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ISSN 2282-1694
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Numero 1 / 2025

Saggi

Legge 68/1999 e valorizzazione del sistema del collocamento mirato: modelli di partnership imprese sociali e profit per l’inserimento lavorativo

Laura Bongiovanni


Un ringraziamento alle imprese Orso Blu di Biella, Spazio Aperto di Milano e (RI)GENERIAMO di Torino che hanno reso disponibili un estratto dati delle analisi di impatto sociale.

Premessa

Con la Legge 68/1999 sono stati adottati strumenti normativi volti a rendere più agevole l’integrazione delle persone con disabilità nelle imprese, in primo luogo con l’introduzione del concetto di collocamento mirato, di competenza dei centri dell'impiego; ma, alla prova dei fatti, i numeri descrivono una realtà non priva di criticità: una bassa percentuale di inserimenti avviene attraverso questo canale e permangono alti numeri di scoperture, ovvero di situazioni in cui le imprese che preferiscono pagare la sanzione piuttosto che farsi carico del processo di inserimento lavorativo. Tra i soggetti che possono contribuire a migliorare questa situazione vi sono le imprese sociali, che grazie alla loro esperienza nella valorizzazione della diversità e dell’inclusione, possono giocare un ruolo cruciale in veste di partner strategico per gli inserimenti lavorativi nelle aziende che devono ottemperare alla Legge 68/99; a patto, però, che siano in grado di assumere il punto di vista dell’impresa profit ascoltando i bisogni che esprime. Esistono, a questo proposito, esperienze di reciprocità tra imprese sociali e imprese profit dove è possibile certificare con indicatori qualitativi, quantitativi e monetari la rilevanza degli effetti generati e le potenzialità di modellizzazione, scalabilità e replicabilità. Al tempo stesso sarebbe auspicabile, da parte del sistema pubblico, una valorizzazione di queste esperienze virtuose, sulla scia ad esempio di una recente iniziativa del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, che prevede la raccolta sistematica delle buone pratiche di inclusione lavorativa finalizzata a contribuire, con la diffusione di esperienze positive ed efficaci, all’innalzamento degli standard di gestione del sistema del collocamento mirato.

Lo scenario di riferimento

La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità[1], recepita con legge 3/2009 dal nostro Paese, all’articolo 27 afferma che “deve essere riconoscono il diritto delle persone con disabilità al lavoro, su base di parità con gli altri; ciò include il diritto all’opportunità di mantenersi attraverso il lavoro che esse scelgono o accettano liberamente in un mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto, accessibile e inclusivo”.

Il diritto al lavoro delle persone con disabilità qui chiaramente affermato non resiste però alla prova dei fatti. I numeri descrivono una realtà molto diversa: secondo l’Istat[2], in Italia solo il 20% delle persone con disabilità tra i 15 e 64 anni ha un impiego, a fronte della media Ue che si attesta a quota 50%, e alto è il divario occupazionale tra le persone con e senza disabilità con gap di 40 punti percentuali.

A certificare la tendenza sono i dati dell’XI° Relazione annuale al Parlamento sullo stato di attuazione della legge del 1999 per il diritto al lavoro dei disabili, recentemente[3] presentata dalla Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali Marina Elvira Calderone. Dalla relazione si evince che il numero di persone che si iscrivono al collocamento mirato scende e le assunzioni calano: gli iscritti totali al collocamento mirato, che erano 847.708 del 2019, con la pandemia sono progressivamente diminuiti: 794.937 nel 2020, 774.507 del 2021. La presenza di donne iscritte è inferiore agli uomini. Le iscrizioni nelle regioni del Sud e delle Isole rappresentano una percentuale intorno al 55% del totale, con liste di attesa lunghissime prima di ricevere, forse, la prima chiamata per un colloquio di lavoro. Il Centro Italia raccoglie circa il 18% delle iscrizioni, seguito dal Nord Ovest e Nord Est; queste ultime due macroaree sono quelle dove trovano con più frequenza una occupazione. Le Regioni dove ci sono più posti di lavoro riservati alle persone con disabilità sono la Lombardia e a seguire Veneto, Emilia-Romagna, Lazio, Piemonte. Nella sostanza, convivono paradossalmente, casi di persone con disabilità che desiderano lavorare e non trovano datori di lavoro disposti ad assumerli e “scoperture”, cioè casi di imprese che sarebbero tenute all’obbligo di assunzione, ma che preferiscono pagare i contributi esonerativi o affrontare il costo delle sanzioni piuttosto che adempiere all’obbligo. Uno scenario dunque poco rassicurante, tanto più se si considera che il sistema sopra descritto è ormai stato varato da molti anni (la legge 68 è del 1999).


