Sostienici! Rivista-Impresa-Sociale-Logo-Mini
Fondata da CGM / Edita e realizzata da Iris Network
ISSN 2282-1694
impresa-sociale-4-2022-l-uso-delle-tecnologie-digitali-da-parte-di-imprenditori-e-innovatori-sociali-potenzialita-e-limiti

Numero 4 / 2022

Saggi brevi

L'uso delle tecnologie digitali da parte di imprenditori e innovatori sociali: potenzialità e limiti

Valeria Cavotta, Eleonora Grassi, Laura Toschi

Abstract

Lo scopo di questo saggio è di discutere le ricerche recenti sull’uso delle tecnologie digitali da parte di imprenditori e innovatori sociali, analizzandone limiti e potenzialità, e di offrire spunti di ricerca futura. In particolare, abbiamo distinto due tipi di utilizzo delle tecnologie digitali da parte di imprenditori e innovatori sociali. In primo luogo, si discute l’uso delle tecnologie digitali come strumenti per creare impatto sociale in tre aree specifiche relative all’inclusione sociale ed economica, salute e benessere, e impegno civico. Si prosegue poi discutendo l’uso delle tecnologie digitali come strumenti per migliorare ed efficientare le operazioni, per esempio nell’ambito del reperimento delle risorse e in tema di accountability. Infine, si indicano spunti di ricerca futura che si ritiene rilevanti al fine di avanzare la conoscenza sulle potenzialità e limiti delle tecnologie negli ambiti della imprenditorialità e innovazione sociale.

Keywords: imprenditorialità sociale, innovazione sociale, tecnologie digitali.

DOI: 10.7425/IS.2022.04.03

Introduzione

Nell’ambito dell’imprenditorialità e dell’innovazione c’è ampio consenso che le tecnologie digitali stiano radicalmente cambiando non solo il modo in cui beni e servizi vengono ideati, ma anche il modo in cui le organizzazioni elaborano strategie, processi decisionali ed operativi, nonché il modo in cui costruiscono e mantengono relazioni con i consumatori e con altri stakeholder rilevanti (Aquilani et al., 2020; Battisti, 2019; Bharadway et al., 2013; Bresciani et al., 2021; Cautela et al., 2014; Dagnino, Resciniti, 2021; Elgammal et al., 2020; Majchrzak et al., 2016).

Per tecnologie digitali si intendono le combinazioni di tecnologie di informazione, computazione, comunicazione e connettività (Bharadway et al., 2013), come le blockchain, l’intelligenza artificiale, il machine learning, i sensori, i droni, i satelliti, le applicazioni e le tecnologie presenti negli smartphones, le stampanti 3D, le piattaforme digitali, e i sistemi di analisi dei cosiddetti “big data”. In altri termini, per tecnologie digitali si intendono quelle tecnologie che creano, usano, trasmettono o forniscono dati elettronici (George et al., 2021).

Nell’ambito dell’imprenditorialità e dell’innovazione sociale, lo studio di come le tecnologie (non solo quelle digitali) vengono utilizzate, e con quali implicazioni, è in crescita (Grassi, Toschi, 2021). Ai fini di questo saggio, si prende in esame la letteratura manageriale che ha studiato le potenzialità e i limiti delle tecnologie digitali per la mitigazione dei problemi sociali (George et al., 2021; Scheidgen et al., 2021), utilizzate dagli imprenditori e innovatori sociali. In generale, l’entusiasmo per il ruolo che le tecnologie digitali possano svolgere nella mitigazione dei problemi sociali è evidente anche tra i policy maker, come testimonia il numero crescente di iniziative a riguardo (Bonina et al., 2021; Gagliardi et al., 2020; Misuraca, Pasi, 2019). Oltre a ridurre le distanze, il potenziale delle tecnologie digitali e dei dati da esse ricavati può aiutare a prendere decisioni più consapevoli in merito all’allocazione delle risorse, influenzare il design e l’implementazione di programmi e strategie tra i vari stakeholder (Odeh, Ashkey, 2020), e condividere informazioni su risultati e opportunità che possono attrarre potenziali sostenitori (Day, 2020).

In aggiunta alle potenzialità, i ricercatori hanno tuttavia anche sollecitato una riflessione sui limiti delle tecnologie digitali nella mitigazione dei problemi sociali. Tracey e Stott (2017) si chiedono fino a che punto le tecnologie digitali possano sostituire le interazioni in persona o se le tecnologie digitali possano rappresentare un semplice complemento. Le interazioni di persona sono considerate molto rilevanti per la costruzione di capitale sociale, caposaldo delle attività volte a mitigare i problemi sociali, e quindi hanno sempre rappresentato un tratto distintivo delle attività degli imprenditori sociali. Altri ricercatori, pur condividendo l’entusiasmo per il ruolo che le tecnologie digitali possano avere nella mitigazione dei problemi sociali, hanno sottolineato che l’impatto sociale richiede una convergenza di iniziative che coinvolgono vari aspetti, oltre a quello tecnologico, come la fiducia in chi promuove la soluzione tecnologica, e che è compito dei ricercatori identificare le risorse complementari e le specifiche configurazioni associate ad iniziative tecnologiche di successo (Majchrzak et al., 2016). Inoltre, l’uso improprio delle tecnologie può scoraggiare la partecipazione di soggetti marginalizzati o con bassa istruzione, finendo quindi per riproporre le stesse barriere che si vorrebbe abbattere. Odeh e Ashley (2020) raccomandano di non perdere di vista la ragione dell’utilizzo delle tecnologie digitali, il problema sociale che si sta tentando di risolvere attraverso il loro impiego, e di cosa abbiano bisogno non solo i beneficiari ma anche lo staff di un’organizzazione. Per i ricercatori diventa quindi essenziale non disgiungere una teorizzazione delle caratteristiche delle tecnologie digitali dalle caratteristiche che permeano i problemi sociali. Analogamente, è importante considerare le tecnologie digitali non solo come al servizio delle strategie di un’organizzazione ma come fattori che influenzano attivamente queste ultime (Bharadway et al., 2013).

