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ISSN 2282-1694
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Numero 1 / 2024

Saggi

PNRR e fondazioni: il Bando Next Generation We come leva di capacity building per le amministrazioni locali

Franca Maino, Chiara Lodi Rizzini, Celestina Valeria De Tommaso, Ester Bonomi


Abstract

La pandemia da Covid-19 ha messo a dura prova il sistema di protezione sociale italiano e ha rappresentato un punto di rottura per aprire a profondi cambiamenti del welfare. In questo contesto, secondo il principio del filling the gap, le Fondazioni di Origine Bancaria, dopo essere prontamente intervenute nella fase più acuta dell’emergenza pandemica, dall’autunno 2021 hanno lanciato una serie di programmi rispetto alla progettazione degli interventi finanziabili dal PNRR per fornire agli enti locali pubblici e del Terzo Settore le competenze necessarie per implementare le nuove misure previste dal Piano. In questo quadro si inserisce il Bando Next Generation We (NGWE), promosso dalla Fondazione Compagnia di San Paolo che ha stanziato 6 milioni di euro con l'intento di sostenere gli enti pubblici territoriali del Nord-Ovest nell’accesso alle opportunità di finanziamento rese disponibili dal PNRR. L’articolo, di natura esplorativa, mira ad indagare se - e con quali strumenti - il Bando NGWE possa essere considerato una leva che trasforma la sfida del PNRR in un’opportunità per le amministrazioni locali e il welfare di prossimità, esplorando il nesso tra fondazioni, innovazione sociale e capacity building. In particolare, l’articolo intende rispondere a due domande specifiche: quali problemi incontrano le amministrazioni locali nel partecipare ai bandi PNRR e che tipo di sfida rappresenta il PNRR per il welfare locale; in che misura le fondazioni e gli strumenti del Bando NGWE spingono i Comuni verso logiche di innovazione sociale e di prossimità. La ricerca si basa su metodologie qualitative e ha per oggetto 17 progetti candidati al Bando NGWE da amministrazioni liguri, piemontesi e della Valle d’Aosta.

Keywords. Fondazioni; innovazione sociale; PNRR; welfare locale; welfare di prossimità

Introduzione. Innovazione sociale e fondazioni: quale nesso?

L’innovazione sociale è spesso definita come un concetto ombrello, o quasi-concetto, usato per descrivere un’ampia gamma di attività e modulabile in relazione allo specifico campo di indagine (Tepsie 2014). I quasi-concetti hanno come referente empirico oggetti di confine, capaci di far dialogare e di catalizzare interessi differenti (Star e Griesemer 1989). Essi comprendono una molteplicità di accezioni analitiche riferite ad un “contenitore” di esperienze, azioni, progetti in ambiti differenti (Barbera 2020).

Il concetto di innovazione sociale acquista centralità negli anni Novanta, grazie al ruolo delle think tank e delle istituzioni nazionali e sovranazionali in supporto all’imprenditorialità sociale, alle organizzazioni ibride e al ruolo civico delle nuove tecnologie (Mulgan 2007). Nello stesso decennio il termine vede l’incontro di due filoni: quello critico-movimentista e quello riconducibile alle istituzioni pubbliche e alle fondazioni filantropiche. Dal primo filone derivano alcuni concetti quali l’empowerment, la solidarietà, la governance multilivello e il community building. Il secondo filone, invece, afferma, più in generale, il processo di innovazione sociale come funzionale (o strumentale) alla “[...] soddisfazione di un bisogno sociale” (Mulgan 2007, p. 9). Quest’ultimo passaggio porta alla definizione più conosciuta, quella della Commissione Europea, che fa riferimento a “nuove idee (prodotti, servizi, modelli) che rispondono contemporaneamente a dei bisogni sociali (in modo più efficiente rispetto alle alternative) e creano relazioni sociali nuove o collaborazioni inedite” (Commissione Europea 2013).

In questa visione, una pluralità di attori può concorrere contemporaneamente al raggiungimento del benessere sociale, nell’interesse dell’intera comunità e per mezzo di nuove idee, prodotti, servizi e modelli. Tali dinamiche trovano spazio nei contesti locali in cui attori pubblici e privati possono collaborare, a vari livelli di governo, per raggiungere un obiettivo condiviso. Il welfare locale è il luogo privilegiato per studiare i fattori facilitanti e ostacolanti dell’innovazione sociale (Maino 2013) e, secondo studi recenti (Oosterlynck et al. 2020; Longo e Maino 2021), per comprendere le modalità secondo cui l’innovazione sociale si diffonde e si consolida. I cambiamenti di policy nazionali (ad esempio, la fine del ciclo espansivo avviato con la Legge n. 328/2000 di riforma dei servizi e degli interventi sociali), unitamente alla crisi del 2008, all’austerità e, più recentemente, alla pandemia da Covid-19 e alla guerra in Ucraina, hanno investito i sistemi locali di protezione sociale, esacerbando una condizione di stress. In questo contesto, tuttavia, il welfare locale ha mostrato una forte capacità di resilienza: nonostante i problemi crescenti, ha sviluppato modi innovativi di affrontare le domande e i bisogni emergenti, sperimentando nuove forme di organizzazione sociale (Bifulco et al. 2022, Maino 2023). Qui entrano in gioco le fondazioni filantropiche, riconosciute ormai da due decenni come attori strategici nel raggiungimento di obiettivi di natura sociale (Cibinel 2019; Maino e De Tommaso 2021).

Il nesso tra innovazione sociale e fondazioni filantropiche è ormai consolidato e si muoverebbe secondo tre linee di intervento: azioni strategiche, volte a promuovere spazi terzi, per il confronto e la coprogettazione con gli altri stakeholder locali; azioni fondate, con il coinvolgimento di professionisti esperti, mirate a promuovere azioni metodologicamente solide ed efficaci, evitando dunque il rischio di sovrapposizione e incoerenza rispetto ai bisogni territoriali conclamati; azioni condivise, con l’allargamento della partecipazione a tutti i possibili interlocutori e l'impiego di approcci bottom-up che sappiano coinvolgere gli stakeholder nei processi decisionali e di implementazione delle iniziative (Cibinel 2019).

Le fondazioni sono spesso collocate al centro dell’offerta di progettualità sociali, anche complesse, classificandosi da tempo come un attore dinamico e mutevole delle società occidentali (Barbetta 2012; Bandera 2013a e 2013b; Boesso e Cerbioni 2017). È infatti condivisa la tesi secondo cui le fondazioni, oltre ad essere erogatrici di risorse economiche e materiali, siano un fondamentale “innesco”, “motore” o “leva” di iniziative sociali articolate e di qualità (Boesso e Cerbioni 2017). Secondo Arrigoni et al. (2020) le fondazioni non punterebbero più solo a promuovere pratiche sociali innovative, ma mirerebbero a diventare “muse ispiratrici” delle amministrazioni locali nella loro opera di programmazione e progettazione, diventandone partner e finanziatori, e promuovendo così specifici modelli di intervento nel dibattito pubblico del settore. L’obiettivo di tali attori è che i progetti da loro promossi generino da un lato esternalità positive - estendendo gli effetti dei propri interventi verso altri beneficiari, oltre ai diretti destinatari - dall’altro un “effetto leva”, attivando dinamiche catalizzatrici che inducono uno spillover (con interventi simili e complementari) da parte di attori territoriali e, in primo luogo, delle amministrazioni locali[1].

Secondo il principio del filling the gap (colmare i vuoti), gli interventi territoriali delle fondazioni filantropiche andrebbero a rinsaldare i rapporti di vicinanza, o di prossimità, tra attori locali (pubblici e privati) e società civile. Rispetto a quest’ultimo punto, un accostamento interessante è quello tra fondazione filantropica, innovazione sociale e welfare di prossimità[2]. La prossimità, nella definizione fornita da Messia e Venturelli (2015), indica - al contempo - l’azione di andare oltre con lo sguardo e condividere, secondo una prospettiva inclusiva e di empowerment. Questa definizione è particolarmente calzante ai fini della ricerca qui proposta. Il “guardare oltre” può assumere, nell’ambito delle policy, un duplice significato: anticipare i problemi (ad esempio, agendo prima ancora che il problema sociale venga riconosciuto come tale dal decisore pubblico) o spingere affinché la questione entri effettivamente nell'agenda di policy (in taluni casi anche attraverso attività di advocacy). In questo senso, le fondazioni, in virtù del loro radicamento nel territorio, avrebbero il difficile compito, da un lato, di accorciare le distanze tra il “percepito” e “il reale/l’attuato” nell’arena delle politiche pubbliche (con riferimento, ad esempio, ai nuovi rischi sociali) e, dall’altro, di fare da collante tra i numerosi attori che compongono la governance territoriale. Il riferimento è al codesign di politiche coerenti, corrispondenti al bisogno effettivo della popolazione e finalizzate a rafforzare l'investimento di lungo periodo nel territorio, alla base di un rinnovato concetto di cittadinanza sociale “a geometria variabile” che, a fronte di esigenze diverse e in continua evoluzione, richiede risposte e interventi differenziati.

