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ISSN 2282-1694
impresa-sociale-6-2015-i-segreti-del-successo-delle-campagne-di-crowdfunding-delle-imprese-sociali-italiane

Editoriale

La sfida dell’innovazione sociale

Andrea Bassi, Giulio Ecchia

Saggi

Il crowdfunding delle imprese sociali italiane

Bernardo Balboni, Ulpiana Kocollari, Ivana Pais

Valutare l'impatto sociale

Stefano Zamagni, Paolo Venturi, Sara Rago

Policy

Benefit corporation e impresa sociale

Paolo Venturi, Sara Rago

Echi

I beni confiscati al bivio

Mauro Baldascino, Michele Mosca

Numero 6 / 2015

Saggi

I segreti del successo delle campagne di crowdfunding delle imprese sociali italiane

Bernardo Balboni, Ulpiana Kocollari, Ivana Pais

Abstract

Il crowdfunding è uno strumento di finanziamento innovativo in grado di cambiare le regole della finanza per l’impresa. Questo vale non solo per l’imprenditoria tradizionale, ma anche per l’impresa sociale che con il crowdfunding può finanziare e legittimare i propri progetti di innovazione sociale. In quest’ottica, questo saggio si propone di individuare e analizzare i fattori che spiegano il successo delle campagne di crowdfunding delle imprese sociali all’interno del contesto italiano, caratterizzato da un elevato dinamismo e da una sostanziale frammentazione. Questo contributo vuole inoltre fornire un supporto operativo agli innovatori sociali nel progettare e gestire efficacemente le loro campagne.

E’ stata condotta un’analisi empirica su 253 campagne di crowdfunding lanciate da imprese sociali su piattaforme italiane. Il focus dell’analisi è stato rivolto a tre tipologie di driver: la rete dell’impresa sociale analizzata, le caratteristiche della piattaforma di crowdfunding selezionata e il design della campagna. I risultati dimostrano come la presenza dell’impresa sociale sui social network (in particolare Twitter), la scelta di una specifica piattaforma di tipo reward-based e la gestione attiva della campagna abbiano un impatto rilevante sull’effettivo raggiungimento dell’obiettivo di finanziamento.


Crowdfunding is an innovative financing instrument, which succeeded in changing the rules of corporate finance. This is true not only for traditional entrepreneurship, but also for social enterprise, which may use crowdfunding for economic support and also as a way of legitimizing its own social innovation projects. In this perspective, this paper aims at identifying and analyzing the factors of success of social enterprises’ crowdfunding campaigns within Italian context, which is characterized by an extreme dynamism and a substantial fragmentation. This contribution provides also an operative support to social innovators in planning and efficiently managing their campaigns.

We conducted an empirical investigation on 253 crowdfunding campaigns launched by social enterprises on Italian platforms. The focus of this analysis was on three different types of drivers: the network of analyzed social enterprise, the features of selected crowdfunding platform and the design of the campaign. The results showed how the very presence of a social enterprise on social network, the choice of a specific reward-based platform and the active management of campaign have a remarkable impact on the effective achievement of the financing objective of the campaign.

Introduzione

Il crowdfunding è uno strumento innovativo per finanziare progetti imprenditoriali, culturali e con finalità sociali. Il suo successo è legato allo sviluppo di alcune piattaforme online – come Kickstarter e IndieGoGo – che hanno avuto una diffusione e un impatto globale. Queste piattaforme permettono a un gran numero di individui (crowd) di offrire il capitale necessario per finanziare (funding) i progetti che vengono promossi da organizzazioni, imprese e singoli individui; i finanziatori possono fare una semplice donazione (donation) oppure ottenere in cambio una ricompensa (reward), una quota del capitale di rischio (equity), un interesse sul capitale prestato (lending).

Per le organizzazioni del terzo settore il crowdfunding può rappresentare un nuovo strumento di fundraising complementare a mezzi tradizionali. Può consentire, infatti, alle imprese sociali (esistenti o in fase di startup) di finanziare progetti innovativi e d’impatto utilizzando le piattaforme già presenti sul web, attingendo a piccoli contributi offerti da un gran numero di sostenitori.

