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ISSN 2282-1694
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Numero 1 / 2024

Echi

È solo una questione di soldi? Il valore del lavoro sociale dopo il rinnovo del contratto delle cooperative sociali

Andrea Bernardoni


Il 26 gennaio scorso è stato raggiunto l’accordo per il rinnovo del contratto dei lavoratori delle cooperative sociali. Un contratto che interessa circa 450.000 lavoratori e 15.000 organizzazioni. Il precedente rinnovo era stato sottoscritto dalle associazioni cooperative e dalle organizzazioni sindacali nel 2019, prima della crisi pandemica, ed aveva innalzato le retribuzioni del 6% circa. L’attuale rinnovo introduce significativi incrementi retributivi a favore dei lavoratori, a partire dal 1 febbraio 2024, ed apporta dei miglioramenti alla parte normativa. A regime il costo del lavoro aumenterà di oltre il 13,5%, un incremento significativo che vuole far recuperare il potere di acquisto ai lavoratori del sociale.

Un contratto per riconoscere il valore del lavoro sociale

Le organizzazioni firmatarie del rinnovo, dopo un periodo particolarmente duro per i lavoratori, hanno voluto qualificare il contratto della cooperazione sociale innalzando le retribuzioni e le tutele, riconoscendo il valore del lavoro sociale, con l’obiettivo dichiarato di arginare la “fuga degli operatori” e di superare le difficoltà che incontrano le cooperative a reperire educatori ed altro personale qualificato. Il nuovo contratto dovrà segnare la svolta per i lavoratori del welfare, rompendo il dualismo tra la sostenibilità delle imprese e le retribuzioni dei lavoratori. Dovrà essere uno strumento per ridare dignità al lavoro sociale superando la percezione che lo associa al lavoro povero (Granata, 2024).  

L’incremento delle retribuzioni dei lavoratori della cooperazione sociale è un obiettivo importante e condiviso da tutti gli attori. I salari e le tutele sono centrali in un percorso culturale e politico di valorizzazione del lavoro sociale; tuttavia, non sono solo le remunerazioni economiche a determinare la capacità delle cooperative sociali di attratte e trattenere personale qualificato e motivato ed a definire il valore del lavoro sociale. Diverse ricerche sul livello di soddisfazione dei lavoratori delle cooperative sociali hanno evidenziato l’importanza, per questa categoria di lavoratori, anche della dimensione valoriale e partecipativa tipica della cooperazione sociale. Il filosofo statunitense Micheal Sandel nel libro Quello che i soldi non possono comprare. I limiti morali del mercato (2015) mette in guardia sul fatto che le economie di mercato si stanno trasformando in società di mercato, dove tutto può essere acquistato: pagando un sovrapprezzo si può acquistare – saltando la coda - un posto in prima fila per il prossimo concerto di Bruce Springsteen a New York così come rivolgendosi alla sanità privata, in Italia, un cittadino può compiere in pochi giorni una risonanza magnetica con contrasto che nel servizio sanitario nazionale potrebbe richiedere 5-6 mesi di attesa. Gli strumenti di mercato, come gli incentivi monetari, hanno però dimostrato di essere poco efficaci per motivare i cittadini a compiere comportamenti altruistici o azioni collaborative, anzi in alcuni casi sono stati controproducenti. I casi in cui sono stati introdotti incentivi economici per i donatori di sangue le donazioni sono diminuite, analogamente quando in alcuni asili nido sono state introdotte delle sanzioni economiche (multe) per i genitori che andavano a prendere i figli in ritardo questo comportamento anziché diminuire è aumentato. Bisogna quindi essere consapevoli che non vi è una correlazione diretta tra la remunerazione dei lavoratori sociali, l’effort ed il livello di soddisfazione degli stessi. Probabilmente l’attrattività del lavoro sociale non è solo una questione di soldi ma dipende anche da una pluralità di fattori che non hanno una natura economica.