Lo scopo di questo saggio è di discutere la ricerca sull’uso delle tecnologie digitali da parte degli imprenditori e innovatori sociali e di offrire spunti di ricerca futura. In particolare, nel paragrafo successivo si distinguono due tipi di utilizzo delle tecnologie digitali da parte degli imprenditori e innovatori sociali: l’uso delle tecnologie digitali come strumenti per (i) creare impatto sociale e per (ii) migliorare ed efficientare le operazioni. Nel primo caso, si revisioneranno i casi in cui la fornitura di beni e servizi sociali che sfruttano le tecnologie digitali crea impatto in tre aree specifiche: inclusione sociale ed economica, salute e benessere, e impregno civico. Nel secondo caso, si revisioneranno articoli che discutono l’uso delle tecnologie digitali da parte delle imprese sociali per aumentare le risorse ad esempio attraverso il crowdfunding, migliorare la propria capacità di risposta ai bisogni, e quindi migliorare le soluzioni proposte ad esempio attraverso la co-creazione dei beni e servizi, e il miglioramento dell’accountability verso i beneficiari. Le tecnologie digitali in questo caso operano come strumenti di supporto alle operazioni esistenti e spesso riguardano la digitalizzazione di operazioni di back-office che aumentino l’efficienza e l’efficacia operativa (Gagliardi et al., 2020).

Infine, il saggio conclude con una riflessione su temi e domande di ricerca che meritano particolare attenzione. Un primo aspetto adotta una logica esterna all’impresa e riguarda la definizione di linee di supporto per lo sviluppo di imprese sociali che basano il proprio operato su tali tecnologie, per permettere loro di essere attrattive a potenziali investitori e quindi riuscire a coprire gli ingenti investimenti necessari. Spostandoci su una dimensione interna all’organizzazione, l’identificazione di quali competenze siano necessarie per riuscire a creare impatto sociale tramite lo sfruttamento di tali tecnologie gioca un ruolo rilevante che necessita un approfondimento futuro. Un terzo elemento è legato ai potenziali rischi insiti nell’uso delle tecnologie da parte delle imprese sociali, che potrebbero nascere qualora tali tecnologie venissero usate non più come strumento a supporto dell’obiettivo sociale ma come fine ultimo, ponendo in una posizione marginale l’importanza del singolo e dell’interazione fra individui.

Tecnologie come strumento per creare impatto sociale

Negli ultimi decenni, lo sviluppo e l’utilizzo di nuove tecnologie digitali ha avuto un impatto radicale su molti aspetti della nostra quotidianità, modificando, e in alcuni casi, stravolgendo interi settori sociali ed economici. Allo stesso modo, l’utilizzo di queste tecnologie può cambiare – e in alcuni casi l’ha già fatto – il modo in cui molti dei problemi sociali oggi più pressanti vengono affrontati, offrendo risposte più veloci, accessibili ed inclusive. Questo è possibile grazie al potenziale offerto dalle tecnologie digitali in termini di utilizzo più efficiente ed efficace delle risorse e di raggiungimento e mobilitazione di un’ampia platea di persone, aspetti che consentono di “amplificare l’impatto sociale di un progetto o […] personalizzare un prodotto o servizio sulla base delle necessità di particolari tipi di utenza” (Battistoni, 2016). Di conseguenza, le imprese che hanno come obiettivo il conseguimento di un impatto sociale positivo hanno a propria disposizione un’ampia gamma di strumenti digitali, che possono diventare parte integrante delle loro attività. Che si tratti di ideare e sviluppare tecnologie ad hoc per il bisogno sociale a cui si vuole rispondere o di utilizzare tecnologie digitali già esistenti ma orientandole all’impatto sociale, le imprese sociali che operano in questo ambito costituiscono un vero e proprio settore a sé e in letteratura vengono identificate come “Technology Social Ventures” (Desa, Kotha, 2005; Ismail et al., 2012).