Quelli appena descritti sono gli elementi concettuali e analitici alla base del presente lavoro di ricerca. Dentro questa cornice, assume una crescente rilevanza indagare il rapporto tra Fondazioni di Origine Bancaria (FOB), welfare locale e prossimità, guardando all’intreccio tra le prime e tutti gli attori della governance locale. Dati ed evidenze empiriche sono infatti utili per esaminare l’effetto leva delle fondazioni e dei programmi (o interventi, strategie) messi in atto. Si tratta, infatti, di un effetto ancora poco esplorato in letteratura e che necessita dunque un approfondimento (Polizzi 2021).

Il contesto storico in cui è stata realizzata la ricerca è rilevante per le finalità di analisi. La pandemia da Covid-19 ha messo a dura prova il sistema di protezione sociale italiano, ma ha anche rappresentato un punto di rottura per aprire a profondi cambiamenti del welfare. L’Unione Europea e il governo italiano hanno stanziato un’ingente mole di risorse per affrontare l’emergenza sanitaria e le sue conseguenze sociali, in particolare attraverso il NextGenerationEU e, a cascata, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) (Maino 2021). L’arrivo di tali risorse ha richiesto un rapido e incisivo adeguamento delle competenze tecniche e professionali per attenersi alle linee guida stabilite dell’Unione Europea, secondo logiche di risultato evidence-based. Si tratta di un campo d’azione privilegiato per le Fondazioni di Origine Bancaria che, come detto, riescono ad agire anticipando le ricadute dei problemi sociali e fornendo preventivamente risposte e soluzioni.

Il nostro caso di studio è il Bando Next Generation We (NGWE) promosso dalla Fondazione Compagnia di San Paolo (CdSP). Il bando ha stanziato 6 milioni di euro con l'intento di supportare la creazione delle condizioni necessarie affinché gli enti pubblici territoriali del Nord-Ovest (Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta) potessero gestire in maniera efficace ed efficiente le opportunità di finanziamento rese disponibili dal PNRR. Lo studio prende in considerazione i progetti locali finanziabili nell’ambito della Missione 5 del PNRR (“Inclusione e coesione sociale”) che hanno ricevuto un finanziamento dalla Fondazione proprio grazie al Bando.

Attraverso uno studio basato su metodologie qualitative, l’articolo, di natura esplorativa, indaga se il Bando Next Generation We e i relativi strumenti messi a disposizione dalla Fondazione Compagnia di San Paolo possano essere considerati una leva capace di trasformare la sfida del PNRR in un'opportunità per le amministrazioni locali e il welfare di prossimità. La sezione 2 è dedicata ad esplorare le caratteristiche della Missione 5 del PNRR. A seguire, la sezione 3 presenta le domande, le ipotesi e la metodologia. I risultati dell’analisi sono illustrati nelle sezioni 4 e 5 che, rispettivamente, descrivono le caratteristiche del campione, le dimensioni di analisi utilizzate e propongono un’interpretazione analitica dei risultati. La sezione 6 conclude la ricerca riportandola nel dibattito sulla filantropia.

La Missione 5 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) è il documento concepito dal Governo italiano per recepire i fondi provenienti dal NextGenerationEU, il piano realizzato dall’Unione Europea in risposta alla crisi pandemica. Il PNRR è stato accolto come una grande opportunità di investimenti e riforme per riprendere un percorso di sviluppo economico sostenibile e duraturo, eliminando quegli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana nell’ultimo periodo.

Nella versione approvata nel 2021[3], nella quale si collocano i progetti qui analizzati, il Piano ha messo a disposizione 191,5 miliardi di euro[4] per perseguire molteplici obiettivi, condivisi a livello europeo: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. Questi tre assi strategici sono affiancati da tre priorità trasversali, che devono essere tenute in considerazione e rispettate nell’implementazione del Piano: la parità di genere, la protezione e valorizzazione dei giovani e il superamento dei divari territoriali. In particolare, nelle intenzioni del Piano, l’inclusione sociale risulta fondamentale per migliorare la coesione territoriale, aiutare la crescita dell’economia e superare le diseguaglianze accentuatesi nel corso della pandemia. La formulazione degli interventi inerenti ai tre assi strategici è stata modulata, all’interno del Piano, in una classificazione differente, composta da sei Missioni: Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; Rivoluzione verde e transizione ecologica; Infrastrutture per una mobilità sostenibile; Istruzione e ricerca; Inclusione e coesione; Salute.

Le Missioni rappresentano quindi i settori d'intervento prioritari del Piano[5]. Ogni Missione è divisa in componenti, formate da un numero variabile di misure (o ambiti di intervento), a cui afferiscono investimenti e riforme settoriali. La Missione 5, al centro di questo articolo, riceve 19,85 miliardi di euro ed è divisa in tre componenti. La prima (M5C1 - Politiche per il lavoro), con una dotazione pari a 6,66 miliardi, mira ad accompagnare la trasformazione del mercato del lavoro attraverso alcuni strumenti che possano favorire la transizione occupazionale, l’occupabilità dei lavoratori e la formazione. Per farlo, la misura M5C1.1 introduce due riforme - una sulle politiche attive del lavoro e della formazione e un Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso - più alcuni investimenti sul potenziamento dei Centri per l’Impiego, la creazione di imprese femminili, il sistema di certificazione della parità di genere e il sistema duale. La misura M5C1.2 intende, invece, potenziare il Servizio civile universale.

La seconda (M5C2 - Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore), alla quale sono assegnati 11,22 miliardi, interviene sulle persone più fragili, al fine di prevenirne l’esclusione sociale, agendo sui principali fattori di rischio individuali e collettivi. I soggetti a cui si rivolge questa componente sono le famiglie, i più giovani, gli anziani e le persone con disabilità, attraverso l’implementazione di politiche sanitarie, urbanistiche, abitative e dei servizi per l’infanzia e per le famiglie. La misura M5C2.1 riguarda i servizi sociali, disabilità e marginalità sociale. Prevede investimenti per il rafforzamento e la costruzione di infrastrutture e servizi di vario genere a sostegno delle persone vulnerabili, anziani non autosufficienti, persone con disabilità o senza dimora, più due riforme (una sulla legge quadro per le disabilità, l’altra sugli interventi in favore degli anziani non autosufficienti). La misura M5C2.2 finanzia investimenti di rigenerazione urbana e housing sociale, attraverso interventi di manutenzione, demolizione e miglioramento della qualità del decoro urbano. C’è poi un investimento dedicato specificamente ai Piani Urbani Integrati per le periferie delle Città Metropolitane. La misura M5C2.3, infine, prevede un investimento per il recupero di aree urbane destinate alla realizzazione di impianti sportivi e parchi urbani attrezzati.

La terza e ultima componente (M5C3 - Interventi speciali per la coesione territoriale), con 1,98 miliardi di dotazione, ha l’obiettivo di sostenere le aree più interne e isolate del Paese attraverso riforme e investimenti per le Zone Economiche Speciali (ZES), il rafforzamento della Strategia nazionale per le aree interne, la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie e interventi per combattere la povertà educativa nel Mezzogiorno a sostegno del Terzo Settore.

Al momento dello svolgimento dell’analisi (luglio 2022) i bandi pubblicati dalle Amministrazioni Titolari per la Missione 5 erano 10, di cui 9 ormai chiusi[6]. La maggior parte dei bandi faceva riferimento alla componente M5C3 (5), quattro bandi alla componente M5C2, mentre un solo bando riguardava la componente M5C1. Si trattava di bandi rivolti alle pubbliche amministrazioni locali e agli enti territoriali, rappresentando così non solo un’opportunità per il rinnovamento dei contesti e delle comunità, ma anche una sfida, per almeno due ragioni.

La prima è che il PNRR ha previsto tempistiche serrate: l’accesso alle risorse stanziate deve avvenire entro il 31 dicembre 2026, a fronte del “conseguimento soddisfacente” di target - cioè i risultati attesi dagli interventi, quantificati in base a indicatori misurabili - e milestone - gli obiettivi amministrativi e procedurali. Solo il loro raggiungimento e la conseguente rendicontazione garantisce l’erogazione della tranche di fondi corrispondenti. La seconda è legata al fatto che Regioni ed enti locali diventano attori essenziali per implementare la strategia del Piano: ad essi competono investimenti pari a oltre 87 miliardi di euro e, secondo le disposizioni del PNRR, devono agire non solo come gestori delle risorse loro assegnate, ma anche come pianificatori territoriali e settoriali, attraverso un coordinamento continuo tra il livello nazionale e quello territoriale. Questo, però, implica la necessità di affrontare e superare le molteplici difficoltà che la pubblica amministrazione vive ogni giorno, date dalla farraginosità dei processi, dalla resistenza al cambiamento e dalla mancanza di competenze digitali e manageriali.

