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ISSN 2282-1694
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Numero 4 / 2022

Casi studio

L’identità organizzativa di fronte al cambiamento. Il caso del Centro Studi Sereno Regis

Alberto Monti, Fabrizio Montanari

Abstract

Cambiamenti culturali e legislativi, cambi ai vertici e generazionali sono alcuni dei motivi per cui le organizzazioni, sia esse profit o non profit, si trovano a dover fare i conti con periodi di crisi e quindi con la necessità di trasformazioni che a volte mettono in dubbio la ragione stessa per cui l’organizzazione esiste. Questo è ancora più vero nel caso di enti non profit in cui il “fare” corrisponde spesso “all’essere” ed è strettamente legato ai valori sui cui questo tipo di organizzazione viene fondata. In questo articolo si vuole esplorare, attraverso la presentazione del caso del Centro Studi Sereno Regis ODV, la complessità e le sfide del cambiamento legate all’identità stessa delle organizzazioni per poi offrire alcuni spunti di riflessione su alcune sfide chiave per il successo di questo processo.

DOI: 10.7425/IS.2022.04.08

Premessa

Il cambiamento organizzativo è un fenomeno complesso che può riguardare componenti chiave della strategia e delle operazioni, nonché variazioni significative nelle priorità, nella struttura e nell’identità di un’organizzazione. L’identità organizzativa è un elemento importante per comprendere il funzionamento di un ente, un meccanismo di coordinamento interno in grado di influenzare gli atteggiamenti e i comportamenti dei membri di un’organizzazione (Simon, 1947). Il suo ruolo diventa ancora più critico per le imprese sociali e, più in generale, per le organizzazioni del terzo settore in quanto realtà nelle quali l’elemento identitario e valoriale è fondamentale (Ebraim et al., 2014; Frumkin, 2002; Sacchetti, 2018). Esse, infatti, hanno come raison d’etre il raggiungimento di una mission di tipo sociale – la quale è strettamente legata all’identità condivisa dai suoi membri – che influenza significativamente le scelte in tema di produzione di beni o servizi di interesse per la comunità di riferimento.

Negli ultimi dieci anni, le organizzazioni del terzo settore sono state oggetto di numerosi cambiamenti economici e legislativi che hanno messo in risalto le sfide a cui sono chiamate a rispondere soprattutto in termini di sostenibilità economica e impatto sociale (Borzaga et al., 2022). Tuttavia, a differenza di quanto accade per le organizzazioni dei settori tradizionali, le esigenze di sostenibilità economica possono andare in conflitto con gli altri obiettivi organizzativi, soprattutto quando il cambiamento mette in discussione aspetti della mission e gli elementi costitutivi l’identità organizzativa (Beshararov, Smith, 2014; Mair et al., 2015).

Obiettivo di questo articolo è riflettere su come le organizzazioni del terzo settore possono rispondere ai cambiamenti aggiornando la propria identità alla luce delle modifiche del contesto socioeconomico di riferimento. Per fare ciò, si discuterà il caso del Centro Studi Sereno Regis ODV, un’associazione operante a Torino che sta vivendo un periodo di cambiamento dovuto a due importanti eventi: la morte del principale artefice e leader dell’associazione e il mutamento più ampio del contesto sociale che ha generato una riflessione sulla necessità di adattamento della missione e quindi dell’identità stessa dell’associazione. Nel prosieguo dell’articolo si discuterà il concetto di identità e la sua relazione con il cambiamento organizzativo. Successivamente, sarà introdotto il caso e la metodologia utilizzata per poi presentare i principali risultati. Infine, si offre una discussione sul contributo dello studio.

L’identità organizzativa: concetto e definizioni

Già introdotto da Herbert Simon nel suo libro Administrative Behavior (1947), il concetto di identità organizzativa si è diffuso a partire dalle pubblicazioni di Albert e Whetten (1985) e di Ashforth e Mael (1989). In generale, l’identità organizzativa può essere declinata su diversi livelli: da quello più macro rappresentato dal contesto in cui un'organizzazione opera fino alle dinamiche di micro-livello. Dal punto di vista macro, l'identità organizzativa consiste in un insieme di codici che contraddistinguono le organizzazioni appartenenti alla stessa popolazione (Hsu, Hannan, 2005; Polos et al., 2002). In questo senso, l'identità organizzativa va a definire quali organizzazioni possono essere considerate facenti parti di una certa popolazione e quali invece escluse. A livello micro, l’identità organizzativa è data dalle caratteristiche che sono percepite come centrali, uniche e distintive da parte dei suoi membri (Albert, Whetten, 1985; Whetten, 2006). Più precisamente, la centralità si riferisce agli aspetti fondamentali che caratterizzano un’organizzazione; il carattere distintivo indica ciò che distingue un’organizzazione da altre simili e, infine, l’aspetto duraturo sottolinea il grado di continuità nel tempo, ovvero la persistenza di alcune caratteristiche dell’identità organizzativa.

Studiare l’identità di un’organizzazione è importante per capire come i suoi membri rispondono alla domanda "chi siamo come organizzazione?", eventualmente utilizzando elementi della stessa per definire la propria identità. Come sostenuto dalla teoria dell'identità sociale (Tajfel, 1978; Tajfel, Turner, 1979), infatti, l'identità di una persona è composta da una dimensione individuale e una sociale. Mentre la prima si basa su caratteristiche individuali, la seconda si forma come risultato del senso di appartenenza ai gruppi sociali e ha importanti conseguenze dal punto di vista cognitivo, emotivo e comportamentale. Da questo punto di vista, l’identità di un’organizzazione svolge un ruolo importante nell’influenzare gli atteggiamenti e i comportamenti che i suoi membri adottano (Dutton et al., 1994; Gioia, Thomas, 1996).

Pur avendo un aspetto di stabilità, l’identità di un’organizzazione non resta immutata nel tempo, ma può cambiare pur conservando alcune sue caratteristiche distintive (Gioia et al., 2000). Nello specifico, la durabilità dell’identità è legata soprattutto alla stabilità delle etichette utilizzate dai membri di un’organizzazione per definirla. Tuttavia, il significato delle etichette può cambiare all’interno delle fasi evolutive dell’organizzazione. In letteratura si parla di instabilità adattiva, la quale consente ai membri di un’organizzazione di interpretare in modo dinamico le etichette ritenute durevoli (Corley, Harrison, 2009).

