In Italia così come nella maggior parte dei paesi europei il terzo settore è dai suoi albori impegnato in molteplici ambiti culturali, ricreativi e artistici. Oggi, come evidenziano anche Ferreira e colleghi in Um novo normal? Impactos e lições de dois anos de pandemia em Portugal, un saggio del 2022, il terzo settore garantisce un’ampia gamma di servizi di natura culturale che spazia dall’offerta di servizi altamente qualificati, rivolti a una clientela talvolta elitaria, fino allo svolgimento di attività culturali di natura profondamente popolare, che affondano le radici nelle tradizioni e nei saperi locali.
Accanto a un settore associativo attivo che sul tema culturale opera diffusamente lungo tutto lo stivale, emerge oggi con forza il ruolo delle imprese sociali – sia ex lege, sia de facto - che hanno recentemente iniziato ad operare in maniera stabile nel settore culturale, distinguendosi per la natura innovativa sia dei servizi offerti, sia dei processi di produzione sperimentati.
Tra gli obiettivi perseguiti da alcune imprese sociali, vi è l’intento di migliorare l’accesso al patrimonio culturale e artistico di cui il nostro paese è ricco. Ne sono un esempio il teatro lirico, la musica classica, il cinema d’autore e il patrimonio archeologico, trattandosi di ambiti tradizionalmente di nicchia, che alcune imprese sociali si stanno impegnando a rendere accessibili al più ampio pubblico.
Ma il ruolo delle imprese sociali va ben al di là dell’obiettivo di intercettare una nuova domanda di fruitori. Va rimarcata infatti l’importante funzione pedagogica che alcune imprese sociali scientemente svolgono, utilizzando la cultura, nelle sue diverse espressioni, quale strumento volto a innescare cambiamenti a livello sociale. A questo proposito, le imprese sociali sono in grado di dare pieno significato alla parola “cultura”, che – prendendo in prestito le parole di Luciano Vanni - in sé rinvia al concetto del coltivare, dell’abitare e del venerare. Di qui, il prendersi cura di qualcosa o qualcuno, andando ben oltre il concetto di welfare tradizionale, a favore di un modello integrato di promozione del benessere delle comunità. È questo il caso delle imprese sociali di inserimento lavorativo che gestiscono musei, cinema, teatri, favorendo l’inclusione sociale e lavorativa di persone fragili. Ma è anche il caso delle imprese sociali culturali che operano in alcune aree rurali e montane, così come in contesti periferici che hanno talvolta saputo sperimentare servizi altamente innovativi che, oltre a rafforzare la coesione sociale in contesti a rischio di abbandono e degrado, creano nuove opportunità di lavoro.
In breve, come evidenziato da alcune recenti ricerche, le imprese sociali hanno uno spiccato potenziale trasformativo dei settori in cui operano, rendendoli maggiormente inclusivi ed equi e garantendo altresì una più equilibrata convivenza con l’ambiente naturale che le ospita, come documentato anche in Benchmarking the socio-economic performance of the EU social economy, pubblicazione della Commissione Europea del 2024.
In sintesi, questo numero di Impresa Sociale esplora uno spazio, nell’intersezione tra cultura, welfare, rigenerazione, partecipazione, inclusione, dove si assiste ad un protagonismo crescente da parte delle imprese sociali che, proponendo soluzioni innovative tanto nei prodotti quanto nei processi, avviano esperienze trasformative che impattano in modo significativo sulla qualità della vita delle comunità locali, spesso mutando la percezione del territorio sia da parte delle comunità che lo abitano, sia di chi vi si avvicina.
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