Il numero di queste imprese è in crescita in tutto il mondo, così come l’attenzione che stanno ricevendo dal mondo accademico e non, grazie al loro potenziale in termini di innovazione e impatto sociale (Grassi, Toschi, 2021). Questo perché, come teorizzato da George e colleghi (2021), le tecnologie digitali possono avere un ruolo trainante nel superare alcuni dei problemi più dirimenti in ambito di imprenditorialità e innovazione sociale, come ad esempio conoscere i reali costi sociali ed ambientali delle diverse scelte di consumo, valutare e comunicare in modo efficace l’impatto sociale – che non può essere pienamente riflesso in misurazioni considerate oggettive –, raggiungere persone in luoghi remoti. Rispetto a quest’ultimo problema, ad esempio, le tecnologie digitali hanno la potenzialità di consentire azioni coordinate tra attori diversi in luoghi disparati (anche in paesi in via di sviluppo) e la replicabilità dell’impatto sociale a costi molto bassi (George et al., 2021). Ne è un esempio l’azienda Olam di Singapore, che riesce a formulare valutazioni del cacao in tempo reale attraverso la dotazione di smartphone a piccoli produttori di cacao, eliminando così il costo degli intermediari e aumentando gli introiti dei piccoli coltivatori (George et al., 2021). Le tecnologie digitali stanno consentendo dunque di raggiungere persone in luoghi remoti e fornire loro servizi in aree quali l’istruzione, la sanità, l’inclusione lavorativa, e di poter raccogliere fondi da platee sempre più disperse, per esempio attraverso il crowdfunding (Gagliardi et al., 2020).

Il raggiungimento di persone marginalizzate e con pochi mezzi non è tuttavia un problema esclusivo dei paesi in via di sviluppo. Come ben sappiamo, le tecnologie digitali sono state cruciali durante il distanziamento sociale causato dal Covid-19, e hanno consentito ad imprenditori e innovatori sociali di fornire servizi sociali a persone a rischio, attraverso due modalità che Scheidgen e colleghi (2021) chiamano “digital brokering” e “digitized services”. Mentre il processo di digital brokering ha consentito l’interazione tra attori che prima non avevano necessità di interagire, per esempio allineando la domanda di lavoro da parte di chi lo aveva perso a causa del distanziamento sociale con l’offerta di lavoro da parte di chi ha avuto bisogno di aumentare il personale,  i “digitized services” hanno permesso di mantenere interazioni personali preesistenti, per esempio consentendo ai pazienti ospedalizzati o in case di riposo di vedere e parlare con i propri familiari.

In questa sezione riporteremo alcuni esempi di imprese sociali che hanno fatto uso delle tecnologie digitali, focalizzandoci sull’utilizzo di strumenti digitali per l’erogazione di beni o servizi. Gli esempi saranno suddivisi in tre ambiti, identificati da Stephan et al. (2016) come i settori principali in cui operano le imprese che si pongono obiettivi di impatto sociale: (i) inclusione economica e sociale, (ii) salute e benessere e (iii) impegno civico.

Inclusione economica e sociale

Imprese che operano nell’ambito dell’inclusione economica e sociale si pongono obiettivi di impatto quali l’emancipazione di soggetti svantaggiati, la riqualificazione di aree degradate o la diminuzione dei casi di violenza (Stephan et al., 2016). In relazione alle tecnologie digitali, il loro utilizzo mira, ad esempio, a ridurre il così detto divario digitale (o digital divide), ovvero il divario esistente tra chi ha e chi non ha un accesso adeguato a internet. In una società sempre più digitalizzata, infatti, l’impossibilità di connettersi e di utilizzare internet risulta essere un fattore di esclusione importante, esacerbando così l’emarginazione delle fasce di popolazione che non riescono ad accederne ai benefici. Ne abbiamo avuto contezza durante il periodo di isolamento dettato dal Covid-19, quando è emerso che un terzo delle famiglie in Italia non ha un computer o un tablet, dando poche alternative agli studenti in età scolare (La Repubblica, 2020). Tale disparità può essere dovuta a diversi fattori, come la possibilità di avere un computer e una connessione disponibili, il livello di educazione e di competenze in ambito IT o la qualità delle infrastrutture (Huang, Cox, 2016).

Come dimostrano diversi studi, la riduzione di questo divario può portare diversi benefici in termini di inclusione. È questo, per esempio, il caso di un’impresa sociale australiana analizzata da Darcy et al. (2019), impegnata nel facilitare l’accesso alle tecnologie digitali per le persone con disabilità, un segmento di mercato normalmente non considerato dalle aziende a causa delle barriere cognitive o fisiche nell’utilizzo dei prodotti. Agendo su due livelli, ovvero sia fornendo le tecnologie (i telefoni cellulari) che il supporto necessario al loro utilizzo, l’impresa è riuscita ad ottenere un impatto positivo sulla vita degli utenti, in particolare un aumento della partecipazione sociale e dell’autonomia individuale. Allo stesso modo, il progetto e-ACE è nato con l’obiettivo di ridurre il digital divide dei residenti di alcune case popolari a Melbourne, destinate a lavoratori a basso reddito e alle loro famiglie (Hopkins, 2007). Anche in questo caso, il progetto prevedeva non solo di fornire computer agli utenti, ma anche il training necessario per poterli utilizzare. Come risultato, l’uso di internet ha permesso agli utenti di avere accesso a una serie di conoscenze in ambito di salute, educazione, ricerca di lavoro, informazione e divertimento che hanno permesso ai beneficiari del progetto di aumentare i propri livelli di connessione e inclusione sociale e di benessere più in generale.

