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ISSN 2282-1694
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Editoriale

La sfida dell’innovazione sociale

Andrea Bassi, Giulio Ecchia

Saggi

Il crowdfunding delle imprese sociali italiane

Bernardo Balboni, Ulpiana Kocollari, Ivana Pais

Valutare l'impatto sociale

Stefano Zamagni, Paolo Venturi, Sara Rago

Policy

Benefit corporation e impresa sociale

Paolo Venturi, Sara Rago

Echi

I beni confiscati al bivio

Mauro Baldascino, Michele Mosca

Numero 6 / 2015

Casi studio

Un’esperienza di co-produzione: il caso del progetto 'Dire Famiglia'

Claudia Pedercini

Abstract

Questo contributo propone l’analisi di un’esperienza di co-produzione di servizi educativi per l’infanzia e la famiglia nata dalla partnership tra enti pubblici (Università di Verona, Comune e ASL di Mantova) ed imprese nonprofit (cooperativa sociale Il Giardino dei Bimbi e Consorzio Solco Mantova). Il progetto “Dire Famiglia” si configura come una vera e propria ricerca-intervento in quanto si pone l’obiettivo di innescare un processo di innovazione sociale nel settore dei servizi socio-educativi, attraverso: a) innovazioni di processo – nuove modalità di erogazione e di partecipazione ai servizi del territorio sia per quanto concerne il ruolo delle Pubbliche Amministrazioni che per quello giocato dalle famiglie che utilizzano i servizi; b) innovazioni di prodotto – nuovi per la famiglia e l’infanzia in grado di rispondere alle mutate esigenze delle famiglie in tempi di crisi economica.

La sperimentazione di nuovi servizi è seguita ad una raccolta dati avvenuta attraverso la somministrazione di un questionario rivolto alle famiglie frequentanti i nidi pubblici e del privato sociale della Città di Mantova. Le domande hanno analizzato la relazione esistente tra gestione dei tempi familiari, bisogni di cura e fruizione dei servizi, con attenzione alla costruzione condivisa dei servizi stessi; il questionario ha infatti approfondito la dimensione della partecipazione al servizio e della co-produzione quale ingrediente fondamentale per la costruzione sia di risposte più efficienti ed efficaci che di nuovi modelli per i servizi socio-educativi di minori e famiglie.


This paper analyses an experience of co-production of educational services for children and families, originated from a partnership between public bodies (the University of Verona, the Municipality and local health unit of Mantova) and nonprofit enterprises (the social cooperative Il Giardino dei Bimbi and Consorzio Solco Mantova). The project “Dire Famiglia” presents itself as a research-intervention triggering a process of social innovation in the sector of educational services through a) process innovations: new ways of providing and participating in territory services with regards both to the role of Public Administration and to the role played by families using those services; b) product innovations: new services for families and children satisfying the new needs of families in periods of economic crisis.

The experimentation of new services was preceded by a data collection produced by proposing a survey to families whose children attend nurseries in the city of Mantova (both public schools and structures managed by third sector organisations). The questions analysed the relation between the management of family time, needs of care and services fruition, with a particular focus on the shared creation of services; the aim of this contribution was to investigate on the participation in the service and on the co-production as a fundamental element to identify both more efficient and effective answers and new models of co-production of educational services for children and families.

Introduzione

La crescente domanda di processi democratici nella costruzione di un nuovo welfare che si connota come inclusivo, che nasce “dal basso”, si traduce nella necessità di avviare processi di partecipazione dei cittadini nella costruzione dell’offerta di servizi di pubblica utilità. Un moltiplicarsi di protagonisti in gioco che, come previsto anche dalla “Carta della Responsabilità sociale condivisa” adottata dal Consiglio d’Europa (Cataldi, 2012 - p. 10) – si sostituisce il modello della co-produzione, nel quale regular producer e consumer si sovrappongono a tal punto che la stessa ideazione, implementazione e valutazione del servizio diventano il risultato di un processo collaborativo. Ed è proprio la co-produzione collettiva, quella espressa dai gruppi, che garantisce la positiva sovrapposizione tra regular e consumer producer (Ostrom, 1996; Bovaird, Löffler, 2012) e di miglioramento del governo locale. Infatti, come evidenzia il premio Nobel Elinor Ostrom, “l’esperienza di successo della co-produzione incoraggia i cittadini a sviluppare altre relazioni orizzontali e capitale sociale” (Brudney, England, 1983; Needham, 2008). Uno di questi è Victor Pestoff per il quale l’inclusione di cittadini in forma singola realizza gradi di partecipazione più bassi rispetto a quelli ottenibili mediante il loro coinvolgimento in forma organizzata, dove l’azione si sviluppa collettivamente e la partecipazione è più diretta. Tra queste organizzazioni, quelle di natura nonprofit sarebbero le più efficaci per la produzione e l’offerta di servizi di welfare.