Caso di studio, domande e metodologia di ricerca

Dopo essere prontamente intervenute nella fase più acuta dell’emergenza pandemica e aver continuato a sostenere i territori di riferimento nei mesi successivi, le FOB, dall’autunno 2021, hanno lanciato una serie di programmi rispetto alla progettazione degli interventi finanziabili dal PNRR, per fornire agli enti locali, pubblici e del Terzo Settore le competenze necessarie per formulare le nuove politiche connesse al Piano (Bandera 2022). In questo quadro si inserisce il Bando Next Generation We, promosso dalla Fondazione Compagnia di San Paolo, oggetto di questo lavoro[7]. La Fondazione di Origine Bancaria con sede a Torino ha finanziato, nel novembre 2021, un importante intervento in supporto dei Comuni e delle Unioni di Comuni delle Regioni di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, con un budget pari a 6 milioni di euro[8]. La finalità del bando è quella di creare le condizioni per cui queste amministrazioni possano gestire efficacemente le opportunità di finanziamento rese disponibili dal PNRR (Tab. 1). Tali condizioni, secondo la Fondazione, si possono concretizzare tramite la realizzazione di alcuni obiettivi:

  • aiutare i territori a definire alcuni progetti rilevanti che possiedono i requisiti di finanziabilità per il PNRR, ma anche per altri programmi di finanziamento europei nel periodo 2021-2027, al fine di massimizzare le opportunità di finanziamento oltre il perimetro del Piano;
  • promuovere l’"effetto leva”, cioè sostenere azioni che consentano un ritorno sociale ed economico per le comunità e le amministrazioni partecipanti di gran lunga superiore al valore del contributo erogato dalla Compagnia;
  • stimolare la costruzione di partnership tra enti pubblici territoriali per poter ampliare la loro capacità di progettazione e implementazione di interventi;
  • rafforzare le competenze e l’esperienza del personale delle amministrazioni;
  • favorire la centralità della progettazione.

Durante il processo di selezione[9] dei progetti, Fondazione Compagnia di San Paolo si è avvalsa della consulenza di alcuni esperti (un team per ciascuna Missione del PNRR), che insieme alla Fondazione hanno valutato le proposte progettuali. Ultimata la selezione, le amministrazioni vincitrici si sono impegnate a seguire un percorso di accompagnamento che mira, da una parte, a supportare gli enti locali nella piena comprensione delle priorità previste dalle sei Missioni del Piano, dall’altra ad approfondire alcune dimensioni trasversali utili alla redazione delle proposte. Finanziando questo accompagnamento, l’obiettivo della Fondazione Compagnia di San Paolo è sia quello di stimolare la domanda di innovazione, le connessioni con altre esperienze, il coinvolgimento della popolazione nel processo di progettazione, sia quello di individuare strumenti finanziari innovativi e possibili competenze che rispondano al soddisfacimento delle esigenze emerse nei territori.

Tabella 1. Le caratteristiche del Bando Next Generation We promosso dalla Fondazione Compagnia di San Paolo

A chi si rivolge

Città Metropolitane e Province, oltre che a Comuni e Unioni di Comuni (incluse le Comunità montane).

Le priorità strategiche e i contenuti delle proposte

Interventi di progettazione rilevanti per il territorio aventi i requisiti di finanziabilità nell’ambito delle risorse disponibili attraverso il PNRR e/o i programmi europei, nazionali e regionali, ferma restando la coerenza con i 6 assi prioritari di intervento del PNRR e le linee programmatiche della Fondazione Compagnia di San Paolo.

Competenze e supporto tecnico

Il Bando prevede la possibilità per le amministrazioni territoriali di avvalersi di un accompagnamento da parte di consulenti ed esperti individuati dalla Fondazione in ragione delle loro competenze specifiche, anche in collaborazione con le ANCI regionali. 

Gli enti beneficiari di contributo hanno inoltre ricevuto un supporto tecnico sulle tematiche connesse al PNRR in occasioni create dalla Compagnia (ad esempio, per individuare l’innovatività dei progetti e stimolare la partecipazione del territorio).

Disposizioni finanziarie

Il budget complessivo a disposizione del Bando è stato di 6 milioni di euro. Il contributo erogato ha raggiunto un massimo di 80.000 euro per progetto.

Almeno il 10% del contributo erogato dalla Fondazione Compagnia di San Paolo è impiegato per la contrattualizzazione di professionisti specializzati in progettazione partecipata degli interventi.

Fonte: elaborazione delle autrici.

L’articolo intende contribuire, riprendendo lo spunto di Skocpol (2016), a definire una nuova agenda per la scienza politica empirica che metta al centro la filantropia organizzata italiana, fortemente cresciuta negli ultimi 15 anni. Gli studi sulle crescenti disuguaglianze, sui cambiamenti del welfare, sull’impatto delle crisi e delle transizioni demografica, digitale e ambientale in corso e sulle trasformazioni delle democrazie non possono essere pienamente compresi senza considerare, in una prospettiva comparata, anche la filantropia e le fondazioni filantropiche nell'analisi. In particolare, l’analisi intende rispondere a due domande specifiche:

  • Quali problemi incontrano le amministrazioni locali nel partecipare ai bandi PNRR e che tipo di sfida rappresenta il PNRR per il welfare locale?
  • In che misura gli strumenti del Bando NGWE (consulenza, investimento sulle reti e la co-progettazione, risorse per la formazione del personale pubblico, logica premiale) spingono i Comuni verso logiche di innovazione sociale e di prossimità (in alcuni casi rafforzando l’investimento innovativo già intrapreso in passato)?

Il campione di analisi è composto da 17 proposte progettuali presentate da 14 Comuni, distribuiti tra Piemonte e Liguria, vincitori del Bando Next Generation We con una proposta riguardante l'ambito della Missione 5 del PNRR. Dei diciassette progetti parte del nostro campione, nove avevano già candidato il loro intervento di progettazione sull’opportunità di finanziamento che avevano indicato nella richiesta di contributo alla Fondazione Compagnia di San Paolo: Ventimiglia, Carmagnola, Torino (due progetti), Borgomanero, La Spezia, Vercelli, Unione Montana Alpi Graie e Genova. Ad esclusione di una singola amministrazione ancora in attesa di conoscere l’esito, gli altri progetti avevano tutti ricevuto una risposta positiva alla loro candidatura. I Comuni coinvolti sono in totale 14, poiché la città metropolitana di Torino ha presentato quattro proposte progettuali differenti, di cui poi è risultata vincitrice.

Il Laboratorio Percorsi di secondo welfare, su richiesta della Fondazione Compagnia di San Paolo, si è occupato di accompagnare i Comuni nelle fasi di predisposizione delle proposte progettuali da sottoporre ai Bandi PNRR relativi alla Missione 5. Il ruolo del Laboratorio non era quello di progettare, ma di agire come supporto delle amministrazioni locali per approfondire tematiche quali povertà, esclusione sociale, inserimento lavorativo, rigenerazione urbana, governance dei servizi sociali, disabilità e non autosufficienza. Il Laboratorio, in linea con quanto previsto dal Bando, si è posto molteplici obiettivi, tutti connessi tra loro: assistere e affiancare tecnicamente - in base alle esigenze specifiche di ogni singolo Comune - gli enti locali nella comprensione delle priorità tematiche previste dalla Missione 5; offrire spunti di riflessione rispetto agli elementi di innovazione da tenere in considerazione nello sviluppo delle idee progettuali; stimolare connessioni e contaminazioni con altre esperienze nazionali o internazionali e, dove possibile, favorire la nascita di comunità di pratica; assistere nello sviluppo delle progettazioni; individuare possibili competenze che rispondano al soddisfacimento delle esigenze progettuali.

L’impostazione degli incontri è stata di tipo laboratoriale, prevedendo un ampio spazio di interlocuzione con i partecipanti (il gruppo ristretto dei partecipanti non ha mai superato le 10 persone). L’impianto degli incontri è dunque assimilabile a quello di un focus group. Per questa ragione ogni incontro è stato anche l’occasione per raccogliere informazioni e spunti analitici, che abbiamo trattato come materiale empirico per la stesura dell’articolo. A ciascun incontro hanno partecipato i referenti comunali della proposta progettuale (ad esempio, progettisti, referenti tecnici, assistenti sociali) e, in qualche caso, dirigenti pubblici, assessori e rappresentanti del Terzo Settore.

La ricerca si è avvalsa di metodologie qualitative. L’analisi dei contenuti degli incontri è stata realizzata attraverso il software di analisi qualitativa NVivo, previa individuazione di 7 variabili: 1. caratteristiche territoriali e sociodemografiche; 2. orientamento politico delle amministrazioni; 3. PNRR; 4. criticità costitutive del partenariato/progetto; 5. competenze interne; 6. criticità interne (proprie del progetto candidato al bando) ed esterne (indipendenti dal progetto, relative al territorio); 7. tipo di innovazione proposta. Ciascuna dimensione, inserita nell’apposito coding del software, ha permesso di rilevare temi, pattern e concetti ricorrenti tra Comuni e in riferimento a specifiche aree di intervento.