Un ulteriore obiettivo che le parti intendono raggiungere con il nuovo contratto è rompere lo schema che negli ultimi due decenni ha caratterizzato i rapporti tra le amministrazioni pubbliche e gli enti del Terzo settore, sempre più frequentemente guidati dalla logica del massimo ribasso o comunque orientati al contenimento dei costi delle risorse umane (Granata, 2024). In questa prospettiva l’accordo rappresenta un’inversione di rotta che potrà aprire un nuovo confronto con la politica e le amministrazioni pubbliche in cui le cooperative sociali non saranno sole ma potranno avere al loro fianco le organizzazioni sindacali, in virtù del rinnovato rapporto costruito grazie ai contenuti del nuovo contratto della cooperazione sociale.

Una strada in salita

Osservatori indipendenti, tuttavia, hanno espresso alcuni dubbi sulla capacità del comparto della cooperazione sociale di sopportare gli incrementi di costo derivanti dal nuovo contratto e più in generale sulla sostenibilità degli aumenti (Fazzi, 2024). La redditività delle cooperative sociali negli ultimi anni si è ridotta ed oggi l’utile medio delle stesse oscilla tra lo 0,5 e l’1,5 per cento (Bernardoni, Picciotti 2023).

I ricavi delle cooperative sociali, inoltre, dipendono in larga parte dalla domanda pubblica e, visto il peso economico della cooperazione sociale l’impatto del nuovo contratto sarà ingente anche per le casse pubbliche, stimabile in almeno 700 milioni nell’anno in corso e circa 2 miliardi a regime.

Per il periodo 2024-2026 la dotazione del fondo sanitario nazionale diminuirà in termini reali passando dal 7% del 2023 al 6,1% del Pil nel 2026, analogamente si prevede una riduzione del finanziamento degli enti locali. Con molta probabilità nei prossimi mesi il quadro della finanza pubblica sarà destinato a deteriorarsi sotto il peso degli interessi passivi sul debito pubblico e dell’esigenza di ridurre il debito pubblico per rispettare le nuove regole di bilancio fissate dal patto di stabilità europeo.

Nella maggioranza dei casi le cooperative sociali hanno contratti per la fornitura di beni o servizi con Aziende sanitarie, comuni e altri enti locali oppure operano in mercati regolati – come quello dei servizi sociosanitari – in cui sono le Regioni o, in alternativa i comuni, a definire le rette e le tariffe. In entrambi i casi l’adeguamento dei prezzi dei servizi erogati non è immediato, richiede un periodo di tempo medio lungo e non è automatico. È quindi prevedibile che nei prossimi mesi solo una minima parte degli incrementi del costo del lavoro potranno essere coperti da un incremento dei ricavi.

Le preoccupazioni dei cooperatori sociali

Le fragilità economiche e patrimoniali delle cooperative sociali, indebolite dalle crisi degli ultimi quattro anni (pandemia, crisi energetica, alta inflazione e innalzamento dei tassi di interesse), unite alla difficile sostenibilità economica dell’accordo hanno generato forte preoccupazione tra i cooperatori sociali.

Ieri notte – si riferisce alla notte successiva alla diffusione dell’accordo rinnovato afferma il direttore di una cooperativa sociali di medie dimensioni che eroga servizi di welfare – non sono riuscito a dormire. Come faremo a trovare le risorse per coprire i maggiori costi che partono da subito. Per provare a farci riconoscere qualche aumento dagli enti pubblici abbiamo bisogno di tempo e invece gli incrementi scattano subito. E la prima tranche vale quasi il rinnovo del 2019”.

“Nell’assemblea che avevo programmata con i soci – afferma un altro presidente di cooperativa sociale – ho comunicato il rinnovo. I soci erano contenti, li potevi vedere in faccia. Poi però ho dovuto dirgli che questo rinnovo manderà in difficoltà la cooperativa. Abbiamo chiuso il bilancio 2023 a pareggio, con molta fatica, facendo un primo calcolo a spanne dobbiamo trovare 700.000 euro. Subito. Come facciamo”.

