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ISSN 2282-1694
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Numero 4 / 2022

Introduzione

Imprese sociali e transizione digitale

Maurizio Busacca

Nei molti mondi distopici di Philip K. Dick, che per certi versi oggi sembrano sempre più futuribili che distopici, le nuove tecnologie sono utilizzate per lo più come strumento di controllo sociale. Gli stessi Bria e Morozov[1] mettono in guardia dal loro abuso nell’ambito dei processi di sviluppo delle smart city. Le tecnologie sono fondamentali anche per la gestione del sistema di credito sociale cinese, utilizzate per alimentare un sistema che classifica la reputazione dei cittadini, delle imprese e delle istituzioni. Nei primi mesi del 2022 Wired aveva annunciato un’iniziativa simile da parte del Comune di Bologna. Di recente l’argomento è tornato d’attualità in molti comuni italiani. Le visioni più critiche, preoccupate per i possibili impieghi delle nuove tecnologie a danno delle libertà individuali e dei diritti civili e sociali, fanno da contraltare a visioni spesso ottimistiche e acritiche, che attribuiscono alle nuove tecnologie poteri quasi demiurgici in grado di risolvere la maggior parte dei problemi delle imprese, degli individui e delle collettività. A voler dire la verità, queste visione tecno-ottimiste sono maggioritarie, scordano che l’innovazione tecnologica non è la soluzione ma l’esito di processi sociali complessi[2], dove ad innovare non sono le singole imprese ma un intero sistema di attori che interagiscono.

Il mondo dell’impresa sociale non è estraneo a questo fenomeno. Da qualche anno alcuni studiosi hanno iniziato ad occuparsi di tutto questo, chiedendosi innanzitutto quali siano gli impatti sul welfare state della transizione tecnologica in corso. A marzo del 2022 Marius Busemeyer[3] ha pubblicato un volume che, per la prima volta, tenta di offrire una panoramica sull’impatto della digitalizzazione sul welfare. L’autore mette in evidenza come la transizione digitale non stia solo modificando i modi di operare nell’ambito del welfare, trasformando le competenze professionali richieste e sempre più necessarie, ma stia mutando anche il contenuto del lavoro sociale – favorendo l’uso di ampi volumi di dati –, le forme di offerta dei servizi – con la nascita di piattaforme per l’erogazione dei servizi – e l’oggetto delle prestazioni – dove l’acquisizione di competenze digitali è al centro di intervento orientati all’attivazione dei beneficiari.

La centralità crescente della questione tecnologica ha spinto sempre più organizzazioni a perseguire obiettivi di innovazione sociale mediante le nuove tecnologie. Per farsi velocemente un’idea di quanto ciò sia vero potrebbe bastare fare un rapido tour del sito web della competizione europea per l’innovazione sociale oppure nel sito di Nesta. Nel campo dell’innovazione sociale, sempre più centrale per i processi di ristrutturazione del welfare, emerge una spinta sempre più diffusa all’adozione di soluzioni tecnologiche.

Gli effetti delle trasformazioni globali, da un lato, e la spinta dal ruolo emergente dell’innovazione sociale come pilastro delle politiche mondiali per affrontare i rischi sociali, dall’altro, stanno spingendo le imprese sociali ad un confronto sempre più serrato con le nuove tecnologie.

Tuttavia il dibattito scientifico è ancora limitato e giovane. Un dibattito che solo di recente si è reso conto del fenomeno e, per di più, la maggior parte di quel dibattito non tiene in adeguata considerazione le differenze dei diversi sistemi di welfare. A testimonianza del recente interesse, si segnala che una ricerca condotta su Scopus il 16 ottobre 2022[4] ha evidenziato solo 45 risultati relativi alla digitalizzazione del welfare state e 19 alla digitalizzazione delle organizzazioni non profit. Solo 6 paper su 64 sono precedenti al 2018. Questi studi evidenziano i rischi connessi alla transizione digitale (Varon, Pena, 2021; Jørgensen, 2021; Andreassen et al., 2021), gli effetti sul lavoro sociale (Pors, Schou, 2021; Aasback, 2022; Andretta, Borrelli, 2022; Micinski, Jones, 2022) e la limitata capacità delle organizzazioni non profit di adottare strategie digitali evolute (Farzan, Lopez, 2018; Foronda Robles et al., 2021)[5].

In questo dibattito manca ancora una riflessione articolata su come i diversi sistemi di welfare influenzano la transizione digitale. Infatti, un numero considerevole di testi si basa su dati empirici relativi ai Paesi dell’Europa del Nord, dove il welfare state è più robusto ed evoluto, non esiste una specifica attenzione al rapporto tra regime di welfare e digitalizzazione. Come accade spesso negli studi sul welfare state, i welfare più deboli e frammentati sono scarsamente considerati. La nostra idea, invece, è che studiare l’impatto delle trasformazioni globali del welfare state nei sistemi più frammentati e meno finanziati, com’è quello italiano, ci potrebbe aiutare a ridurre l’effetto normativo di trasformazioni che incorporano idee e valori che nascono in altri welfare state. Inoltre, osservare queste trasformazioni dalla prospettiva delle organizzazioni – cioè le condizioni di adozione e di impiego da parte delle imprese che partecipano alla produzione del welfare state – potrebbe aiutare a comprendere come si sta configurando il campo organizzativo del welfare in relazione alle caratteristiche del sistema.

Cosa avviene all’interno delle organizzazioni? Più precisamente: in quali modi questi processi influenzano il lavoro nelle organizzazioni? Di fronte a quali sfide cognitive e professionali sono posti i lavoratori e le lavoratrici delle imprese sociali?