Dagli studi condotti, soprattutto quelli di stampo costruttivista (Corley, Gioia, 2004; Pratt, Rafaeli, 1997; Ravasi, Schultz, 2005), emerge come l’identità organizzativa sia un fenomeno collettivo dove giocano un ruolo fondamentale le interazioni tra i singoli membri di un’organizzazione e quelle con il contesto sociale di riferimento. In tal senso, due elementi rilevanti sono l’immagine che un individuo ha della propria organizzazione (ovvero come l’individuo percepisce le caratteristiche distintive, durature e centrali dell’organizzazione; Dutton et al., 1994; Whetten, 2006) e la percezione dell’immagine esterna (ovvero come i membri di un’organizzazione pensano che diversi gruppi esterni all’organizzazione vedano l’organizzazione; Bergami, Bagozzi, 2000; Brown et al., 2006). Più le percezioni dell'identità sono condivise dai membri dell’organizzazione, più forte è l'identità e, di conseguenza, maggiore è il potenziale di identificazione (Bergami, Bagozzi, 2000; Kreiner, Ashforth, 2004). I membri che si identificano più strettamente con le loro organizzazioni saranno più coinvolti, allineati agli obiettivi organizzativi, e disposti a fare la differenza per loro (Annosiet al., 2019; Dukerich et al., 2002; Monti, Bergami, 2014).

Tuttavia, all’interno dell’organizzazione possono esistere scostamenti tra le percezioni individuali legati alla presenza di gruppi con interessi e background differenti oppure con idee differenti su come l’organizzazione debba evolvere nel corso del tempo (Albert, Whetten, 1984; Corley, 2004; Glynn, 2000; Pratt, Foreman, 2000). Come già anticipato, infatti, l’identità organizzativa può cambiare nel tempo parallelamente alle evoluzioni sperimentate. Questo tema è particolarmente rilevante nel contesto contemporaneo, a causa della complessità sempre più alta che caratterizza l’ambiente esterno in cui le organizzazioni si trovano ad operare, e per le organizzazioni del terzo settore in cui coesistono molteplici obiettivi e la dimensione identitaria è fondamentale (per una review, si veda Ashforth et al., 2008).

In generale, il cambiamento organizzativo[1] può essere inteso come adattivo o trasformativo (By, 2005). Il primo consiste principalmente in piccole modifiche incrementali che un’organizzazione mette in atto nel tempo; il secondo invece ha portata e scala più ampia e in genere comporta un cambiamento più radicale. I fattori che determinano un cambiamento organizzativo sono molto variegati e possono andare da elementi interni (demografia nell’organizzazione, andamento delle performance, cambiamenti nei vertici, ecc.) a quelli esterni legati a variazioni economiche, sociali e tecnologiche dell’ambiente di riferimento (per una review, si veda Frigotto, 2020).

A prescindere dalla tipologia e dalle cause, ogni processo di cambiamento organizzativo è contraddistinto da una serie di tensioni tra gli elementi di continuità con il passato e quelli di discontinuità. In questo senso, esso è fortemente interconnesso con l’identità organizzativa. Tuttavia, la letteratura specifica sul cambiamento ha largamente ignorato questo aspetto se non tangenzialmente per alcuni modelli che hanno parlato del ruolo della cultura dell’organizzazione (si veda per una review Stoute et al., 2018).

D’altra parte, molti studi, tra cui quelli fondativi, si sono occupati di capire la relazione tra individuo e organizzazione attraverso la lente dell’identità in momenti di cambiamento: l’identità organizzativa diventa più evidente nei periodi di crisi (Albert, Whetten, 1984; Corley, Gioia, 2004), nel momento di fare scelte strategiche (Monti, Salvemini, 2014), nel passaggio da una fase ad un’altra del ciclo di vita dell’organizzazione (Ravasi, Shultz, 2006) o in generale quando c’è disallineamento tra obiettivi, valori e aspettative dei suoi membri (Glynn, 2000; Battilana, Dorado, 2010). In particolare, nel momento in cui nuove (anche controverse) scelte strategiche sono richieste a un’organizzazione per adattarsi a cambiamenti del contesto di riferimento, i suoi membri si ritrovano potenzialmente a mettere in discussione il modo stesso di definire l’organizzazione. In termini più concreti, la riflessione va a toccare proprio gli elementi centrali, distintivi e durevoli dell’identità. Questo fa sì che ci si chieda quali siano gli elementi durevoli che possono superare i periodi di cambiamento o come si possa cambiare.

Mentre gli studi sul legame tra identità e cambiamento non sono nuovi ed hanno contribuito molto alla comprensione di questo fenomeno, pochi hanno approfondito le differenze emergenti tra diversi gruppi all’interno delle organizzazioni ed il loro possibile impatto sul cambiamento (Corley, 2004). Questo studio si colloca in questa linea di ricerca andando ad approfondire l’analisi dei driver che influenzano i modi di “vedere” l’identità da parte di diversi gruppi e quindi quali sono le implicazioni legate al cambiamento organizzativo e di conseguenza le possibili basi per un cambiamento dell’identità stessa dell’organizzazione.

Il caso: l’associazione Sereno Regis

Il Centro Studi Sereno Regis ODV (da qui in avanti, Sereno Regis) è un’associazione di volontariato e non profit, fondata dal gruppo piemontese del Movimento Internazionale della Riconciliazione, di cui faceva parte anche Domenico Sereno Regis[2], con la mission di promuovere e diffondere una cultura di pace e nonviolenza. Riprendendo il principio teorizzato negli anni Venti da Gandhi, l’associazione Sereno Regis si è proposta di contrastare tutte le forme di violenza: diretta, culturale e strutturale. La prima fa riferimento alla violenza (fisica o psicologica) esercitata direttamente da un attore; la violenza culturale si manifesta in atteggiamenti e pregiudizi e, infine, quella strutturale fa riferimento all’ingiustizia sociale e alle relative strutture che impediscono il soddisfacimento dei bisogni primari. Per perseguire la sua mission, l’associazione agisce principalmente in tre ambiti: la ricerca[3], l’educazione e l’azione. Attraverso la ricerca Sereno Regis vuole dimostrare che la nonviolenza è possibile; successivamente ci si impegna per trasmettere il suo significato alla società attraverso l’educazione; infine, si vuole dimostrare che la nonviolenza funziona solo quando è spinta dal basso per il cambiamento e ciò viene realizzato con l’azione. I tre ambiti vengono declinati da un punto di vista operativo a livello locale, nazionale e internazionale.