La Legge 68/1999 mira promuovere l’occupazione di persone con disabilità nelle imprese sia pubbliche, sia private, prevedendo, accanto all’obbligo di assunzione nei termini più avanti specificati:

  • servizi mirati per favorire e garantire un sempre più adeguato incontro tra domanda e offerta di lavoro per le persone con disabilità;
  • incentivi all’assunzione per le imprese, oltre che rimborsi o sgravi fiscali per l’adeguamento dei posti di lavoro.

Il “collocamento mirato” previsto dalla legge 68/1999 intende superare il preesistente concetto di “collocamento obbligatorio” (legge 482/1968), valorizzando le peculiarità della persona con disabilità sulla base delle effettive capacità lavorative, delle competenze e potenzialità sulle quali si può fare leva al fine di inserimenti mirati nei posti di lavoro più adatti alle caratteristiche delle persone con disabilità. A svolgere questo delicato compito sono i Centri per l’Impiego, pur se con successo molto parziale. Le imprese sono tenute all’obbligo di assunzione di persone con disabilità secondo i seguenti criteri:

  • 1 lavoratore disabile, se occupano da 15 a 35 dipendenti;
  • 2 lavoratori disabili, se occupano da 36 a 50 dipendenti;
  • un numero di lavoratori disabili pari al 7% dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti.

I datori di lavoro che non adempiono agli obblighi previsti dalla legge sono soggetti a sanzioni economiche e all’azienda è inoltre preclusa la partecipazione ai bandi. Gli introiti generati dalle sanzioni – che però, alla prova dei fatti, sono in numero molto limitato - sono destinati al Fondo Regionale per i disabili.


Per invertire la tendenza: le buone pratiche ad impatto sociale

Allo stesso tempo, accanto all’evoluzione delle normative tese a favorire l’assunzione delle persone con disabilità nella generalità delle imprese, in Italia si è sviluppato a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso e poi si è consolidato nei decenni successivi un modello di impresa a forte impatto sociale nella realizzazione degli inserimenti lavorativi. Il riferimento è alle imprese sociali, nello specifico quello della cooperazione sociale di tipo B; esso costituiscono un riferimento in tutta Europa, una sorta di format made in Italy la cui efficacia è stata ampliamente documentata anche con indicatori di impatto monetario e sociale che raccontano degli effetti nel vissuto delle persone grazie al reinserimento nel mondo del lavoro[4].  Queste imprese producono un doppio output: oltre ad essere – come qualsiasi altra impresa – impegnate nella vendita di beni e servizi sul mercato, esse si sono specializzate nell’integrazione lavorativa di persone a rischio di esclusione dal mercato del lavoro.

Secondo i dati dell’Osservatorio Isnet[5], la quota di persone svantaggiate inserite appartenenti alle categorie previste dalla Legge 381/1991 (persone con disabilità, area della salute mentale, dipendenze, carcere) è pari al 42,2% degli occupati delle cooperative sociali di tipo B, un dato tra l’altro superiore al vincolo del 30% previsto dalla legge. Se poi si considerano anche le categorie di lavoratori non svantaggiati ai sensi della 381/1991, ma considerati invece svantaggiati dal D.lgs. 112/2017 (che applica la Riforma del Terzo Settore con riferimento all’impresa sociale), tale percentuale sale al 49,5%. Sono dati che dimostrano che non vi è un’incompatibilità tra vocazione produttiva e coinvolgimento di lavoratori svantaggiati; e questo stimola un ripensamento dell’intero sistema in tema di raccordo impresa sociale – impresa profit, portando a chiedersi, sulla base dell’esperienza della cooperazione sociale di tipo B, come sia possibile affrontare nella generalità del sistema produttivo il tema della compatibilità tra azione imprenditoriale e integrazione lavorativa. Si tratta quindi di comprendere come valorizzare le capacità dimostrate dall’impresa sociale per affrontare il problema delle resistenze che il sistema delle imprese mostra nell’integrazione di persone con disabilità, così da favorire il collocamento di persone con disabilità nei moltissimi posti di lavoro che oggi sarebbero loro riservati, ma rispetto ai quali le imprese risultano inadempienti.

