza e consapevolezza, è anzitutto necessario che si sentano abilitati a farlo, avendo chiaro il proprio posizionamento e la propria identità - “chi sono” - all’interno dell’organizzazione, dove si collocano, che interconnessioni hanno con il resto dell’organizzazione e quali sono le norme che regolano tali interconnessioni. Come sperimentato direttamente nell’esperienza, se questo non avviene, la partecipazione dei singoli rischia di essere fortemente compromessa se non, addirittura, “difensiva” o “strumentale”.

La seconda considerazione riguarda, invece, l’architettura della conoscenza all’interno dell’organizzazione, declinata sia in processi di comunicazione interna, sia di informazione che di creazione di competenze attraverso la formazione. Nel corso dell’esperienza di Rete CAUTO, l’asimmetria informativa e conoscitiva ha messo a rischio – in alcune specifiche fasi della storia della cooperativa – interi percorsi di coinvolgimento a causa di strutture di governo inadeguate e/o per mancanza di strumenti e competenze. Riprendendo quanto detto poc’anzi, infatti, oltre a dover aver chiaro il “chi sono” nell’organizzazione, sapere e comprendere “cosa” l’organizzazione fa, desidera, pensa, favorisce i singoli ad esprimersi, non solo come tali, ma come parti costitutive e sostanziali dell’organizzazione medesima. Se, invece, i processi organizzativi, le competenze e le informazioni vengono utilizzate per escludere, l’impresa non può che rimanere carente in termini di emancipazione e partecipazione: è quindi fondamentale che diventino patrimonio collettivo accessibile, cessando di essere strumento di potere individuale.

Queste due considerazioni generali, maturate dagli apprendimenti acquisiti nell’esperienza diretta di Rete CAUTO, ci pare siano connesse non solo all’attuazione di una strategia organizzativa complessiva, ma anche alla ferma volontà di dotare Rete CAUTO, in tempi relativamente recenti, di dispositivi organizzativi funzionali a essere infrastruttura di sostegno ai processi partecipativi; senza tali dispositivi, infatti, i percorsi di coinvolgimento intrapresi avrebbero rischiato di rimanere ad uno stato sperimentale, o, ancora peggio, decontestualizzati e non riconosciuti dall’organizzazione stessa.

A tal proposito, le principali strutture funzionali di cui Rete CAUTO si è dotata nel corso degli ultimi otto anni sono:

  1. In primis, un Ufficio Comunicazione definito e organizzato; nato formalmente nel 2013, si è inizialmente occupato soprattutto di individuare e progettare strumenti di comunicazione coerenti tra loro, anche al fine di farsi riconoscere e rendersi visibile nell’organizzazione, in risposta ad una precedente visione in cui la comunicazione era ritenuta una competenza non specializzata, riconducibile a compiti da adempiere in termini di segreteria generale. Da questo inizio, l’Ufficio Comunicazione si è ampliato ed evoluto, rappresentando oggi un centro nevralgico della Rete, anche in termini di posizionamento esterno.
  2. Parallelamente alla creazione dell’Ufficio Comunicazione, Rete CAUTO ha iniziato a ragionare sui temi dell’integrazione e della patrimonializzazione delle informazioni, giungendo – sempre a fine 2013 – a formulare un obiettivo strategico chiaro: smantellare i molteplici software utilizzati per la gestione di sottosistemi tematici (amministrazione, risorse umane, gestione rifiuti, carburante, compagnie sociale, etc.), sviluppandone uno centralizzato. Questo processo, tutt’altro che banale e ancora oggi in corso, ha certamente favorito la diffusione interna delle informazioni, rendendole patrimonio organizzativo e generando quindi maggiore conoscenza e consapevolezza.
  3. Infine, l’Ufficio Risorse Umane, per poter garantire sempre più l’intercettazione e l’acquisizione di nuove competenze e nuovi approcci al lavoro, ha rinnovato i criteri di selezione del personale, superando alcuni confini precedenti legati ad una selezione fortemente ancorata più ad aspetti valoriali o di presunta appartenenza che di reale competenza. Integrare motivazioni e competenze ha rappresentato – tra le altre cose – una delle occasioni per valorizzare la diversità di profili e curricula dei 500 lavoratori attivi in Rete CAUTO nell’affrontare, in modo partecipato, temi e questioni rilevanti per l’organizzazione.