Dal punto di vista organizzativo, Sereno Regis si trova nel centro storico di Torino e ad oggi conta 33 soci, uno staff dipendente di cinque persone e circa 50 volontari che contribuiscono a diverse attività sulla base dei loro interessi e disponibilità. Per quanto riguarda l’organigramma, possiamo distinguere il consiglio di amministrazione, la figura del responsabile operativo/strategico, e coloro che lavorano presso l’associazione.

Il caso Sereno Regis è interessante ai nostri fini perché, al momento dello studio, l’organizzazione si trovava già a riflettere, anche se non esplicitamente, sulla propria identità come conseguenza della partecipazione ad un bando per la richiesta di fondi dedicati al rafforzamento delle organizzazioni del terzo settore. Il processo che ne è seguito si è tradotto nella produzione, discussione e analisi di documenti interni che hanno portato all’esplicitazione dell’obiettivo di incrementare il proprio impatto sociale sul territorio valutando le modalità con cui espandere il raggio d’azione della propria attività senza perdere, al tempo stesso, le proprie caratteristiche costitutive. Questo primo step ha fatto emergere l’importanza di approfondire in maniera esplicita il tema dell’identità dell’associazione rispetto alla necessità di introdurre nuove attività per aumentare la sostenibilità economica. Questa riflessione è diventata fondamentale e necessaria a causa di due fattori scatenanti: i) il mutato contesto economico, istituzionale e sociale in cui l’associazione opera, soprattutto in termini di maggiori pressioni a garantire una sostenibilità economica non dipendente solo da finanziamenti e ii) la scomparsa delle figura centrale di Nanni Salio, uno dei fondatori che ha dato il via al processo di riorganizzazione interna di Sereno Regis e ad una più ampia riflessione sulle sue attività e valori. In tal senso, per la stessa organizzazione era importante comprendere i tratti centrali e distintivi dell’identità così come percepiti dai suoi membri e dagli stakeholder esterni, anche alla luce dell’importanza di riuscire a coinvolgere nuovi volontari (soprattutto di età giovane). Il focus sull’identità organizzativa permette anche di affrontare alcune criticità che erano già parzialmente note all’interno di Sereno Regis, ma che necessitavano di un inquadramento più approfondito al fine di favorire l’implementazione di azioni che riguardano il fit tra identità e strategia organizzativa dei i diversi gruppi (CDA, Volontari, lavoratori), la facilitazione del processo di cambiamento (potenziale o in atto), l’individuazione di elementi a supporto della partecipazione, sia rispetto alla vita dell’associazione, sia al processo di cambiamento e l’individuazione di nuove strategie di comunicazione.

Metodologia

Per condurre l’analisi di Sereno Regis è stato adottato un approccio qualitativo basato sullo studio in profondità di un caso (Yin, 1984) insieme a un approccio abduttivo all'analisi (Dubois, Gadde 2002). Questa scelta è coerente con la necessità di indagare un “fenomeno contemporaneo nella sua realtà/contesto, soprattutto quando i confini tra fenomeno e contesto non sono chiaramente evidenti” (Yin, 1984, p. 23).

I dati sono stati raccolti attraverso più fonti al fine di migliorare la validità e l'affidabilità dei risultati (Dul, Hak, 2007): fonti documentali prodotte da Sereno Regis, interviste semi-strutturate con key informants e osservazione diretta. Le prime comprendono lo statuto, la relazione programmatica, il sito web e altri documenti di natura strategica, operativa e contabile. I dati derivanti da queste fonti sono stati utilizzati per migliorare la conoscenza delle tematiche e delle istanze che caratterizzano l’associazione.

Per quanto riguarda la seconda fonte dati, sono state condotte 9 interviste: 5 membri del consiglio di amministrazione, 4 dipendenti (il direttore, il responsabile della biblioteca, il responsabile della comunicazione e quello dei progetti) e 1 stakeholder esterno (il presidente di un’associazione che collabora con Sereno Regis e che è stata ospite all’interno dei suoi spazi). Per le interviste è stato sviluppato un protocollo semi-strutturato sulla base della letteratura accademica e sull’analisi delle fonti documentali condivise dall’associazione. Nello specifico, il protocollo ha riguardato i seguenti ambiti: i) individuazione dei tratti centrali e distintivi dell’identità dell’organizzazione e loro evoluzione, ii) il grado di allineamento cognitivo e valoriale tra i diversi gruppi all’interno dell’organizzazione rispetto all’identità percepita dell’organizzazione (volontari, dipendenti, CDA, ed altri stakeholder esterni ritenuti rilevanti) e iii) coerenza dell’identità e dei valori con la strategia dell’associazione stessa. Le interviste sono state realizzate – a distanza per ragioni di sicurezza – tra novembre e dicembre 2021 e hanno avuto una durata compresa tra 60 e 90 minuti. Gli incontri sono stati condotti lasciando massima libertà di espressione agli interlocutori, consentendo così di spaziare anche su argomenti diversi. La maggior parte degli intervistati ha colto l’occasione per esprimere anche le proprie considerazioni, solo in rari casi gli intervistati si sono limitati a trattare gli argomenti in maniera generica. Le interviste sono state registrate e trascritte con il consenso degli intervistati e sono state analizzate con le metodologie proprie dell’analisi qualitativa (Yin, 2009).

Infine, per quanto riguarda l’osservazione diretta, gli autori hanno visitato la sede dell’associazione osservando i diversi spazi e intrattenendosi in conversazioni informali con i membri dell’associazione ivi presenti.

I dati raccolti sono stati letti e analizzati in diversi momenti del processo di ricerca, dapprima in via autonoma da ciascun autore, successivamente tramite confronti incrociati durante sessioni dedicate. Questo processo iterativo ha riguardato anche la continua discussione dei dati e delle evidenze che emergevano alla luce della letteratura di riferimento.