Lo spostamento di attenzione dal livello individuale a quello collettivo ha portato Bradsen e Pestoff (Brandsen, Pestoff, 2008; Orlandini, 2014 - p. 8). Anche Bovaird (Normann, 1984), che è tra i primi autori a individuare nel meccanismo di enablement il prerequisito per il realizzarsi del fenomeno coproduttivo. Tale posizione richiama l’importanza del ruolo delle istituzioni alle quali spetta il compito di incentivare la partecipazione dei cittadini e di riequilibrare quelle asimmetrie di potere e di risorse che impediscono loro di contribuire (Brudney, England, 1983) e, se si vuole che si concretizzi in una relazione equa e reciproca tra professionisti e persone (famiglie e vicini) che usano i servizi, in modo che sia i servizi sia le comunità locali diventino agenti di cambiamento molto più potenti, le istituzioni debbono certamente intervenire. Oltre all’intervento delle istituzioni anche il setting istituzionale e il tipo di welfare presente hanno una rilevante importanza.

Alcuni autori mostrano come la co-produzione sia poco applicata nei welfare states ampi e solidi (Pestoff, 2008) ritiene inevitabile la progressiva contrazione delle attività dello Stato, potendo così configurare per il prossimo futuro un sistema che promuova il protagonismo del terzo settore.

La fornitura di servizi sociali da parte del terzo settore consente di rompere quel “tetto di cristallo” (glass ceiling) riguardante la partecipazione dei cittadini che invece è presente nel momento in cui la fornitura dei servizi sociali è responsabilità solo pubblica o del privato for profit. Emergono così ampi spazi all’interno dei quali immaginare un sistema di New Public Governance sorretto dalla co-produzione di servizi sociali da enti ed istituzioni pubbliche e del privato nonprofit e profit.

Le potenzialità del terzo settore derivano anche e soprattutto dalla sua capacità di inclusione sociale. Proprio perché le politiche sociali progettate ed implementate con il contributo del nonprofit aumentano il capitale relazionale degli individui, esse sono le più funzionali ad affrontare le sfide dei nuovi rischi sociali, caratterizzate dalla diffusione di incertezza nelle carriere lavorative e nelle relazioni familiari. Il protagonismo del terzo settore nel contesto dei servizi per la conciliazione tra lavoro e cura può generare esperienze di grande valore, in grado di potenziare la coesione sociale di una comunità locale. La stessa pubblica amministrazione potrebbe rafforzare la propria legittimazione di fronte ai cittadini attraverso la trasformazione del proprio ruolo. Si tratta quindi di un “cambio di prospettiva” che implica per il settore pubblico meno burocrazia e più capacità di riconoscere gli altri protagonisti del welfare, di coordinarli, supportarli e valutarli.

Pensando agli scenari possibili dei sistemi di welfare europei possiamo prendere spunto da Pestoff che, nell’ambito dell’analisi dei servizi condotta in Svezia, sostiene che il ruolo dello Stato sia destinato a ridursi significativamente a favore di un processo di “democratizzazione” del welfare se la società civile sarà in grado di giocare un ruolo di primo piano nel ridisegno delle politiche pubbliche.

È proprio nell’orizzonte della collaborazione tra terzo settore e settore pubblico che prende valore la descrizione del caso studio che segue.

La genesi e la struttura del progetto “Dire Famiglia”

Il precedente quadro teorico fa da sfondo all’esperienza del progetto “Dire Famiglia”, finanziato dalla Regione Lombardia[1] e nato principalmente da forme di riflessività organizzativa (Donati, 2011) messe in campo da tre attori istituzionali operanti nella città di Mantova: l’Azienda Servizi Locali (di seguito ASL), il Comune di Mantova e la cooperativa Giardino dei Bimbi associata al consorzio di cooperative sociali Sol.Co Mantova.

La Cooperativa Sociale Onlus Giardino dei Bimbi opera nella provincia di Mantova dal 1993 svolgendo attività di sostegno ed assistenza alle famiglie tramite l’erogazione di servizi socio-educativi (asili nido e scuole dell’infanzia), in particolar modo orientati alla fascia d’età prescolare 0-5 anni. L’osservatorio privilegiato nel quale la cooperativa si trova ad operare le ha consentito di assistere e, di conseguenza, accogliere i bisogni delle famiglie mantovane nei loro cambiamenti strutturali e sociali; al contempo ha visto il trasformarsi delle famiglie, la nascita di nuove richieste e il bisogno, sempre più forte negli anni, di trasformare l’offerta dei servizi 0-5 anni in proposte più inclini ai bisogni di flessibilità e sostenibilità rispetto ai servizi socio educativi tradizionali.

In questi anni, i servizi della cooperativa hanno ospitato famiglie con esperienze di separazione e/o divorzio per le quali è stato necessario abbinare all’offerta educativa messa a disposizione dal servizio un’offerta rivolta all’intero nucleo familiare, tra i quali gruppi di auto mutuo aiuto ed interventi di mediazione familiare. Sono inoltre aumentate, con numeri in costante crescita, famiglie di immigrati o famiglie nelle quali almeno uno dei genitori è straniero: ciò ha richiesto l’implementazione di percorsi di intervento in grado di uscire dalle metodologie standardizzate dei servizi tradizionali per adottare modelli educativi e prassi organizzative in grado di soddisfare esigenze legate ad esempio alla religione, alla tradizione e alla cultura. Sono nati così percorsi in grado di seguire le famiglie fin dalla gravidanza e di ampliare e/o consolidare le reti di solidarietà presenti sul territorio. La crisi economica che ha colpito pesantemente la provincia di Mantova ha enfatizzato le difficoltà economiche di numerose famiglie che, a causa della perdita del lavoro e/o della cassa integrazione, hanno privilegiato frequenze flessibili o ridotte non sempre facilmente strutturabili. Questi primi cambiamenti hanno coinvolto la cooperativa nella co-produzione di alcuni servizi per le famiglie insieme agli enti pubblici di riferimento.