Un altro strumento utile in questo settore sociale è quello delle piattaforme digitali. Tradizionalmente utilizzate per connettere domanda e offerta in modo più veloce ed efficiente, le piattaforme digitali possono diventare strumento di inclusione sociale grazie alla loro capacità di connessione e scambio di informazioni. Ne è un esempio il caso osservato da Mcloughlin et al. (2019) di un’impresa sociale australiana, che ha sviluppato quella che gli autori definiscono il “TripAdvisor della disabilità”, ovvero una piattaforma digitale per recensire e valutare i servizi per le persone con disabilità. L’utilizzo di questa piattaforma ha permesso ai propri utenti non solo di avere accesso a informazioni accurate e affidabili sui servizi alla persona in modo più semplice, ma anche di fornire informazioni su come questi servizi possano essere migliorati. In questo modo, gli utenti hanno aumentato la loro possibilità di prendere scelte informate, mentre gli erogatori sono stati incentivati a migliorare la propria offerta di servizi, differenziarsi dalla concorrenza e cercare connessioni dirette con i clienti. Nell’ambito delle disabilità, tra le imprese sociali pioniere rientra, inoltre, Benetech, con sede nella Silicon Valley, la quale fornisce testi online adattati alla vista di persone con disabilità visive. A tal fine, Benetech ha un approccio “lean” (ovvero snello) (Blank, 2013), fortemente orientato al cliente e collabora con vari partners per assicurare un prezzo accessibile per tutti.

Come emerge da questi studi, un aspetto fondamentale dell’inclusione di persone svantaggiate tramite il digitale riguarda non sono il fornire gli strumenti tecnologici adeguati, come dispositivi digitali o applicazioni e piattaforme, ma anche il supporto e il training necessari a poter fare uso di queste tecnologie in modo autonomo e consapevole. Solo così, infatti, è possibile concretizzare a pieno i vantaggi e i benefici offerti dalle tecnologie digitali. Ne consegue che un divario digitale sia strettamente connesso ad un divario di conoscenza, sia perché non avere accesso ad internet limita l’accesso ad informazioni e servizi rilevanti, ma anche perché l’uso delle tecnologie digitali presuppone delle conoscenze su come farne uso.

Salute e benesse

Imprese sociali che operano nell’ambito della salute e del benessere possono avere come obiettivo il miglioramento della prevenzione e la riduzione dei comportamenti a rischio per la salute o il miglioramento dell’accesso alle cure (Stephan et al., 2016).

In questi termini, le tecnologie digitali possono rivelarsi molto utili ad attenuare le barriere all’accesso e alla fruibilità delle cure e delle informazioni riguardanti la salute, come per chi vive in aree rurali isolate e ha quindi accesso limitato alle cure di professionisti o a gruppi di supporto. In questo caso, un semplice strumento come quello delle comunità virtuali, ovvero gruppi di persone con interessi comuni che entrano e rimangono in contatto tramite internet, può rivelarsi particolarmente utile nella creazione di valore sociale, in particolare in ambito medico (Goh et al., 2016). Comunità virtuali costituite da pazienti di una stessa malattia rendono infatti possibile uno scambio di informazioni riguardo alla malattia e alle cure e un supporto emotivo da cui chi vive nelle aree rurali sarebbe altrimenti escluso, consentendo così di alleviare le discrepanze dovute all’isolamento.

Un altro esempio di impatto sulla salute e il benessere riguarda l’erogazione di servizi medici tramite tecnologie digitali. In questi termini, Srivastava e Shainesh (2015) sottolineano come si possa ottenere sia un miglioramento dell’accessibilità alle strutture e cure mediche, che una riduzione del costo dei servizi sanitari, come per esempio nel caso della telemedicina.  

Le possibilità offerte dalle tecnologie digitali per quanto riguarda accessibilità e supporto emotivo possono, inoltre, essere sfruttate anche nell’ambito della salute mentale, come nel caso di XenZone (Gagliardi et al., 2020), una startup che fornisce ai propri utenti servizi come supporto psicologico digitale, counselling online e app che forniscono consigli in ambito di salute mentale, migliorando così prevenzione e diagnosi. Anche in questo caso, i vantaggi offerti dalle tecnologie riguardano principalmente la facilità di accesso per i pazienti e i minori costi associati all’erogazione del servizio.