Comuni e proposte progettuali alla prova del PNRR: le caratteristiche del campione

Come illustrato nella Sezione 3, il campione oggetto di indagine è composto da 17 progetti collocati in 14 Comuni dislocati in Piemonte e in Liguria. Si illustrano di seguito alcuni elementi descrittivi relativi ai Comuni analizzati: collocazione geografica, superficie territoriale, tipo di Comune e grado di urbanizzazione, popolazione residente, alcuni indicatori demografici e, infine, le caratteristiche politiche (ad esempio, l’orientamento politico dell’amministrazione locale). L’ultima parte riassume le caratteristiche delle proposte progettuali vincitrici del bando. Il campione è riferito ai Comuni partecipanti e vincitori nell’alveo della Missione 5 (Torino, come menzionato, ha vinto le risorse per quattro proposte progettuali diverse, dislocate nei vari territori della città metropolitana, pertanto, in questa fase descrittiva, la Città di Torino verrà conteggiata una sola volta). La maggior parte dei Comuni è situato in Piemonte (10, come riportato di seguito: Borgomanero, Carmagnola, Nichelino, Pinerolo, Polonghera, Saluzzo, Torino, Unione Montana Alpi Graie, Varallo, Vercelli) mentre 4 (Genova, La Spezia, Sanremo, Ventimiglia) si trovano in Liguria.

Facendo riferimento alla classificazione del Cipess[10], 6 dei Comuni (Genova, Sanremo, La Spezia, Torino, Vercelli e Pinerolo) sono “poli”. Uno di essi (Nichelino) è un polo intercomunale; tre di essi (Saluzzo, Carmagnola, Polonghera) sono Comuni di cintura; Ventimiglia e Borgomanero sono considerati Comuni intermedi mentre Varallo e l’Unione Montana delle Alpi Graie sono zone periferiche. È utile sottolineare che Genova e Torino sono città metropolitane e, pertanto, presentano una configurazione amministrativa e gestionale diversa dalle altre città.

Quanto alla popolazione residente (Tabella 2), i Comuni con più abitanti sono Torino e Genova, i meno popolati sono Polonghera (1.109 abitanti), l’Unione Montana Alpi Graie (4.034) e Varallo (6.923). Guardando i principali indici demografici, le città con l’indice di vecchiaia più alto - oltre a Sanremo - sono Varallo (279,4), Genova (259,9) e Polonghera (230,8). Quelle con indice più basso sono Saluzzo (187,5), Borgomanero (193,2) e Nichelino (199,7).

Tra le città con il tasso di natalità più basso si collocano Varallo (4,1), Nichelino (5,7) e Genova (5,9). Varallo e Sanremo, come indicato nella Figura 3, sono le città con il tasso di vecchiaia più pronunciato.

Infine, con riferimento alle caratteristiche di politics, al momento dell’analisi (luglio 2022) le città erano guidate da Consigli di colore politico diverso: sei di essi prevalentemente orientati a sinistra, cinque a centrodestra, mentre nei restanti tre la maggioranza in seno al Consiglio è espressa da liste civiche. La Tabella 2 riassume le caratteristiche dei Comuni oggetto di analisi.

Tabella 2. Caratteristiche comunali: tipo di Comune, popolazione, indice di vecchiaia, di natalità e composizione politica del Consiglio comunale. Dati aggiornati al 2022

Comune

Regione

Tipo di Comune

Popolazione

Indice di vecchiaia

Indice di natalità

Composizione del Consiglio (per maggioranza)

Borgomanero

Piemonte

D - Intermedio

21.383

193.2

6.2

CDX (12/16)

Carmagnola

Piemonte

C - Cintura

28.219

159

7.9

CDX (10/16)

Genova

Liguria

A - Polo (Capoluogo)

560.688

259.9

5.9

CDX (24/40)

La Spezia

Liguria

A - Polo

92.216

224.9

7.3

CDX (20/32)

Nichelino

Piemonte

B - Polo intercomunale

46,.12

199.7

5.7

SX/CSX (15/24)

Pinerolo

Piemonte

A - Polo

35.371

222.3

7.4

M5S+SX (15/24)

Polonghera

Piemonte

C - Cintura

1.109

230.8

6.3

Lista civica

Saluzzo

Piemonte

C - Cintura

17.496

187.5

6.8

CSX (10/16)

Sanremo

Liguria

A - Polo

53.154

292,5

6.1

CSX (24/40)

Torino

Piemonte

A - Polo (Capoluogo)

858.205

219

6.8

CSX (24/40)

Unione Montana Alpi Graie

Piemonte

E - Periferico

4.034 (2016)

-

-

Lista civica

Varallo

Piemonte

E - Periferico

6.923

279.4

4.1

Lista civica (8/12)

Ventimiglia

Liguria

D - Intermedio

23.978

224

6.6

Maggioranza CDX

Vercelli

Piemonte

A - Polo

45.141

218.9

7.5

CDX (20/32)

Fonte: elaborazione delle autrici.

Note: SX= sinistra; CSX = centrosinistra; CDX = centrodestra; DX = destra.

È utile, infine, descrivere i principali elementi progettuali delle proposte vincitrici del bando che avevano preso parte al primo degli incontri di accompagnamento con il Laboratorio Percorsi di secondo welfare. In questo caso, poiché si parla di proposte progettuali e non di singoli Comuni, i casi considerati sono 17 (e non 14 come nelle sezioni precedenti). Il target, gli obiettivi e i luoghi a cui fanno riferimento le singole proposte progettuali sono vari e disparati (Tabella 3). Abbiamo suddiviso i target principali in sette macrocategorie: popolazione vulnerabile (dal punto di vista economico), minori, famiglie, disabili, cittadini (quando, ad esempio, non viene esplicitato un target specifico e/o si fa riferimento alla comunità nel suo insieme), giovani e anziani. Le altre due suddivisioni riguardano gli obiettivi della proposta progettuale e l’ambito territoriale a cui si riferisce. Quanto al primo, le proposte progettuali sono state ricondotte a quattro categorie principali: rigenerazione/welfare, rigenerazione/aggregazione, governance, servizi. Rigenerazione/welfare è riferita ai progetti volti a rigenerare uno spazio fisico con l’obiettivo di creare nuovi servizi di welfare. Nel caso di rigenerazione/aggregazione, la finalità del progetto è la rigenerazione di spazi fisici per favorire momenti di aggregazione e scambio. La categoria “governance” si concentra sul rinnovamento della governance - ad esempio, la gestione condivisa e multilivello - dei servizi locali di welfare. Infine, la categoria “servizi” è riferita ai progetti che puntano a generare nuovi o rinnovati servizi di welfare. Le ultime due categorie hanno a che fare con gli aspetti erogativi, gestionali e manageriali dei servizi. Le prime due, invece, si concentrano sulla rigenerazione fisica degli spazi con obiettivi di aggregazione e/o di welfare. Per ultimo, l’ambito territoriale su cui insiste la proposta varia da quartieri specifici della città (ad esempio, Sampierdarena a Genova) ai Distretti sociosanitari per i progetti in cui l’obiettivo di intervento è innovare i servizi o la governance.

Tabella 3. Target, obiettivi e luoghi a cui è riferita la proposta progettuale, per Comune

Comune

Proposta

progettuale

Target prioritario dell’intervento

Obiettivi della

proposta progettuale

Ambito territoriale su cui insiste la proposta progettuale

Borgomanero

Il Legamificio

Anziani

Rigenerazione/welfare

Ex setificio dismesso

Carmagnola

Carmagnola 4I

Cittadini

Rigenerazione/

aggregazione

Centro storico Carmagnola

Genova

Rigenerazione urbana della zona centrale del quartiere di Sampierdarena

Popolazione

vulnerabile

Rigenerazione/

aggregazione

Quartiere Sampierdarena

La Spezia

Ripensare il patto sociale nell’età delle incertezze.

Popolazione

 vulnerabile

Governance

Distretti sociosanitari

17 e 18

Nichelino

Casa delle Associazioni San Quirico

Cittadini

Rigenerazione/

welfare

Cascina San Quirico

Pinerolo

Crocevie_3E

Cittadini

Rigenerazione/

welfare

Collegio dei Gesuiti

Polonghera

L’agorà delle terre di mezzo

Famiglie, minori e anziani

Rigenerazione/

welfare

Piazza centrale (asilo e casa di riposo)

Saluzzo

Una montagna di futuro

Giovani

Governance

Comuni del Monviso

Sanremo

Flowers’ Campus

Minori e famiglie

Servizi

Quartiere di Valle Armea

Torino

BiblioLab per una Torino dei 15 minuti

Cittadini

Rigenerazione/

aggregazione

Biblioteca Civica Centrale, 17 sedi territoriali, Casa Mozart e Bibliobus.

Torino

Hub Vallette

Cittadini

Rigenerazione/

aggregazione

Vallette

Torino

Mover la Movida

Giovani

Rigenerazione/

aggregazione

Città di Torino

Torino

Progetto di territorio per Torino Nord

Giovani

Rigenerazione/

welfare

Quartieri Aurora e

Barriera di Milano

Unione Montana Alpi Graie

RIpensiamo il nostro futuro

Anziani e giovani

Rigenerazione/

aggregazione

Comuni dell'Unione

Varallo

AbiliTiAmo LA VALSESIA

Disabili

Servizi

Palazzina ex INAM

Ventimiglia

D.A. N.O.I.