Ricostruendo le considerazioni di sistema apprese e connettendole ai principali cambiamenti organizzativi avvenuti in questi anni in Rete CAUTO, ci sembra di poter evidenziare come – per facilitare processi partecipativi – siano state fondamentali strutture di governance capaci di valorizzare il contributo dei singoli, con la precisa volontà, tuttavia, di trasferire tale contributo individuale all’interno dell’intelligenza collettiva dell’organizzazione. In questo quadro di governo chiaro e trasparente nei processi decisionali e nei ruoli, capace di scegliere e adottare anche adeguati strumenti giuridici per dare forma alla propria strategia organizzativa, è stato possibile sostanziare alcune scelte strategiche, annidando competenze e significati in luoghi cardine dell’organizzazione.

Fondamentale sottolineare che tutto ciò non è stato realizzato tramite un programma predeterminato, cioè adottando una metodologia di pianificazione lineare e consequenziale, ma grazie a vere e proprie famiglie di progetti; il cambiamento, infatti, è avvenuto passo dopo passo, implementando progettualità partecipate sperimentali, di cui i cinque progetti descritti sono alcuni esempi significativi. Lavorare per famiglie di progetti, peraltro, è stata per l’impresa occasione per tener salda la visione su una necessaria sostenibilità economica strutturale e strutturata, che si esprimesse nella capacità di investire ponderatamente e in maniera puntuale su obiettivi specifici; nell’esperienza di Rete CAUTO, ad esempio, l’investimento economico nei cinque progetti partecipativi illustrati è stato pari all’1% dei costi complessivi di personale. Tale valore percentuale, elaborato come indicazione interna di investimento, vuole fornire un parametro di confronto di massima; resta infatti prioritario che la dimensione di fattibilità economica specifica si collochi all’interno di una visione più ampia di sostenibilità, propria di ciascuna impresa, capace di investire spesa per questa tipologia di progetti anche riconvertendo altre tipologie di costi. La capacità di budgeting puntuale, in particolare in fase di programmazione, appare quindi fondamentale.

Se poi guardiamo all’intero percorso in termini di prospettive di sostenibilità, basate anche sull’analisi di ritorno dell’investimento effettuato, l’implementazione di processi partecipativi attraverso famiglie di progetti ha significato, per Rete CAUTO, l’acquisizione da parte dei soggetti coinvolti di competenze e conoscenze utili ad abitare il cambiamento, alimentando una visione comune dell’organizzazione nel medio-lungo periodo.

Alla luce di quanto sopra, possiamo dire che fare governance partecipata, oggi, all’interno di Rete CAUTO non è solo una strategia organizzativa, ma sempre più uno strumento d’impresa e di sviluppo delle diverse aree e servizi della cooperativa; un’occasione per posizionare le competenze acquisite non solo come strumenti interni, ma anche esterni, in chiave di innovazione d’impresa, in particolar modo nell’area dei servizi formativo-consulenziali di nuova generazione.

Conclusioni

Grazie all’analisi dell’esperienza maturata da Rete CAUTO, è possibile identificare alcuni apprendimenti utili alla trasferibilità dei modelli organizzativi proposti a tutte le imprese che intendano realmente investire nella costruzione e nello sviluppo di una governance partecipata. In particolare, possiamo individuare quattro dimensioni di fattibilità che paiono imprescindibili per l’avvio di reali azioni di partecipazione e coinvolgimento, tanto interno quanto esterno all’organizzazione, di seguito definite come fattibilità organizzativa, giuridica, tecnica ed economica.

A livello di fattibilità organizzativa, pare fondamentale la costruzione di una struttura di governance capace di valorizzare l’intelligenza collettiva dell’impresa, inserita però in un quadro di governo definito, chiaro e trasparente nei ruoli e nei processi decisionali. Come esaminato, i cambiamenti organizzativi strutturali intercorsi in Rete CAUTO – negli anni in cui i processi di partecipazione hanno messo radice – hanno costituito la base fondamentale per poter aprire piste di lavoro che portassero ad un cambiamento culturale interno all’organizzazione. Ruoli sovrapposti, processi decisionali confusi e strutture organizzative/poteri “ombra”, infatti, sono un reale ostacolo alla partecipazione.

