Parte delle considerazioni qui riportate sono state oggetto delle riflessioni degli autori alla tavola rotonda “la valutazione nell’era della coprogrammazione e coprogettazione” del Congresso annuale della Associazione Italiana di valutazione (AIV) tenutosi a Roma il 20 9 2023.
La coprogrammazione e coprogettazione, introdotte dall’art 55 del d.lgs. 117/2017, il “Codice del terzo Settore”, rappresentano la effettiva realizzazione pratica del principio di sussidiarietà sancito dall’art. 118 della Costituzione e una “rivoluzione”, come ha opportunamente scritto Felice Scalvini nell’introduzione di un recente testo sul tema[1].
Con tali istituti si tratta infatti di realizzare un cambio di paradigma: dal paradigma competitivo, che storicamente ha regolato la relazione tra Enti pubblici ed Enti del Terzo settore attraverso lo strumento delle esternalizzazioni e delle gare d’appalto, a un paradigma collaborativo, che attraverso le coprogrammazioni e le coprogettazioni mira a ridefinire le relazioni secondo una logica di partnership e collaborazione tra i diversi soggetti in campo.
Nella lunga storia e nel dibattito normativo che ha accompagnato lo sviluppo e la diffusione dell’amministrazione condivisa emerge quanto tale paradigma risulti molto più coerente con le politiche pubbliche (sociali in particolare) che vengono promosse dalle coprogettazioni e coprogrammazioni, rispetto all’utilizzo di gare di appalto che rischiano spesso di risultare “pratiche distruttive per la comunità[2]”. Sembra infatti che sia profondamente coerente che chi “produce” qualità della vita, benessere, relazioni significative fra individui e gruppi di individui, lo faccia in un processo di collaborazione fra i policy makers, mentre appare decisamente meno coerente che questo avvenga in un processo competitivo e non dialogante fra committente e competitors.
La valutazione che cosa c’entra in questo processo? C’entra eccome, naturalmente, perché ogni processo progettuale e di policy making si alimenta di valutazione.
Pertanto, pare importante chiedersi se nell’“era della coprogrammazione e della coprogettazione” cambi qualcosa per la valutazione dei progetti. I processi valutativi possono incidere positivamente, e a quali condizioni, sull’assunzione e la concretizzazione del paradigma collaborativo nelle pratiche di policy making? Quali approcci, metodologie e tecniche specifiche di valutazione sono maggiormente coerenti e possono risultare efficaci per valutare le coprogettazioni? È necessario ripensare o ridefinire i ruoli o le relazioni tra i diversi attori quando si valuta una coprogettazione?
Allo scopo di avviare un dibattito intorno a queste domande, provando a portare qualche riflessione, ci sembra importante partire da alcune definizioni che riguardano i ruoli degli attori in campo. Per questo ci aiuta il glossario dell’Associazione Italiana di Valutazione (AIV) elaborato dal gruppo metodi e tecniche qualche anno fa[3].
“Valutatore: … è il soggetto che, sulla base di un mandato contrattato con la committenza, redige un disegno di valutazione, conduce la ricerca valutativa, esprime, sulla base dell’analisi dei risultati di ricerca, una valutazione vera e propria assumendosi la responsabilità del giudizio valutativo, identifica le possibili strategie di miglioramento del progetto o programma valutato, comunica i risultati della valutazione ai decisori per promuovere possibili processi di cambiamento. Nei processi di valutazione partecipata è importante che il valutatore non limiti il proprio raggio di azione alla realizzazione della ricerca valutativa e alla redazione del rapporto finale, ma si assuma anche la regia del processo partecipativo e ne presidi l’efficacia: dalla costruzione congiunta del disegno, al confronto sui dati, alla restituzione finale dei risultati agli stakeholder.
Valutato: In alcuni casi, per “valutato” si intende il soggetto che ricopre un ruolo di responsabilità in ordine al fenomeno (progetto o programma) oggetto di valutazione…; in altri processi il valutato è egli stesso oggetto di valutazione in una o più funzioni del proprio ruolo… Per l’efficacia della valutazione è importante che il valutato sia coinvolto come risorsa cruciale nello svolgimento del processo valutativo. È pertanto opportuno che sia consapevole del senso e del valore del processo in corso riconoscendone l’importanza e le potenzialità generative di cambiamento in senso migliorativo…
Committente: … Il committente di solito è un decisore che necessita della valutazione per orientare proprie strategie di policy nel contesto dato. Si può trattare per esempio di un rappresentante di enti pubblici nazionali o locali, quali Ministero, Regione o Comune, o privati, quali fondazioni, consorzi, aziende, cooperative ecc. Il committente stipula con modalità più o meno esplicite un “contratto di valutazione” con il valutatore che dovrebbe definire secondo un accordo bilaterale, obiettivo, tappe e definizione del processo valutativo. Da una esplicita, corretta e praticabile definizione del contratto di valutazione fra committente e valutatore discende l’opportunità di realizzare un percorso di valutazione efficace ed utile; da una implicita, impropria e disfunzionale definizione di tale contratto (per richieste di valutazione a fini per esempio onnipotenti o manipolatori) può discendere una valutazione che, pur apparentemente compiacente nei confronti della committenza, alla fine risulterà inefficace nel produrre cambiamenti migliorativi ed insoddisfacente per gli attori in campo.”