Al quadro di contesto presentato si associa una programmazione dei servizi nido pubblici della città di Mantova che da sempre si è concentrata esclusivamente sugli aspetti pedagogici/educativi producendo sicuramente un’offerta di servizi nido di alta qualità. La stessa cosa non si può invece dire per l’aspetto sociale del servizio ove emergono sempre più evidenti esigenze di flessibilità, personalizzazione ed integrazione del servizio da parte delle famiglie che, solo in maniera marginale, sono state prese in considerazione dalla programmazione del servizio. Sempre più la frequenza al nido assume risposte a forme svariate di disagio familiare provocate dall’impoverimento delle famiglie, dall’assenza di reti di supporto e dalla necessità di potenziare la funzione sociale svolta dal servizio nido.

Le recenti esperienze promosse dall’ASL di Mantova nell’ambito della conciliazione lavoro-famiglia tendono a confermare le esigenze delle famiglie – e più in generale delle aziende quali aggregatori di domanda – che esprimono necessità di maggiore flessibilità dei servizi a supporto della cura dei figli e degli adulti a carico. Le misure Dote Conciliazione 2011 e 2012 di Regione Lombardia hanno generato, nella Provincia di Mantova, una risposta significativa sia in termini quantitativi che qualitativi. A tale proposito negli anni 2011 e 2012 sono stati attivati oltre 330 voucher, mentre nell’annualità successiva sono state esaurite tutte le risorse disponibili (70 voucher) lasciando inevase quasi un numero pari di domande extra finanziamento.

Tali premesse presentano un territorio nel quale sono auspicabili servizi per la prima infanzia che, oltre a comporsi di un’offerta tradizionale, siano articolati da proposte e modalità gestionali che consentano di far fronte ai cambiamenti legati sia all’organizzazione del mondo del lavoro, sia ai modelli culturali individuati dai genitori per orientare le loro scelte educative.

L’impianto metodologico del progetto “Dire Famiglia” si snoda secondo due direttrici fondamentali: l’attività di ricerca e l’attività di intervento. Per quanto concerne l’attività di ricerca, obiettivo principale è l’analisi dei bisogni e delle strutture reticolari delle famiglie della città di Mantova. Nello specifico sono state realizzate le seguenti rilevazioni:

  • indagine sui bisogni sociali delle famiglie con bambini 0-2 anni che frequentano i nidi comunali e i nidi gestiti dalla cooperativa Giardino dei Bimbi che saranno successivamente coinvolti nelle attività di sperimentazione di nuovi servizi
  • indagine sui bisogni sociali delle famiglie di Mantova, con campione rappresentativo di 450 famiglie con almeno un figlio 0-5 anni, che frequentano i servizi per l’infanzia.

Per quanto concerne la fase d’intervento sono state sviluppate le seguenti azioni:

  • sperimentazione dei primi servizi innovativi rivolti all’infanzia e alla famiglia (fase di prototipazione)
  • avvio del portale per la famiglia quale supporto in grado di facilitare la comunicazione e il coinvolgimento delle famiglie che usufruiscono dei servizi per la prima infanzia. Tale strumento consente la sperimentazione di forme di innovazione di processo anche in riferimento alla co-produzione dei servizi in quanto le famiglie/utenti saranno abilitate all’esercizio di forme di feedback e di partecipazione alla creazione del servizio.

Le due fasi si sono intersecate tra loro, dando vita ad un continuo processo di riflessività organizzativa nella quale, a fronte di rilevazioni empiriche, si sono susseguite forme di sperimentazione con le famiglie in grado di configurare nuovi assetti organizzativi dei servizi per l’infanzia e la famiglia.

Indagine sui bisogni sociali delle famiglie 0-2 anni che frequentano nidi

L’indagine sui bisogni sociali delle famiglie 0-2 anni che frequentano i nidi comunali e i nidi gestiti dalla cooperativa Giardino dei Bimbi si è realizzata durante il periodo marzo-aprile 2014 attraverso la distribuzione di un questionario a tutte le famiglie iscritte. Il questionario si articola in 5 sezioni alle quali si aggiungono i dati strutturali e di profilo per un totale di 25 domande a scelta multipla e/o con scelte limitate al fine di finalizzare al meglio le priorità. I questionari sono stati tradotti in lingua inglese, francese e portoghese dopo la verifica delle etnie presenti. L’intero questionario è stato costruito beneficiando delle riunioni di confronto con le educatrici sia dei nidi gestiti dalla cooperativa Giardino dei Bimbi che di tutti i nidi pubblici. La rielaborazione dei dati è avvenuta attraverso l’utilizzo del software Spss.

Una sezione è interamente dedicata alla rilevazione dei dati riferiti alla tipologia di partecipazione al servizio nido da parte delle famiglie, mutuando alcune variabili utilizzate in altre ricerche empiriche in cui si dà conto nel volume di Pestoff e colleghi (Prandini, Tronca, 2008) così come l’analisi delle risorse organizzative ed economiche a disposizione delle famiglie nella convinzione che le risorse, in assenza o in presenza, possano differenziare l’articolazione e la necessità dei servizi per le famiglie. Tali informazioni, opportunamente rielaborate, si crede siano utili per comprendere la tipologia di “famiglie consumatori” dalle quali partire per la programmazioni dei servizi ad essa dedicati.