Nella letteratura il crowdfunding è stato riconosciuto come un nuovo strumento che “cambia le regole del gioco” per quanto riguarda i finanziamenti all’imprenditoria (Lehner, 2013). Per le imprese sociali vi è tuttavia una mancanza di evidenze empiriche che permettano di individuare le variabili critiche che definiscono il successo di una campagna di crowdfunding e i criteri che possono sostenere imprese sociali vecchie e nuove nella progettazione e nel design di una campagna. Il focus su tale aspetto è da considerarsi particolarmente rilevante poiché le forme di finanziamento tradizionali si sono spesso rivelate inadeguate a sostenere la crescita e le nuove progettualità delle imprese sociali (Agrawal et al., 2011; Lehner, 2013).

Il nostro contributo si concentra sul contesto italiano, caratterizzato da un lato da un forte dinamismo nel settore delle piattaforme di crowdfunding (Pais, 2015; Castrataro, Pais, 2014b) e dall’altro da una radicata storia di sviluppo e crescita dell’impresa sociale, intesa come fenomeno organizzativo in grado di soddisfare la domanda crescente di servizi sociali emergenti (Borzaga, Santuari, 2000). La prima sezione del saggio è dedicata a un breve excursus del fenomeno del crowdfunding italiano. In seguito si cercherà di individuare un framework di analisi che unisca i tratti comuni del crowdfunding e dell’imprenditorialità sociale, all’interno del quale collocare l’obiettivo della ricerca. Infine si illustrerà la metodologia di analisi utilizzata ed i risultati empirici ottenuti, discutendo in chiusura delle principali implicazioni – anche alla luce dei limiti dell’indagine – e delle possibili strade per lo sviluppo di nuove ricerche.

Il crowdfunding in Italia

Il dinamismo che ha caratterizzato la storia del crowdfunding in Italia è stato probabilmente facilitato dalla difficoltà di accesso al credito delle imprese, delle organizzazioni del terzo settore e delle persone fisiche, a seguito della crisi finanziaria globale.

La prima piattaforma di crowdfunding in Italia risale al 2005 con Produzioni dal Basso, un sito web che dava la possibilità agli utenti di compiere donazioni per progetti creativi e culturali. A questa prima esperienza pioneristica sono seguite altre piattaforme, ma il settore è cresciuto a tutti gli effetti a partire dal 2011, quando si contavano 10 portali a livello nazionale, a cui se ne sono aggiunti altri 5 nel 2012. Il vero incremento si è registrato nel corso degli ultimi tre anni, tanto che nell’ottobre del 2015 (Pais, 2015) si contano complessivamente 82 piattaforme di crowdfunding (69 attive e 13 in fase di lancio). Delle 69 attive, 31 (45%) appartengono al modello reward-based, 13 (19%) al modello donation-based, 13 sono piattaforme di equity e 3 (4%) sono lending-based. Le piattaforme ibride sono 9 (13%) e all’interno di queste il modello più diffuso è quello che combina ricompense e donazioni (reward + donation). È evidente come il modello dominante sia quello reward-based, che raggiunge il 57% del totale se si includono piattaforme ibride. Il modello equity-based è in rapida crescita in seguito alle disposizioni emanate da Consob nel luglio 2013. Da segnalare anche la crescita di piattaforme settoriali, specializzate verticalmente su un ambito di specifico di attività (es. cinema, arti performative, grafica) e le piattaforme territoriali, incentrate su territori e/o regioni specifiche.

L’analisi della composizione del mercato italiano del crowdfunding – realizzata in quattro diverse fasi attraverso una survey periodica (novembre 2012, ottobre 2013, maggio 2014, ottobre 2015) che copre oltre il 60% delle piattaforme operanti in Italia (Castrataro, Pais, 2014b; Pais, 2015) – restituisce uno scenario frammentato privo di un vero leader di settore e con un valore generato complessivo relativamente modesto.

Il primo dato significativo che emerge dall’ultima indagine di Ivana Pais (Pais, 2015) riguarda i circa 21mila progetti che in Italia sono stati lanciati nelle piattaforme di crowdfunding, con un tasso di successo pari al 30%. A questi numeri considerevoli fa da contraltare un valore complessivo intermediato dalle piattaforme di circa 56,8 milioni di euro; un valore relativamente modesto se paragonato alle stime internazionali riportate nell’ultimo rapporto di Massolution (Massolution, 2015) e ai dati relativi ad alcuni paesi come il Regno Unito (NESTA, 2014). A livello mondiale il crowdfunding ha raggiunto un valore di 16,2 miliardi di dollari nel 2014 e la stima per il 2015 è di ben 34,4 miliardi di dollari, con un tasso di crescita superiore al 100% (Massolution, 2015). Nel 2014 nel Regno Unito il settore ha raggiunto un valore di circa 1,7 miliardi di sterline, trainato dalle piattaforme lending-based.