A livello di fattibilità giuridica, le strutture di governo devono trovare sostanza nell’acquisizione di forme giuridiche adeguate, coerenti con le caratteristiche dimensionali dell’impresa; riprendendo il caso studio, “dal micro al macro”: la strutturazione di deleghe e la distinzione formale tra agire politico, strategico ed operativo, la costituzione di un consorzio, l’attuazione di un contratto di rete. Lo stesso strumento di formalizzazione delle deleghe, che può apparire scontato o secondario, risulta invece essere vincente nella misura in cui rende operativi i processi decisionali; le forme più complesse ed inter-organizzative diventano, invece, strumenti significativi sia per l’ottimizzazione dei costi sia per lo sviluppo di prodotti e servizi integrati e/o di sistema. Sia i consorzi che i contratti di rete, infatti, sono strumenti sempre più interessanti per lo sviluppo di nuove filiere produttive che, se non adeguatamente strutturate, rischiano di disperdere il proprio vantaggio competitivo in costi di gestione e di “infrastrutturazione” decisionale. Tali strumenti, peraltro, possono favorire la “messa a valor comune” di competenze professionali e trasversali all’interno di una data comunità d’interesse.

A livello di fattibilità tecnica, è fondamentale la presenza nei ruoli apicali di profili professionali con solide competenze organizzative e trasversali, in particolare di capacità negativa, necessarie per poter stare in posizione di conduzione e coordinamento di processi complessi e con incertezze strutturali. Se la presenza nei ruoli apicali di tali profili è la conditio sine qua non, il cambiamento sembra possibile solo se l’organizzazione è capace di individuare e valorizzare, indipendentemente dai ruoli gerarchici, agenti di cambiamento: persone che riescono a far radicare il cambiamento stesso e a farlo riconoscere come passaggio strutturale e necessario per la sostenibilità dell’organizzazione. Anche per tale ragione è quindi fondamentale che il processo di implementazione sia graduale, nei tempi e nelle modalità di coinvolgimento.

Se, sia in termini di trend manageriali che di ricerca e selezione del personale, il tema delle soft skills ha un peso sempre maggiore, appare altresì evidente che tali competenze devono essere accompagnate, in chi è chiamato a condurre l’organizzazione, dalla capacità di mettere in discussione la cultura organizzativa acquisita e tramandata, abitando l’incertezza del raggiungimento del punto di arrivo inizialmente ipotizzato. Contemporaneamente, emerge l’importanza che tali attitudini siano presenti anche nella “base” dell’impresa, così da attivare un sistema di trasmissione con recettori capaci di essere a loro volta punti di rinforzo e di radicamento organizzativo.

La dimensione di fattibilità economica, infine, è fortemente correlata alla capacità dell’organizzazione di attivare famiglie di progetti eterogenei, tutti accomunati dalla medesima metodologia attuativa ma rispondenti ad esigenze differenti e capaci di incidere su dimensioni e problematiche diversificate. Lo studio di caso presentato suggerisce, infatti, di sostituire (o quantomeno integrare) discussioni e confronti sul senso e sul valore del coinvolgimento, spesso ridondanti e talvolta addirittura strumenti di distrazione, con un pragmatico “farne esperienza concreta” all’interno di cornici definite da oggetti reali di lavoro comune, percepiti come istanze prioritarie, perché aspetti di problema e/o di sviluppo per gli stessi gruppi di lavoro chiamati a intervenire nel processo. Questi “oggetti reali”, tematizzati collettivamente, facilitano uno scambio costruttivo e generativo all’interno di gruppi di lavoro altamente eterogenei per ruoli professionali, posizionamenti, età lavorative, competenze e visione dei componenti; la partecipazione per progetti, se ben implementata mixando partecipazione operativa, strategica, identitaria e per l’innovazione, consente infatti di permeare diversi livelli dell’organizzazione, senza privilegiarne alcuni rispetto ad altri.

Per concludere, le riflessioni presentate suggeriscono come una governance effettivamente partecipata sia necessariamente il risultato di una convergenza tra strutture di governo formali, che forniscono la necessaria cornice istituzionale e giuridica, una cultura dell’impresa in grado di considerare la “capacità di gestire” una vera e propria competenza da alimentare e non una semplice attitudine naturale, processi organizzativi che “preparano il terreno” e alimentano il coinvolgimento, sistemi di feedback informativi, di apprendimento e creazione di competenze e azioni che monitorano e danno evidenza ai risultati ottenuti. Oltre che dalla capacità dell’organizzazione di non limitarsi ad una mera discussione valoriale sul tema, ma di passare al “farne esperienza concreta”, con visione d’insieme e lucido pragmatismo.

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