“Non so se confermare l’incontro con la banca – aggiunge la presidente di una cooperativa che eroga servizi di welfare – a febbraio i 60 euro producono già 16.000 euro di maggiori costi. Dobbiamo valutare se confermare gli investimenti. Non riusciremo ad applicare i nuovi costi però non vogliamo diventare il nemico dei lavoratori che sono i nostri soci. Sono ancora convalescente, l’intervento che ho subito è stato più difficile di quello che pensavo, però in questo mese ho continuato a lavorare per il bene della cooperativa”.

“Le cooperative sociali stanno lavorando a pieno regime – afferma il presidente di una cooperativa di inserimento lavorativo - pianificando ogni loro attività per rimanere aggiornati costantemente a seguito dell’uscita del nuovo codice degli appalti, che richiede la certificazione sulle parità di genere, sulla transizione ecologica, sull’anticorruzione, rating di legalità, oltre a tutte le altre certificazioni. Le cooperative sociali programmano ed attuano formazione obbligatoria per la sicurezza e l’aggiornamento per lo sviluppo sulle attività, dei propri soci e lavoratori, realizzano piani di sviluppo aziendale e pianificano gli investimenti. Le cooperative sociali programmano chiari percorsi finanziari con le banche e altri finanziatori di media e lunga durata da 3 a 5 anni. Le cooperative sociali lottano ormai da 3 anni con l’aumento delle materie prima, dei carburanti, dei tassi di interesse e la vana richiesta di applicazione agli enti dell’Istat, riconosciuta al massimo dal 30% degli stessi enti. Oltre a tutto questo le cooperative sociali dovranno gestire un rinnovo di CCNL firmato il 26 gennaio 2024 con decorrenza il 1 febbraio 2024. Senza programmare le tempistiche di applicazione delle nuove tabelle ministeriali, senza dare tempo a nessuna cooperativa di attivarsi nei confronti dei propri clienti per un percorso graduale di aumento del costo della manodopera, in sintesi senza darci nessuna alternativa oltre a quella della messa in stato di crisi per riuscire da soli a programmare una giusta tempistica di rinnovo del CCNL”.

“Il mese prossimo – racconta preoccupato il presidente di una cooperativa sociale che lavora nel Sud del paese - avremmo chiuso lo stato di crisi aperto dopo la pandemia. Adesso non so cosa fare. Qui da noi gli enti ancora non ci riconoscono il contratto vecchio. Non riusciremo mai a recuperare le risorse per applicare il nuovo, qui non è possibile”.   

Quali conseguenze sul futuro della cooperazione sociale?

“Starve the beast”. Con questa espressione, che può essere tradotta in italiano con “affama la bestia”, sono state indicate le politiche neoliberiste realizzate negli anni Ottanta dai governi conservatori di Stati Uniti e Gran Bretagna che hanno utilizzato uno shock esterno, la riduzione delle entrate fiscali causata dall’abbassamento del livello di tassazione, per ridurre il ruolo dello Stato nell’economia e nella società a favore del mercato e delle imprese private.  

Dall’analisi dei bilanci, del contesto di finanza pubblica e del sistema di regolazione dei mercati in cui operano le cooperative sociali appare evidente che le organizzazioni sindacali e le centrali cooperative nazionali con questo rinnovo hanno fatto una scommessa. Hanno puntato tutto sulla capacità di innovare un sistema di imprese che svolge un ruolo centrale nelle politiche di welfare e nell’inserimento lavorativo delle persone disabili e svantaggiate, con uno shock esterno sul fronte del costo del lavoro, utilizzando la leva economica per ridefinire il ruolo della cooperazione sociale, il rapporto con le amministrazioni pubbliche ed i modelli organizzativi delle stesse.  Una scommessa che punta a dare una scossa all’intero sistema di welfare e vuole innescare un circolo virtuoso in cui le maggiori retribuzioni previste dal nuovo contratto riusciranno ad attrarre nuovi lavoratori, più qualificati e formati rispetto agli attuali, e saranno pagate grazie all’incremento dei prezzi dei beni e servizi riconosciuti alle cooperative sociali dalle amministrazioni pubbliche.

