Con Pellegrino Capaldo, scomparso il 14 gennaio scorso, se n’è andata un’altra delle figure che, nell’ultimo scorcio del secolo passato, hanno contribuito in vario modo a definire l’attuale profilo del Terzo Settore e dell’Impresa sociale. Un contributo, il suo, che ha saputo abbinare interventi operativi e riflessione scientifica. Con alla base una unitaria, coerente e anticipatrice visione riguardo alla costruzione di un ordine economico e sociale libero, solidale ed efficace. Un approccio, dunque, innanzitutto politico, che per lui rappresentava il punto di partenza per porsi, in modo coerente con l’essenza della disciplina aziendalistica di cui era maestro, alla ricerca di concreti strumenti attuativi. Sempre aperto a lavorare raccogliendo, discutendo, rielaborando e finalizzando stimoli e proposte che gli potevano pervenire da vari fronti.
Fu così che, dall’incontro con Luciano Tavazza, nacque nel 1990 la Fondazione Italiana per il Volontariato (FIVOL) che rappresentò una esperienza, davvero straordinaria, di promozione a trecentosessanta gradi del fenomeno del volontariato, divenendo il modello che avrebbe poi segnato la strutturazione a livello nazionale di un sistema di supporto diffuso. La FIVOL fu infatti sostenuta dalla Fondazione Cassa di risparmio di Roma, di cui Capaldo era il presidente e fu questa esperienza ad ispirare, l’anno successivo, la previsione, nella legge 266/1991, della creazione dei Centri servizio per il volontariato e l’affidamento del loro finanziamento alle fondazioni bancarie.
Sempre come presidente della Fondazione romana sostenne, insieme alla Banca di Roma che pure presiedeva, la nascita di COSIS, la prima finanziaria interamente dedicata all’imprenditoria sociale. Partecipai personalmente a questa iniziativa, nella veste di amministratore delegato, e dunque ne conservo un ricordo particolarmente vivo. Insieme a Banca Etica, che in quegli anni muoveva i primi passi, COSIS, una finanziaria S.p.A. senza finalità lucrative, segnò l’avvio della stagione di concreta sperimentazione di forme di intervento finanziario a favore del mondo del Terzo Settore. Oltre ai 20 miliardi di lire di capitale sociale, apportati dalla Fondazione Cassa di risparmio e Banca di Roma, mediante un’emissione obbligazionaria dedicata, garantì un’ulteriore provvista low-cost per 24miliardi. Ad essi si aggiunse una linea di finanziamento europeo FESR di altri 24 miliardi, finalizzata a creare un fondo rotativo per quelle che qualificammo come “PMIS – piccole e medie imprese sociali”. Dunque, una rilevante base patrimoniale, che permise lo sviluppo di un’importante attività.
Furono anni entusiasmanti. Capaldo ci garantiva - a Tavazza e a me – non solo un totale supporto, ma anche una opportunità di permanente confronto su strategie e operatività, per me particolarmente utile e stimolante, dato il suo eccezionale livello di competenza ed esperienza in tematiche economico-aziendali, tanto sul piano scientifico, quanto su quello professionale. Il risultato fu l’esplosione di operatività innovative su tutto il territorio nazionale. Con COSIS supportammo decine di cooperative sociali e non solo: rimase negli annali il prestito fatto ad ARCI nazionale per concludere la costruzione della nuova sede a Roma, garantito da un piccolo aumento sul costo della tessera degli associati. Contro tutti i criteri di valutazione ordinaria del rischio, sostenni che una base associativa di quasi un milione di persone rappresentava la miglior garanzia che potessimo immaginare. Capaldo condivise; il consiglio di COSIS approvò, seppur con qualche titubanza; l’ARCI terminò la costruzione della sede; il prestito fu interamente rimborsato alle scadenze previste.
Purtroppo, come le belle favole, il tutto durò poco. Capaldo decise di lasciare la presidenza della Fondazione Cassa di risparmio di Roma. Non cambiò idea, malgrado le insistenze di Tavazza e mie, che reputavamo il suo supporto da quella posizione ancora essenziale per le nostre due iniziative ben avviate, ma ancora da consolidare. Ci assicurò che nulla sarebbe cambiato, anche dopo il suo ritiro. Invece cambiò tutto. La gestione di chi gli succedette si sviluppò progressivamente in modo ostile alle due iniziative, che alla fine andarono verso la liquidazione.
Ormai più di due decenni sono trascorsi e della FIVOL e di COSIS, le due esperienze archetipe, rispettivamente di servizi e promozione del volontariato e di servizi finanziari per l’impresa sociale, quasi s’è ormai perso anche il ricordo. Ma se si vanno a ripercorrere le storie di vita di alcuni degli attuali protagonisti del terzo settore, si scopre che a vario titolo sono stati partecipi di quei dieci anni di formidabile innovazione sociale ed economica che si sviluppò al numero 40 di via Nazionale a Roma. Il buon seme che Capaldo contribuì a far germogliare è poi cresciuto altrove.
Continuammo comunque a vederci. Lo andavo a trovare nello studio di via Parigi dove, avvolti da una sobria boiserie, spendevamo ore, io ad aggiornarlo su evoluzioni e involuzioni in corso nel Terzo Settore e nelle politiche sociali e lui a riflettere sulla specificità e sulle modalità dello svolgere un’attività economica finalizzata a interessi generali e sulle misure legislative e fiscali che sarebbe stato opportuno cercare di promuovere.
Le sue ipotesi di lavoro erano semplici e lineari, come lineare e acuto era il suo modo di ragionare. Il suo ultimo testo istituzionale L’azienda. Centro di produzione (Giuffrè 2013) rappresenta un esempio, credo difficilmente superabile, di questa chiarezza di pensiero. In esso è contenuta una lucida sistematizzazione dei modelli di azienda, decisiva per la corretta definizione di impresa sociale, nonché riflessioni circa la valutazione, non solo economica, della ricchezza che l’azienda produce e indicazioni riguardo all’atteggiamento che lo Stato dovrebbe mantenere di fronte alle diverse forme e finalità delle realtà di produzione organizzata. Un livre de chevet per imprenditori sociali evoluti, consapevoli e aperti, per quelle persone – alle quali Capaldo nell’introduzione dedica il libro - che “in ogni parte del mondo ricercano e sperimentano instancabilmente nuove vie per fare dell’azienda un’autentica comunità di uomini liberi”.
Una sollecitazione e un impegno che personalmente continuerò a portare nella mente e nel cuore. E a trasmettere, per quanto ne sarò capace.
Grazie Professore! Ti sia lieve la terra.
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