Anche in Italia sono le piattaforme basate sul debito a muovere più denaro: le piattaforme di debito (2) e di debito + donazione (1) hanno generato oltre il 70% del valore del settore. Le piattaforme reward-based hanno contribuito per il 13%, quelle di equity per il 3% e per il 2% quelle basate sulle donazioni.

Tabella 1: Piattaforme di crowdfunding in Italia: progetti ricevuti, pubblicati, finanziati, tasso di successo e valore complessivo delle piattaforme. Fonte: adattamento (Pais, 2015).

I progetti finanziati sono per lo più socialmente orientati (58%), seguiti da progetti creativi (20%), mentre i progetti imprenditoriali rappresentano solo il 18%. Questo dato, forse più di ogni altro, caratterizza il crowdfunding italiano e rende indispensabile un’ulteriore indagine in questo specifico senso.

Nuove tendenze sono rappresentate dall’emergere di piattaforme locali e di nicchia, dallo sviluppo di piattaforme ibride che offrono più di un modello di crowdfunding al loro interno e dalla crescente popolarità del crowdfunding “fai-da-te”. Ideaginger (ideaginger.it) è un esempio di piattaforma locale con un focus specifico sui progetti dell’Emilia-Romagna; l’idea della piattaforma è di seguire da vicino le idee e sostenerle anche attraverso l’attivazione delle reti locali e una promozione online e offline. Un esempio di piattaforme “fai da te” è la campagna gestita nel 2014 dal Festival Internazionale del Giornalismo (crowdfunding.festivaldelgiornalismo.com), organizzata per raccogliere i fondi necessari per rendere gratuita a tutti la partecipazione al Festival.

L’equity crowdfunding, su cui si è concentrata l’attenzione dei mass media dopo l’introduzione di una legislazione alla fine del 2013, è ancora in uno stadio embrionale. È importante rilevare come, in tutti i modelli, l’elemento della “comunità” – sia virtuale che fisica – ed il legame con il territorio siano molto forti e rappresentino una condizione necessaria per il successo di qualsiasi progetto di crowdfunding.

Crowdfunding e impresa sociale

Le imprese sociali possono essere definite come organizzazioni private la cui missione è produrre beni e servizi nel perseguimento di obiettivi di interesse generale per le comunità locali, le persone o i gruppi sociali (Borzaga, Defourny, 2001). Numerosi studi sulle imprese sociali hanno evidenziato come gli strumenti tradizionali di fundraising siano poco efficaci soprattutto nel sostenere la fase di avvio e di crescita delle imprese sociali (Ridley-Duff, 2008; Fedele, Miniaci, 2010; Nicholls, 2009). L’inadeguatezza degli strumenti tradizionali di finanziamento è testimoniata anche dalla nascita di organizzazioni che si concentrano su nuove logiche d’investimento – la cosiddetta finanza sociale – che prevedono l’impiego di risorse finanziarie in attività orientate al raggiungimento di rendimenti sociali e ambientali, oltre a quelli finanziari (Moore et al., 2012). Anche se molti sentono una crescente necessità di colmare il divario tra gli strumenti offerti dalla finanza sociale e le esigenze di finanziamento delle imprese sociali (Nicholls, 2009; McWade, 2012), rimane tuttora complicato, sia nella letteratura scientifica che tra i practitioners, definire modelli operativi efficaci. Le principali aree di ricerca sulla finanza sociale sono la micro-finanza (Burgess, Pande, 2005), l’impact investing (Mendell, Barbosa, 2013), la venture philanthropy (Daly, 2011) e il finanziamento delle collaborazioni pubblico-privato sociale (Lehner, Nicholls, 2014). La ricerca accademica in questi ambiti si è in gran parte concentrata sull’analisi dei fattori che spiegano la domanda di finanziamento da parte delle imprese sociali (Moore et al., 2012) e meno sulla comprensione delle variabili e dei meccanismi che possono essere propulsivi per l’individuazione delle soluzioni.

In Italia gli strumenti di finanziamento per le imprese sociali sono i tradizionali prodotti di debito – come i prestiti di lungo e breve periodo promossi dagli istituti bancari – e i prestiti mutualistici, per le cooperative sociali. Lo sviluppo degli strumenti di finanza inclusiva più innovativi, sia di debito che di equity, è ancora in una fase embrionale anche se si registrano alcune esperienze di grande rilevanza (Social Impact Investment Task Force, 2014), seppure di dimensione contenuta (Calderini, Chiodo, 2014).