Disabili

Servizi

Distretto sociosanitario

Vercelli

Programma di rigenerazione urbana “Concordia Verde”

Giovani e disabili

Rigenerazione/

aggregazione

Area cascina San Bartolomeo

Fonte: elaborazione delle autrici.

5. Comuni e proposte progettuali alla prova del PNRR: spunti interpretativi

Le dimensioni prese in considerazione nell’analisi sono tre e si concentrano sulle criticità riscontrate rispetto a:

  • macchina amministrativa
  • partenariato che affianca l’amministrazione nella proposta progettuale
  • elementi di innovazione proposti dalle progettualità.

Per ogni proposta progettuale, le tre dimensioni sono state valutate alla luce delle caratteristiche demografiche e delle caratteristiche politiche dell’amministrazione capofila (§4).

Le amministrazioni locali alla prova del PNRR: quali ostacoli?

Per quanto riguarda la prima dimensione, ossia le specificità e criticità connesse alla macchina amministrativa, dagli incontri è emerso come le amministrazioni locali si siano trovate ad affrontare la sfida del PNRR senza disporre di un’organizzazione adeguata. La quantità di passaggi burocratici a cui è necessario adempiere e la complessità della documentazione da fornire fa sì che gli enti locali meno efficienti siano scoraggiati anche solo dal presentare le domande (Openpolis 2024). Problematiche relative a carenze nell’organico, sia in quanto a numerosità, sia in quanto a competenze specifiche, o alla mancata individuazione di figure professionali di riferimento, sono state sollevate da un numero cospicuo di amministrazioni, in prevalenza con popolazione sotto i 50.000 abitanti. Tuttavia, questi stessi problemi sono stati evidenziati anche durante i confronti con i Comuni di maggiori dimensioni. Una problematica che era del resto già ben presente anche a CdSP, che ha previsto tra le finalità del bando proprio l’attribuzione di risorse, da un lato per avvalersi di consulenti esterni, e dall’altro per la formazione del personale interno.

Dall’analisi è anche emersa in modo trasversale tra i vari enti pubblici locali la difficoltà a reperire fondi, declinata in tre cluster: le piccole amministrazioni hanno affermato di trovarsi in difficoltà nel fronteggiare ingenti investimenti iniziali, altre amministrazioni invece hanno lamentato che la collocazione in un’area rispetto ad un’altra[11] abbia pregiudicato l’accesso a determinate linee di finanziamento, altre ancora hanno spostato l’attenzione sui bandi ritenuti spesso di difficile interpretazione. Tuttavia, le problematiche non si fermano alla fase di reperimento delle risorse: la situazione geopolitica e il conseguente aumento dei prezzi sono stati indicati dalla quasi totalità delle amministrazioni capofila di progetti che prevedono interventi materiali (ad esempio, la ristrutturazione o la riqualificazione energetica di edifici, spazi e/o luoghi pubblici) come un rilevante fattore ostacolante la realizzazione dell’idea progettuale - e la rimodulazione del PNRR ha rappresentato una conferma in questo senso. Con riferimento specifico al PNRR, infine, è stata sollevata una criticità connessa alle politiche giovanili: nonostante esse siano una priorità trasversale (o forse proprio per questo) alcune amministrazioni hanno lamentato l’assenza di una componente specifica - con fondi dedicati - nel Piano all’interno della quale inserirsi con progetti rivolti a questa fascia della popolazione.

Un’altra problematica emersa in modo trasversale, seppur declinata in modo differente in base alle dimensioni delle amministrazioni locali, è quella relativa alla comunicazione e al coordinamento. Le amministrazioni di grandi dimensioni hanno spesso segnalato difficoltà nel comunicare e quindi coordinarsi internamente al loro stesso ente[12]. Per quanto riguarda invece gli enti di dimensioni più ridotti, le problematiche comunicative interessano più spesso il rapporto con l’esterno e, nello specifico, la divulgazione della proposta progettuale tra i soggetti interessati, siano essi cittadini che possibili partner da coinvolgere. Molte amministrazioni hanno inoltre evidenziato problematiche connesse all’interfacciarsi con i possibili partner presenti sul territorio, dovute sia a barriere politiche (fattore espresso soprattutto da amministrazioni di destra/centro-destra nei rapporti verso il tessuto associativo locale), sia ai frequenti avvicendamenti al vertice degli enti pubblici e privati. Si segnala, infatti, la difficoltà di alcuni Comuni a programmare sul lungo periodo, a causa del ricambio (spesso repentino) dei governi locali. Questo è un problema che sembra colpire più i piccoli centri, da cui si evince una maggiore dipendenza dalle capacità/sensibilità degli amministratori locali rispetto ai grandi centri (Figura 1). In effetti sembra esserci qui un ruolo più centrale per gli amministratori: anche durante gli incontri con i piccoli Comuni è stato spesso segnalato il ruolo importante giocato da sindaco e/o dagli assessori nella scelta di partecipare al bando PNRR e nella predisposizione del progetto.

Figura 1. Criticità legate alla macchina amministrativa

Fonte: elaborazione delle autrici.

Partenariato e co-progettazione: quali criticità?

Una criticità ricorrente, sperimentata dalla maggior parte dei Comuni, ha riguardato l’individuazione di organizzazioni adatte - e disponibili - a entrare nella rete dei partner. Si fa riferimento tanto a difficoltà da parte delle amministrazioni nell’individuare i partner adatti alle progettualità, quanto alla scarsa presenza di attori potenzialmente idonei. In effetti, i partenariati sono generalmente poco numerosi. Si va da progetti che non hanno ancora individuato alcun partner a una proposta progettuale che, in fase di candidatura, ne aveva indicati 18[13]. Quasi la metà dei casi ha 0 o al massimo 3 partner. I Comuni più popolosi (> 100.000) hanno un numero minore di partner (Figura 2). In due delle città con una fascia di popolazione compresa tra i 15.000 e i 50.000 abitanti, i partner indicati sono compresi tra 0 e 3; in 4 città dello stesso tipo, i partner coinvolgono tra i 4 e gli 8 attori territoriali. Le città meno popolose (< 15.000 abitanti) hanno un numero di partner compreso tra i 4 e gli 8 soggetti.

Figura 2. Numero di partner per fascia di popolazione delle città

Fonte: elaborazione delle autrici.

È interessante notare come i tre progetti che presentano numerosità di partner maggiori sono tutti riconducibili ad amministrazioni di sinistra/centro-sinistra, anche alla luce del fatto che le 7 Giunte di questo orientamento si trovano tutte (tranne una) nella metà superiore della distribuzione per popolazione. Ciò potrebbe essere sintomatico di una sensibilità più diffusa nelle Giunte di sinistra/centrosinistra verso il tema del partenariato e del coinvolgimento del tessuto associativo locale, in grado di superare la tendenza, illustrata sopra, degli enti di dimensioni maggiori di coinvolgere numeri ridotti di partner. Una peculiarità meritevole di essere evidenziata è il fatto che 14 progetti su 17 hanno coinvolto l’ANCI regionale nella fase di scrittura e predisposizione della proposta progettuale. Il supporto di ANCI era infatti valutato positivamente dalla Fondazione Compagnia di San Paolo, in virtù del suo ruolo di sostegno - mediante risorse e competenze esterne - ai Comuni partecipanti. Le tre amministrazioni che non lo hanno fatto sono tutte guidate da Giunte non di centro-sinistra (2 CDX e 1 M5S+SX).

Tutti i progetti, per richiesta esplicita del bando, prevedono inoltre percorsi di progettazione partecipata, ma spesso negli incontri è emerso come le tempistiche strette abbiano reso questi percorsi difficili da intraprendere o comunque realizzare in modo adeguato.

Il coinvolgimento di cittadini e attori locali richiede un ambiente culturale favorevole. Riguardo al tessuto associativo locale, infatti, oltre a difficoltà comunicative con il partenariato (vedi infra), sono emerse da parte di alcune amministrazioni problematiche relative agli attori presenti sul territorio. È diffusa ad esempio la percezione che le associazioni riescano a raggiungere, rappresentare e coinvolgere la fascia più anziana della popolazione, ma non riescano a fare lo stesso con la fascia più giovane[14]. Riguardo alla cultura locale, alcune amministrazioni hanno affermato di trovarsi a lavorare in contesti non favorevoli, alcuni caratterizzati da cultura della collaborazione assente e spiccato individualismo, altri da forte ostilità nei confronti delle istituzioni. I Comuni più piccoli segnalano spesso la presenza di un privato non profit debole, poco coordinato e con poche risorse umane specializzate, mentre si verificano più frequentemente nei grandi centri tensioni con gli attori locali su temi inerenti alla proposta progettuale. Ad esempio, grandi amministrazioni che hanno presentato progetti incentrati su quartieri periferici hanno segnalato la marginalità e fragilità che caratterizzano questi spazi cittadini e che rendono allo stesso tempo necessario ed estremamente complicato intervenire. Una percezione che è emersa negli incontri con funzionari di entrambi i capoluoghi di Regione è quella che le periferie di queste città siano dotate di grandi infrastrutture, e dunque grandi potenzialità, che non vengono però sfruttate in modo adeguato, e che ciò contribuisca a rafforzare il senso di isolamento che pervade gli abitanti di questi quartieri, e i giovani in particolare.