Tabella 1: Popolazione di riferimento

L’85,5% dei questionari raccolti sono stati compilati da donne, quindi dalle mamme dei bambini frequentanti i nidi. Le famiglie intervistate sono per l’89,8% residenti nella città di Mantova, i servizi nidi infatti pescano da un bacino di utenza generalmente cittadino anche se il 9% dei non residenti a Mantova provengono dai paesi limitrofi della Grande Mantova (Comune di Curtatone, Porto Mantovano, San Giorgio di Mantova e Borgo Virgilio). Il dato esprime il fenomeno tipico della mobilità dei paesi limitrofi verso la città specialmente per questioni di natura lavorativa.

Il 64% degli intervistati hanno un’età compresa tra i 30 e i 40 anni, il 30,4% dichiara di possedere un diploma di maturità; il 32,2% degli intervistati dichiara di essere in possesso di diploma universitario o laurea e il 18,7% ha un titolo post-laurea. I partner presentano gli stessi dati per quanto riguarda l’età, il 62,3% si attesta all’interno della fascia tra i 30 e 40 anni; più alta la percentuale di coloro che possiedono un diploma di maturità (36,8%), scende invece la percentuale di coloro in possesso di un diploma universitario/laurea (24,3%) così come quella di chi possiede un titolo post-laurea (12,5%).

La composizione del nucleo familiare si attesta su valori in linea con la media nazionale, le famiglie dichiarano per il 45,9% di avere un figlio a carico e per il 41,3% due figli a carico. Il 65,9% degli intervistati dichiarano di essere coniugati, il 31,2% celibi/nubili e il 2,9% separati/divorziati; di quel 31,2% di celibi/nubili, il 72,5% dichiara di convivere con il partner mentre il 27,5% dichiara di non convivere.

Le famiglie monogenitoriali rappresentano l’11,1% degli intervistati, il 50% dei nuclei monogenitoriali hanno un figlio a carico mentre il 44,4% dichiarano di avere due figli a carico.

Per avvicinarci il più possibile agli obiettivi della rilevazione, un dato che funge da orientamento è la differenza di età tra i figli. Il dato mette in evidenza quanto sia stretta la forbice di differenza di età tra i figli, il 25,8% delle famiglie ha una differenza di età di soli due anni, il 19,4% di tre anni e il 12,9% di quattro anni (Tabella 2).

Tabella 2: Differenza d'età tra primo e secondo figlio

Tale dato conferma quanto sia importante definire servizi ed interventi di supporto alla famiglia che, attraverso il servizio nido, possano rispondere anche ai bisogni dell’intero nucleo familiare. Un atteggiamento questo che considera la famiglia nel ciclo di vita nel quale è inserita, quello tipico della fase dell’espansione. Il passaggio dalla fase di formazione della famiglia (sia attraverso il matrimonio sia come famiglia di fatto) alla fase di espansione caratterizzata dalla presenza di figli piccoli, non è sempre automatico. Per quanto riguarda i compiti di sviluppo, questa rappresenta una delle fasi più delicate della vita di una famiglia in quanto la presenza di un figlio comporta una ridefinizione dei ruoli e dei compiti sia della coppia in quanto tale, sia della coppia genitoriale. E’ soprattutto la nascita del primo figlio che comporta tale riorganizzazione dal punto di vista materiale e relazionale mentre la nascita dei figli successivi normalmente provoca soprattutto una riorganizzazione in termini oggettivi. Dal punto di vista relazionale, la coppia deve accettare l’ingresso in famiglia di una nuova generazione e soprattutto ristrutturare le relazioni interne tra i coniugi per accettare il nuovo ruolo genitoriale, pur mantenendo una propria identità di coppia. Inoltre ci si deve occupare della riorganizzazione delle relazioni e delle reti di lavoro, parentali ed amicali. A questo fa seguito la necessità di adattarsi ai ritmi e alla presenza di un altro soggetto, di assumere responsabilità condivise ed anche di organizzare il lavoro di cura del bambino.

Per quanto riguarda i bisogni sociali possiamo affermare che la famiglia che ha figli minori è la famiglia nella quale più spesso entrambi i genitori si confrontano con il mondo del lavoro. Essa ha quindi da un lato, necessità di avvalersi dei servizi, dall’altro lato, risente maggiormente della loro stessa rigidità di organizzazione e di utilizzazione. La difficoltà delle coppie che desiderano avere dei figli è quella di non essere supportate da adeguate politiche di sostegno alla natalità (come avviene in altri paesi europei, come ad esempio la Francia). Nessun sostegno reale in termini economici viene offerto alle famiglie che vogliono avere dei figli e il mercato del lavoro presenta caratteristiche ancora troppo incompatibili con i ritmi della vita familiare (IRESS, 2008).

I dati relativi al rapporto con il mondo del lavoro, raccolti sia per l’intervistato che per il partner, descrivono sia le caratteristiche che le condizioni dell’attività lavorativa. Si nota una certa equivalenza tra le caratteristiche tradizionali dell’attività lavorativa dell’intervistato (lavoro a tempo pieno continuato o spezzato) e quelle più flessibili (lavoro per turni, part-time, saltuario e gestione autonoma degli orari). Le prime coinvolgono il 51,43% degli intervistati mentre le seconde il 48,58%. La forbice si allarga di più per il partner, dove le forme tradizionali sono di tredici punti percentuali maggiori rispetto a quelle flessibili (56,06% a fronte del 43,94%).