Le istanze emerse sono state raggruppate all’interno di macro-temi che sono stati validati tramite una triangolazione delle interviste con i key informants, delle evidenze riconducibili all’analisi documentale e delle osservazioni dei ricercatori. Tale triangolazione ha permesso di dare ulteriore validità e trasversalità ai risultati dell’analisi. Essa ha permesso, nello specifico, di individuare e aggregare le similitudini e le differenze più frequenti tra i contenuti trattati dai diversi attori interni ed esterni di Sereno Regis in diverse fonti (interviste e documenti) e in diversi momenti (prima e durante la partecipazione al bando). Qui di seguito sono riportati i tre macro-temi emergenti che verranno approfonditi nel prossimo paragrafo: i) identità; ii) immagine esterna e iii) possibili interventi.

Risultati

Le evidenze emerse dai dati qualitativi raccolti sono state aggregate in due macro-temi: i) identità e ii) immagine esterna, a cui sono stati legati i possibili interventi emergenti dalle interviste e dall’analisi degli autori. Tali macro-temi si riferiscono ai principali contenuti attorno ai quali Sereno Regis è chiamata ad agire nei prossimi anni al fine di rendere sostenibili le proprie attività e incrementarne l’impatto.

Identità

Il processo di analisi ha evidenziato una sostanziale distinzione della vita organizzativa del Centro Sereno Regis in due fasi distinte: il “prima” e il “dopo” la scomparsa di Nanni Salio. Tale distinzione viene percepita da tutti i gruppi interni a Sereno Regis. Nel paragrafo che segue, queste due fasi vengono approfondite rispetto alle loro peculiarità, criticità e possibili interventi in una chiave di analisi che si focalizza sulle somiglianze e differenze ma soprattutto sul loro impatto in termini sia gestionali che simbolici.
 

Dal carisma del fondatore a forme di coordinamento più partecipative

Nello specifico, gli intervistati caratterizzano la fase del “prima” utilizzando due classi principali di parole chiave. Una prima classe che include parole chiave quali “amicizia”, “passione”, “apertura”, “ascolto”, “ospitalità” e testimonia la socialità e l’apertura verso il territorio di Sereno Regis in questa specifica fase. Una seconda classe, invece, che include parole chiave quali “coerenza”, “profondità”, “elaborazione intellettuale”, “autorevolezza”, “cultura” e testimonia il ruolo di centro studi dell’associazione, percepito in questa fase come punto di riferimento per la creazione e divulgazione di conoscenza sui temi dell’ambientalismo, della nonviolenza e della sostenibilità.

Questo emerge chiaramente nelle parole, dell’intervistato #3 ha dichiarato che “Il centro è figlio suo [di Nanni Salio] e come figlio lui lo curava, gli ha dato vita e lui passava tutte le giornate chiuso nel suo studio, grazie alla sua personalità che era una personalità molto accogliente, per me era un grande maestro, lui ti spronava a realizzare le tue idee e poi aveva una coerenza e un’integrità etica che io ho sempre ammirato (…) Diciamo che il Centro era l’emanazione delle sue idee, tutti gli eventi che organizzava diventavano uno stimolo intellettuale molto forte. Quando lui era vivo, il Centro era lui, il cammino lo delineava lui perché aveva questa autorevolezza che tutti noi riconoscevamo, la sua parola faceva la differenza”. Mentre l’intervistato #2 aggiunge che “Nanni aveva una valenza diversa, sosteneva il Centro economicamente, ma allo stesso tempo il Centro, agganciandosi a una figura singola per tanto tempo, nel momento in cui lui è morto ha visto esplodere gli aspetti relativi alla sostenibilità; Nanni copriva le necessità economiche e si andava avanti, oggi non basterebbero il mio stipendio e la mia casa per mantenere il sereno Regis, quindi, per quanto io possa immaginare e pensare, al di là del coinvolgimento personale si sono rese necessarie delle svolte, sia relative alla gestione economica sia di tipo giuridico, con riferimento alle evoluzioni del terzo settore”. Da queste parole emerge come Nanni Salio rappresentasse allo stesso tempo il cuore – ovvero lo spirito di apertura sottolineato nella prima classe di attributi legati all’identità del Centro – ed il cervello, ovvero l’autorevolezza e profondità intellettuale della seconda classe di attributi. Allo stesso tempo emergono alcuni elementi di criticità legati al fatto di affidarsi completamente ad una sola persona che vengono sottolineati in modo esplicito nelle parole dell’intervistato #4: Noi abbiamo perso nel 2016 Nanni Salio che era una figura carismatica che guidava l’associazione sotto ogni aspetto; lui è stato essenziale, ma allo stesso tempo ci sono anche i rischi di affidarsi eccessivamente a una sola figura. Dopo la sua scomparsa, il Centro ha dovuto ricrearsi perché lui era anche una figura riconosciuta a livello locale, abbiamo dovuto assumerci maggiori responsabilità, la stessa struttura dei soci ha provato a funzionare meglio, invece di una sola persona alla guida si è creato un consiglio di amministrazione stabile e che si incontra con una certa frequenza”. Pertanto, possiamo sottolineare come gli elementi centrali dell’associazione quando era sotto la guida di Nanni Salio fossero l’autorevolezza, la passione, l’ospitalità, l’ascolto ma allo stesso tempo anche la rigidità e il centralismo.

La fase successiva alla morte di Nanni Salio è invece scandita da un processo di riorganizzazione interna e consapevolezza che viene sintetizzato in maniera molto nitida da uno dei membri del consiglio di amministrazione (intervistato #1): “La morte di Nanni ha rappresentato un momento molto critico, Nanni era sempre al Centro, nessuno di noi poteva svolgere un ruolo di quel genere. Abbiamo cercato di semplificare, si è assunta maggiore responsabilità da parte di chi lavora quotidianamente al Centro: collaboratori e dipendenti. Siamo passati da un’organizzazione che aveva in Nanni un punto di riferimento ad un’organizzazione con un certo decentramento, fino a una terza fase in cui la maggior responsabilità organizzativa ce l’ha chi lavora al Centro”. Questo passaggio critico corrisponde ad un cambio organizzativo in cui il potere decisionale viene decentralizzato e posto in capo ai lavoratori che assumono di fatto anche la responsabilità delle scelte strategiche, di solito di appannaggio del direttore e del consiglio, attraverso la decisione di quali attività portare avanti e come. È importante sottolineare come questa scelta abbia un impatto significativo sulla differenziazione delle percezioni tra lavoratori e consiglio di amministrazione, e che emerge chiaramente negli attributi che caratterizzano l’identità di Sereno Regis in questa nuova fase.

