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Numero 4 / 2023

Saggi

Le cooperative sociali di inserimento lavorativo in Italia: settori di intervento e dinamiche economico-patrimoniali

Andrea Bernardoni, Antonio Picciotti


1. Dalle prime esperienze alla situazione attuale: cosa fanno le cooperative sociali di inserimento lavorativo?

Il 16 dicembre 1972, nell’Ospedale psichiatrico di Trieste è stata costituita formalmente la Cooperativa Lavoratori Uniti, la prima cooperativa sociale di inserimento lavorativo ante litteram nata in Italia.

Sino a quel momento, nell’Ospedale psichiatrico di Trieste il lavoro dei pazienti psichiatrici, organizzati in squadre di ergoterapia, era utilizzato per svolgere una pluralità di attività necessarie al funzionamento della struttura: pulizie dei reparti, preparazione dei pasti, orticoltura ed allevamento del bestiame, lavori edili e cura del verde interno alla struttura psichiatrica. L’ergoterapia, un “metodo curativo, indicato per disabili psichici e fisici, invalidi e malati cronici, in cui l’agente terapeutico è costituito da un’attività lavorativa razionalmente ordinata seguita con la guida di terapisti specializzati e sotto il controllo medico[1], era diffusa nella gran parte degli ospedali psichiatrici, anche in quello di Trieste; e venne messa in discussione dal movimento di critica istituzionale al manicomio (Basaglia, 1968; Foot, 2014), perché non riconosceva ai pazienti psichiatrici alcun diritto, tutela e remunerazione.

Per queste ragioni a Trieste, nel 1971, con l’arrivo di Franco Basaglia alla direzione dell’Ospedale psichiatrico, i lavoratori della struttura decisero di superare le squadre di ergoterapia e costituirono un’impresa cooperativa di cui erano soci sia i lavoratori dell’ospedale, sia i pazienti.

Il percorso che ha portato alla nascita della Cooperativa Lavoratori Uniti è stato, però, particolarmente complesso e ricco di ostacoli. Dopo una serie di assemblee svolte all’interno dell’Ospedale psichiatrico, il 3 maggio 1972 venne sottoscritto l’atto costitutivo e lo statuto della cooperativa. Tuttavia, il Tribunale di Trieste non approvò i documenti costitutivi della cooperativa e rigettò l’istanza di omologazione, in quanto i pazienti psichiatrici non potevano essere soci della cooperativa perché considerati dal legislatore italiano “incapaci di intendere e di volere” e quindi, da un punto di vista giuridico, non potevano esprimere la volontà di divenire socio. Inoltre, l’oggetto sociale della cooperativa era ritenuto non coerente con la legislazione che disciplinava le società cooperative e più appropriato per un’associazione che non avesse natura imprenditoriale. Questo perché, anziché perseguire l’esclusivo interesse dei soci da realizzarsi svolgendo un’attività economica, la Cooperativa Lavoratori Uniti aveva anche obiettivi e finalità etiche e sociali.

Le difficoltà incontrate con il Tribunale di Trieste non fecero cambiare idea ai soci fondatori della Cooperativa Lavoratori Uniti che, nel mese di dicembre, arrivarono comunque alla costituzione della cooperativa, inserendo nell’oggetto sociale sia lo svolgimento di attività economiche, sia il perseguimento di finalità sociali e utilizzando la figura del socio volontario per includere i pazienti psichiatrici, riuscendo in questo modo a superare le obiezioni che erano state evidenziate dal Tribunale di Trieste.

È così nata la Cooperativa Lavoratori Uniti che, attraverso l’attività di pulizia, manovalanza e giardinaggio, perseguiva la finalità di migliorare la posizione economica, morale e sociale dei soci e di promuovere il movimento cooperativo[2].

La Cooperativa Lavoratori Uniti, così come le altre cooperative di inserimento lavorativo nate negli anni Settanta ed Ottanta, operava in più settori e svolgeva diverse attività, tutte finalizzate a migliorare le condizioni di vita delle persone disabili inserire al lavoro.

Il legislatore, con la legge 381 nel 1991, ha riconosciuto le specificità della Cooperativa Lavoratori Uniti e delle altre imprese cooperative nate in Italia non per perseguire i soli interessi dei soci ma per accompagnare percorsi di emancipazione delle persone più deboli, come i pazienti psichiatrici, spesso private di ogni tipologia di diritto (Borzaga e Ianes, 2006).

Dopo i primi decenni pionieristici e raccogliendo il portato di esperienze come quella prima raccontata, l’introduzione nell’ordinamento giuridico italiano della “cooperazione sociale” - avvenuta con l’approvazione della legge 381 - ha definito il profilo identitario di questa tipologia di impresa che, anziché perseguire l’esclusivo fine mutualistico, persegue anche finalità solidaristiche attraverso la gestione dei servizi di welfare e realizzando l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate in tutti i settori economici (Borzaga e Fazzi, 2011).

La legge 381 e le successive leggi regionali che, in molti casi, prevedevano l’istituzione degli albi regionali delle cooperative sociali con due distinte sezioni (per le cooperative sociali che gestiscono servizi di welfare e per quelle impegnate nell’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate) hanno creato un contesto giudico che ha favorito lo sviluppo autonomo e distinto della cooperazione sociale di inserimento lavorativo rispetto alle altre cooperative sociali.