La ricerca ha provato ad evidenziare come impattano le condizioni e le caratteristiche lavorative sulla gestione quotidiana dei figli, costruendo il diario settimanale di ciascuna famiglia intervistata. Ad ognuno è stato richiesto di compilare una tabella settimanale (dal lunedì alla domenica) nella quale indicare per fasce orarie di circa due ore quali fossero le figure che si occupano della gestione e dei compiti di cura dei figli 0-2 anni.

La gestione del diario settimanale mette in evidenza come il carico di cura sia, per la maggior parte del tempo, compito della mamma. Le prime ore del mattino, quelle che normalmente risentono di uno scollamento maggiore tra tempi familiari e tempi lavorativi, vedono la mamma protagonista (51,10%) insieme al servizio nido pubblico (17,40%) di riferimento. La famiglia affida al servizio nido il compito di cura del bambino sia per le fasce mattutine che per quelle del primissimo pomeriggio. Il pomeriggio e la sera i compiti di cura prevedono l’utilizzo di reti di supporto quali i nonni, che compaiono nella gestione fin dalle 14 per incentivare la loro presenza nella fascia dalle 16 alle 18. Da questa fascia oraria è presente la figura del papà (in modalità solitaria) fino alle 22. Cresce invece progressivamente la compartecipazione ai compiti di cura della mamma e del papà insieme (8,60%) dalle 16 alle 18, 30,70% dalle 18 alle 20 e 42,30% dalle 20 alle 22. Scompaiono definitivamente i nonni nella fascia dalle 20 alle 22 (Grafico 1).

Grafico 1: Diario compiti di cura (dal lunedì al venerdì)

Il fine settimana invece vede fortemente protagonisti i genitori nell’assolvimento dei compiti di cura dei figli. Mamma e papà sono le figure di riferimento per quasi la metà dei nuclei familiari intervistati; la restante metà vede comunque la cura in capo ai genitori anche se in forma separata (mamma 35,80% e papà 14,30%), i nonni invece rimangono figure di riferimento per i compiti di cura per il 3% dei nuclei intervistati (Grafico 2).

Grafico 2: Diario compiti di cura (sabato e domenica)

La strutturazione delle domande sulla partecipazione si è avvalsa degli spunti dei contributi di Vamstad (Pestoff, 2012b). L’articolo di Vamstad funge da sfondo al tema della co-produzione, grazie alla proposta di un primo confronto tra i livelli di partecipazione dei servizi nido statali e dei servizi nido gestiti dalle “cooperative di genitori” sviluppate in Svezia a partire dagli anni ‘70 con l’obiettivo di offrire un’alternativa pedagogica ai servizi offerti dallo Stato ([2]); anche in questo caso il terzo settore rappresenta il provider dove meglio si esprimono tutte e quattro tipologie partecipative. Il settore pubblico ed il privato profit accolgono forme di partecipazione più tradizionali come quella politica ed economica. Le stesse tipologie partecipative utilizzate dall’analisi di Pestoff sono state riportate nella prima delle quattro domande del questionario dedicate alla partecipazione dei genitori al servizio frequentato dai propri figli. Nella domanda è stata aggiunta un’ulteriore forma partecipativa definita “progettuale” con l’obiettivo di indagare il coinvolgimento della progettazione del servizio – definizione di orario, mete per le uscite etc. I dati aggregati mostrano una distribuzione della partecipazione principalmente su tre modalità, il 32,8% dichiara di non attuare nessuna partecipazione al servizio nido, il 29,50% partecipa a livello economico mentre il 27,30% a livello politico (Grafico 3). Quest’ultime due partecipazioni sono quelle definite più tradizionali, quelle che peraltro mobilitano un’esperienza di democrazia del servizio molto bassa. Le tre tipologie partecipative più innovative e che prevedono esperienze di co-produzione maggiori sono quelle che complessivamente raccolgono il 10,4% degli intervistati. Questa domanda non presenta particolari differenze tra i due provider del servizio, vale a dire tra l’ente pubblico e la cooperativa. In entrambe i casi quindi siamo di fronte a forme di partecipazione più tradizionali.

Grafico 3: Natura e partecipazione nei servizi nido (pubblici e terzo settore)

A corredo dei dati relativi alle attuali forme di partecipazione, alle famiglie intervistate è stato chiesto di esprimere un parere rispetto al tipo di contributo che potrebbero fornire per aumentare la partecipazione al servizio frequentato dal proprio figlio. La domanda aperta è stata ricodificata secondo le modalità evidenziate nel grafico. La risposta contiene un valore alto di missing (49,4%) probabilmente dovuto al carattere aperto della domanda. La ricodifica è riuscita a considerare quelle forme di partecipazione inserite nel quadrante innovativo, quelle più strettamente legate ad esperienze di co-produzione come la partecipazione sociale e specifica (Grafico 4). Il 19,5% delle famiglie ritiene di poter offrire il proprio contributo per l’organizzazione di eventi, feste e laboratori (partecipazione sociale); percentuale simile (18,4%) viene rilevata per il desiderio di partecipare ad incontri tra genitori e tra genitori ed educatori.