Le principali criticità individuate nel rapporto tra l’imprenditoria sociale e gli intermediari tradizionali sono legate alle specificità che contraddistinguono le attività con finalità sociali rispetto a quelle produttive. Esistono barriere culturali e cognitive tra gli strumenti adottati dagli investitori tradizionali e l’imprenditoria sociale, che possono ostacolare i processi di comunicazione tra gli stakeholder (Lehner, 2013; Brest, Born 2013). In particolare, i finanziatori tradizionali non sono abituati a negoziare con le mission sociali o a considerare l’impatto sociale all’interno dell’analisi dei flussi di cassa, sommandolo ai ritorni finanziari e integrandolo nelle fasi di pianificazione e controllo (Brown, 2006; Ridley-Duff, 2008).

Per la definizione del rating dell’impresa sociale assume grande rilevanza la credibilità dell’investitore sociale, la cui valutazione richiede una disamina sul grado di prevalenza dello scopo sociale del progetto imprenditoriale per la sua effettiva realizzazione. Anche questa variabile è stata analizzata dalla letteratura specializzata, soprattutto in relazione al livello di accountability delle organizzazioni nonprofit (Ebrahim, 2005; Jordan, Van Tuijl, 2006), intesa come trasparenza e affidabilità nel rendere conto dei processi di fundraising.

Alla luce degli aspetti evidenziati dalla letteratura il crowdfunding può rappresentare uno strumento alternativo in grado di combinare la trasparenza e il potenziale di accountability delle organizzazioni con scopi sociali, attraverso un modello di progettazione basato su sistemi di ricompensa innovativi (Lehner, 2013).

Nelle campagne crowdfunding l’obiettivo di raccogliere fondi per un dato progetto viene comunemente realizzato utilizzando la comunicazione attraverso vari social network – Facebook, Twitter etc. – e blog specializzati (Belleflamme, 2010). La cosiddetta community experience è una caratteristica fondamentale del crowdfunding, che può essere utilizzata in combinazione con i metodi tradizionali (offline) di raccolta fondi. Inoltre la logica del crowdfunding, pur essendo simile a quella della filantropia e del mutualismo che sta alla base della cooperazione sociale, si differenzia da questi poiché i sostenitori investono denaro per ottenere non solo ritorni immateriali – come lo status sociale ed il riconoscimento delle loro azioni (azioni di buona cittadinanza etc. - Ordanini et al., 2011) – ma anche per ricompense materiali, esperienziali e, a volte, anche per benefici finanziari.

Lehner (Lehner, 2013) sottolinea che i sostenitori di un progetto di crowdfunding guardano più da vicino le idee e i valori fondamentali che stanno dietro all’iniziativa per la quale si chiede il finanziamento e, quindi, alla sua legittimazione. Nella prospettiva dell’impresa sociale il crowdfunding può fornire quindi uno strumento di legittimazione supplementare per l’attività d’impresa, basato su un processo di selezione dei progetti fortemente democratico da parte dei potenziali sostenitori (Drury, Stott, 2011). Chi vuole sostenere un progetto, infatti, ha la possibilità di analizzarlo per poi decidere quale finanziare e in che modo; inoltre ha la possibilità di condividere le informazioni sul progetto attraverso i social media all’interno della propria rete sociale. In sostanza, per molti finanziatori, investire in una campagna di crowdfunding permette di ottenere l’accesso a informazioni privilegiate dell’attività dell’impresa sociale proponente, attraverso gli strumenti di comunicazione offerti dalle piattaforme di crowdfunding stesse.

Il finanziamento di progetti a impatto sociale può inoltre generare dei benefici in termini di senso di appartenenza all’iniziativa imprenditoriale nonché di co-creazione di valore sociale (Brest, Born, 2013; Ordanini et al., 2011). Questi elementi vanno a colmare alcune lacune degli strumenti di finanziamento tradizionali e possono diventare variabili importanti per la creazione di adeguati modelli di gestione dei processi di finanziamento per l’imprenditorialità sociale. Con il crowdfunding la crowd – folla indistinta di potenziali investitori – si trasforma in peers, comunità di sostenitori e co-creatori che condividono valori e hanno interesse nella realizzazione del progetto.