Guardando i fatti da un altro punto di vista le organizzazioni firmatarie del contratto potrebbero aver voluto – in modo consapevole o inconsapevole – favorire ed accelerare un processo di riorganizzazione e semplificazione del comparto spingendo le cooperative sociali a perseguire strategie di aggregazione o riorganizzazione sotto il peso di uno shock esterno, con una serie di risultati attesi:

  • rilanciare l’ingresso della cooperazione sociale nel mercato del welfare privato;
  • rafforzare la creazione di una platea ridotta di grandi cooperative sociali capaci di operare su scala nazionale nel mercato del welfare competendo con i big player del settore, rappresentati da imprese multinazionali finanziarizzate (Bernardoni, Picciotti, 2019);
  • spingere le cooperative di inserimento lavorativo ad adottare modelli di gestione, strategie di sviluppo e di rete che le rendano sempre più isomorfe alle grandi cooperative di lavoro ed alle società di capitali che operano nel settore dei servizi.

Se, nei prossimi mesi, la “scommessa” non sarà vinta, anziché innescare un circolo virtuoso il rinnovo contrattuale potrebbe aprire un periodo di crisi per l’intero comparto che è, in larga parte, formato da cooperative di dimensioni medie e piccole.  Alcune imprese potrebbero andare in default, altre potrebbero essere costrette a disapplicare il contratto o ad utilizzare gli accordi di gradualità previsti dallo stesso, quelle più solide potrebbero dover utilizzare le riserve accumulate nel corso dei decenni per coprire le consistenti perdite causate dal rinnovo e del mancato adeguamento dei contratti in essere.

Effetto boomerang?

Il boomerang è un’arma da caccia inventata dagli aborigeni australiani 10 mila anni fa, di diverse forme e dimensioni, si caratterizza perché a differenza delle normali lance se non colpisce il bersaglio torna nella direzione del lanciatore. Il rinnovo del CCNL se “manca il bersaglio” potrebbe essere un boomerang per la cooperazione sociale. 

Le conseguenze potrebbero essere molteplici, profonde e durature. Molte cooperative potrebbero rinviare gli investimenti programmati, in numerosi casi alcuni investimenti potrebbero essere cancellati anche perché, per una quota importante di cooperative, il merito creditizio è destinato a peggiorare. Per ridurre i costi di gestione e recuperare un po' di marginalità le cooperative potrebbero, inoltre, essere spinte a diminuire le risorse dedicate alla formazione, alla ricerca ed alla progettazione diminuendo la capacità di cambiamento della cooperazione sociale, in un momento in cui sarebbe necessario investire in innovazione per rispondere ai nuovi bisogni sociali e cogliere le opportunità legate all’applicazione del PNRR, come ad esempio il potenziamento delle cure domiciliari.

I mancati adeguamenti dei contratti e delle tariffe, con molta probabilità, costringeranno una quota significativa di cooperative ad aprire lo stato di crisi nella seconda metà del 2024 costringendo gli amministratori ed i soci delle cooperative a adottare misure di riduzione dei costi, dei “tagli” che rischiano di deteriorare il clima interno, riducendo il capitale sociale e la fiducia di cui godono le cooperative sociali nei territori in cui operano. Il moltiplicarsi del numero di cooperative sociali in crisi potrebbe: da un lato favorire l’adozione da parte di una fascia sempre più ampia di cooperative di contratti di lavoro differenti, e più economici, rispetto a quello della cooperazione sociale, come già sta accadendo ora nel settore dei servizi per l’infanzia; dall’altro lato spingere una fascia di cooperative a concorrere sul prezzo alimentando un mercato più povero. Già oggi si contano innumerevoli casi in cui le cooperative sociali partecipano a gare di appalto presentando ribassi in doppia cifra, a danno della qualità del lavoro e dei servizi erogati. Infine questo accordo potrebbe aumentare gli squilibri territoriali presenti all’interno del comparto della cooperazione sociale, rendendo più forti e solide le cooperative sociali che operano in contesti territoriali in cui le amministrazioni pubbliche hanno le risorse economiche per adeguare in tempi rapidi i contratti con le cooperative e più deboli e fragili le imprese presenti in territori in cui le amministrazioni pubbliche non hanno le risorse economiche necessarie per riconoscere rapidamente gli incrementi contrattuali dovuti. In questo scenario avverso il rinnovo contrattuale anziché valorizzare il lavoro sociale, riducendo anche le diseguaglianze tra i diversi lavoratori del welfare, potrebbe aumentare i divari tra le retribuzioni ed i diritti dei lavoratori sociali delle aree economiche più avanzate del Paese e quelli delle aree interne e dei territori in ritardo di sviluppo.