In questo percorso, la cooperazione sociale di inserimento lavorativo è diventata una delle espressioni più elevate di impresa sociale. La possibilità di creare opportunità occupazionali per persone svantaggiate e gli effetti positivi che derivano da una simile prerogativa (Depedri, 2012) rendono questa tipologia di impresa uno strumento indispensabile per perseguire condizioni di giustizia economica e sociale nell’ambito di una comunità (Fazzi, 2012).

Tuttavia, dopo alcuni anni di forte crescita e di attenzione anche mediatica a questo fenomeno, l’interesse verso la cooperazione sociale di inserimento lavorativo sembrava essersi affievolito, anche a causa delle inefficaci e spesso assenti politiche pubbliche che avrebbero dovuto sostenere le iniziative intraprese da questo attore dell’economia sociale (Borzaga e Marocchi, 2022). Attualmente, il dibattitto sembra che si stia riaccendendo, come provano alcune ricerche realizzate recentemente con l’obiettivo di analizzare in profondità, anche in un’ottica di comparazione internazionale, le diverse tipologie di inserimento lavorativo e le relative caratteristiche assunte delle imprese, in modo da fornire indicazioni puntuali per l’adozione di nuove ed opportune politiche pubbliche (Galera e Tallarini, 2023; Marocchi, 2023).

Nell’ambito di questo dibattito, possono essere evidenziati alcune tematiche che sembrano assumere una posizione di particolare rilevanza.

In primo luogo, viene costantemente ribadito il ruolo anticipatore dell’Italia, rispetto ad altri paesi Europei, nell’aver ideato, introdotto e regolamentato il modello dell’impresa sociale di inserimento lavorativo, particolarmente orientata al mercato e in grado di generare occupazione per diverse tipologie di soggetti svantaggiati (Borzaga e Marocchi, 2022).

In secondo luogo, viene rimarcata la dimensione quantitativa del fenomeno. Secondo gli ultimi studi (Galera e Tallarini, 2023), si tratta di 5.300 imprese che occupano oltre 30.000 lavoratori svantaggiati e che denotano una spiccata funzione anticiclica, con una significativa propensione all’investimento, una tenuta dell’occupazione e una sostanziale stabilità delle loro condizioni economico-finanziarie (Borzaga e Marocchi, 2022). Precedenti lavori (Centro Studi Legacoop, 2021) avevano individuato 4.088 cooperative sociali di inserimento lavorativo attive, con bilancio 2018 depositato, in cui lavoravano 78.217 persone, di cui almeno 20.000 lavoratori svantaggiati. La gran parte degli studi e delle ricerche che hanno analizzato la cooperazione sociale, come ad esempio il censimento realizzato dall’Istat sulle organizzazioni non profit ed il rapporto sull’impresa sociale (Borzaga, Musella, 2021), non distinguono tuttavia le performance delle cooperative sociali che operano nel settore del welfare da quelle impegnate nell’inserimento lavorativo oppure analizzano le cooperative sociali di inserimento lavorativo senza differenziare i risultati di queste imprese in base ai settori in cui operano.

In terzo luogo, emerge un’estrema varietà imprenditoriale. La cooperazione sociale di inserimento lavorativo vede la coesistenza di diverse tipologie d’impresa che presentano un’elevata differenziazione nelle finalità perseguite, con la distinzione, ad esempio, tra imprese produttive, sociali e formative (Marocchi, 2023), nelle dimensioni aziendali (presenza di grandi realtà e di piccole imprese “sperimentali”) e nei settori economici di appartenenza (settori tradizionali, in cui prevalgono rapporti di fornitura consolidati, spesso con amministrazioni pubbliche, e dinamiche di innovazione in nuovi contesti competitivi, come la ristorazione o l’agricoltura sociale).

Infine, viene spesso rilevata l’assenza di adeguate politiche pubbliche, individuando le numerose occasioni che sono state perse, nel corso degli anni, per valorizzare l’operato delle imprese sociali di inserimento lavorativo e le nuove e possibili aree di intervento.

In un simile scenario, il presente lavoro si pone una domanda di ricerca estremamente diretta: cosa fanno e che caratteristiche hanno le cooperative sociali di inserimento lavorativo in Italia?

Gli studi sino ad ora effettuati sulle cooperative di inserimento lavorativo non hanno analizzato le caratteristiche e le performance di questa forma di impresa sulla base del settore di attività in cui operano. Questo lavoro intende colmare questo gap e analizza le dinamiche dimensionali, economiche e patrimoniali delle cooperative di inserimento lavorativo distinte per settore di attività. L’obiettivo, pertanto, è quello di pervenire ad una mappatura della cooperazione sociale di inserimento lavorativo in Italia, in una prospettiva aziendale che, ad oggi, risulta essere ancora poco esplorata, in modo da integrare le ricerche già esistenti ed offrire nuovi ed originali spunti di riflessione.

2. Metodologia della ricerca

Al fine di rispondere a questa domanda di ricerca, è stata condotta un’indagine articolata in tre differenti step analitici.

Il primo è rappresentato dall’identificazione delle cooperative sociali di inserimento lavorativo e dall’acquisizione delle relative informazioni di bilancio. A tal fine, è stata utilizzata la banca dati Orbis della Bureau Van Dijk, seguendo il seguente processo di selezione.

In una prima fase, si è provveduto a identificare il campione di imprese, utilizzando i seguenti criteri:

  • stato giuridico: impresa attiva;
  • territorio: Italia;
  • forma giuridica: Società cooperativa consortile, Società cooperativa a responsabilità limitata - SCARL, Società cooperativa a responsabilità limitata per azioni - SCARLPA, Piccola Società cooperativa a responsabilità limitata - SCARL, Società cooperativa a responsabilità illimitata - SCARI, Cooperativa sociale.