Nella seconda fase di vita di Sereno Regis – quella del “dopo” Nanni Salio – gli intervistati evidenziano una continuità rispetto a parole chiave quali “passione”, “apertura”, “ascolto”, “ospitalità”, già illustrate in precedenza. Ad esse, si aggiungono nuove parole chiave quali “educazione”, “formazione”, “economicità”, “rete” che mantengono però un legame con il ruolo di Centro studi ricoperto dall’associazione. Se è vero che le caratteristiche centrali, distintive e durature rimangono in parte le stesse, esse vengono interpretate in modo diverso per permettere la continuità ma allo stesso tempo il cambiamento dell’associazione. Educazione, formazione economicità e rete sono interpretate dagli intervistati in continuità con i valori fondanti e la missione del centro, ma vengono agite nella vita dell’associazione in modo diverso.

Questo passaggio sancisce anche l’emergere di differenze tra i due gruppi principali all’interno dell’associazione rispetto ai punti di riferimento per interpretare questi cambiamenti. Nello specifico, le caratteristiche di economicità, formazione e rete sono chiaramente evidenziate e condivise dal gruppo di lavoratori, mentre all’interno del gruppo dirigente sono meno centrali e distintive anche se riconosciute. Questo gruppo si concentra di più su cosa l’organizzazione non è più rispetto a cosa deve essere o possa diventare soprattutto in relazione alla sua immagine esterna percepita e le attività da svolgere. D’altra parte, ad entrambi i gruppi sono chiare le criticità che una riorganizzazione emergente, ma non completa da un punto di vista formale ha generato in assenza di una figura di coordinamento e di collante come quella di Nanni Salio. A questo proposito, le parole chiave di maggiore criticità rispetto alla precedente fase di vita di Sereno Regis sono parole quali “pesantezza” o “mancanza di dialogo”, le quali hanno una valenza negativa e non sono emerse in riferimento alla fase precedente. Queste ultime due parole chiave sono riconducibili, in particolare, a un senso di scollamento di natura simbolica e interpretativa e di natura pragmatica e organizzativa. Il primo è derivante dal modo diverso di “guardare” il cambiamento in atto rispetto al passato da parte dei soci-volontari e dei lavoratori che influenza in modo diverso l’idea di futuro che hanno i due gruppi e l’importanza degli elementi dell’identità su cui agire. Il secondo è legato alle caratteristiche dei due gruppi e alle problematiche legate all’attuale forma giuridica di Sereno Regis e al processo di decentramento avvenuto dopo la morte di Salio. Il risultato è l’emergere di problematiche legate alla comunicazione, alla visione del futuro e al coordinamento delle attività stesse. In particolare, gli intervistati hanno evidenziato un disallineamento organizzativo e una mancanza di comunicazione efficace tra questi diversi gruppi interni a Sereno Regis. Ciò è stato approfondito da quasi tutti gli intervistati. In particolare, l’intervistato #6 ha affermato “Il centro studi è un’entità in cui ci sono i soci da una parte e i collaboratori dall’altra, come se andassero su due strade diverse (…) Ogni socio si occupa di ciò che gli interessa e non della visione globale del centro”. L’intervistato #6 ha insistito anche sulle motivazioni di questa mancanza di visione da parte dei soci: “Finché c’era Nanni c’era una sorta di percorso unico, venendo meno Nanni questa differenza si è accentuata, come se ci fossero due organizzazioni parallele (…) La mia percezione è che era quello che permetteva un maggiore collante tra i soci e i collaboratori. Aveva un coinvolgimento maggiore nella progettazione cosa che poi è venuta meno”. Anche all’interno del CDA viene sottolineata la mancanza di dialogo ma meno la necessità di una visione comune sul futuro. L’intervistato #3 chiarisce questo punto: “C’è poco dialogo tra CDA e dipendenti, c’è poco feedback, abbiamo colto tutti questo problema, già da quando faccio parte del CDA quindi quasi 2 anni, c’era questo problema anche se non so perché”.

Per far fronte a tale scollamento, l’associazione dovrebbe far leva sui propri valori di nonviolenza, tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile, la cui rilevanza è riconosciuta da tutti i gruppi interni a Sereno Regis. In tal senso, le principali criticità sono legate alle modalità operative e all’articolazione organizzativa con cui vengono portati avanti tali valori, oltre che alla complessiva forma giuridica adottata, la quale viene percepita come limitante le capacità di Sereno Regis di generare impatto sul territorio.

Un’altra necessità è quella di migliorare i meccanismi di coordinamento tra le attività dei lavoratori e dei soci-volontari e la trasparenza dei ruoli e le relative responsabilità soprattutto per ciò che riguarda la comunicazione degli stessi ai due gruppi e capire quali sono i modi per sfruttare possibili sinergie. In merito a ciò, l’intervistato #1 ha dichiarato “Non so come dire, c’è stato un processo per cui ad un certo punto solo l’attività di volontariato non era più sufficiente per gestire tutte le attività, era necessario del personale. Questo ha portato a uno scollamento acuito anche dalla poca comunicazione tra quello che viene fatto dai volontari per portare avanti le iniziative che fanno parte della tradizione e delle tematiche del centro e quello che viene fatto da chi ci lavora”. Quest’ultima intervista fa emergere chiaramente gli aspetti pragmatici dati dal coinvolgimento di una base di soci volontari che necessita di essere ampliata anche per motivi contingenti legati a necessità personali dei soci-volontari ma la cui forma giuridica attuale impone dei vincoli stringenti. Dall’altra sottolinea implicitamente lo sguardo degli stessi su attività “tradizionali” rivolte al passato rispetto a quelle svolte dai lavoratori.