Impegno civico

In termini di impegno civico, le tecnologie digitali possono facilitare la partecipazione alla vita sociale e politica dei cittadini, per esempio offrendo occasioni di impegnarsi come volontari o facilitando le modalità di incontro e quindi di azione collettiva (Stephan et al., 2016). È questo il caso di un’applicazione lanciata da Humanitas AI in Giordania per coinvolgere studenti e giovani nell’ideazione e creazione di progetti a impatto sociale (Stark, 2018). Govright invece è una impresa sociale fondata da un ex dipendente di Microsoft, che ha deciso di tornare in Marocco per dare ai cittadini l’opportunità di capire e contribuire allo sviluppo della legislazione, nella convinzione che la tecnologia debba giocare un ruolo nella costruzione di società più partecipate. Visualizing Impact combina le tecnologie digitali e il design per comunicare problemi sociali e su temi quali la censura che ha seguito le rivoluzioni in Egitto e la marginalizzazione delle prospettive delle minoranze. Attraverso le tecnologie digitali e il design, questa impresa sociale trasforma informazioni complesse in contenuti visivi efficaci ai fini della disseminazione. Un aspetto critico per imprese sociali di questo tipo è la misurazione dell’impatto che vada oltre il numero di utenti raggiunti nell’intento di formulare delle metriche che catturino aspetti di reale coinvolgimento e non solo di esposizione ai messaggi (Gabriel, Drayton, 2016).

Tecnologie per migliorare ed efficientare le operazioni delle imprese sociali

Le tecnologie digitali possono avere un impatto positivo sulle attività delle imprese sociali non solo come strumento per l’erogazione di beni e servizi, ma anche in modo indiretto, migliorandone ed efficientandone il funzionamento. In questi termini, le tecnologie digitali possono essere usate per condividere informazioni e know-how, rendere le operazioni più fluide e veloci e scalare in modi che prima sarebbero stati inimmaginabili (Cangiano et al., 2017). Un esempio di efficientamento delle operazioni è quello di HMR Circle, un’iniziativa nata per fornire servizi on-demand alle persone anziane, che ha sviluppato una piattaforma interna per il coordinamento dei volontari e dello staff riuscendo così a gestire in modo efficiente un gruppo con grande varietà di profili, bisogni e disponibilità (Gagliardi et al., 2020).

Al di là di un generale efficientamento delle operazioni e della gestione delle imprese sociali, i nuovi strumenti digitali si sono rivelati particolarmente utili in due ambiti specifici: da un lato nel facilitare il coinvolgimento di diversi soggetti, e dall’altro nel rendere le proprie operazioni più trasparenti, tramite una maggiore condivisione di informazioni. Nei paragrafi che seguono esamineremo questi due aspetti nel dettaglio. In primo luogo, analizzeremo come il coinvolgimento di diversi attori grazie alle tecnologie digitali possa apportare benefici alle imprese sociali sia in termini di finanziamento (tramite pratiche di crowdfunding) che in termini di progettazione di prodotti e servizi (co-creazione). Dopodiché, approfondiremo come gli strumenti digitali possano incrementare l’accountability delle imprese, offrendo strumenti per migliorare la propria trasparenza e la comunicazione con gli stakeholder.

Crowdfunding e co-creazione

Tra gli esempi più citati di funzioni che sono state introdotte o migliorate dall’avvento di nuove tecnologie troviamo la raccolta fondi, in particolare per quanto riguarda l’utilizzo del crowdfunding. Il crowdfunding è una pratica che consente di raccogliere fondi attraverso una proposta lanciata su internet, che può essere supportata dall’individuo tramite il versamento di una somma molto piccola. Attraverso questo strumento, gli imprenditori cercano di raccogliere finanziamenti da un pubblico vasto – una folla, dal termine inglese “crowd” – invece che da un piccolo gruppo di investitori professionisti (Belleflamme et al., 2014). Inoltre, tramite la creazione di forum online, piattaforme e altri strumenti di networking digitale diventa più semplice avviare processi di community building, di co-creazione o più in generale di coinvolgimento degli stakeholder (Gregori, Holzmann, 2020). Lo strumento delle piattaforme di crowdfunding, infatti, può essere utilizzato per scopi diversi dalla raccolta fondi. Chanda (2022) riporta che gli imprenditori sociali possono utilizzare le piattaforme di crowdfunding anche per generare idee creative e avviare collaborazioni formali e informali con altri stakeholder. Esempi di questa economia partecipata possono riguardare, ad esempio, esperti di programmazione che mettono a disposizione il proprio tempo e conoscenze per la costruzione di un sito internet, o ricercatori che aiutano aspiranti imprenditori sociali ad aumentare le chances di ottenere fondi grazie ad una ben formulata proposta di valore (per una trattazione sullo sviluppo delle piattaforme digitali e della sharing economy in Italia e nel mondo si veda Pais e Mainieri, 2015). Una piattaforma di crowdfunding nata con l’obiettivo di supportare progetti sociali è la Spacehive, che si è rivelata un utile strumento per coinvolgere diversi attori quali governo, comunità o investitori privati nell’identificazione, selezione, finanziamento e sviluppo di soluzioni a problemi sociali (Logue, Grimes, 2020). Attraverso queste piattaforme, dunque, si possono instaurare processi di co-creazione di un prodotto o servizio, in cui gli stessi utenti finali vengono coinvolti attivamente nelle varie fasi del processo produttivo. In questi termini, le tecnologie digitali possono facilitare la condivisione di informazioni rilevanti che consentano di identificare meglio quali siano i bisogni sociali e creare soluzioni ad hoc o adattare prodotti e servizi alle necessità degli utenti (Grassi, Toschi, 2021; Lin et al., 2019; Mcloughlin et al., 2019). In questo modo, gli utenti contribuiscono anche ad aumentare la massa critica di dati a disposizione su un determinato problema sociale, partecipando allo sviluppo dei cosiddetti “big data” – termine con cui si fa riferimento sia alla proliferazione di dati che non potrebbero essere immagazzinati in singoli archivi digitali, che alla crescente abilità nel renderli fruibili (Desouza, Smith, 2014). Al riguardo, tuttavia, Mair e Gegenhuber (2021) ci mettono in guardia dal ritenere che l’azione collettiva e la co-creazione sostenuta dalle tecnologie digitali per sviluppare nuove soluzioni ai problemi sociali sia lo specchio di una inclusione effettiva. Infatti, l’inclusione di attori nuovi e prima marginalizzati, non previene di per sé la riproduzione di vecchi schemi di esclusione se l’utilizzo della tecnologia agevola alcuni ma non altri a partecipare. Le distorsioni derivanti dall’esclusione sociale possono poi essere esacerbate dagli algoritmi che governano l’uso delle piattaforme (Pais, 2019). In sostanza, molti ritengono che la co-creazione non porti di per sé alla creazione di un valore comune, ma che vada guidata in tal senso (Nambisan, 2016). Ciò comporta chiedersi chi partecipa in queste iniziative imprenditoriali fluide o distribuite, cosa determina la natura e la struttura della loro partecipazione e del loro contributo, e più in generale una riflessione su come le convinzioni e i comportamenti dei vari attori influenzino e vengano influenzati dalla natura collettiva del processo di co-creazione facilitato dalle tecnologie digitali (Mair, Gegenhuber, 2021).