La motivazione che ha condotto ad includere nel terzo criterio una pluralità di forme giuridiche deriva dal fatto che, a seguito di diversi tentativi, è stato riscontrato che molte cooperative sociali non venivano classificate come tali ma veniva assegnata loro una forma giuridica diversa, sempre cooperativa ma non sociale. In altri termini, si è riscontrato un bug nella banca dati o un’erronea classificazione delle imprese che avrebbe determinato, se si fosse considerato il solo criterio della forma giuridica, una sottostima del campione. Al termine di questa attività sono state individuate 17.093 imprese. A queste imprese sono state progressivamente sottratte quelle che non presentavano i requisiti necessari per poter essere incluse nel campione (Tab. 1). Inizialmente, sono state eliminate le cooperative non sociali, ovvero quelle non venivano classificate come tali e, allo stesso tempo, quelle che non presentavano il termine sociale all’interno della loro denominazione (11.707); successivamente, sono state rimosse quelle che fornivano servizi sociali ed assistenziali in quanto riconducibili alle cooperative sociali di tipo A (3.557); le imprese, soprattutto agricole (cantine sociali, latterie sociali, caseifici sociali, oleifici sociali, stalle sociali), che non avevano finalità sociale (301); i consorzi e le società consortili (93); infine, le cooperative che non avevano i bilanci aggiornati, ovvero con dati anteriori al 2021 (223). In questo modo, è stato possibile pervenire ad un campione finale di 1.212 imprese. Pur essendo rilevante in termini di numerosità, l’insieme delle imprese individuate rappresenta soltanto un campione dell’universo complessivo delle cooperative sociali di inserimento lavorativo definito da altri studi (Galera e Tallarini, 2023; Centro Studi Legacoop, 2021). La sua rappresentatività, tuttavia, può ritenersi significativa in quanto deriva da un’estrazione integrale di dati effettuata dalla banca dati Orbis (Tab. 1) che, nella predisposizione e pubblicazione di informazioni, si avvale di una pluralità di fonti, garantendo una copertura ampia e significativa dell’universo di imprese e un aggiornamento continuo dei profili economico-finanziari.

 

Tab. 1 – Il processo di identificazione del campione di imprese

Imprese

N.

Imprese individuate

(Società cooperativa consortile, Società cooperativa a responsabilità limitata - SCARL, Società cooperativa a responsabilità limitata per azioni - SCARLPA, Piccola Società cooperativa a responsabilità limitata - SCARL, Società cooperativa a responsabilità illimitata - SCARI, Cooperativa sociale)

17.093

- Imprese non sociali

(imprese che non venivano classificate come Cooperativa sociale o che non presentavano il termine sociale nella loro denominazione)

-11.707

 

5.386

- Cooperative sociali che svolgono servizi di welfare ed istruzione

(aventi codice Ateco: 85 Istruzione; 86 Assistenza sanitaria; 87 Servizi di assistenza sociale residenziale; 88 Assistenza sociale non residenziale)

-3.557

 

1.829

- Imprese che svolgono attività agricola in cui la socialità è da intendersi come aggregazione e non come finalità (cantine sociali, latterie sociali, caseifici sociali, oleifici sociali, stalle sociali)

-301

 

1.528

- Consorzi e società consortili

-93

 

1.435

- Imprese con bilanci di anni precedenti (dal 2012 al 2020)

-223

Imprese totali

1.212

 

Nella seconda fase, le imprese incluse nel campione sono state distinte e raggruppate sia in termini territoriali (regioni e macro-regioni), sia in termini settoriali. Sotto quest’ultimo aspetto, la classificazione utilizzata ha previsto una distinzione inziale tra macrosettori, con l’individuazione dei classici comparti dell’economia: primario/agricoltura, secondario/manifatturiero e terziario/servizi. Successivamente, il macro-settore dell’agricoltura è stato mantenuto in modo aggregato, non essendoci specificità che potevano essere evidenziate, mentre gli altri due macro-settori sono stati disaggregati, considerando la natura delle attività prevalenti, svolte dalle imprese (Tab. 2). Seguendo questa classificazione è stato quindi possibile non solo isolare le imprese in base alla loro specifica attività, ma anche procedere all’aggregazione dei dati di bilancio per la successiva rielaborazione.

 

Tab. 2 – La suddivisione dei macrosettori manifatturiero e servizi (sezioni e divisioni)

Manifatturiero

Servizi

Settori tradizionali

Industrie alimentari, bevande e tabacco

C 10, 11, 12

Gestione dei rifiuti

Gestione dei rifiuti

E (38, 39)

Tessile, abbigliamento, calzature

C 13, 14, 15

Commercio all’ingrosso e al dettaglio

Commercio all’ingrosso e al dettaglio

G (45, 46, 47)

Legno, carta, stampa

C 16, 17, 18

Logistica

Trasporto, magazzinaggio e servizi postali

H (49, 52, 53)

Mobili

C 31

Alloggio e ristorazione

Alloggio e attività di ristorazione

I (55, 56)

Altre attività manifatturiere

C 32, 33

Servizi professionali e alle imprese

Informazione e comunicazione

J (58, 59, 60, 62, 63)

Settori della meccanica e della chimica

Articoli in gomma e materie plastiche

C 22

Attività finanziarie e assicurative

K (64)

Minerali non metalliferi

C 23

Attività immobiliari

L (68)