Per iniziare a rispondere a queste domande, questo numero di Impresa Sociale propone un focus sul tema Imprese sociali e transizione digitale, con quattro contributi molto diversi tra loro, ma che collettivamente possono fornire un primo contributo alla descrizione del campo organizzativo in cui le imprese sociali stanno affrontando i processi di transizione tecnologica in corso. I primi due paper guardano ciò che sta avvenendo all’interno delle imprese sociali. Un primo contributo – proposto da Cavotta, Grassi e Toschi – riflette sui limiti e le opportunità connesse all’utilizzo crescente di nuove tecnologie da parte di imprenditori/trici e innovatori/trici sociali. Nel fare ciò, si evidenziano alcuni problemi che ostacolano i processi di adozione in corso. In primo luogo, il difficile connubio tra gli ingenti investimenti di cui le tecnologie necessitano e la necessità di rendere accessibili per i beneficiari le soluzioni sviluppate. In secondo luogo, la difficoltà nel reperire nel campo del welfare figure professionali con le competenze necessarie a sostenere la transizione tecnologica. Un secondo contributo – proposto da Landoni, D’Alessandro e Marocchi – presenta i risultati di una ricerca condotta nell’ambito del progetto europeo B-Wise, che tra le altre cose ha indagato anche la diffusione delle tecnologie nelle imprese sociali di inserimento lavorativo (WISEs). Dal paper emerge in modo molto chiaro che indagare il rapporto tra WISEs e tecnologie richiede di approcciarsi al tema con la consapevolezza che le WISEs sono molto diverse tra loro e che le tecnologie non sono un elemento unitario, ma vanno analizzate in modo articolato. Imprese diverse e attive in sistemi di welfare diversi tendono ad adottare differenti approcci alle risorse tecnologiche. I due paper successivi guardano invece al rapporto tra le imprese sociali e alcuni ambienti che si potrebbero rilevare chiave per supportarle nella transizione tecnologica. Marciano presenta e analizza criticamente il progetto torinese I3S, Innovazione Digitale per il Terzo Settore, promosso nel 2021 da Fondazione Wireless, Torino Social Impact e Camera di Commercio di Torino, in collaborazione con le associazioni di categoria del terzo settore. L’articolo ricostruisce la governance del progetto e, attraverso interviste ai partecipanti e ad osservatori privilegiati, descrive le pratiche messe in campo, il punto di vista delle imprese sociali coinvolte rispetto alle innovazioni co-progettate, e approfondisce limiti e opportunità dei primi risultati. Il quarto e ultimo articolo – proposto da Scapolan, Leone, Rodighero e Montanari – presenta gli spazi di coworking a forte vocazione sociale come un’opportunità per le imprese sociali di avere accesso e acquisire competenze digitali funzionali a sostenerle nella transizione tecnologica.

Questi quattro contributi, nel complesso, rappresentano un primo tentativo di sostenere la comprensione di un fenomeno che si sta affermando in modo molto ampio e a grande velocità. Come tali, non ambiscono alla definizione complessiva della questione, ma ad aprire alcuni filoni di riflessione potenzialmente utili per il dibattito e le pratiche organizzative.ù

DOI: 10.7425/IS.2022.04.02

Note

  1. ^ Bria F., Morozov E. (2018), Ripensare la smart city, Codici Edizioni, Torino.
  2. ^ Trigiglia C. (2007), La costruzione sociale dell'innovazione. Economia, società e territorio, Firenze University Press.
  3. ^ Busemeyer M.R., Kemmerling A., Van Kersbergen K., Marx P. (2022), Digitalization and the Welfare State, Oxford University Press.
  4. ^ Search for: 1) (TITLE-ABS-KEY (digitalization) AND TITLE-ABS-KEY (welfare AND state)) AND (LIMIT-TO (SUBJAREA , "SOCI")) - (45 document results); 2) (TITLE-ABS-KEY (digitalisation) AND TITLE-ABS-KEY (non AND profit)) AND (LIMIT-TO (SUBJAREA , "SOCI")) - (19 documents results).
  5. ^ Aasback A.W. (2022), “Platform social work - a case study of a digital activity plan in the Norwegian Welfare and Labor Administration”,Nordic Social Work Research, 12(3), pp. 350-363 | Andreassen R., Kaun A., Nikunen K. (2021), “Fostering the data welfare state: A Nordic perspective on datafication”,Nordicom Review, 42(2) | Andreetta S., Borrelli L.M. (2022), “Digital Practices of Negotiation: Social Workers at the Intersection of Migration and Social Policies in Switzerland and Belgium”, Journal of Social Policy, pp. 1-19 | Foronda-Robles C., Galindo-Pérez-de-Azpillaga L. (2021), “Territorial intelligence in rural areas: The digitization of non-profit associations through social media”, Technology in Society, 64 | Jørgensen R.F. (2021), “Data and rights in the digital welfare state: the case of Denmark”, Information Communication and Society, pp. 1-16 | Micinski N.R., Jones W. (2022), “Digitization Without Digital Evidence: Technology and Sweden's Asylum System”, Journal of Refugee Studies, 35(2), pp. 1011-1029 | Pors A., Schou J. (2021), “Street-level morality at the digital frontlines: An ethnographic study of moral mediation in welfare work”, Administrative Theory and Praxis, 43(2), pp. 154-171 | Varon J., Peña P. (2021), “Artificial intelligence and consent: a feminist anti-colonial critique”, Internet Policy Review, 10(4), pp. 1-25.
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