I fattori chiave per il successo delle campagne di crowdfunding delle imprese sociali

In questo articolo è stato adottato un approccio di tipo esplorativo, che ha come finalità principale evidenziare il ruolo del crowdfunding quale strumento per sostenere e legittimare i progetti innovativi delle imprese sociali. L’analisi empirica può essere considerata come una prima fase per lo sviluppo di una teoria, secondo un approccio “theory-building”, sul tema del crowdfunding per l’imprenditoria sociale (Alvord et al., 2004; Eisenhardt, 1989).

L’obiettivo dell’analisi empirica è identificare i driver del successo delle campagne di crowdfunding sviluppate da imprese sociali. Oltre alle imprese sociali ex lege, con il termine imprese sociali intendiamo tutte le organizzazioni nonprofit che svolgono attività per il soddisfacimento di bisogni sociali, nonché quelle organizzazioni for profit che producono beni e servizi di utilità sociale in accordo con la legge 118/2005 (Venturi, Zandonai, 2012; 2014a).

Nell’analisi sono stati presi in considerazioni tre driver principali che possono spiegare il buon esito di una campagna di crowdfunding.

Il primo fattore è legato alle caratteristiche della rete dell’impresa sociale in questione, e alla sua capacità di dare supporto, quando attivata, alla realizzazione della campagna. A tale scopo è stato considerato il ruolo della rete offline – approssimata attraverso la dimensione dell’impresa sociale – e della rete online sui social network – focalizzandosi sugli amici e/o like di Facebook e sui follower di Twitter. I membri della comunità online dell’organizzazione rappresentano sia una fonte diretta di potenziali finanziatori che un bacino in grado di estendere la platea di potenziali sostenitori attraverso la condivisione tra le cerchie sociali individuali (Mollick, 2014).

Il secondo fattore riguarda le caratteristiche della piattaforma di crowdfunding. Si tratta di capire che ruolo ha il tipo di piattaforma scelta (reward-based vs donation-based) e le sue caratteristiche specifiche. Come in precedenza osservato la frammentazione del settore (Castrataro, Pais, 2014a) impone una selezione molto specifica all’interno di un’offerta ampia. Inoltre la scelta della piattaforma può influenzare la natura della campagna in funzione del modello adottato (donazioni o ricompense).

La terza dimensione riguarda la progettazione della campagna. Essendo incerto il ritorno sugli investimenti, i potenziali sostenitori sono costretti ad agire sulla base di informazioni parziali. La nostra ipotesi è che alcune caratteristiche della campagna possano essere in grado di mettere in luce la bontà dei progetti e di garantire che le proposte di qualità superiore abbiano maggiori probabilità di finanziamento (Mollick, 2014); tra questi segnali possiamo rilevare l’accuratezza della cosiddetta scheda progettuale (video di presentazione, foto, descrizione del progetto, piano economico, obiettivi di finanziamento, sistema delle ricompense) e le fasi di gestione della campagna (aggiornamenti del progetto, condivisione su Facebook e Twitter).

Un’indagine empirica di campagne di crowdfunding promosse da imprese sociali

Il campione di analisi

Per fornire una prospettiva ampia sui fattori di successo delle campagne di crowdfunding, abbiamo utilizzato i dati estratti da otto diverse piattaforme, di tipo reward-based (Eppela, Starteed, DeRev, Crowdfunding-Italia), donation-based (Rete del Dono, Shinynote, BuonaCausa) e ibride (Produzioni dal Basso). Il nostro interesse si è focalizzato su campagne di crowdfunding sviluppate da organizzazioni pre-esistenti per lo sviluppo di un progetto innovativo. Il nostro campione, quindi, non comprende né campagne per il finanziamento delle spese generali dell’organizzazione, né campagne promosse da soggetti esterni (fundraiser) in cui tra i proponenti non figuri la stessa impresa sociale. Il campione è composto da campagne project-oriented volte a introdurre innovazione sociale, il che significa una nuova soluzione ad un bisogno sociale (piuttosto che semplicemente finanziare la mission originaria dell’organizzazione).

A partire da queste premesse sono stati raccolti i dati relativi a 253 campagne condotte da imprese sociali italiane a partire dall’inizio del 2011 fino alla fine del 2013 (i dati sono stati raccolti tra il 15 ottobre 2013 e il 15 gennaio 2014). Sono state selezionate solo le campagne di crowdfunding completate prima della data di inizio. Le Tabelle 2 e 3 forniscono informazioni sulla distribuzione delle campagne per piattaforme di crowdfunding e per tipo di forma giuridica delle imprese sociali proponenti.