Accountability

Con il termine accountability – per il quale manca un’esatta corrispondenza in italiano – si fa riferimento alla volontà, e alla richiesta, di dar conto delle attività intraprese e dei risultati raggiunti attraverso la produzione di resoconti periodici su come un’organizzazione abbia usato le risorse a disposizione, sulle sue regole, su come vengano prese le decisioni, e sui risultati ottenuti. Nel contesto delle imprese sociali, la letteratura distingue tra accountability verso l’alto (upward accountability), ovvero verso finanziatori e donatori, e accountability verso il basso (downward accountability), ovvero verso i beneficiari, che rappresentano gli stakeholder più vulnerabili ma anche quelli più rilevanti in assenza dei quali le imprese sociali non verrebbero create (Ebrahim et al., 2014; Murtaza, 2012). In tale ambito, le tecnologie digitali considerate riguardano principalmente l’utilizzo dei siti web come strumenti di divulgazione dei propri risultati (Cabedo et al., 2018; Chu, Luke, 2021; Dumont, 2013; Gálvez-Rodriguez et al., 2012; Lai, Fu, 2021; Saxton, Guo, 2011). In generale, si sostiene che le tecnologie digitali consentano una comunicazione con un vasto numero di stakeholder, fermo restando che il miglioramento dell’accountability di un’organizzazione risiede nella qualità dell’informazione condivisa (rilevante e priva di parzialità, ovvero, che non si preferisca enfatizzare i risultati positivi rispetto a quelli negativi). In generale, si sono discusse due caratteristiche peculiari dell’accountability sul web: il coinvolgimento grazie alla potenziale interattività, e l’accessibilità in qualsiasi tempo e da qualsiasi luogo (Dumont, 2013). Il primo punto è particolarmente rilevante in quanto consente di instaurare un dialogo tra l’impresa sociale e i suoi stakeholder e rende l’accountability di un’organizzazione un processo in continua evoluzione e (in teoria) più rispondente rispetto alle domande e alle aspettative della società in senso lato (Chu, Luke, 2021). Tuttavia, la ricerca esistente fa rilevare che l’utilizzo delle tecnologie digitali nell’attivazione del dialogo sia ancora limitato e che dunque il loro uso non abbia ancora portato ad una comunicazione bidirezionale tra le imprese sociali e i vari stakeholder (Chu, Luke; 2021; Saxton, Guo, 2011). Non solo, gli studi empirici più recenti attestano che l’accountability verso i beneficiari, sia una delle sfide maggiori per le organizzazioni che perseguono una mission sociale, ribadendo il concetto che le tecnologie digitali consentono una maggiore partecipazione di soggetti svantaggiati solo se guidati in tal senso.

Conclusioni: spunti di ricerca futura

Come gli esempi fino a qui riportati evidenziano, le imprese sociali hanno a propria disposizione un’ampia gamma di strumenti digitali che possono sostenerle sia nell’erogazione di beni e servizi che nelle loro operazioni interne. Nonostante ciò, questo potenziale non sempre è noto e ci sono alcuni aspetti che ancora necessitano di essere chiariti e su cui la ricerca potrà aiutare a far luce.