Proposte progettuali e innovazione: a che punto sono i Comuni?

Veniamo ora ai fattori di innovazione delle proposte progettuali. L’analisi si è sviluppata lungo tre linee direttrici: target, obiettivi ed elementi di innovazione.

Per quanto riguarda i target, i 17 progetti analizzati sono stati suddivisi in tre gruppi in base ai destinatari principali dei loro interventi (giovani e famiglie, anziani e disabili, cittadini). Se 4 dei 5 progetti che hanno giovani e famiglie come target sono stati presentati da amministrazioni a guida sinistra/centro-sinistra, tutti i 5 progetti che si concentrano su anziani e disabili sono stati proposti da amministrazioni di destra/centro-destra. Più trasversale, invece, l’orientamento politico delle amministrazioni che hanno optato per progetti che si rivolgono a tutti i cittadini, senza target specifici.

Guardando alla tipologia di Comune, si evince inoltre come giovani e cittadini siano oggetto di maggiore attenzione nei progetti proposti da poli e territori circostanti, mentre anziani e disabili nelle aree periferiche (Figura 3). Del resto nelle città la presenza di minori, e soprattutto di giovani, è più elevata – data una maggiore immigrazione dall’estero e da altri territori italiani e la presenza di studenti fuori sede. Numerosi progetti riguardano infatti biblioteche, attività aggregative giovanili, fino ad un progetto rivolto a “governare la movida”.

Figura 3. Target prevalente per tipo di Comune

Fonte: elaborazione delle autrici

Guardando invece alla popolazione, si evidenzia una maggior attenzione per anziani e disabili nei piccoli centri, per i cittadini in generale nei centri-medio grandi, mentre i progetti che hanno per oggetto giovani e famiglie sono abbastanza distribuiti (Figura 4). I progetti rivolti alla cittadinanza sono chiaramente più appetibili per i Comuni di maggiori dimensioni - che hanno quindi un bacino potenziale di utenti e “cittadini attivabili” più alto - mentre i Comuni meno popolosi tendono a concentrarsi su target circoscritti. In un certo senso quindi il paradigma del welfare di prossimità sembra aver “attecchito” più nei grandi centri, mentre nei piccoli centri si evince una tendenza a lavorare ancora su specifiche politiche e/o su interventi targettizzati.

Figura 4. Target prevalente per range di popolazione

 Fonte: elaborazione delle autrici.

Con riferimento agli obiettivi progettuali, i 17 progetti sono stati suddivisi sulla base di quattro macroaree di obiettivi, inserendo i progetti che rientravano in più aree in quella prevalente: rigenerazione/welfare, rigenerazione/aggregazione, governance e servizi. Ciò che è emerso è come le amministrazioni di sinistra/centro-sinistra si sono concentrate sull’aumento dei servizi forniti alla cittadinanza e sul miglioramento dell’assetto di governance di quest’ultimi, mentre le amministrazioni di destra/centro-destra si sono soffermate sulla rigenerazione e riqualificazione di spazi fisici o strutture urbane.

Con specifico riferimento al tema della rigenerazione, l’analisi dei progetti e gli incontri che abbiamo condotto hanno fatto emergere come il concetto di “rigenerazione urbana” sia declinato in maniera molto differente dalle amministrazioni, traducendosi in progetti anche molto distanti tra loro. Sappiamo infatti che la rigenerazione urbana prevede molteplici dimensioni e può essere realizzata perseguendo molteplici vie (Roberts et al. 2017). In particolare, possiamo individuare almeno tre dimensioni: una dimensione fisica, inerente alla riqualificazione appunto fisica di spazi ed edifici; una dimensione culturale, inerente alle rappresentazioni che le persone hanno di un determinato luogo/spazio; una sociale, inerente alle caratteristiche sociali, demografiche ed economiche. Solo quando un progetto prende in considerazione tutte le tre dimensioni la rigenerazione ha possibilità di successo. Diversamente, infatti, si rischia di creare nuove distorsioni, come processi di gentrificazione o spazi riqualificati che non vengono poi vissuti dai cittadini. Nonostante la maggior parte delle amministrazioni abbiano generalmente dimostrato di esserne consapevoli, alcuni progetti sono ancora fermi alla dimensione fisica, dato che hanno previsto la riqualificazione strutturale di un’area/edificio, ma non hanno riflettuto adeguatamente su chi lo vivrà e con che scopo. Quello della sostenibilità futura è invece una preoccupazione avanzata spesso dalle amministrazioni “più consapevoli”, che hanno ormai consolidata esperienza nell’ambito della rigenerazione urbana. Guardando più attentamente allo scopo, la rigenerazione è stata declinata in due forme. In alcuni progetti con riferimento all’aggregazione/socialità: rigenerare luoghi per attività ricreative, culturali, aggregative, in un senso che guarda molto alla cultura, talvolta al turismo e alla socialità. In altri progetti invece la rigenerazione guarda più al sociale, cioè a riqualificare spazi che divengano piattaforme in cui attivare forme di welfare di prossimità, relazioni e mutuo aiuto.

Un aspetto connesso all’innovazione evidenziato dall’analisi potrebbe essere definito “generazionale”. La scarsa partecipazione delle nuove generazioni nei processi di progettazione emerge chiaramente come un ostacolo all’innovazione. L’analisi riporta infatti una bassa presenza di giovani sia tra i soggetti che danno avvio al processo di progettazione e che ne mantengono la gestione, cioè amministratori e funzionari - fatte salve alcune eccezioni che si collocano prevalentemente nelle grandi città -, sia tra la rete di partner. Ciò ha importanti implicazioni su una possibile resistenza al cambiamento, sia per quanto riguarda i contenuti dei progetti – ad esempio ci sono state segnalate resistenze a destinare gli spazi rigenerati ai più giovani o, per un progetto, a prevedere un utilizzo condiviso da parte di anziani e bambini – sia per le difficoltà a utilizzare strumenti o modalità innovative all’interno della PA (es. nuove tecnologie, social media, eccetera). Tale tendenza è più marcata nei Comuni periferici e di piccole dimensioni, dove il turnover dei dipendenti e le opportunità di nuove assunzioni sono limitate.

Una questione importante è quella delle differenze tra grandi e piccoli Comuni e, forse ancor più, tra poli e periferie. L’analisi conferma il persistere di una differenza tra centro e periferia – o in altri termini tra poli e aree decentrate – che influenza sensibilmente le opportunità di cogliere la spinta del PNRR. Una frattura in termini di risorse umane, culturali e finanziarie. Sul piano finanziario i piccoli Comuni hanno spesso affermato di trovarsi in difficoltà nel fronteggiare ingenti investimenti iniziali, a trovare nuove forme di finanziamento, in quanto da un lato hanno minori finanziatori locali potenzialmente attivabili (come imprese e fondazioni), dall’altro possono beneficiare di minori bandi rispetto ai poli e alle città di grandi dimensioni. Sul piano delle risorse umane, i Comuni medio-piccoli ci hanno spiegato che si sono trovati ad affrontare la sfida del PNRR senza spesso disporre di un’organizzazione sufficientemente adeguata a causa di carenze nell’organico, sia in quanto a numerosità, sia in quanto a competenze specifiche. La stessa difficoltà si rileva anche sul fronte dei partner: i Comuni più piccoli fanno più facilmente rete, ma è una rete che ha più difficoltà a “fare il salto”. Hanno più partner, ma segnalano spesso la presenza di un privato non profit debole, poco coordinato e con poche risorse umane specializzate. Comuni più grandi hanno quindi più disponibilità in termini di risorse umane e finanziarie. Ma non è solo una questione di grandezza del Comune, e dunque di risorse finanziarie e umane, quanto anche di localizzazione. Ad esempio, sul piano culturale, i poli e centri limitrofi possono beneficiare di un dibattito (dato anche dai maggiori scambi con l’esterno, dalla presenza di poli universitari, ecc.) che li stimola a intravedere per primi tendenze e scenari o li induce più facilmente a sperimentare (si veda ad esempio fundraising e progettazione partecipata, pratiche meno note e meno impiegate nei piccoli e medi centri territoriali).

Le difficoltà che i Comuni più piccoli o periferici incontrano si traducono talvolta nell’impossibilità di portare avanti i progetti - fino a rinunciare ai finanziamenti - o almeno di dovere rivedere drasticamente obiettivi e contenuti del progetto. Un problema se consideriamo che nel 2020 il numero dei Comuni che ricadono nella definizione di “periferico” e “ultra-periferico” è cresciuta del 7,9%, passando in valore assoluto da 1.767 a 1.906, comuni in cui vivono 5,37 milioni di italiani, contro i 4,22 milioni del 2014 (Martinelli 2022).