Tabella 2: Piattaforma utilizzata.

Tabella 3: Imprese sociali proponenti.

Le campagne sono state lanciate prevalentemente su Rete del Dono e BuonaCausa, due piattaforme donation-based specificamente rivolte alle organizzazioni senza scopo di lucro (anche se la gamma di piattaforme basate su ricompensa è relativamente ampia). Le campagne sono condotte principalmente da associazioni di volontariato e in minor misura da cooperative sociali e fondazioni. I progetti di successo sono stati 40 (15,8% del totale, media al di sotto di quella del settore, che si aggira attorno al 30%). Il finanziamento medio richiesto è di circa 10mila euro, mentre per i progetti di successo il target di finanziamento è inferiore a 5mila euro.

Le variabili del modello di regressione

La variabile dipendente utilizzata nell’analisi per approssimare il grado di successo raggiunto è stata la percentuale dell’obiettivo di finanziamento raggiunta (Tabella 5). A differenza di altri lavori empirici – che utilizzano variabili dicotomiche (successo/insuccesso) per stimare l’impatto di diversi fattori sulla probabilità di successo (Mollick, 2014) – abbiamo preferito scegliere una misura continua, a causa della presenza considerevole di campagne keep-it-all, in cui il proponente riceve i finanziamenti a prescindere dal raggiungimento dell’obiettivo di finanziamento, per cui una percentuale elevata può adeguatamente approssimare una campagna di successo. Le variabili indipendenti esplicative utilizzate nel modello di regressione comprendono le tre tipologie di fattori analizzate: la rete dell’impresa sociale, le caratteristiche della piattaforma e il design della campagna.

Tabella 4: Variabili utilizzate nell’analisi esplorativa. [*SE_Size_Squared rappresenta il quadrato della variabile SE_Size. Questo item è stato inserito nel modello di regressione per verificare se la scala dimensionale dell’impresa sociale possa generare un effetto ‘boomerang’ per le organizzazioni più strutturate, per le quali c’è il rischio che le campagne siano portate avanti da singoli e non siano condivise a livello organizzativo, né tanto meno con i propri stakeholder].

Risultati e implicazioni

L’analisi è stata testata attraverso un sistema gerarchico di regressioni lineari multiple, come evidenziato nella Tabella 5. Nel primo modello di regressione (modello 1) abbiamo considerato il primo gruppo di variabili indipendenti, relative alle caratteristiche della rete dell’impresa sociale. Nel modello 2 abbiamo aggiunto le variabili connesse alla piattaforma di crowdfunding, mentre nel modello 3 sono stati introdotti tutti gli items relativi al design della campagna. E’ stato scelto un metodo di regressione stepwise per identificare chiaramente le variabili in grado di migliorare la varianza spiegata della variabile dipendente, la percentuale realizzata sul finanziamento della campagna.

Tabella 5: Modelli di regressione lineare | *p <0.05; **p <0.01 t-value="" tra="" parentesi="" span="">

Come si evidenzia nei risultati del modello 1, solo la variabile SE_TwitterFollow (numero di follower su Twitter) ha un impatto significativamente positivo sul livello di finanziamento. Questo ci porta a concludere che le organizzazioni che hanno una presenza stabile e significativa su questo social network sono in grado di raggiungere percentuali di finanziamento più elevato.

Dal modello 2 si evidenzia come i progetti lanciati su una specifica piattaforma (CF_Platform4, una piattaforma reward-based) siano significativamente correlati con la percentuale di finanziamento ottenuta. Questa relazione è supportata da una significatività con p<.01 e un coefficiente standardizzato ß = 0,373. Ciò significa che la scelta della piattaforma – in particolare di questa specifica piattaforma – aumenta la probabilità che il progetto sia effettivamente finanziato. Questi risultati possono essere letti anche come indicatori della maggiore competenza di organizzazioni che, sapendo ben utilizzare i social network e selezionando le piattaforme più coerenti con i propri obiettivi, riescono anche a raggiungere i risultati attesi.