I principali elementi che caratterizzano gli strumenti della coprogrammazione e della coprogettazione sono il superamento dei tradizionali ruoli di committente e fornitore che hanno sempre contraddistinto le relazioni tra Pubblica Amministrazione e ETS, e la costruzione di una relazione di partenariato tra essi. In questo quadro, l’articolazione dei ruoli valutativi così come appena definiti in modo ampio ed articolato, tiene ancora?
Di fatto la valutazione correttamente condotta e “contrattata” fra valutatore e committente, non fa prevalere un paradigma competitivo, ma una chiara distinzione fra ruolo e funzioni dei soggetti in campo in un ipotetico triangolo dei ruoli Valutatore, Valutato, Committente.
Oggi, in presenza delle prassi di coprogettazione e coprogrammazione forse dobbiamo chiederci se da un triangolo si passa a qualcosa di più smussato. I confini tra questi diversi ruoli si fanno più liquidi?
Se, dunque, l’introduzione del suffisso CO a progettazione e programmazione ha la sua radice nell’idea di amministrazione condivisa introdotta da Gregorio Arena[4] qualche anno fa e che oggi ha una solida e sicura base normativa dopo l’art. 55 e la sentenza 131 della Corte costituzionale[5], oggi può avere senso pensare di introdurre il suffisso CO anche alla valutazione? E, operativamente, ciò che cosa potrebbe significare?
Se sul fronte progettuale con la coprogettazione non si è più rigidamente committente e fornitore ma partner, (più o meno alla pari[6]), le domande che si pongono osservando il campo valutativo sono: è opportuno valorizzare la valutazione al fine di dare valore ai progetti (a volte fragili) costruiti e identificarne con precisione luci, ombre e strategie di miglioramento? Non va forse data maggiore attenzione alle alleanze in campo? Non va forse promossa una alleanza più proattiva fra committente, valutatore e valutato? È importante il rispetto dei ruoli ma anche la condivisione di una “impresa” (la valutazione) di interesse comune? E questa nuove alleanze che attenzioni comportano sul piano metodologico e relazionale?
Ci sembra opportuno puntualizzare che nella diffusione ormai abbastanza solida della coprogettazione ed in quella ancora “giovane” della coprogrammazione, emergono con frequenza, due principali ostacoli, rispetto ai quali crediamo che la valutazione possa dare un importante apporto.
Il primo ostacolo riguarda l’affermarsi – già sopra dichiarato - di una relazione di partenariato tra ente pubblico e ente del terzo settore, e il superamento della tradizionale relazione in cui l’ente pubblico è committente e il terzo settore è fornitore di servizi. È un cambiamento nei ruoli e nelle relazioni che costituisce, come detto sopra, un totale cambio di paradigma, che richiede tempo e volontà, e il superamento di molte resistenze da entrambe le parti.
Il secondo ostacolo riguarda l’impegno che i processi condivisi, come tutti i processi partecipativi richiedono in termini di risorse, tempo e energie. Impegno che – soprattutto in tempi come questi in cui il lavoro nell’ambito dei servizi alla persona è coinvolto in un continuo processo di efficientamento – porta a chiedersi continuamente “ma ne vale la pena?”
Davanti a questo quadro assume a nostro avviso molta rilevanza la relazione tra valutazione e coprogettazione, e soprattutto è interessante considerare come la valutazione possa supportare e sostenere la diffusione delle forme di amministrazione condivisa, secondo due prospettive differenti:
In ordine agli altri quesiti sopra posti, riteniamo che la grande sfida della valutazione nei processi di coprogettazione riguardi effettivamente proprio il cambiamento nei ruoli, perché parallelamente al superamento della relazione committente - fornitore verso una relazione di partenariato, anche i ruoli di committente da una parte e valutato, inteso come “il soggetto che ricopre un ruolo di responsabilità in ordine al fenomeno (progetto o programma) oggetto di valutazione” si mescolano fino a confondersi.
Il valutatore si trova, infatti, a relazionarsi con una molteplicità di soggetti, che divenendo corresponsabili del progetto, assumono il ruolo di committenti nel processo di valutazione. Una molteplicità di soggetti che portano al valutatore sguardi, competenze e domande valutative eterogenee.