In primo luogo, è necessario comprendere come questo settore possa essere sostenuto, in modo da favorirne lo sviluppo. Data la natura capital-intensive della tecnologia, le imprese sociali che decidono di fare uso di questi strumenti presentano in genere un più alto fabbisogno di investimenti rispetto ad altri tipi di imprese sociali. Sotto questo punto di vista, diventa quindi necessario capire quali strumenti possano risultare più utili ad attirare il capitale necessario, tenendo conto che la loro natura di imprese sociali può rendere questo processo più complicato rispetto alle tradizionali start-up. Il perseguimento di obiettivi sociali, infatti, fa sì che spesso non sia possibile addebitare agli utenti o ai clienti il prezzo pieno del prodotto/servizio, oltre che ad implicare vincoli nella distribuzione degli utili: questi elementi potrebbero scoraggiare eventuali investitori, in termini di rischio e di remunerabilità (Arena et al., 2018). Allo stesso tempo, però, la vocazione sociale potrebbe essere un punto di forza nell’attirare l’interesse degli investitori ad impatto, che non cercano solo un ritorno in termini finanziari ma includono nelle loro valutazioni anche l’impatto sociale (Arena et al., 2018). In questi termini, diventa quindi fondamentale analizzare come diversi tipi di strumenti finanziari possano soddisfare le esigenze di questo tipo di imprese e come si possa favorire l’incontro tra domanda e offerta di capitale ad impatto.

Un secondo aspetto riguarda le competenze che imprese sociali operanti nel settore tecnologico devono essere in grado di sviluppare per fare sì che il loro potenziale venga sfruttato a pieno. Come messo in luce in precedenza, adottare strumenti tecnologici non è di per sé sufficiente a generare un maggiore impatto se non è accompagnato da uno sviluppo di conoscenze adeguato. Questo tipo di competenze risulta essere necessario sia internamente all’impresa, che deve poter investire in formazione o in personale qualificato, che esternamente, facendo sì che i beneficiari abbiano le competenze necessarie a ottenere il massimo dalle tecnologie a loro rivolte. Esaminare quali tipi di figure professionali possano essere più adatte, così come quali percorsi di formazione possano essere implementati per una maggiore efficienza diventa quindi un ambito particolarmente rilevante su cui incentrare futuri progetti di ricerca.

Infine, crediamo che sia particolarmente importante non tralasciare le sfide e le contraddizioni che possono nascere nel momento in cui si uniscono le logiche della digitalizzazione con quelle dell’impatto sociale (Gregori, Holzmann, 2020). Molto spesso, infatti, lo sviluppo di tecnologie digitali è stato accompagnato da grande scetticismo, a causa di possibili esternalità negative sull’ambiente e sulla società. Basti pensare alle proteste nate nei confronti delle piattaforme appartenenti alla così detta “sharing economy”, accusate di eludere le normative e creare profitto a discapito dei propri utenti (Acquier et al., 2017). Per questo motivo, è importante che nella creazione di strumenti digitali gli individui e la società rimangano al primo posto (Pastorelli, 2022), in modo da avere tecnologie davvero al servizio delle persone e non viceversa. È importante infatti ricordare come in molti dei settori chiave per le imprese sociali, quali ad esempio i servizi alla persona o l’educazione, l’elemento di interazione e relazione umana sia un elemento chiave per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Diventa quindi fondamentale fare sì che l’importanza e la centralità di questi aspetti non vada persa, e che la tecnologia non sostituisca la relazione ma piuttosto la integri e la potenzi. In questo senso, può essere quindi particolarmente utile delineare quali sono le principali sfide e i maggiori rischi che l’utilizzo di strumenti tecnologici comporta quando l’obiettivo è creare impatto sociale, in modo tale da poter delineare come affrontarli.

In conclusione, quando parliamo di tecnologie per l’impresa e l’innovazione sociale ci troviamo davanti ad un settore che ha già dimostrato le proprie potenzialità in termini di scalabilità, inclusione, velocità e accessibilità dell’impatto sociale generato. Nonostante questo, si tratta di un settore relativamente nuovo, in continua evoluzione, e di cui sfide e rischi non sono ancora totalmente definiti. Il nostro auspicio è che sempre più sforzi vengano diretti a capire come questo settore possa essere supportato, in modo che possa giungere a pieno sviluppo e soddisfare il grande potenziale mostrato.

Bibliografia

Aldrich H. (2014), “The democratization of entrepreneurship? Hackers, makerspaces, and crowdfunding”, Annual Meeting of the Academy of Management, Philadelphia, August 2014.

Aquilani B., Piccarozzi M., Abbate T., Codini A. (2020), “The role of open innovation and value co-creation in the challenging transition from industry 4.0 to society 5.0: Toward a theoretical framework”, Sustainability, 12(21), p. 8943.

Battisti S. (2019), “Digital Social Entrepreneurs as Bridges in Public-Private Partnerships”, Journal of Social Entrepreneurship, 10(2), pp. 135-158.