Infine, veniamo al colore politico delle amministrazioni. Difficile dire se esista una qualche diretta correlazione tra colore dell’amministrazione e scelte programmatorie. Tuttavia, l’analisi condotta fa emergere almeno tre elementi interessanti, meritevoli di ulteriori approfondimenti. In primo luogo, le sette Giunte del campione che hanno orientamento di centrosinistra hanno tutte (tranne una) un numero di partner superiore alla media del campione. Questo è probabilmente dovuto al fatto che è più frequente incontrare in tali Giunte assessori provenienti dalla società civile e dal non profit, potendo così contare su reti preesistenti e già consolidate nell’ambito del Terzo settore. In secondo luogo, le amministrazioni del centrodestra si concentrano su target quali anziani e rigenerazione urbana, mentre le amministrazioni governate da Giunte di sinistra su giovani e servizi. In terzo luogo, nei Comuni piccoli-medi gli amministratori giocano un ruolo più di primo piano nel promuovere e gestire i progetti – durante i nostri incontri coi piccoli Comuni è stato spesso sottolineato il ruolo attivo svolto da sindaco/assessori – e dunque sembra esserci una maggiore dipendenza dalle capacità/sensibilità degli amministratori locali rispetto ai grandi centri. In questi ultimi la presenza di uffici specificatamente dedicati a progettazione e rigenerazione mantiene i progetti più indipendenti rispetto al “protagonismo” dei decisori locali.

Conclusioni. Accompagnare i territori: l’effetto leva degli interventi promossi dalle fondazioni

Gran parte della letteratura scientifica sulle amministrazioni locali italiane si è concentrata sugli aspetti riguardanti la gestione delle risorse umane delle Pubbliche Amministrazioni. Al contrario, poco è stato prodotto sulle misure di capacity building necessarie e sulla loro efficacia a livello locale (Polverari 2020). Un tema oggi centrale è proprio quello della capacità delle amministrazioni locali di riconoscere le sfide incombenti, lavorando sul sistema di resilienza territoriale. In questo quadro, il PNRR rappresenta un’occasione irripetibile. Da un lato, le risorse dell’Unione Europea hanno aperto una finestra di opportunità per rinnovare i servizi territoriali - alcuni di essi ormai obsoleti - e mostratisi inefficaci nel fronteggiare la sfida della pandemia. Dall’altro, il PNRR richiede alle amministrazioni di compiere un ulteriore sforzo: individuare le criticità territoriali (interne ed esterne) e metterle in relazione alle sfide sociali emergenti. Questo per evitare effetti indesiderati come la dispersione di energie e di risorse, incanalando queste ultime verso obiettivi prioritari, misurabili e concreti. È altrettanto vero che l’approccio “top-down” adottato dall’Unione Europea e, a cascata, dal Governo italiano - nella predisposizione del Piano Nazionale e, poi, della pubblicazione degli Avvisi e dei Bandi - non ha chiaramente tenuto conto delle criticità, ormai stratificate, che caratterizzano le amministrazioni locali italiane; a partire, ad esempio, da un forte “irrigidimento” burocratico e una debole predisposizione all’utilizzo di sistemi di valutazione di impatto e di risultato (Calciolari 2009). In questo contesto, il ruolo degli attori del “secondo welfare” - in questo caso, le Fondazioni di Origine Bancaria - può divenire fondamentale.

A partire da questi presupposti, l’analisi condotta permette di avanzare alcune osservazioni sulle potenzialità del PNRR e sulla capacità delle amministrazioni di sfruttare questa opportunità. Capacità che mettiamo in relazione con un (primo e parziale) elenco di criticità riscontrate tra i 14 Comuni analizzati. L’analisi consente anche di proporre alcune riflessioni sul ruolo delle FOB quali leva di facilitazione e innovazione del cambiamento in uno scenario inedito come quello generato dalla pandemia che ha creato una situazione di emergenza di medio-lungo periodo. Il caso del bando NGWE conferma quanto riportato in letteratura, vale a dire che le FOB hanno saputo cogliere tanto la gravità della situazione quanto l’urgenza di intervenire, con una prospettiva di lungo periodo, per supportare le comunità e gli attori pubblici e del privato sociale che le abitano per trasformare una sfida in opportunità di cambiamento e innovazione. Questo conferma quanto sottolineato dalla letteratura nell’ambito dell’innovazione sociale e delle fondazioni filantropiche (Cibinel 2019; 2021; Arrigoni et al. 2020; Boesso e Cerbioni 2022).

Nello specifico le FOB hanno compreso che, di fronte all’ondata di bandi del PNRR caratterizzati da scadenze ravvicinate e stringenti e da un impianto progettuale di impostazione comunitaria (reso ulteriormente complesso dalla iper-burocratizzazione della macchina amministrativa italiana), le pubbliche amministrazioni, in particolare quelle di medie e piccole dimensioni, si sarebbero trovate in difficoltà e che solo una piccola parte dei Comuni sarebbe stata in grado di partecipare ai bandi, perdendo l’opportunità di accedere alle risorse del NGEU e di rinnovarsi. La risposta delle FOB è stata quella di predisporre dei nuovi strumenti rivolti specificatamente ai Comuni. Il Bando NGWE si inserisce in questo quadro, come si evince sia dai requisiti previsti e richiesti ai partecipanti sia per l’insieme delle opportunità “collaterali” offerte ai Comuni vincitori del bando. La sua finalità è, infatti, quella di aiutare gli enti pubblici territoriali di 3 Regioni (Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta) nell’acquisizione di competenze e nel rafforzamento della struttura amministrativa quale motore di un cambiamento sostenibile, inclusivo e ancorato al territorio che intende anche, secondo un approccio prospettico tipico dell’investimento sociale, capitalizzare per il futuro le competenze acquisite e le reti territoriali create (nell’edizione 2 le proposte sottoposte alla Fondazione Compagnia di San Paolo possono riferirsi anche ai programmi di finanziamento europei per il settennato 2021-2027, per massimizzare le opportunità oltre e/o in integrazione con il PNRR).

Per riprendere le due domande di ricerca esplorative (§3), l’analisi delle 17 proposte progettuali e dei 14 Comuni ha messo in luce almeno tre aspetti di interesse.

In primo luogo, i Comuni presentano specificità sociodemografiche e territoriali. In fase di candidatura al Bando NGWE, ciascuna delle amministrazioni ha espresso obiettivi progettuali differenti che variano dalla rigenerazione di spazi con scopi aggregativi e/o di welfare (ad esempio, la creazione di nuovi servizi) all’avvio di processi di revisione (o innovazione) agli aspetti gestionali, di governance e management dei servizi sociali territoriali. In generale, il riferimento a questi obiettivi è connotato da forti differenze definitorie tra un Comune e l’altro: a titolo esemplificativo, il termine “rigenerazione urbana” assume un significato differente se utilizzato da amministrazioni di centro o periferia, grandi o piccole città.

In secondo luogo, le sfide con cui le amministrazioni locali si stanno confrontando mostrano come molte (soprattutto quelle medio-piccole) non siano pronte a gestire grandi investimenti e ad aprirsi all’innovazione, quanto il PNRR le metta sotto pressione e dunque quanto sia strategico il Bando NGWE per spingere i Comuni a mettersi in gioco e a trovare soluzioni. In particolare, sono i Comuni con meno di 50.000 abitanti a presentare un’organizzazione interna spesso inadeguata a far fronte alle richieste rendicontative del PNRR. Le difficoltà organizzative sono esacerbate da una insufficiente e/o disfunzionale comunicazione interna (più diffusa nei piccoli Comuni) ed esterna (più diffusa nelle grandi amministrazioni). Unitamente alle questioni organizzative, si aggiunge la difficoltà dei Comuni a reperire fondi integrativi per finanziare i progetti e, nel lungo periodo, il timore per la loro sostenibilità economico-finanziaria. Quest’ultimo punto è particolarmente evidente per i progetti incentrati sulla riqualificazione degli spazi, a causa del rincaro dei prezzi delle utenze e dei materiali. In relazione alla sostenibilità economico-finanziaria dei progetti, un elemento di rilevanza riguarda la “sinergia” degli attori territoriali che concorrono al progetto. I partenariati sono spesso più ampi nelle piccole amministrazioni; tuttavia, l’analisi ha rivelato come questo aspetto non sia indicativo della “qualità” del partenariato. Partenariati numerosi sono esposti a rischio di sovrapposizione di ruoli e funzioni, autoreferenzialità e difficoltà comunicative (ad esempio, nel condividere un linguaggio comune tra gli enti partecipanti). Inoltre, due elementi trasversali (ma ricorrenti) riguardano la scarsa partecipazione dei giovani nelle diverse fasi progettuali (a causa di un lento turnover negli enti e nelle organizzazioni partecipanti) e un evidente gap (su diversi fronti: organizzativo, gestionale) tra centro e periferia o - secondo la classificazione utilizzata nel lavoro - tra poli e periferie.