La valutazione nelle coprogrammazioni e coprogettazioni assume così una valenza negoziale, poiché deve riuscire a promuovere un processo di mediazione e ricomposizione di interessi e punti di vista diversi, come già avviene nei processi di valutazione partecipata, ma forse in modo ancora più accentuato, poiché si perde il riferimento di un soggetto unico e distinto (il “vecchio” committente) che dice “l’ultima parola” e che deve poter utilizzare la valutazione in ottica progettuale e strategica.
La valutazione in questo contesto può dunque assumere un valore pedagogico, nel senso che può accompagnare e rafforzare il passaggio al paradigma collaborativo, assumendo il cambiamento di una maggiore permeabilità fra i ruoli, oppure può opporre resistenza, continuando a considerare quale committenza unicamente il soggetto che detiene le risorse che finanziano il progetto, dunque quasi sempre l’ente pubblico.
Se però la scelta è quella di promuovere e sostenere il paradigma collaborativo proposto dall’amministrazione condivisa, ci sembra necessario ripensare la definizione dei ruoli nella valutazione. In effetti i partner di una coprogettazione possono divenire allo stesso tempo committenti e valutati, in quanto co-responsabili e co-attuatori dell’intervento o progetto. Pensando a un confronto con i processi di valutazione partecipata, questo significa ridisegnare in parte, anche metodologicamente, i passaggi attraverso cui si arriva dalla domanda valutativa alla raccolta dei dati e alla loro interpretazione. Ne discende che il paradigma collaborativo della coprogettazione promuove una visione della valutazione sempre meno come strumento di verifica o controllo, e sempre più come strumento di apprendimento comune per percorrere con successo la medesima strada.
Una ulteriore modalità attraverso cui la valutazione può incidere sulla diffusione degli strumenti collaborativi riguarda la capacità di misurare e rendere visibile, attraverso la pratica valutativa, qual è il valore aggiunto della coprogettazione rispetto ad altri strumenti amministrativi.
La domanda valutativa in questo caso potrebbe essere: nella pratica operativa, realizzare un determinato intervento coprogettandolo tra ente pubblico e terzo settore, piuttosto che esternalizzandolo, quale valore porta in termini di efficacia nella capacità di risposta ai bisogni dei cittadini e nel raggiungimento degli obiettivi?
Questo tipo di valutazione costituisce, a nostro parere, un punto nodale, da una parte per fare in modo che l’amministrazione condivisa non venga intrapresa soltanto in relazione a una scelta di campo di tipo ideologico, ma in relazione alla sua efficacia, e dall’altra per sostenere nei processi di policy making l’individuazione consapevole dello strumento migliore tra i tanti disponibili in relazione al contesto, ai soggetti in campo e agli obiettivi definiti.
Concludendo, nell’auspicio di continuare un dibattito qui appena aperto, si ritiene che nell’era della coprogettazione e coprogrammazione abbia senso parlare di co-valutazione, ma che al tempo stesso l’articolazione e distinzione tra ruoli e funzioni di committente, valutatore e valutato sia preziosa e va mantenuta, anche se è probabile che risulterà allargata a più soggetti che fanno parte del “sistema coprogettuale”. Ciascuno di questi ruoli, infatti, resta portatore di un punto di vista peculiare sul processo progettuale e valutativo e proprio in virtù di questa peculiarità lo arricchisce e rende maggiormente completo. Sembra pertanto opportuno mantenere visivamente la forma del triangolo per immaginare la relazione tra committente, valutatore e valutato e, più che smussare gli angoli del triangolo, immaginare un triangolo equilatero con lati più corti[7], che promuova maggiore equi-vicinanza, in presenza di maggiore permeabilità dei confini fra ruoli, grazie al dialogo continuo e al confronto costruttivo e collaborativo fra gli attori in campo.
[1] Cfr. F. Scalvini, L’amministrazione condivisa, la comunità come stella polare, in U. De Ambrogio, G. Marocchi (a cura di) Coprogrammare e coprogettare – amministrazione condivisa e buone prassi, Carocci Faber 2023 (pag. 9 e segg.)
[2] Cfr. Ibidem
[3] Bezzi C. (a cura di), Glossario del gruppo tematico Metodi e tecniche dell’Associazione Italiana di Valutazione, Versione 25 febbraio 2012
[4] Cfr. G. Arena, M. Bombardelli, L’amministrazione condivisa, editoriale scientifica, Trento, 2022.
[5] Corte costituzionale, sentenza 131/2020
[6] Sul concetto di partnership asimmetrica fra PA e ETS nella coprogettazione vedi U. De Ambrogio, C. Guidetti, La coprogettazione, La partnership fra pubblico e terzo settore, Carocci Faber, 2016 (p.165 e segg.)
[7] Ringraziamo Claudio Torrigiani per averci suggerito questa immagine.
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