Un altro accordo era possibile?

I negoziati sono attività complesse, le parti devono comprendere le ragioni degli altri, capire i margini di azione, spiegare alla controparte le proprie motivazioni e in ultima analisi trovare un punto di equilibrio, un accordo che possa soddisfare entrambi. Per queste ragioni è sempre difficile valutare, a posteriori, i termini di un accordo. Nel caso del rinnovo del contratto delle cooperative sociali, tuttavia, gli interessi delle parti avevano molti punti di contatto in quanto i lavoratori delle cooperative sociali sono anche soci, quindi proprietari, delle imprese. A differenza di quanto accade nelle imprese tradizionali, dove un incremento delle retribuzioni dei dipendenti può ridurre il margine di profitto dei proprietari e degli azionisti dell’impresa, nelle cooperative sociali gli amministratori delle cooperative sono in larga parte soci lavoratori. Non c’è quindi un dualismo tra chi apporta il capitale (i proprietari) e chi apporta il lavoro (i lavoratori), il rinnovo del contratto di lavoro incrementa le retribuzioni di tutti i lavoratori, anche degli amministratori della cooperativa.

Nel confronto che ha preceduto il raggiungimento dell’accordo entrambe le parti hanno condiviso l’obiettivo di migliorare in modo significativo le condizioni retributive dei lavoratori, qualificando il contratto della cooperazione sociali, per questa ragione le organizzazioni sindacali e le associazioni cooperative avrebbero potuto effettuare alcune scelte che avrebbero reso maggiormente sostenibile l’applicazione del rinnovo, assicurando maggiori tutele sostanziali ai lavoratori delle cooperative, minimizzando il rischio di provocare una crisi dell’intero comparto.

Vista la centralità della domanda pubblica nei modelli di business delle cooperative sociali, le parti sindacali e cooperative avrebbero potuto utilizzare una parte dei 18 mesi del negoziato  per incontrare il Governo, le Regioni e l’ANCI, presentare le linee guida dell’accordo a cui stavano lavorando e acquisire la disponibilità delle amministrazioni pubbliche ad adeguare in tempi rapidi le tariffe dei servizi accreditati e i contratti in essere con le cooperative sociali e a finanziare i maggiori costi dei servizi erogati dalle cooperative sociali. A titolo di esempio con la legge di bilancio lo Stato ha stanziato le risorse per il rinnovo del contratto dei lavoratori della sanità, mentre non è stato previsto un solo euro aggiuntivo per finanziare l’incremento dei costo dei servizi socio sanitari accreditati erogati dalla cooperazione sociale.

Per rendere più sostenibile il rinnovo, sia per le cooperative e che per le amministrazioni pubbliche, le parti avrebbero potuto, inoltre, prevedere l’entrata in vigore dell’accordo nei mesi di maggio o giugno 2024 in modo da limitare l’impatto economico per il 2024, sia nei bilanci delle imprese che in quelli degli attori pubblici. Questa scelta avrebbe causato un sacrificio per i lavoratori nel 2024 che avrebbe potuto essere compensato nelle annualità successive. Una diversa tempistica del contratto avrebbe ridotto in modo significativo il rischio della crisi del comparto. Le parti, invece, il 26 gennaio hanno sottoscritto un accordo che ha prodotto un incremento del costo del lavoro di quasi 5 punti percentuali l'1 febbraio; generando in questo modo uno shock esterno sul lato dei costi.