Da un punto di vista dei possibili interventi, è emersa l’importanza di far leva sulla figura del direttore del Centro Sereno Regis, riconosciuta come unificante sia dai lavoratori sia dai soci-volontari e in grado di integrare capacità di leadership e capacità relazionali. Questo lo possiamo riscontrare dalle parole dall’intervistato #2 che ha dichiarato “Oggi il direttore sostiene il centro economicamente, in presenza, lo sostiene andando a mettere a posto i rubinetti, tiene a posto i bilanci, mantiene le relazioni con le persone”. Il ruolo del direttore è centrale anche per mantenere un legame di continuità in termini di comportamenti e spirito di sacrificio con la figura del fondatore ma anche in chiave “di mediatore di significato” capace di integrare i diversi modi di interpretare l’identità dell’associazione in questa fase di cambiamento in un’ottica di continuità. Allo stesso tempo è urgente da un lato un cambiamento giuridico-formale che permetta l’inserimento di nuovi volontari, non più necessariamente soci, e una diversa articolazione delle responsabilità organizzative che sgravi il direttore dalle incombenze quotidiane, assegnando responsabilità amministrative e di gestione operativa e coordinamento ad altri soggetti. Tutto ciò permetterebbe al direttore di interpretare il ruolo di guida di questo processo di cambiamento. Pertanto, non si parla di (ri)forma organizzativo-giuridica di per sé ma per il suo riflesso rispetto ai valori, alle attività e alle strategie che stanno a cuore di tutti gli intervistati.

Immagine esterna

Il processo di analisi ha evidenziato un elevato radicamento di Sereno Regis nel territorio di riferimento, nel quale è riuscito a porsi come uno snodo focale di una rete di associazioni simili tra loro in termini valoriali. Tale centralità di Sereno Regis è stata favorita anche dalla molteplicità delle attività svolte, elemento che ha permesso all’associazione di ampliare il proprio raggio di relazioni coinvolgendo le diverse associazioni del territorio a seconda delle singole attività messe a terra. L’elevato radicamento ha permesso a Sereno Regis di essere riconoscibile all’esterno come un’associazione orientata ai valori della nonviolenza e della sostenibilità e all’impegno politico e sociale. L’internazionalità e la capacità di fare rete mostrate dal Sereno Regis ne favoriscono il radicamento territoriale e la riconoscibilità in termini di centro studi multidisciplinare e aperto a una pluralità di prospettive. Questi aspetti permettono all’associazione di essere percepita all’esterno come autorevole. Nonostante ciò, emergono da parte degli intervistati delle differenze rispetto a quello che è l’impatto del Sereno Regis in relazione al passato e di nuovo alle possibili strategie per cambiare tale situazione. Come per il macro-tema precedente, di seguito costruiamo la narrazione, sulla base delle interviste, sugli elementi di continuità ma anche di discrepanza delle percezioni dei diversi gruppi rispetto “al passato” ma soprattutto come queste si riflettono in una diversa visione strategica legata alle risorse e attività del centro.


Il passato come driver della ricerca di sostenibilità

Come sintetizzato in precedenza, al di là di una percezione condivisa dell’autorevolezza che il centro ha preservato nelle due fasi, quello che sembra mancare è un più articolato riconoscimento esterno da parte delle istituzioni e della comunità locale dell’impatto esercitato da Sereno Regis sul proprio territorio. Sia i soci-volontari che i lavoratori percepiscono il senso di riconoscimento e autorevolezza ma con accenti diversi. Ad esempio, nel caso dei soci, l’intervistato #3 ha affermato “Siamo molto stimati perché abbiamo una sede grande, appariamo più di quello che siamo, siamo un punto di riferimento nella realtà cittadina e a volte nazionale, avendo una biblioteca molto ampia abbiamo una ricchezza che non tutti hanno. Per questo abbiamo tante richieste, cerchiamo di tenere i rapporti e avere una presenza in quelli che noi riteniamo avere più significato come centro studi. Quello che percepisco è che siamo trattati con molto rispetto, sembriamo ricchi anche se non lo siamo, sentiamo di contare”. Nel caso dei lavoratori, l’intervistato #5 aggiunge “So che siamo molto conosciuti, abbiamo ottenuto riconoscimenti, abbiamo collaborato con comuni vicini. Facendo il servizio civile, molti ci contattano. C’è riconoscimento e abbiamo ottenuto anche risultati”.

Nelle parole dell’intervistato #3 si percepisce inoltre il riferimento al passato in ottica nostalgica, riferendosi ai tempi in cui il Sereno Regis rappresentava un centro di produzione culturale e presidio di temi di attualità; secondo le valutazioni dell’intervistato tale ruolo è svanito, mentre rimangono gli asset che vengono riconosciuti ma, non elaborati in chiave di cosa il Centro voglia diventare; la mancanza di chiarezza, a questo proposito, riguarda secondo l’intervistato soprattutto il CDA. A tale senso di autorevolezza, però, non sempre si affianca un efficace presidio delle istanze e dei valori di Sereno Regis e un efficace valorizzazione delle relazioni e delle competenze dell’associazione nell’avere voce nei processi politici e sociali del territorio. Questi aspetti vengono percepiti come critici non solo per la gestione quotidiana di Sereno Regis, ma anche per lo sviluppo strategico più generale dell’associazione. Questo emerge in modo chiaro, anche se ambivalente da un punto di vista del vissuto emotivo, quando i membri dell’organizzazione si paragonano con altre istituzioni con cui si ritengono simili o collaborano (è interessante notare anche gli impliciti sulle differenze) come il Centro Studi Gobetti, la Fondazione Nocentini o il Gruppo Abele. Ciò è stato approfondito dall’intervistato #4 che ha esplicitato “Il gruppo Abele è anche un centro studi e una biblioteca, però ha anche interessi trasversali, si occupa di temi che anche noi proviamo a divulgare. Loro possono contare sulla collaborazione con una casa editrice e anche noi. Ma ci sono differenze di grandezze. Noi siamo in contatto con la fondazione Nocentini e il Centro studi Gobetti che però forse hanno una dimensione più istituzionale, più rigorosa, ci sono più ambiti di studi in cui si incontrano ricercatori ma anche aperti al pubblico”. L’intervistato #2 invece sottolinea: “Il centro Gobbetti è uno dei più vicino a noi, hanno affrontato altre tematiche”. In riferimento a questo tema, va sottolineato come una chiara, distintiva, e positiva immagine è un driver importante per lo sviluppo di un forte di senso di appartenenza che si traduce poi in comportamenti positivi dei membri dell’organizzazione come conseguenza del riconoscimento e del prestigio che percepiscono dagli stakeholder.