Infine, rispetto al ruolo strategico svolto dalla filantropia organizzata e dalle FOB, i casi analizzati mostrano prime ma incoraggianti evidenze dell’effetto leva svolto dal Bando NGWE: il ritorno per gli enti pubblici beneficiari e per le loro comunità supera il valore del contributo erogato per la copertura dei costi di progettazione; si vanno rafforzando le competenze e l’esperienza del personale degli enti pubblici territoriali, creando un asset in termini di know-how assorbito e valorizzabile ulteriormente; si promuove una maggiore centralità della progettazione affinché assuma un ruolo riconosciuto e codificato che permetta di accelerare il percorso che va dalla co-progettazione all’attuazione; si stimola la costruzione di partnership tra enti pubblici territoriali volte ad espandere la scala di progettazione e implementazione degli interventi, creando così “ponti” tra territori che presentano esigenze ed aspirazioni complementari o simili.

È troppo presto per dire se gli enti pubblici locali e i loro territori sapranno superare le criticità individuate e certamente è necessaria ulteriore ricerca empirica sul ruolo delle fondazioni in epoca pandemica e post-pandemica. Tuttavia, aldilà delle caratteristiche dei singoli Comuni che, come abbiamo visto, impattano a “geometria variabile” sulla loro capacità di fronteggiare le spinte esterne, le FOB offrono un’importante leva di spinta verso l’innovazione e il cambiamento. Questo lavoro quindi “rompe il ghiaccio” e apre una via che necessariamente richiede ulteriori approfondimenti e analisi, ma che appare di grande interesse per comprendere, da una parte, l’esito delle trasformazioni in corso e, dall’altra, il potenziale della filantropia strategica di fronte alle sfide del presente.

 

DOI: 10.7425/IS.2024.01.02

 

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[1] L’approccio di supporto alle amministrazioni locali può essere differente. Ad esempio, come mostrato da Ravazzi (2016), Fondazione Compagnia di San Paolo e Fondazione Cariplo, rispettivamente su Torino e Milano, assumono modalità relazionali assai diverse con le amministrazioni pubbliche locali. Fondazione Compagnia di San Paolo, il caso di studio di questo articolo, adotterebbe un modello più integrato, di maggiore contaminazione tra l’innovazione svolta dalle pratiche promosse dalla Fondazione e l’azione pubblica delle amministrazioni (Polizzi 2021).

[2] Secondo Maino (2021, p- 51-52), per welfare di prossimità, una delle tre forme principali di secondo welfare, si intende “quell’insieme di interventi e misure co-definite che mirano al benessere collettivo partendo da una lettura condivisa di bisogni e aspirazioni, prevedendo il protagonismo degli attori coinvolti. Il welfare di prossimità comporta la valorizzazione e la promozione di reti territoriali formali e informali (composte da attori pubblici, privati, associazioni e cittadini) che provano a rispondere a tali bisogni e aspirazioni. [...]. La co-programmazione, la co-progettazione e, quando si realizza, la co-produzione favoriscono il superamento del rapporto Pubblico-Terzo Settore e possono spingersi a coinvolgere anche attori privati come le imprese. La comunità è destinataria insieme degli interventi e co-produttrice delle risposte. La prossimità è dunque riferibile alla contaminazione tra attori che si traduce in pratiche di collaborazione e cooperazione ma anche alla ricomposizione dei legami sociali e all’intrecciarsi di reti formali e informali”.

[3] Il 24 novembre 2023 il Ministro agli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR, Raffaele Fitto, ha presentato il nuovo Piano di Ripresa e Resilienza italiano. La proposta di modifica è stata approvata dal Parlamento italiano mediante due distinte risoluzioni lo scorso 1° agosto. La proposta di revisione è stata approvata dalla Commissione Europea lo scorso 19 settembre, ed entrerà in vigore successivamente all'adozione da parte del Consiglio europeo. Nel nuovo Piano le Missioni passano da 6 a 7, con l’introduzione del nuovo capitolo REPowerEU. Le riforme passano da 59 a 66. In relazione agli investimenti, nel nuovo piano le risorse complessive aumentano da 191,5 miliardi a 194,3 miliardi di euro (€ 2,7 miliardi quota ETS e ulteriori 145 milioni in più a fondo perduto). Tale rimodulazione delle risorse esula dal nostro lavoro di ricerca.

[4] Ai 191,5 miliardi di euro del PNRR, si aggiungono 14,387 miliardi del Fondo React EU, proveniente sempre dall’UE, e 30,6 miliardi del Fondo Nazionale Complementare costituito dal Governo, per un totale di 235,1 miliardi di euro.

[5] Alle Missioni si associa un ampio sistema di riforme strutturali, necessarie per la piena implementazione del Piano, che si possono dividere in: riforme orizzontali, trasversali a tutte le Missioni; riforme abilitanti, che eliminano gli ostacoli amministrativi, regolatori e procedurali; riforme settoriali, specifiche per ogni Missione; riforme di accompagnamento, riguardanti la razionalizzazione e l’equità del sistema fiscale e il potenziamento degli ammortizzatori sociali.

[6] Non sono qui ricompresi i bandi delle Regioni per la gestione del Programma GOL, Garanzia Occupabilità Lavoratori, nonostante siano parte della Missione 5 componente 1.

[7] Emblematiche le parole del Presidente ACRI (ma anche della Fondazione Compagnia di San Paolo) Francesco Profumo nel suo discorso di apertura del XXV Congresso Nazionale dell’Associazione che riunisce le 86 FOB: “Ogni giorno i nostri Enti si confrontano con Sindaci e Assessori per rispondere alle tante esigenze dei nostri territori e per contribuire a immaginare le città del futuro: creando spazi in cui innovazione e inclusione trovino “casa” […] Una nuova sfida ci sta vedendo ancora insieme ed è quella dei bandi del PNRR. Come noto, il 70% dei Comuni italiani ha meno di 5 mila abitanti. Sono soprattutto loro ad essere in difficoltà per carenza di capacità progettuali. Le Fondazioni stanno mettendo in campo diverse iniziative per “accompagnare” i piccoli Comuni nella fase progettuale prevista dai bandi, fornendo assistenza e formazione” (Profumo 2022).

[8] Dato il successo riscontrato con la prima edizione, che ha chiuso il bando il 31 gennaio 2022, nel maggio 2022 la Fondazione Compagnia di San Paolo ha lanciato la seconda edizione del Bando Next Generation We. Basata sullo stesso impianto della prima edizione, la nuova versione del bando compie un ampliamento della platea di beneficiari: con riferimento ai soggetti ammissibili, Province e Città Metropolitane vanno ad aggiungersi a Comuni e Unioni di Comuni; dal punto di vista dei progetti finanziabili, invece, diventano eleggibili anche progetti che non trovano nel PNRR la loro fonte di finanziamento, ma che si impostano su altre linee di finanziamento regionali, nazionali o europee. Inoltre, la presentazione e valutazione delle proposte avvengono in modalità continuativa fino alla chiusura del bando, prevista per il 31 dicembre 2022. Le proposte, dunque, sono valutate progressivamente e le risorse (sempre pari al massimo a 80.000 euro per progetto) assegnate fino all’esaurimento del budget di 6 milioni previsto dalla Fondazione (cfr. anche Gazzetti 2022).

[9] I requisiti di ammissibilità per la selezione sono molteplici e riguardano, tra gli altri, il tipo di ente locale, il numero di progetti candidabili, il territorio di riferimento, il rispetto degli obiettivi del PNRR. Per maggiori informazioni si rimanda al Bando NGWE al seguente link:
https://www.compagniadisanpaolo.it/wp-content/uploads/Bando-NGWe-4-11-2021-1800.pdf.

[10] Organo composto da diversi ministri che, se pur subordinato al Consiglio dei ministri, ha compiti cruciali per quanto riguarda la politica economica italiana.

[11] In particolar modo, l’assegnazione di un Comune alla fascia “Cintura” e non alla fascia “Intermedio” preclude l’accesso dello stesso alla Strategia Nazionale per le Aree Interne.

[12] Riportiamo, a titolo esemplificativo, le parole pronunciate da una funzionaria di una grande amministrazione piemontese durante l’incontro con Percorsi di Secondo Welfare: “Risulta più semplice tessere reti all’esterno del Comune piuttosto che internamente al Comune stesso. Manca un luogo in cui possano essere riferite le attività che il Comune sta portando avanti”.

[13] È opportuno sottolineare che nel caso citato tutti i partner individuati non avevano sottoscritto un accordo di partenariato. Si tratta, per cui, di una prima ricognizione di “potenziali” partner del progetto.

[14] Il tema generazionale può trovare un riscontro concreto nella partecipazione agli incontri condotti da Percorsi di secondo welfare. Sia per quanto riguarda i rappresentanti delle amministrazioni locali sia per i consulenti esterni non abbiamo rilevato una grande varietà di età. Tranne poche eccezioni, sono sempre state persone comprese nella fascia d’età 45-60 anni.

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