Acquier A., Daudigeos T., Pinkse J. (2017), “Promises and paradoxes of the sharing economy: An organizing framework", Technological Forecasting and Social Change, 125. DOI: 10.1016/j.techfore.2017.07.006

Arena M., Bengo I., Calderini M., Chiodo V. (2018), "Unlocking finance for social tech start-ups: Is there a new opportunity space?", Technological Forecasting and Social Change, 127, pp. 154-165. DOI: 10.1016/j.techfore.2017.05.035

Battistoni F. (2016), Tecnologia e sociale: quale relazione e quale ruolo per l’impresa sociale? https://irisnetwork.it/2016/02/wis15-saggi-brevi-battistoni-tecnologia-sociale/

Cangiano S., Romano Z., Loglio M. (2017), "The growth of digital social innovation in Europe. An Open Design approach to support innovation for the societal good", Design Journal, 20 (suppl. 1). DOI: 10.1080/14606925.2017.1352857

Darcy S., Yerbury H., Maxwell H. (2019), "Disability citizenship and digital capital: the case of engagement with a social enterprise telco", Information Communication and Society, 22(4), pp. 538-553. DOI: 10.1080/1369118X.2018.1548632

Desa G., Kotha S. (2005), "Ownership, mission and environment: an exploratory analysis into the evolution of a technology social venture", Social Entrepreneurship, January, pp. 1-280. DOI: 10.1057/9780230625655

Gabriel P., Drayton B. (2016), Social entrepreneurship and innovation: International case studies and practice, Kogan Page Publishers.

Gagliardi D., Psarra F., Wintjes R., Türkeli S., Trendafili K., Giotitsas C., Francesco N. (2020), New Technologies and Digitisation: Opportunities and Challenges for the Social Economy and Social Enterprises, European Commission.

Goh J.M., Gao G.G., Agarwal R. (2016), "The creation of social value: Can an online health community reduce rural-urban health disparities?", MIS Quarterly: Management Information Systems, 40(1). DOI: 10.25300/MISQ/2016/40.1.11

Grassi E., Toschi L. (2021), "A Systematic Literature Review of Technology Social Ventures: State of the Art and Directions for Future Research at the Micro-, Meso- and Macro-Level", Journal of Social Entrepreneurship. DOI: 10.1080/19420676.2021.2004556

Gregori P., Holzmann P. (2020), "Digital sustainable entrepreneurship: A business model perspective on embedding digital technologies for social and environmental value creation", Journal of Cleaner Production, 272. DOI: 10.1016/j.jclepro.2020.122817

Hopkins L. (2007), "Social capital, health and electronic community in public high-rise estates: An Australian case-study", Health Sociology Review, 16(2), pp. 169-178. DOI: 10.5172/hesr.2007.16.2.169

Huang S.C., Cox J.L. (2016), "Establishing a social entrepreneurial system to bridge the digital divide for the poor: a case study for Taiwan", Universal Access in the Information Society, 15(2), pp. 219-236. DOI: 10.1007/s10209-014-0379-7

Ismail K., Sohel M.H., Ayuniza U.N. (2012), "Technology social venture: A new genre of social entrepreneurship?", Procedia - Social and Behavioral Sciences, 40, pp. 429-434. DOI: 10.1016/j.sbspro.2012.03.211

Logue D., Grimes M. (2020), "Platforms for the people: Enabling civic crowdfunding through the cultivation of institutional infrastructure", Strategic Management Journal. DOI: 10.1002/smj.3110

Mcloughlin I., Mcnicoll Y., Kelk A.B., Cornford J., Mcloughlin I., Mcnicoll Y., Kelk A.B. (2019), "A ‘ Tripadvisor ’ for disability ? Social enterprise and ‘digital disruption’", Australia, 4462. DOI: 10.1080/1369118X.2018.1538382

Pais I. (2019), "La sharing economy è davvero cooperativa?", Vita e Pensiero, pp. 55-60.

Pais I., Mainieri M. (2015), "The sharing economy in Italy and in the world", Equilibri, Rivista per lo sviluppo sostenibile, pp. 11-20. DOI: 10.1406/79306

Pastorelli G. (2022), "L’Economia Sociale Digitale e la sfida dell’interoperabilità. Verso una prossima economia sociale?", Impresa Sociale, 1.2022, pp. 87–91.

Srivastava S.C., Shainesh G. (2015), "Bridging the service divide through digitally enabled service innovations: Evidence from Indian healthcare service providers", MIS Quarterly: Management Information Systems, 39(1). DOI: 10.25300/MISQ/2015/39.1.11

Stephan U., Patterson M., Kelly C., Mair J. (2016), "Organizations Driving Positive Social Change: A Review and an Integrative Framework of Change Processes", Journal of Management, 42(5). DOI: 10.1177/0149206316633268

Tracey P., Stott N. (2017), “Social innovation: a window on alternative ways of organizing and innovating”, Innovation, 19(1), pp. 51-60.

Yoo Y., Boland R.J., Lyytinen K., Majchrzak A. (2012), “Organizing for innovation in the digitized world”, Organization Science, 23(5), pp. 1398-1408.

Sostieni Impresa Sociale

Impresa Sociale è una risorsa totalmente gratuita a disposizione di studiosi e imprenditori sociali. Tutti gli articoli sono pubblicati con licenza Creative Commons e sono quindi liberamente riproducibili e riutilizzabili. Impresa Sociale vive grazie all’impegno degli autori e di chi a vario titolo collabora con la rivista e sostiene i costi di redazione grazie ai contributi che riesce a raccogliere.

Se credi in questo progetto, se leggere i contenuti di questo sito ti è stato utile per il tuo lavoro o per la tua formazione, puoi contribuire all’esistenza di Impresa Sociale con una donazione.