Affinché questo possa verificarsi è però necessario che le imprese sociali siano in grado di assumere i panni dell’impresa for profit, per capirne il punto di vista e l’orientamento[6]. Anzitutto, va acquista la consapevolezza delle resistenze delle imprese for profit, che generalmente considerano l’integrazione lavorativa delle persone con disabilità un ostacolo verso il raggiungimento del profitto perché è ritenuta troppo complessa da gestire e con costi in termini di tempo ed investimenti dedicati non sostenibili. E occorre essere altresì consapevoli che, allo stato attuale, l’impresa sociale non è percepita, nella maggior parte dei casi, partner strategico per la risoluzione delle criticità. A tal proposito, studi e ricerche sul tema[7] rivelano l’esistenza di un immaginario collettivo molto diffuso tra i dirigenti aziendali, secondo il quale l’impresa sociale è scarsamente conosciuta o ricondotta unicamente al settore delle pulizie, o, ancora è considerata in generale inadeguata a rispondere a specifiche esigenze di fornitura. Laddove c’è conoscenza essa è spesso circoscritta all’aspetto sociale, con l’impresa sociale assimilata ad una sorta di associazione di volontariato. C’è una forte barriera culturale: spesso, quando un’impresa for profit inquadra un soggetto nell’universo del sociale, ritiene quasi automaticamente che non possa essere un partner imprenditoriale; d’altra parte, tale pregiudizio generalmente non deriva da effettive esperienze negative, ma dal non avere mai effettivamente avuto contatti diretti con imprese sociali e da non percepire gli ambiti di potenziale collaborazione.

Il punto di partenza appare dunque essere quello di creare le condizioni per una conoscenza diretta e per il dialogo tra imprese sociali e imprese for profit; ma, subito dopo, si tratta di comprendere origine e natura delle resistenze delle imprese for profit rispetto all’assunzione di persone con disabilità.

Le difficoltà che un’impresa for profit incontra si manifestano nelle diverse fasi che portano all’integrazione della persona con disabilità e fanno emergere i vari aspetti in cui un legame con imprese sociali esperte nell’inserimento lavorativo potrebbe portare risultati positivi. La job description è spesso distante dalla realtà; le imprese for profit trovano difficile ricercare e individuare i lavoratori con disabilità, testandone le effettive competenze professionali, necessitano di essere informate, formate, accompagnate nella scelta degli strumenti e dei percorsi per adempiere alle previsioni del collocamento mirato in condizioni di compatibilità con la produzione e l’esigenza di sostenibilità economica. E su questi aspetti che pare aprirsi un nuovo ruolo per l’impresa sociale: non solo, quindi, un potenziale fornitore, ma un partner strategico e consulente per l’area della disabilità, offrendo all’ azienda il suo know-how e le sue competenze.

Impresa sociale partner strategico per gli inserimenti lavorativi: esempi di buone pratiche per la modellizzazione

La relazione sopra descritta è in realtà già in atto almeno in un certo numero di esperienze eccellenti, dove la collaborazione si è già concretizzata all’insegna di una vera e propria partnership. Nelle pagine seguenti si esamineranno alcuni esempi in cui l’impresa sociale realizza un’azione di accompagnamento all’impresa profit e nello specifico in cui l’impresa sociale:

  • aiuta l’impresa for profit ad individuare gli ambiti di attività in cui attuare il processo di inclusione, avendo cura di assicurare che l’operazione risulti di effettiva utilità per l’azienda e in cui si possa realizzare un matchefficace tra esigenze dell’impresa e caratteristiche dei lavoratori con disabilità;
  • si occupa di tutoraggio del personale svantaggiato, accompagnando il processo di inserimento;
  • realizza gli interventi formativi rivolti al personale svantaggiato e al personale aziendale;
  • attiva un monitoraggio costante del percorso, in un dialogo diretto e continuativo con la figura aziendale di riferimento per le attività di inserimento lavorativo, con la possibilità di rimodulare costantemente il processo;
  • in tutti questi passaggi, uno degli elementi che risulta cruciale è il raccordo tra impresa sociale con il direttore delle risorse umane dell’impresa for profit, che spesso risulta esser una figura strategica per l’avvio e il buon esito delle collaborazioni.

Questi elementi sono alla base della costruzione di una relazione di reciprocità tra impresa sociale e impresa for profit capace di generare innovazione e cambiamento.  La relazione così strutturata può portare a co-progettare le produzioni o loro fasi, mettendo ciascuna parte a disposizione conoscenze e idee, e a co-governare il sistema ed i processi[8].