 

Grafico 4: "Cosa le piacerebbe fare per aumentare la partecipazione al servizio frequentato da suo figlio?"

Seppur non ci siano significative differenze tra i nidi pubblici e i nidi del terzo settore per quanto concerne il tipo di contributo che le famiglie potrebbero offrire all’interno del servizio frequentato dai propri figli, nei nidi del terzo settore compaiono in modo più evidente le famiglie che intendono mettere a disposizione competenze specifiche (5,6%) a fronte del 3,3% delle famiglie nei nidi pubblici. Tale tipo di partecipazione è stata definita specifica e rientra a tutti gli effetti nelle modalità innovative di co-produzione dei servizi.

I dati relativi alla tipologia di partecipazione sono stati arricchiti, proprio come nello studio di Pestoff, con i dati relativi al livello e alle aspettative di partecipazione. La scala applicata per rilevare il livello e le aspettative di partecipazione è una scala metrica (0-10) ricodificata successivamente nelle tre modalità (bassa, media ed alta).

Tabella 3: Livello di partecipazione e tipologia di servizio nido

Tabella 4: Aspettative di partecipazione e tipologia di servizio nido

La rappresentazione grafica delle tabelle proposte (Grafico 5 e 6) mette in evidenza come il livello di partecipazione medio rilevato nei servizi gestiti dalla cooperativa si attesti su valori superiori rispetto ai servizi nido pubblici. Con quasi dieci punti percentuali di differenza si presenta la media dei valori sul livello basso, confermando in questo caso le evidenze empiriche emerse nello studio comparativo europeo (Grafico 5).

Grafico 5: Livello di partecipazione (confronto tra nidi pubblici e del terzo settore)

Le aspettative di partecipazione (Grafico 6) invece presentano differenze sui livelli alti di aspettative, anche in questo caso sono quasi sei i punti percentuali che distinguono le aspettative di partecipazione sui livelli alti (25,49% a fronte del 19,09%) tra i nidi gestiti dalla cooperativa e i nidi a gestione pubblica.

Grafico 6: Aspettative di partecipazione (confronto tra nidi pubblici e del terzo settore)

L’utilizzo di scale metriche consente il calcolo della media dei valori sia in riferimento al livello di partecipazione che alle aspettative. Seguendo gli spunti legati al tema della co-produzione è possibile vedere uno scostamento dei valori rispetto alla media relativi sia al livello che alle aspettative per le due tipologie di nidi coinvolti. Un primo confronto mette in evidenza le diverse medie tra livello di partecipazione ed aspettative. Superiore di quasi due punti percentuali la media totale relativa alle aspettative di partecipazione (7,35%) rispetto a quella del livello di partecipazione (5,81%). In generale i nidi della cooperativa presentano un valore superiore sia nel livello che nelle aspettative rispetto alla media generale; si tratta pur sempre di uno scarto minimo (0,25 e 0,43%). Una chiara differenza mostra il rapporto tra nidi privati nonprofit e nidi pubblici nei confronti della media generale. I nidi pubblici presentano valori, per le due variabili, sempre inferiori rispetto alla media generale (Tabella 5).

Tabella 5: Livello ed aspettative di partecipazione (confronto medie)

Questa prima raccolta di dati relativa alla tipologia di partecipazione ed al livello della stessa riporta un trend simile a quello evidenziato nella ricerca proposta da Pestoff, senza però arrivare ad una netta demarcazione in termini di partecipazione tra servizi erogati dal pubblico e servizi erogati dal terzo settore. Sembrano restare in sottofondo quei codici simbolici che contraddistinguono il terzo settore (Meyer, Rowan, 1977) quale risultanza di prassi decennali di esternalizzazione di servizi che hanno via via portato il terzo settore ad acquisire maggiore dimestichezza con i linguaggi delle istituzioni pubbliche che dei cittadini fruitori dei servizi.

La fase della rilevazione, oltre che a suscitare nuovi interrogativi, ha svolto un’importante funzione di stimolo per l’avvio della sperimentazione dei primi servizi innovativi.

Sperimentazione dei primi servizi innovativi rivolti all’infanzia e alle famiglie

La fase di intervento si apre nel mese di maggio 2014 a seguito delle prime evidenze messe in luce dalla ricerca. La programmazione dei servizi nasce all’interno del tavolo operativo che vede la partecipazione dei referenti dell’Amministrazione Comunale di Mantova (responsabili coordinamento pedagogico dei servizi), referenti dell’ASL di Mantova (responsabile area psico-sociale) e coordinatrice dei servizi della cooperativa Giardino dei Bimbi. A seconda del servizio sperimentato è stato previsto un diverso grado di coinvolgimento delle famiglie.

Come evidenziato nei dati illustrati in precedenza, le famiglie mantovane esprimono il desiderio di servizi di natura innovativa che in prima istanza rispondano ad esigenze di flessibilità rispetto agli orari lavorativi e che abbiano un importo della retta contenuto. Il 69,4% dichiara di non riuscire a far fronte a bisogni relativi alla conciliazione mentre il 30,6% a quelli economici. Per tali ragioni la prima fase di sperimentazione si è concentrata su servizi orientati ad esigenze di conciliazione/flessibilità e servizi salva reddito in grado di definire un’offerta correlata a basso costo.