Prodotti in metallo

C 25

Attività professionali, scientifiche e tecniche

M (69, 70, 71, 72, 73, 74)

Apparecchiature elettriche

C 27

Altre attività (Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese)

N (77, 78, 79, 80, 81, 82)

Macchinari

C 28

Pulizie

Attività di pulizia e disinfestazione

N 81.2

Mezzi di trasporto

C 29, 30

Manutenzione del verde

Cura e manutenzione del paesaggio

N 81.3

Settori tecnologici

Prodotti di elettronica

C 26

Attività culturali, ricreative e personali

Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento

R (90, 91, 93, 94, 95, 96)

Costruzioni ed impiantistica

Costruzioni ed impiantistica

F 41, 42, 43

 

Infine, nella terza ed ultima fase si è proceduto all’elaborazione dei dati. Sotto questo aspetto, sono stati definiti:

  • aspetti di natura dimensionale, come il valore della produzione ed il numero dei dipendenti, definendo sia il loro valore medio, sia le variazioni intervenute nel 2019 e nel 2021, rispetto al 2017 considerato come anno base;
  • aspetti di natura reddituale, come l’Ebit e l’Utile (Perdita) di esercizio, rapportati al Valore della produzione, nei tre periodi distinti (2017, 2019, 2021);
  • aspetti di natura patrimoniale, come le Immobilizzazioni totali e il Patrimonio netto, rapportati al Totale Attivo, sempre nei tre periodi considerati (2017, 2019, 2021).

3. I risultati della ricerca

3.1 Il profilo identitario delle cooperative sociali di inserimento lavorativo

In questa sezione, vengono riportate le principali caratteristiche delle cooperative sociali che permettono di delineare il loro profilo identitario in quanto riferite ad alcuni elementi generali, quali: l’ambito settoriale di appartenenza (Tab. 3), la localizzazione geografica (Graf. 1) e la dimensione assunta, espressa dal valore della produzione (Graf. 2 e Graf. 3).

 

Tab. 3 – I settori di appartenenza delle cooperative sociali di inserimento lavorativo nel 2021

Macrosettore

Attività

N.

%

 

 

Agricoltura

Coltivazioni agricole e produzione di prodotti animali

50

4,1

50

4,1

Manifatturiero e Costruzioni

Settori tradizionali

46

3,8

129

10,7

Settori meccanica/chimica

42

3,5

 

 

Settori tecnologici

2

0,2

 

 

Costruzioni ed impiantistica

39

3,2

 

 

Servizi

Gestione dei rifiuti

78

6,4

1.033

85,2

Commercio all'ingrosso e al dettaglio

43

3,5

 

 

Logistica

63

5,2

 

 

Alloggio e ristorazione

92

7,6

 

 

Servizi professionali e alle imprese

186

15,3

 

 

Pulizie

300

24,8

 

 

Manutenzione del verde

145

12,0

 

 

Attività culturali, ricreative e personali

126

10,4

 

 

Totale

 

1.212

100,0

 

 

 

Un’ampia maggioranza di imprese svolge attività di erogazione di servizi (85,2%) e, tra questi, quelli che assumono una rilevanza più elevata sono i servizi di pulizia (quasi un quarto dell’intero campione), seguiti dai servizi professionali alle imprese (15,3%) e dalla manutenzione del verde (12%). Le imprese che operano nel comparto manifatturiero, così come quelle che esercitano attività agricola, rappresentano, invece, una netta minoranza (rispettivamente il 10,7% e il 4,1%).

Da un punto di vista settoriale, l’indagine restituisce una fotografia coerente con le aspettative. Le cooperative di inserimento lavorativo sono attive in prevalenza nel settore terziario e svolgono attività caratterizzate da un basso valore aggiunto e da una significativa incidenza della componente lavoro. Nei settori innovativi, come ad esempio l’agricoltura sociale, e che si rivolgono alla domanda privata delle famiglie - come quelli legati al comparto moda o alla ristorazione - non si è ancora sviluppata una massa critica di imprese in grado di generare cambiamenti significativi. In altri termini, si conferma una articolazione settoriale all’interno della quale coesistono una larga componente di cooperative che svolgono attività tradizionali e una parte minoritaria di aziende che mostra la propensione e la volontà di esplorare nuovi ambiti di intervento.

 

Graf. 1 – La distribuzione delle cooperative sociali di inserimento lavorativo per macroarea geografica e macrosettore

Considerando la composizione settoriale congiuntamente alla localizzazione delle imprese, si notano alcune specificità.

In generale, comparando i dati della cooperazione sociale di inserimento lavorativo con quelli riferiti all’intera economia nazionale, la distribuzione delle imprese attive mostra delle differenze rilevanti[3]. Le cooperative sociali sono sovra-rappresentate nel settore dei servizi (85,2% rispetto al 60,2% delle imprese italiane) mentre sono sottorappresentate sia nel settore manifatturiero (10,6% a fronte del 17,5% dell’Italia), sia in quello agricolo (4,1% rispetto al 22,3%).

Andando nel particolare ed osservando la distribuzione delle sole cooperative sociali di inserimento lavorativo, è possibile confrontare la situazione delle singole macroregioni rispetto al dato medio nazionale. Considerando questa dimensione, si può evidenziare che:

  • le cooperative sociali che svolgono attività agricola sono diffuse in misura maggiore nelle regioni del Nord-est e del Centro (6,7% e 4,3% rispetto al 4,1% dell’Italia);
  • il Nord-ovest è l’unica macroregione che si contraddistingue per una vocazione manifatturiera (15,3% rispetto ad un dato medio nazionale pari al 10,6%);
  • le cooperative sociali che operano nel settore dei servizi sono maggiormente presenti nelle regioni del Sud e in quelle del Centro (89,9% e 88,6% rispetto all’85,2% dell’Italia).