L’analisi ha anche evidenziato come il confronto con il passato faccia emergere sia per i lavoratori che i soci-volontari di Sereno Regis una perdita di visione e di capacità d’impatto politico e sociale sui temi della tutela dell’ambiente e della sostenibilità. Su quest’ultimo punto si è espresso l’intervistato #4: “Un altro cambiamento è che abbiamo perso la capacità di sviluppare la riflessione sull’ambito ambientale e ciò è stato problematico, chi ci lavorava non era più motivato (…) Il tema ambientale per noi è morto, è un peccato perché è invece un tema molto caldo ora. Si tratta di una tematica molto attuale e molto importante da approfondire, ma per il Centro oggi è inesistente.”

Per concludere, la capacità di Sereno Regis di portare avanti la sua visione e di generare impatto rimangono caratteristiche ancora più centrali e possibili elementi su cui basare il cambiamento organizzativo vista la coerenza e l’allineamento che esistono tuttora all’interno dell’associazione tra lavoratori e soci-volontari sull’importanza della risoluzione non violenta dei conflitti, la difesa dei diritti e la tutela dell’ambiente. Quest’allineamento emerge chiaramente sia nella voce dei soci e membri del CDA che dei lavoratori come anche la ricerca di un modo di attualizzare in chiave moderna o riconoscere come base l’identità dell’associazione sui temi sopra menzionati. Riguardo a ciò, uno dei lavoratori, l’intervistato #5, ha detto “Ora sto lavorando per far ripartire gli interventi civili di pace in Palestina”, mentre uno dei soci-volontari, l’intervistato #1, ha aggiunto che “Negli ultimi anni abbiamo fatto il festival della nonviolenza, nato dalla collaborazione di una ventina di associazioni. Poi il Centro ha una grande biblioteca, un grande patrimonio raccolto negli ultimi anni e ha anche un archivio che raccoglie documenti ed è stato un riconosciuto come interesse storico perché contiene la storia degli ultimi quarant’anni. Abbiamo la sedimentazione di una cultura della non violenza e dell’ambientalismo che si rispecchiano nella biblioteca e nell’archivio”. In questo tema di attualità si inserisce anche l’intervistato #3 che afferma: “Ci occupiamo di temi di cui altri non si occupano, il nostro sito contiene articoli che escono regolarmente e che offrono un punto di vista ideologicamente chiaro su temi come il nucleare, la salute, il disarmo, dove rileviamo tutta una serie di contraddizioni all’interno della società che non sono sempre ben viste, in un’epoca di grande conformismo”. Pur nell’importanza attribuita ai temi identitari dell’associazione come fonti di riconoscimento ed impatto, dalle interviste emergono differenze nel modo in cui le risorse e le attività vengono enfatizzate per il mantenimento di un’immagine positiva e coerente e per la realizzazione della propria missione e quindi della sostenibilità dell’associazione stessa. Da un lato, una valorizzazione culturale e istituzionale “tradizionale” sedimentata nel patrimonio o attraverso festival o divulgazioni di articoli di posizionamento politico e legate maggiormente all’immagine del passato. Dall’altro la rilettura dei valori da parte dei lavoratori in chiave di attività strategiche che tengano conto dei cambiamenti di contesto in cui il patrimonio e la tradizione vengono agiti su attività e pubblici nuovi come nel caso delle attività di formazione. Quali sono gli elementi da tenere in considerazione nell’elaborazione e implementazione di un cambiamento che risponda a queste necessità di sostenibilità e impatto?

Il primo elemento riguarda gli spazi del Centro Sereno Regis, i quali rappresentano al momento un importante asset per rafforzare il radicamento dell’associazione nel territorio realizzando anche potenziali flussi di cassa che non dipendano unicamente dai soci o da finanziamenti legati a bandi o fondi. Questo aspetto è stato approfondito dall’intervistato #7, “Le sale presenti nella sede sono una fonte di finanziamento che si può perseguire, ma bisogna gestire il carico del lavoro”. La concessione degli spazi con forme diverse (rimborso spese, baratto, co-gestione) potrebbe anche rappresentare una modalità efficace di acquisizione di competenze e contenuti a supporto delle attività di Sereno Regis, purché rimanga sempre con un certo grado di coerenza con l’identità e la mission dell’associazione.

Il tema degli spazi si interseca con il secondo elemento, ovvero la valorizzazione del patrimonio conoscitivo e culturale della biblioteca/archivio. Anche in questo caso modelli differenziati di accesso alle risorse che siano in linea con i valori e l’identità dell’associazione e che rispondano anche alle necessità di finanziamento della stessa sono necessari. Ad esempio, potrebbe essere rilevante affiancare l’accesso gratuito a tale patrimonio a modelli di subscription a pagamento per specifici contenuti oppure di baratto. In quest’ultimo caso, il Centro ha ipotizzato la possibilità di continuare a concedere ai tesisti il libero accesso ai contenuti, ma con la richiesta di avere la disponibilità della tesi oppure la creazione di contenuti da veicolare attraverso il sito e i canali social.

Infine, si è riscontrata la necessità di sfruttare al meglio il network dell’associazione per la realizzazione e divulgazione di contenuti ma anche per il reperimento di risorse complementari. In parte, Sereno Regis sta già promuovendo un modello ispirato alla rivista “L’Internazionale” di traduzione e divulgazione che potrebbe essere rafforzato con contenuti sia originali sia tradotti ma che necessita anche di linguaggi e contenuti nuovi per raggiungere target di popolazione più giovane. Ciò è stato riportato dall’intervistato #7 “C’è una parte di studenti universitari, più giovane, si rivolge anche alle scuole, agli insegnanti in quanto centro di formazione, agli attivisti, a chi opera nel sociale, in un certo senso si rivolge a tutta la cittadinanza, il tentativo è divulgare dei temi con una finalità politica… per far capire la loro importanza alla popolazione. I numeri sono piccoli, si tratta di interloquire con persone già interessate, il tentativo è quello di trovare nuove persone. C’è anche un legame con le istituzioni per sensibilizzare su questi temi, per proporre incontri o corsi che abbiano una ricaduta sul territorio, la crescita di pensiero e di approfondimento su temi che sono essenziali”.