La diffusione di esperienze di questo tipo è cruciale per rafforzare un’operazione culturale a sostegno dell’impegno sociale delle imprese profit a vantaggio degli inserimenti lavorativi in partnership con l’impresa sociale.  A questo proposito, recentemente il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con il Decreto Direttoriale n. 154 dell’11 settembre 2023, ha definito le modalità di realizzazione e gestione di un’apposita piattaforma informatica in cui raccogliere le buone prassi nonché le categorie e i criteri di selezione delle esperienze[9]. Si tratta di un’operazione culturale che potrebbe contribuire al superamento dei limiti enunciati in premessa, relativamente all’alto numero di scoperture nelle aziende in obbligo di Legge 68/99 e all’alta percentuale di quote di domanda di lavoro inevasa.

Di seguito sono sviluppati tre esempi di buone pratiche per la valorizzazione degli inserimenti lavorativi che già hanno dimostrato con indicatori di impatto sociale l’efficacia del modello e la sua trasferibilità e scalabilità.  La descrizione di ogni pratica è organizzata in schede suddivise in tre sezioni:

  1. presentazione dell’esperienza;
  2. richiamo degli elementi fondativi della partnership, trasversali alle esperienze di successo;
  3. presentazione sintetica di un’analisi dell’impatto, con evidenza dei cambiamenti per l’azienda con indicatori qualitativi, quantitativi (se presenti) e all’impatto monetario attraverso il calcolo dell’indice SROI (Social Return On Investment), che può essere interpretato come un indice di efficienza, in quanto misura la capacità di trasformare le risorse investite in valore economico per la società[10].

Buona pratica 1 - Polo Circolabile

Presentazione esperienza

Polo Circolabile è un’iniziativa sull’inclusione lavorativa della sede italiana dell’impresa di abbigliamento Loro Piana, multinazionale leader del comparto tessile, realizzata in collaborazione con l’impresa sociale Orso Blu, impegnata nell’inserimento lavorativo di persone in condizioni di svantaggio. il progetto è stato uno dei primi casi di applicazione delle Convenzioni ex art 141 in Piemonte. Il Polo Circolabile è uno spazio di lavoro artigianale, integrato nell’azienda, dove i lavoratori con disabilità seguiti da due tutor dell’impresa sociale.

Tra le attività svolte dalla prima fase del progetto vi sono: lavorazioni varie di sfoderatura/separazione di fodere e parti più grossolane degli indumenti, rimozione bottoni, etichette (sbrandizzazione); suddivisione per tipologia (stagione, taglia, genere) dei capi, predisponendolo ad azioni di riuso; cernita del materiale di recupero classificandolo per tipologia di composizione predisponendolo ad azioni di riciclo o smaltimento; confezionamento sacchetti referenze Textile, Filati, Solbiati; creazione di accessori per associazioni; prototipi di oggetti da donare internamente all'azienda.

Le nuove attività scaturiscono da un’attenta analisi delle abilità iniziali dei lavoratori che ha permesso di ripensare ai processi di attività già in essere per svilupparne altre, tra cui: sbrandizzazione e riqualificazione capi destinati a garnettatura; realizzazione materiale per presentazione collezioni (es. cartelle colori); ricondizionamento capi; azioni di archiviazione – digitalizzazione collezioni del museo storico, in collaborazione con archivio storico dell'azienda.

I lavoratori con disabilità sono assunti da Orso Blu, che fornisce i servizi attraverso un modello di esternalizzazione, come previsto dall'articolo 14.

Ad oggi sono stati attivati 9 inserimenti lavorativi, tutti stabilizzati con contratto a tempo indeterminato. A seguire l’avvio della sperimentazione l’obiettivo di medio periodo è di trasformare il progetto da hub sociale, all’interno del quale si svolgono attività di reverse-mentoring, a una vera e propria divisone organizzativa con un suo bilancio economico e un budget dedicato.

Gli elementi fondativi della partnership

I tratti caratteristici della partnership riguardano:

  • la realizzazione degli spazi di lavoro all’interno di uno degli stabilimenti dell’impresa for profit;
  • grazie al confronto continuo tra imprese sociale e impresa for profit, è stato possibile mettere a frutto competenze delle persone con disabilità su attività effettivamente utili, che venivano in precedenza esternalizzate dall’azienda;
  • due educatrici professionali dell’impresa sociale con competenze specifiche sono tutor dei lavoratori svantaggiati e accompagnano l’esperienza all’interno degli spazi di lavoro aziendali in costante dialogo con i referenti.