 

Graf. 2 – La distribuzione delle cooperative sociali di inserimento lavorativo per classe di valore della produzione

Graf. 3 – La distribuzione delle cooperative sociali di inserimento lavorativo per classe di valore della produzione e macrosettore

Infine, la distribuzione delle cooperative sociali per valore della produzione mostra come ci sia una netta prevalenza di piccole imprese: oltre i ¾ del campione (il 76,7%) presenta, infatti, un valore di questo indicatore inferiore ai 2,5 milioni di euro, mentre solo il 3,3% mostra un valore della produzione superiore ai 10 milioni di euro.

3.2 Le performance economico-patrimoniali delle cooperative sociali di inserimento lavorativo

Se le informazioni relative alla struttura delle cooperative sociali potrebbero non discostarsi dal profilo tradizionale che emerge dagli studi finora condotti e da un’idea diffusa sulla natura e le attività svolte da queste imprese, i risultati più originali derivano, invece, dall’analisi delle performance economiche e patrimoniali che sono stati conseguite nel corso degli ultimi anni.

 

Tab. 4 – Il valore della produzione e la numerosità dei dipendenti delle cooperative sociali di inserimento lavorativo

SETTORI

Valore della produzione

Dipendenti

Valore medio

2021 (migl.)

Variazione 2019

(2017=100)

Variazione 2021

(2017=100)

Valore medio

2021 (migl.)

Variazione 2019

(2017=100)

Variazione 2021

(2017=100)

Agricoltura

Coltivazioni agricole e produzione di

prodotti animali

2.182

103,1

119,6

37

120,2

116,8

Manifatturiero

 

1.833

114,9

135,6

36

107,1

111,1

 

Settori tradizionali

1.817

108,8

115,7

38

96,4

100,3

 

Settori meccanica/chimica

2.074

124,1

133,6

44

111,0

108,8

 

Settori tecnologici

1.058

114,7

135,4

39

117,0

132,2

 

Costruzioni ed impiantistica

1.633

110,2

179,7

26

124,0

142,6

Servizi

 

2.308

111,9

126,5

68

108,8

117,8

 

Gestione dei rifiuti

3.738

113,8

148,5

84

111,2

125,9

 

Commercio all'ingrosso e al dettaglio

3.263

110,9

126,9

32

129,5

129,7

 

Logistica

1.912

103,1

119,8

63

105,8

118,3

 

Alloggio e ristorazione

1.805

116,8

114,8

59

114,5

127,1

 

Servizi professionali e alle imprese

2.277

103,4

121,6

70

105,3

119,2

 

Pulizie

2.384

115,3

130,6

85

107,5

113,7

 

Manutenzione del verde

1.880

115,8

131,6

50

116,4

119,4

 

Attività culturali, ricreative e personali

2.017

112,7

110,9

57

104,8

113,3

 

Da un punto di vista dimensionale, sono le cooperative sociali operanti nel settore dei servizi che si presentano mediamente più grandi, sia in termini di valore della produzione (2,3 milioni, rispetto ai 2,1 milioni delle imprese agricole e 1,8 milioni di quelle manifatturiere), sia in termini di dipendenti (68 dipendenti medi rispetto ai 37 dell’agricoltura e ai 36 del manifatturiero).

Nel periodo 2017-2021, si assiste ad un aumento, anche significativo, del valore della produzione e dei dipendenti in tutti i settori considerati. Con riferimento al valore della produzione, gli incrementi maggiori si verificano nel settore delle costruzioni (+79,7%), come effetto, presumibilmente, degli incentivi pubblici introdotti per finanziare le iniziative di ristrutturazione del patrimonio immobiliare privato, e in quello della gestione dei rifiuti (+48,5%) mentre, in relazione al numero dei dipendenti, le variazioni positive più elevate emergono sempre nel settore delle costruzioni (+42,6%) e in quello del commercio all’ingrosso e al dettaglio (29,7%). È possibile quindi sostenere che le cooperative sociali di inserimento lavorativo non solo hanno saputo fronteggiare il periodo di crisi derivante dalla pandemia ma, a differenza di altre imprese, sono riuscite addirittura a crescere sia in termini di fatturato che di addetti.

Se questo è il quadro relativo alla dimensione economica della cooperazione sociale di inserimento lavorativo in Italia, altre riflessioni possono essere avanzate per definire il livello di redditività e il grado di patrimonializzazione di tali imprese. L’analisi di queste dimensioni viene condotta in una duplice prospettiva: la prima è di carattere settoriale e definisce l’andamento di questi indicatori per i diversi comparti economici di attività; la seconda, invece, è di natura dimensionale e considera le varie classi di valore della produzione delle cooperative sociali, come definite in precedenza (Graf. 2). La finalità di questi approfondimenti è quella di identificare l’esistenza di eventuali connessioni tra le performance e le caratteristiche (attività e dimensione) delle imprese.