Servizi di conciliazione

I dati della ricerca appartenenti alla sezione che indaga le modalità organizzative delle famiglie, di cui fa parte anche il diario settimanale, mette in evidenza come il 60% delle famiglie intervistate dichiara di utilizzare permessi lavorativi per la cura dei propri figli ma solo il 21,7% del totale delle famiglie accede a forme di sostegno aziendale. Tra queste quella maggiormente utilizzata è la flessibilità oraria in entrata/uscita/pausa pranzo (59%) e i permessi e/o riduzione temporanea delle ore di lavoro (23,10%). Tali dati confermano la necessità di sostenere la nascita di servizi in grado di “comporsi” ed “adattarsi” ai tempi familiari e lavorativi.

La fase di sperimentazione si è aperta con la strutturazione di servizi di conciliazione per il periodo estivo per tutti i bambini della città di Mantova frequentanti e non i nidi a partire dai 20 mesi di età. Il servizio ha previsto una copertura quasi totale delle settimane estive e la possibilità di usufruire di un servizio “nido ponte” per quei genitori in attesa di effettuare l’ambientamento del figlio nella scuola dell’infanzia. Sul piano del modello gestionale, i servizi sono stati erogati utilizzando personale della cooperativa e prevedendo un’integrazione degli spazi e dei locali. Il modello economico del servizio ha consentito di introdurre, accanto alla frequenza standard (giornata intera o part time), la possibilità di acquisto di una “borsa ore” settimanale – small, medium e large – da utilizzare durante tutta la settimana di frequenza del servizio e distribuibile a piacimento su tutto l’orario di apertura del servizio. Il presente format di servizio si è consolidato anche nel periodo natalizio successivo (2014). Il modello gestionale proposto consente alle famiglie di personalizzare il servizio e la frequenza alle esigenze e ai bisogni lavorativi quotidiani. A partire dall’anno scolastico 2015/2016, il servizio di conciliazione invernale ed estiva così come la frequenza secondo la modalità “borsa ore” sono stati inseriti nell’offerta promossa dai nidi pubblici di Mantova.

Servizi salva reddito

I servizi salva reddito rappresentano forme di conciliazione che vanno ad attenuare l’incidenza degli acquisti di beni e servizi sul bilancio familiare complessivo. La ricerca ha messo in evidenza come l’incidenza dei costi per i servizi scolastici ed extra scolatici sul bilancio familiare si attesti in media tra il 20 ed il 40%. Il dato naturalmente comprende l’acquisto di servizi per tutti i figli a carico del nucleo familiare.

Tabella 6: Incidenza percentuale dei costi di servizi scolastici ed extra scolastici

L’incidenza dei costi dei servizi scolastici ed extra scolastici viene letta all’interno di un contesto economico nel quale circa il 68% delle famiglie intervistate dichiarano di avere una situazione economica che si muove tra il precario[3] (39%) e di aver chiesto, per circa la metà delle famiglie, aiuti economici durante l’ultimo anno.

I servizi salva reddito hanno preso avvio nella fase di sperimentazione grazie allo start up di una convenzione per la fornitura di pannolini e prodotti della prima infanzia per tutte le famiglie, sia dei nidi pubblici che di quelli gestiti direttamente dalla cooperativa. Alle famiglie è stata offerta la possibilità di sottoscrivere una card da poter utilizzare direttamente presso il fornitore selezionato o evadere l’ordine presso il servizio nido di riferimento. Il modello gestionale del servizio facilita la collaborazione tra fornitore, cooperative e famiglie e trasforma progressivamente il servizio nido in un Polo Famiglia, centro ed aggregatore di domanda. Visto il successo di questa prima sperimentazione, sono state attivate altre convenzioni che prevedono il raccordo con aziende agricole del territorio per la fornitura di frutta e verdura, panifici, negozi di vestiti per bambini e agenzie di assicurazione.

Educatore a domicilio

La gestione dei compiti di cura durante l’arco temporale settimanale si è arricchita di dati relativi ai momenti di maggiore difficoltà nella gestione dei figli. Quasi la metà delle famiglie (42,8%) dichiarano che il momento di maggiore difficoltà nella cura dei figli si presenta durante i periodi di malattia, problematiche diverse presentano il 25% delle famiglie per le quali sono le vacanze scolastiche i momenti di maggiore difficoltà nella cura dei figli.

All’analisi dei dati sopra citati, il gruppo operativo di lavoro ha deciso di avviare la progettazione del servizio di educatore domiciliare. Tale servizio consiste nella possibilità di usufruire, dapprima per tutte le famiglie frequentanti i nidi sia pubblici che gestiti dalla cooperativa, della figura di un educatore professionale selezionato e formato dalla cooperativa Giardino dei Bimbi, in supporto ai periodi di malattia dei propri figli. L’educatore a domicilio viene accolto presso il domicilio della famiglia e mantiene con essa un rapporto one to one. La durata e le fasce orarie del servizio vengono costruite sui bisogni di conciliazione di ogni singolo nucleo familiare con alcune limitazioni rispetto al numero minimo e massimo di ore a disposizione. Il presente servizio ha previsto un grado di collaborazione e coinvolgimento delle famiglie più alto rispetto ai precedenti, in quanto le famiglie interessate alla sperimentazione hanno, in una fase previa, accolto presso il domicilio le educatrici domiciliari al fine di stabilire con esse una rapporto di fiducia e conoscenza. Al pool di educatrici selezionate è stato inoltre richiesto di realizzare periodi di osservazione all’interno dei singoli servizi nido.