Presentazione estratto analisi di impatto

I cambiamenti sull’azienda emersi con focus qualitativo dall’analisi di impatto, come effetti delle attività riguardano principalmente:

  • il passaggio da un approccio «reattivo», dettato dall’urgenza di coprire le quote degli inserimenti lavorativi, ad un approccio «proattivo», organizzando un reclutamento mirato e ricercando le competenze e abilità funzionali a un ruolo specifico in Loro Piana;
  • la costruzione di un match efficace tra il candidato e la mansione creando un diffuso sentimento di soddisfazione;
  • il superamento dell’approccio normativo e stigmatizzante dei dipendenti verso l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate;
  • lo stimolo verso i lavoratori di Loro Piana ad interagire e a confrontarsi con persone con disabilità;
  • la sensibilizzazione le altre aziende dello stesso gruppo sul tema dell’inclusione

L’indice SROI (Social Return On Investment), che misura la capacità di trasformare le risorse investite in valore economico per la società è pari a 2,19 con un valore dell’investimento più che raddoppiato. Tale calcolo si basa sul rapporto tra il valore sociale generato e gli investimenti effettuati; gli investimenti, pari a 193.386,41€, comprendono le risorse finanziarie, umane e materiali impiegate nell'esecuzione delle attività, mentre il valore sociale generato, che è pari a 423.300,69€, riflette il valore economico dei benefici derivanti dalle attività, come l'inserimento lavorativo di persone con disabilità. Questi benefici includono la riduzione dei costi sociali dovuta alla minore erogazione di assegni di assistenza e l'aumento del gettito fiscale e contributivo.

Buona pratica 2 - Formidabili

Presentazione Esperienza

(RI)GENERIAMO è una società benefit, frutto della collaborazione tra entità diverse per natura, provenienza e missione: l’Associazione Bricolage del Cuore, le cooperative sociali Agricoltura Capodarco, Liberitutti e La Paranza, l’impresa sociale ConVoi Lavoro, e Leroy Merlin Italia, insieme all’Agenzia per il Lavoro. Tra le sue iniziative principali, figura il progetto I Formidabili, focalizzato sull’inclusione lavorativa di persone con disabilità. In questo progetto, i punti vendita di Leroy Merlin assumono direttamente persone con disabilità, con il supporto di Abile Job, che gestisce il processo di reclutamento e il rapporto con gli enti invianti. I lavoratori con disabilità sono coinvolti nella vita quotidiana del punto vendita, occupandosi di attività come l’accoglienza e il servizio al cliente presso le casse self check-out, la sistemazione dei reparti e la gestione differenziazione rifiuti in logistica. Il punto di forza del progetto è il percorso formativo e culturale dei lavoratori svantaggiati e dei tutor aziendali che sono collaboratori del team del punto vendita.  Ad oggi sono stati coinvolte 81 persone con 14 assunzioni a tempo indeterminato e 11 assunzioni a tempo determinato, con il coinvolgimento dei negozi Leroy Merlin in Italia (52), di 5 negozi della catena Bricocenter e di 2 negozi della catena Norauto.

Gli elementi fondativi della partnership

Le caratteristiche fondamentali su cui il modello si basa si possono riassumere nelle seguenti:

  • coinvolgimento nei processi aziendali: i lavoratori svantaggiati sono coinvolti in processi di lavoro che hanno un’effettiva utilità economica per l'azienda;
  • realizzazione degli spazi di lavoro all’interno dell’azienda;
  • co-partecipazione: la partnership aziendale è fattiva, con un protagonismo di figure dedicate dentro l'azienda e in rapporto di reciproca collaborazione, alcune delle quali coinvolte in veste di tutor dell’inserimento a seguito della partecipazione ad un corso di formazione gestito da (RI)Generiamo.

Estratto analisi di impatto

I responsabili dei negozi Leroy Merlin coinvolti nel progetto interpellati sugli effetti legati alle attività hanno fatto emergere una serie di cambiamenti tra loro concatenati[11]: gli effetti sono legati tra loro, nel senso che il secondo è conseguenza del primo, il terzo è conseguenza del secondo e il quarto è conseguenza del terzo

  • secondo l’82% dei responsabili degli store coinvolti nell’attività, grazie ai FormidAbili è stato osservato un miglioramento nei processi di selezione e nella comprensione delle caratteristiche dei lavoratori svantaggiati;
  • secondo il 62%, grazie alla miglior preparazione dei tutor si sono ridotte le criticità come ad esempio dispersioni, demotivazioni, inefficienze;
  • il 35,3% segnala che la riduzione delle criticità ha fatto diminuire mediamente del 30% i tempi necessari per rendere sufficientemente autonomo il lavoratore;
  • il 14,7% afferma che la riduzione dei tempi per rendere sufficientemente autonomo il lavoratore permette di pianificare nuovi inserimenti di lavoratori svantaggiati con 5 nuovi inserimenti pianificati nell’ultimo anno.