 

Tab. 5 – La redditività delle cooperative sociali di inserimento lavorativo per settore economico di attività

SETTORI

EBIT/Valore della produzione

Utile (Perdita)/Valore della produzione

2021

2019

2017

2021

2019

2017

Agricoltura

Coltivazioni agricole e produzione di prodotti animali

1,14

-1,18

2,20

0,37

-2,47

1,42

Manifatturiero

 

4,24

1,97

4,25

3,24

0,59

2,73

 

Settori tradizionali

0,59

1,90

2,84

-0,22

0,95

1,77

 

Settori meccanica/chimica

5,22

2,82

3,74

4,86

2,51

3,55

 

Settori tecnologici

0,30

-0,67

0,49

0,11

-0,99

0,07

 

Costruzioni ed impiantistica

7,82

0,44

8,23

5,69

-4,05

3,28

Servizi

 

2,21

1,43

2,64

1,37

0,60

1,74

 

Gestione dei rifiuti

3,07

2,40

3,23

1,90

1,36

2,31

 

Commercio all'ingrosso e al dettaglio

0,34

0,48

-1,54

-0,22

0,02

-2,13

 

Logistica

1,08

0,75

2,91

0,39

-0,13

1,97

 

Alloggio e ristorazione

1,80

1,19

2,19

0,56

0,25

1,16

 

Servizi professionali e alle imprese

2,31

-0,68

4,40

1,56

-1,43

3,37

 

Pulizie

2,29

2,23

2,59

1,55

1,38

1,72

 

Manutenzione del verde

2,84

2,17

2,83

1,98

1,28

1,92

 

Attività culturali, ricreative e personali

2,03

1,82

1,61

1,22

1,07

0,81

 

Tab. 6 – La redditività delle cooperative sociali di inserimento lavorativo per classe dimensionale

Classe dimensionale

EBIT/Valore della produzione

Utile (Perdita)/Valore della produzione

2021

2019

2017

2021

2019

2017

< 1 milione

1,47

0,95

2,11

0,68

0,20

1,04

1 – 2,5 milioni

3,11

2,17

3,13

2,22

1,11

2,01

2,5 – 5 milioni

2,70

1,91

2,11

1,91

0,97

1,24

5 – 10 milioni

2,24

1,79

2,44

1,27

0,83

1,40

> 10 milioni

1,78

-0,03

3,47

0,99

-0,73

2,76

 

La redditività rappresenta l’aspetto che denota una problematicità più elevata. Nel periodo osservato, i rapporti tra il risultato operativo (Ebit) e il valore della produzione e tra l’utile e il valore della produzione diminuiscono per le imprese del settore agricolo e per quelle dei servizi mentre restano sostanzialmente stabili per le imprese manifatturiere, a testimonianza di come, nei periodi di crisi, le cooperative sociali di inserimento lavorativo, al pari di altre imprese cooperative, tendano a sacrificare le condizioni di redditività per preservare quote di mercato ed occupazione.

Considerazioni diverse possono essere avanzate nel momento in cui vengono esaminate le classi dimensionali delle imprese. In generale, se si osserva l’andamento di questi indicatori nei diversi anni considerati, si assiste ad una flessione diffusa nel 2019 e ad una ripresa altrettanto generalizzata nel 2021. La cooperazione sociale di inserimento lavorativo ha quindi pagato gli effetti negativi della pandemia ma, allo stesso tempo, ha saputo reagire, recuperando le proprie condizioni di redditività. Questa capacità di risposta sembra, tuttavia, estremamente differenziata. Le imprese collocate alle estremità delle classi dimensionali, ovvero quelle di piccola dimensione (con valore della produzione < 1 milione di euro) e quelle di grande dimensione (con valore della produzione > 10 milioni di euro) hanno registrato una diminuzione della loro redditività, non riuscendo a tornare ai valori precrisi. Al contrario, le cooperative sociali di dimensione intermedia (con valore della produzione tra 1 e 2,5 milioni e tra 2,5 e 5 milioni) sono quelle che hanno evidenziato una maggiore capacità di recupero, superando addirittura le condizioni di redditività di inizio periodo. Naturalmente, la percentuale di imprese che presenta valori superiori alla media della classe di appartenenza è diversa. In particolare, le imprese sopra-soglia rappresentano: il 49,3% della classe fino a 1 milione; il 39% di quella da 1 a 2,5 milioni; il 35,4% nella classe tra 2,5 e 5 milioni; il 33,3% in quella da 5 a 10 milioni e il 55% nella classe oltre 10 milioni. Pertanto, contrariamente ad una narrazione dominante, in base alla quale la crescita dimensionale dovrebbe condurre, quasi in modo indefinito, a condizioni di maggiore efficienza, l’indagine condotta mostra una dinamicità più elevata delle cooperative sociali di media dimensione.   

 

Tab. 7 – Gli investimenti e la patrimonializzazione delle cooperative sociali di inserimento lavorativo per settore economico di attività

SETTORI

Immobilizzazioni/Totale Attivo

Patrimonio Netto/Totale Attivo

2021

2019

2017

2021

2019

2017

Agricoltura

Coltivazioni agricole e produzione di

prodotti animali

50,26

53,27

55,30

50,48

53,42

57,39

Manifatturiero

 

34,90

33,47

31,48

31,96

30,92

33,41

 

Settori tradizionali

45,49

47,43

45,48

29,11

32,74

31,88

 

Settori meccanica/chimica

40,20

39,94

38,35

50,83

51,37

52,49

 

Settori tecnologici

65,19

61,08

61,04

35,14

17,41

21,16

 

Costruzioni ed impiantistica

17,63

13,45

12,43

17,11

11,39

20,32

Servizi

 

31,30

31,61

30,65

28,96

29,61

30,02

 