Il servizio è attivo da gennaio 2015 e ha visto il coinvolgimento iniziale di un gruppo di venti famiglie. Inoltre i nuclei familiari hanno avanzato la richiesta di poter estendere il servizio oltre il bisogno di malattia del figlio. Il modello gestionale del servizio si avvicina molto a dinamiche di personalizzazione dello stesso pur mantenendo un ancoraggio non sulla famiglia ma sull’organizzazione di terzo settore che struttura direttamente il rapporto lavorativo con il pool di educatrici e media il rapporto di fiducia con le educatrici stesse. Considerando la riposta positiva e la reale necessità del servizio, confermata anche nella seconda indagine, si prevede la costituzione dell’“Albo delle baby sitter” che verrà gestito direttamente dalla cooperativa sociale Giardino dei Bimbi.

Conclusioni

La diffusione dei dati della ricerca e la fase di sperimentazione dei servizi si sono concluse rilanciando l’avvio della seconda fase di progetto che vede nuovi cantieri di lavoro. Sul versante dell’indagine si è conclusa nell’autunno 2015 l’indagine condotta da SWG sui bisogni sociali con campione rappresentativo di 450 famiglie con almeno un figlio 0-5 anni, che frequentano e no i servizi per l’infanzia. Tale rilevazione aggiunge alla precedente una sezione specifica relativa alla giustizia sociale percepita. Con questa seconda tipologia di rilevazione si chiude la fase di raccolta dei bisogni delle famiglie nella città di Mantova.

Sul versante dell’intervento, il gruppo di lavoro operativo ha iniziato a lavorare sulla costruzione di servizi integrati. L’orientamento in tale direzione è stato conferito dai dati presenti nella prima rilevazione nella quale le famiglie esprimono il desiderio di trovare all’interno del servizio nido collaborazioni con personale specializzato, in prevalenza con il medico pediatra (38,28%) e con logopedista, psicomotricista (35,41%).

Questa continua opera di manutenzione dei sistemi di welfare e della relativa offerta di servizi è richiesta dal continuo modificarsi dei bisogni e delle risorse economiche a disposizione dalle amministrazioni pubbliche per farvi fronte. I sistemi di welfare sono chiamati oggi a monitorare continuamente le misure di assistenza concesse ai cittadini al fine di verificare il mantenimento del diritto all’accesso di chi ne gode e di chi eventualmente ne è escluso. In tal senso vanno continuamente rivisti modalità, tempi e costi dell’erogazione dei servizi. Si tratta, in sostanza, di svolgere un lavoro di controllo e di aggiornamento, di continua modificazione, di morfogenesi del sistema, alla quale i soggetti in causa (organizzazioni pubbliche, terzo settore, imprese) sono chiamati a concorrere complessivamente (Di Nicola, 2008).

A rafforzare tale scenario interviene il concetto di co-produzione che, mettendo in secondo piano le distinzioni di ruolo tra professionisti e utenti così come tra produttori e consumatori di servizi, ne propone invece nuove dinamiche. Ai primi viene richiesto di essere dei catalizzatori e facilitatori più che dei meri esecutori; ai secondi viene richiesto uno sforzo per l’acquisizione di nuove conoscenze ed abilità, reinvestendo nel loro capitale umano. Quest’orizzonte apre agli apporti delle reti sociali degli utenti (famiglia, amici, comunità, associazioni) e dei professionisti (organizzazioni di appartenenza, reti di pari, enti locali), per la produzione di servizi a favore dei cittadini e della comunità di riferimento.

La co-produzione non è da intendersi però come una panacea per i problemi di qualità del servizio, ma è necessaria una riflessione pubblica sulle condizioni e le risorse necessarie per garantirne una sua efficacia.

Infatti, la co-produzione difficilmente produce valore in termini di denaro e potrebbe creare disuguaglianze senza investimenti a priori nella formazione del personale e nell’individuazione di strumenti per facilitare la partecipazione di settori emarginati. Co-produzione spesso può significare cose diverse per i cittadini interessati ad avere un maggiore controllo sui servizi (e le risorse pubbliche) e per gli attori istituzionali che potrebbero essere sedotti dalla promessa di aumento dell’efficienza a fronte di tagli.

La co-produzione rappresenta pertanto una sfida e un’opportunità per i diversi tipi di leadership (civile, amministrativo, politico) che richiede investimento e fiducia nell’apporto della società civile.

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Note

  1. ^ Delibera della Giunta Regionale 20 dicembre 2013, n. X/1188.
  2. ^ Economica (contributi per l’acquisto di materiale, integrato rette per la partecipazione ad iniziative, sostenuto l’acquisto di foto, dvd o la creazione di una cassa comune); politica (partecipazione all’elezione dei delegati dei genitori), sociale (contribuito all’organizzazione di feste ed eventi), specifica (disponibilità ad offrire corsi di aggiornamento, condurre laboratori o attività di supporto alle famiglie).
  3. ^ Le risorse familiari soddisfano le esigenze principali ma talvolta siamo costretti a delle rinunce o a dei tagli di spesa.
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