Dall’analisi degli effetti degli elementi di progettazione della campagna (modello 3) i risultati evidenziano come i coefficienti di CFC_Update (numero di aggiornamenti), CFC_Supporters (numero complessivo di persone che sostengono attivamente la campagna senza impegno finanziario) e CFC_Retweets (numero di retweet) siano statisticamente significativi e positivi. Si tratta di chiari segnali per l’attivazione dei progettisti nell’animazione della campagna. Anche la variabile CFC_Goal (il valore target di finanziamento) è risultata significativa anche se con segno negativo (p <0,01; ß = -182.). Questo risultato è coerente a quelli ottenuti in precedenti ricerche empiriche, che hanno evidenziato come target di finanziamento elevati siano difficili da raggiungere (Mollick, 2014).

Conclusioni

L’analisi empirica ha permesso di identificare i principali fattori che consentono a imprenditori sociali di legittimare e di co-creare, con il supporto di finanziatori esterni, progetti di innovazione sociale attraverso campagne di crowdfunding.

In primo luogo possiamo affermare che le campagne di crowdfunding funzionano meglio con una forte presenza sui social network (anche se non indispensabile); il profilo Twitter dell’organizzazione, in particolare, sembra avere un ruolo reputazionale che denota la capacità dell’organizzazione di “stare” attivamente sui social network e una maggior competenza nell’utilizzo degli stessi. Inoltre Twitter può essere considerato come uno strumento in grado di attivare una comunicazione con una comunità, anche ridotta, che tende a essere realmente “ingaggiata” e coinvolta nell’attività dell’impresa sociale. Il ruolo di Facebook – che altre ricerche empiriche avevano enfatizzato (Mollick, 2014) – sembrerebbe essere poco rilevante.

In secondo luogo i risultati mostrano come una campagna di crowdfunding dovrebbe essere gestita attivamente per tutta la fase di finanziamento. Gli aggiornamenti sono uno strumento di accountability, fin dalla fase di lancio del progetto, con cui rendere conto delle evoluzioni e degli eventi che riguardano l’attività di progettazione. L’incidenza degli aggiornamenti durante la campagna conferma la necessità di forme continue di accountability con cui le imprese sociali possono rendicontare le loro azioni e il loro impatto (Unerman, O’Dwyer, 2006). Questo risultato è coerente con i modelli operativi “ibridi” dell’imprenditorialità sociale (Mason et al., 2007; Venturi, Zandonai, 2014b) e si riflettono nelle nuove pratiche di rendicontazione che tendono a concentrarsi sulla misurazione e comunicazione della creazione del valore sociale oltre a quello economico (Nicholls, 2009). A livello di accountability, la campagna di crowdfunding rappresenta una pratica operativa con cui coinvolgere stakeholder esterni (e interni) nei processi di crescita e di sviluppo dell’organizzazione.

In terzo luogo i risultati mostrano che la scelta di una specifica piattaforma – nello specifico di tipo reward-based – è significativamente correlata al successo della campagna. Anche se in realtà esite una piattaforma specifica che ha tassi di successo più elevati delle altre, è ancora difficile immaginare che questa sia in grado di “attivare una sua comunità”, soprattutto considerando la frammentazione del settore. È più opportuno riflettere, a nostro avviso, sul modello (reward-based), elemento che può aiutare a migliorare la definizione degli obiettivi e la progettazione delle campagne; dal punto di vista di un potenziale sostenitore una campagna reward-based fornisce maggior informazioni sul “ritorno” del proprio investimento. Si tratta di contropartite il cui valore economico, che non è direttamente commisurato all’investimento, è integrato dal valore sociale intrinseco ed esperienziale. Questo significa che l’investitore è pronto a sacrificare un effettivo ritorno di tipo economico/finanziario, consapevole che tale concessione è bilanciata dal valore sociale generato dall’effettiva realizzazione della campagna (Brest, Born, 2013). Questa preferenza per le campagne reward-based potrebbe essere vista come un segnale di un cambiamento da parte delle imprese sociali nel relazionarsi con i sostenitori/donatori. Il gesto filantropico di questi ultimi non si limita, infatti, al solo dono di risorse finanziarie. I sostenitori chiedono di essere parte di un processo di reciprocità, in cui il ritorno può essere puramente simbolico – non solo materiale – e innescare la dinamica del “dare-ricevere-ricambiare” che costruisce e alimenta la relazione sociale. Il crowdfunding in questo senso è solo una parte di un processo più ampio volto a sostenitori che offrono, oltre al loro denaro, anche la visibilità della campagna sui loro social network e incentivano e rafforzano i loro legami con l’iniziativa sociale.

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