Gestione dei rifiuti

35,14

35,85

36,05

30,77

28,14

27,31

 

Commercio all'ingrosso e al dettaglio

40,79

41,15

40,88

28,97

31,09

31,19

 

Logistica

27,24

29,16

24,35

22,29

26,37

22,63

 

Alloggio e ristorazione

43,08

41,95

35,33

16,24

19,61

19,41

 

Servizi professionali e alle imprese

27,90

26,74

26,20

30,74

31,45

34,30

 

Pulizie

28,66

29,12

28,80

32,22

32,58

32,03

 

Manutenzione del verde

32,28

35,10

34,98

31,93

32,72

33,75

 

Attività culturali, ricreative e personali

25,76

26,46

26,41

22,71

23,72

24,02

 

Tab. 8 – Gli investimenti e la patrimonializzazione delle cooperative sociali di inserimento lavorativo per classe dimensionale

Classe dimensionale

Immobilizzazioni/Totale Attivo

Patrimonio Netto/Totale Attivo

2021

2019

2017

2021

2019

2017

< 1 milione

31,13

31,39

30,94

26,60

28,00

27,76

1 – 2,5 milioni

31,09

30,88

30,37

28,68

27,74

29,73

2,5 – 5 milioni

31,88

34,99

33,64

27,25

27,62

26,38

5 – 10 milioni

32,24

34,45

33,27

26,18

27,76

27,64

> 10 milioni

37,41

34,91

34,19

42,11

43,72

46,09

 

Infine, considerando le dinamiche patrimoniali, si registrano due diversi fenomeni:

  • da un lato, tra le cooperative sociali vi è una forte varietà settoriale sul fronte degli investimenti che diminuiscono nell’agricoltura, aumentano nel manifatturiero e restano sostanzialmente stabili nei servizi;
  • dall’altro lato, i dati evidenziano come le cooperative di inserimento lavorativo siano adeguatamente patrimonializzazione (generalmente, almeno un terzo dell’attivo è coperto dal patrimonio netto), tuttavia il livello di patrimonializzazione, a seguito della pandemia, mostrano una riduzione generalizzata.

In una prospettiva dimensionale, si registra una tenuta degli investimenti per le cooperative sociali di minori dimensioni, una leggera diminuzione per quelle di media dimensione e una crescita per quelle di dimensione più elevata, superiore ai 10 milioni di euro (per queste ultime, il rapporto tra immobilizzazioni ed attivo passa, infatti, dal 34,19% del 2017 al 37,41% del 2021, con un valore nettamente superiore a tutte le altre classi dimensionali). Le condizioni di patrimonializzazione tendono, invece, a subire un lieve peggioramento causato dalle perdite di esercizio realizzate nel biennio 2029-2020.  L’unica classe dimensionale ad apparire stabile è quella tra 2,5 e 5 milioni mentre le cooperative sociali di maggiore dimensione sono quelle che registrano la flessione più significativa (per queste imprese, il rapporto tra patrimonio netto ed attivo diminuisce dal 46,09% del 2017 al 42,11% del 2021).

4. Conclusioni ed implicazioni di policy

I risultati del lavoro di ricerca – presentati in sintesi in questo articolo – descrivono le principali performance economiche e patrimoniali delle cooperative sociali di inserimento lavorativo e possono rappresentare una solida base per costruire politiche di sviluppo da parte delle reti e delle associazioni cooperative e per realizzare politiche pubbliche di sostegno da parte dello Stato e delle Regioni.

I settori in cui operano le cooperative sociali di inserimento lavorativo e le performance nella pandemia

La maggior parte delle cooperative sociali operano nel settore dei servizi (85,2%) con una forte rilevanza di settori tradizionali come quello delle pulizie (24,8%) e della manutenzione del verde (12,0%) mentre il 10,7% delle imprese è impegnata nel settore manifatturiero e delle costruzioni ed il 4,1% nell’agricoltura.

L’analisi dimensionale delle cooperative sociale evidenzia da un lato una bassa incidenza delle cooperative con valore della produzione maggiore a 10 milioni di euro (3,3%) ed una forte polverizzazione del tessuto imprenditoriale che è presente in tutto il territorio nazionale, nelle aree urbane e in quelle rurali, nel centro nord così come nel sud e nelle isole.  Il 42,4% delle cooperative sociali di inserimento lavorativo hanno un valore della produzione inferiore a 1 milione di euro, il 34,3% compreso tra 1 e 2,5 ed il 13,5% tra 2,5 e 5 milioni di euro. Nelle fasce dimensionali con fatturato inferiore a 2,5 milioni di euro, più del 90% delle cooperative opera nel settore dei servizi.

L’analisi del valore della produzione nel periodo 2017-2021 evidenzia un incremento significativo in tutti i settori, dimostrando una forte capacità di reazione della cooperazione sociale di inserimento lavorativo di fronte alla pandemia da Covid-19.

Il confronto tra il numero di occupati nel periodo 2019-2021 mostra un generale incremento degli occupati in tutti i settori – ad eccezione dell’agricoltura – dimostrando che le cooperative sociali di inserimento lavorativo nella pandemia hanno difeso i lavoratori e non hanno adottato strategie aziendali che perseguono l’incremento della produttività con forti riduzioni del personale.  

I dati relativi alla redditività aziendale, infine, evidenziano una generale e diffusa bassa redditività, ad eccezione dei settori della meccanica, della chimica e delle costruzioni. Questo dato pur essendo coerente con le specificità di questa forma di impresa – finalità sociali e inserimento al lavoro delle persone svantaggiate – costituisce un significativo punto di debolezza.