Discussione e conclusioni

Secondo alcune interpretazioni, l’identità organizzativa è intesa come una costruzione sociale in costante creazione attraverso le interazioni tra attori interni ed esterni, caratterizzata da instabilità piuttosto che durelovezza (Gioia et al., 2000). Molti fattori possono influenzare l’identità organizzativa e questo permette all’organizzazione di potersi adattare ai cambiamenti operativi. La trasformazione dell’identità organizzativa può inoltre essere utilizzata per guidare il cambiamento organizzativo; alcune organizzazioni mutano rapidamente, altre sono più resistenti al cambiamento perché si trovano a che fare con una cultura profondamente radicata. Infine, l’organizzazione può trovarsi ad avere a che fare con più identità, cioè quando ci sono più concettualizzazioni di ciò che è centrale, distintivo e duraturo per un’impresa (Whetten, 2006). L’esistenza di identità multiple può fornire vantaggi come una maggiore flessibilità quando si reagisce a fattori ambientali complessi o svantaggi nel momento in cui le identità sono in conflitto tra di loro e pertanto causano incoerenza.

Mentre gli studi sul legame tra identità e cambiamento non sono nuovi ed hanno contribuito alla comprensione di questo fenomeno, pochi studi hanno approfondito le differenze emergenti tra diversi gruppi interni ad un’organizzazione e il loro possibile impatto sul cambiamento (Corley, 2004). Questo studio si colloca in questa linea di ricerca e ci permette di evidenziare alcuni contributi. Il principale riguarda l’analisi dei driver che influenzano i modi di “vedere” l’identità di un’organizzazione lungo una direttrice comune ma poco studiata, come quella temporale.

In questo caso di studio, il tempo funziona da lente che permette ai due gruppi principali all’interno dell’organizzazione di “vedere” discrepanze e soluzioni in modo diverso sulla base delle percezioni di “cosa” sia oggi l’associazione rispetto al passato; a quello che l’associazione dovrebbe diventare; oppure la direzione in cui l’identità dell’associazione sta attualmente andando. Quando guardano al passato – e a ciò che Sereno Regis è stato prima della morte di Nanni Salio – entrambi i gruppi riconoscono e condividono i valori che ne rappresentano la base comune. Tuttavia, quando si riflette su quale debba essere la natura dell’identità organizzativa futura, le opinioni non collimano. Da un lato, i soci fondatori vedono il cambiamento e l’interpretazione dei valori ancorato alla cultura tradizionale dell’organizzazione; dall’altro, i lavoratori vedono la natura dell’identità guidata dalla definizione di obiettivi e strategie aderenti ai valori ma che rispondano al cambiamento di contesto in cui l’associazione opera. Il senso di urgenza è dato per quest’ultimi dalla Riforma del Terzo settore e la riduzione dei fondi pubblici a sostegno dell’associazione, mentre per i soci dal confronto con il passato e con l’immagine esterna che questo portava rispetto alla percezione di quello che si è diventati oggi agli occhi dei principali stakeholder. In questo senso, le attività ed azioni prese dai soci rimangono le stesse, mentre la base del cambiamento si articola nel linguaggio con cui queste vengono presentate e quindi sul significato che gli viene attribuito.

Allo stesso tempo, i temi storici e identitari così come vissuti dai soci e riflessi nelle loro attività hanno sofferto in parte dall’incapacità di trasformarsi e di intercettare ambiti nuovi, coerenti e affini come le attività recenti legate al mondo dell’educazione e provenienti dal basso dell’organizzazione. Questi aspetti sottolineano come l’identità dell’associazione sia più stabile e difficile da cambiare da parte dei soci anche di fronte a un uguale riconoscimento della necessità di farlo. Di fatto, il cambiamento per i lavoratori si basa sul confronto con il futuro dell’organizzazione stessa e sulla sua sostenibilità ed è incentrato sul motamento dei comportamenti e dei significati che i valori come nonviolenza, sostenibilità ambientale e educazione debbano avere oggi. L’identità dell’organizzazione è più malleabile e facile da cambiare, come il significato e le azioni associate ad essa. Infatti, è interessante notare come gli asset vengano percepiti soprattutto dai lavoratori in un’ottica trasformativa in relazione all’identità dell’organizzazione seppur ricercandone una continuità. L’utilizzo degli spazi è un chiaro esempio di una logica decisionale basata sull’identità (Monti, Salvemini, 2014). La discussione, infatti, si articola sulla selezione delle associazioni e il loro allineamento valoriale ma anche la potenzialità sinergiche e di “baratto” di competenze per gli spazi. Quello che si cerca è una maggiore articolazione che risponda sia alle necessità economiche ma che non soverchi quelle identitarie (Battilana, Dorado, 2002; Glynn, 2000) ad esempio differenziando le modalità di pagamento sulla base di scelte valoriali.

Per concludere, Montanari e colleghi (2017) hanno recentemente notato che spesso le organizzazioni non danno la necessaria attenzione agli aspetti culturali, immateriali e percettivi del cambiamento organizzativo. Oggi questi elementi hanno assunto un ruolo molto importante e dovrebbero essere sempre presi in considerazione. In relazione all’identità, vista la coesistenza di molteplici identità sia a livello individuale sia collettivo in un’organizzazione in continua evoluzione, la teoria dei paradossi suggerirebbe di cercare di mantenere e di far coesistere tra loro le diverse anime rilevate, anche quelle che possono apparire incoerenti tra loro per cercare di realizzare un cambiamento equilibrato che tenga conto delle diverse prospettive degli attori coinvolti (Carollo et al., 2019). La premessa di ogni analisi del legame tra identità e cambiamento sta proprio nel considerare che possono esistere all’interno di un’organizzazione identità più o meno compatibili e complementari tra loro. La sfida sta nel riconoscere la relazione reciproca tra identità e cambiamento organizzativo tenendo conto che l’identità è un driver e allo stesso tempo parte integrante del processo cambiamento, soprattutto nelle organizzazioni del terzo settore.

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Note

  1. ^ Non intendiamo qui focalizzarci sui diversi modelli e modi di intendere il cambiamento organizzativo perché non sono il focus specifico di questo articolo. Si rimanda per questo a By (2005) e Stouten e colleghi (2018).
  2. ^ Domenico Sereno Regis (Torino, 7 dicembre 1921- Torino, 24 gennaio 1984) fu un pacifista italiano, tra i più attivi del dopoguerra piemontese e italiano.
  3. ^ È importante notare che l’associazione ospita la biblioteca più ricca in Italia sui temi della pace e nonviolenza.
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