Nel corso della trattativa queste ed altre proposte sono state avanzate con l’obiettivo di rendere il rinnovo del contratto maggiormente sostenibile (Bernardoni, 2023), ma non hanno orientato i comportamenti delle delegazioni trattanti. Erano proposte irrealistiche, lontane dalle esigenze delle cooperative e da bisogni dei lavoratori?

Guardare avanti

Adattando il pensiero di Rotelli, Mauri e De Leonardis, possiamo dire che la cooperativa sociale non è una cooperativa di lavoro con un po' di sociale, ne è un’impresa cooperativa che eroga servizi sociali. La cooperativa sociale è un’impresa sociale. Un’organizzazione democratica, che non persegue il solo interesse dei soci, ma anche l’interesse generale della comunità con particolare attenzione alle fasce più deboli della popolazione, spesso ai margini dei processi sociali ed escluse da quelli produttivi. È una cooperativa caratterizzata da una governance inclusiva in cui vi sono - o vi possono essere - diverse categorie di soci in grado di far emergere i bisogni presenti nelle comunità in cui opera e capace di attivare risorse pubbliche, private e comunitarie per raggiungere obiettivi condivisi. Il vantaggio competitivo, alla Poter (1987), delle cooperative sociali rispetto alle imprese tradizionali si fonda sulla capacità di perseguire in modo imprenditoriale obiettivi sociali sottraendo la solidarietà al caso (Borzaga, Ianes 2006), sulla capacità di costruire reti sociali ed economiche piuttosto che perseguire le sole economie di scala, sul saper costruire un ambiante organizzativo accogliente e plurale adottando modelli organizzativi piatti e flessibili; capace di attrarre e trattenere i lavoratori con un mix di remunerazioni economiche e non economiche.

Le cooperative sociali sono diffuse in tutto il territorio nazionale, in città e nelle aree interne, al Nord ed al Sud, hanno in larga parte dimensioni piccole e medie con esigenze, vincoli ed opportunità diverse e multiformi legate alle comunità in cui operano. Costituiscono un insieme complesso di organizzazioni non standardizzato e difficilmente standardizzabile. Rappresentare questa complessità, che non è stata adeguatamente considerata nel rinnovo contrattuale avvenuto a fine gennaio 2024, rappresenta la sfida dei prossimi anni.

 

Bibliografia

Bernardoni, A. (2023). Il rinnovo del CCNL delle cooperative sociali. Rischi ed opportunità alla luce della struttura economica delle imprese, del quadro legislativo e del quadro di finanza pubblica, 20 ottobre, W.P., Legacoopsociali Umbria.

Bernardoni, A., & Picciotti, A. (2023), Le cooperative sociali di inserimento lavorativo in Italia: settori di intervento e dinamiche economico-patrimoniali, in Impresa Sociale, 4/2023.

Bernardoni, A. & Picciotti, A. (2019), I big players del settore socioassistenziale: trasformazioni in corso. Impresa Sociale, 13.

Borzaga, C. & Musella, M. (2021), L’Impresa Sociale in Italia. Identità, ruoli e resilienza, Iris Network.

Borzaga, C., & Ianes, A. (2006), L'economia della solidarietà. Storia e prospettive della cooperazione sociale, Donzelli.

De Leonardis O., Mauri D., Rotelli F. (1994). L'impresa sociale, Anabasi.

Fazzi, L. (2024), Rien ne va plus? Il nuovo accordo sul contratto nazionale dei lavoratori della cooperazione sociale, 8 febbraio, welforum.it.

Granata, S. (2024), Il nuovo contratto della cooperazione sociale? Dovrà segnare la svolta per i lavoratori del welfare, 29 gennaio, vita.it.

Porter, M. (1987), Il vantaggio competitivo, Einaudi.

Sandel, M. J. (2015), Quello che i soldi non possono comprare: I limiti morali del mercato, Feltrinelli Editore.

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