L’analisi della redditività effettuata dividendo le imprese per classe dimensionale ha evidenziato inoltre come la redditività delle cooperative sociali di inserimento lavorativo più grandi (con un valore della produzione superiore ai 10 milioni di euro) risulti essere inferiore rispetto a quella registrata dalle cooperative di dimensioni medie (con un valore della produzione compreso tra 1 e 10 milioni di euro) contraddicendo la narrazione dominante - presente sia nel mondo delle imprese tradizionali che in quello delle imprese cooperative - in base alla quale le imprese più grandi sono più efficienti e competitive.   

Possibili azioni a sostegno dello sviluppo della cooperazione sociale di inserimento lavorativo.

Partendo dai risultati della ricerca si possono proporre alcune indicazioni di policy volte a sostenere lo sviluppo della cooperazione sociale di inserimento lavorativo.

In primo luogo, valorizzare con programmi e misure dedicate il potenziale di sviluppo ancora non espresso nel settore agricolo ed in quello manifatturiero dove la cooperazione sociale di inserimento lavorativo è poco presente, ma realizza significative performance.

In secondo luogo, accompagnare i percorsi di crescita dimensionale – anche attraverso lo strumento della fusione – delle cooperative sociali di piccola dimensione. La crescita dimensionale, tuttavia, deve puntare sulla qualità dei servizi e delle attività svolte piuttosto che al mero raggiungimento di economie di scala. Le evidenze empiriche sembrano infatti suggerire il prevalere dei costi di coordinamento rispetto ai guadagni di produttività generati dall’aumento delle dimensioni aziendali.

In terzo luogo, favorire la crescita manageriale delle cooperative sociali realizzando programmi formativi dedicati ai quadri ed agli amministratori, capaci di valorizzare gli elementi distintivi delle cooperative sociali senza omologarle alle società di capitali e alle cooperative tradizionali.

In quarto luogo, sostenere la realizzazione di economie di rete, potenziando e rivisitando il ruolo dei consorzi ed esplorando in modo più deciso le potenzialità delle reti di impresa, sperimentando anche reti di filiera e reti di prodotto, capaci di rendere visibile il valore sociale generato dalle cooperative sociali di inserimento lavorativo. Lo sviluppo delle reti potrebbe superare il problema dell’aumento dei costi di coordinamento, determinati dalla crescita dimensionale delle imprese, rappresentando allo stesso tempo il meccanismo organizzativo capace di generare e diffondere innovazione (Picciotti, 2017; Bernardoni e Picciotti, 2017) Nella realizzazione di questa azione, così come della precedente, un ruolo decisivo potrà essere svolto dalle centrali cooperative.

Infine, valorizzare il ruolo delle cooperative sociali di inserimento lavorativo quali agenti di sviluppo locale e strumento per la realizzazione di politiche pubbliche volte alla riduzione dei divari territoriali di sviluppo tra aree urbane ed aree rurali, centro e periferia, nord e sud del Paese.

DOI: 10.7425/IS.2023.04.05

 

Bibliografia

Bernardoni A. e Picciotti A. (2017), Le imprese sociali tra mercato e comunità. Percorsi di innovazione per lo sviluppo locale, Franco Angeli, Milano.

Borzaga C. e Marocchi G. (2022), L’inserimento lavorativo, malgrado le politiche, Impresa Sociale, 2, 3-9.

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Borzaga C. e Fazzi L. (2011), Le imprese sociali, Carocci, Roma.

Borzaga C. e Ianes A. (2006), L’economia della solidarietà. Storia e prospettive della cooperazione sociale, Donzelli, Roma.

Basaglia F. (1968), L’istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, Giulio Einaudi, Torino.

Centro Studi Legacoop (2020), Aspetti quantitativi e qualitativi della cooperazione sociale in Italia, Roma.

Depedri S. (2012), L’inclusione efficiente. L’esperienza delle cooperative sociali di inserimento lavorativo, Milano, Franco Angeli.

Fazzi L. (2012), Social work in the public and non-profit sectors in Italy: what are the differences?, in European Journal of Social Work, 15(5), 629-644.

Foot, J. (2014). La “Repubblica dei matti”: Franco Basaglia e la psichiatria radicale in Italia, 1961-1978, Feltrinelli Editore, Milano.

Galera G. e Tallarini G. (2023), L’inserimento lavorativo in una prospettiva europea, in Impresa Sociale, 1, 6-22.

Marocchi G. (2023), Molte delle cose che credevamo sull’inserimento lavorativo sono false. E quindi quali sfide ci aspettano per il futuro, in Impresa Sociale, 1, 23-55.

Picciotti A. (2017), Towards sustainability: The innovation paths of social enterprise, Annals of Public and Cooperative Economics, 88(2), 233-256.

 


[1] Definizione di ergoterapia tratta dal Dizionario Treccani www.Treccani.it/enciclopedia/ergoterapia/

[2] Tratto dalla storia della Cooperativa Lavoratori Uniti Franco Basaglia www.clufbasaglia.it

[3] I dati riferiti alla numerosità delle imprese manifatturiere e dei servizi sono di fonte Istat (banca dati I.Stat, consultazione del 22.11.2023) e riferiti al 2021. I dati relativi alla numerosità delle imprese agricole sono anch’essi di fonte Istat (7° Censimento generale dell’agricoltura, 2022) e riferiti al 2020.

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