Al quarto anno di esperienza si assiste ad una capitalizzazione degli investimenti, l'attività infatti presenta caratteristiche di continuità che hanno permesso l'avvio di un processo di maturazione e consolidamento degli esiti con un indice SROI che passa da 2,34 a 3,20 nell’ultimo anno. Nel 2023, gli investimenti destinati alle attività del progetto, all'assistenza dei lavoratori svantaggiati e ad altri costi sostenuti dagli stakeholder sono stati pari a 220.516,60€.  L'impatto sociale generato è stato pari a 705.217,11€. Questo valore è attribuibile all'inserimento lavorativo delle persone con disabilità, che ha portato alla riduzione dei costi sociali associati alla disoccupazione e al rischio di abbandono del lavoro, nonché all'aumento del gettito fiscale e contributivo. Un ulteriore beneficio è stato il miglioramento dello stato psicologico dei beneficiari, che ha comportato anche un risparmio sui costi sanitari.

È normale che lo SROI del 2023 sia più alto dello SROI del periodo 2021-2023, perché nel calcolo degli input non sono più presenti i costi iniziali di avviamento del progetto e sono state realizzate economie di scala. Questo miglioramento è principalmente dovuto alla maggiore esperienza e alla formazione del personale degli store di Leroy Merlin, che ora riesce a inserire i lavoratori con disabilità più velocemente e con meno difficoltà. Inoltre, l'ottimizzazione dell'organizzazione ha migliorato la collaborazione con gli enti invianti, facilitando l'intero percorso di inserimento lavorativo e contribuendo significativamente alla riduzione dei costi legati all'affiancamento.

Buona pratica 3 - Abili al posto giusto (Isola formativa)

Presentazione Esperienza

Abili al Posto Giusto è una esperienza avviata dall’impresa sociale Spazio Aperto di Milano impegnata nell’inserimento lavorativo di persone in condizioni di svantaggio che in collaborazione con alcune delle aziende clienti, ha sperimentato il modello “isola formativa”, con il lavoratore in alcuni casi assunto dall’azienda, altre volte dall’impresa sociale. In tutti i casi la cooperativa si occupa della formazione con una metodologia che trova origine nelle teorie e nella prassi della formazione on the job o formazione in situazione, che si sostanziano nella costituzione di stazioni di lavoro realizzate in azienda, destinate alle persone con disabilità e gestite da tutor professionali che garantiscono costante monitoraggio. Nell’isola formativa si svolgono attività lavorative reali e si sviluppano percorsi professionalizzanti individuali. L’isola formativa nasce per rispondere a due obiettivi:

  • essere in linea con le esigenze aziendali;
  • offrire una concreta alternativa ad altri strumenti di inserimento lavorativo, che spesso non tengono conto dei tempi necessari per il candidato a adeguarsi ai ritmi e alla vita aziendale.

Da un punto di vista amministrativo, l’isola formativa comporta la sospensione degli obblighi di assunzione o del pagamento dei contributi esonerativi in funzione del numero dei disabili inseriti nell’isola.

Ad oggi sono state coinvolte due aziende per un totale di 12 inserimenti lavorativi con tirocinio, 4 dei quali sono stati stabilizzati con contratto a tempo determinato.

Gli elementi fondativi della partnership

Tutto il processo prevede una co-progettazione delle attività e una responsabilizzazione dei dipendenti in modo che l’isola formativa diventi parte integrante del ciclo di produzione aziendale, con un cambiamento culturale e un nuovo approccio alla disabilità. L’isola formativa si caratterizza per:

  • ambienti di lavoro destinati alle persone disabili interni alle aziende non integrati ma connessi al ciclo lavorativo dell’azienda;
  • tutor specializzato che ha il compito di coordinare le attività, progettare e gestire percorsi professionalizzanti individualizzati e mediare tra le esigenze aziendali e le possibilità delle persone disabili;
  • attività dell’isola calibrate in funzione delle caratteristiche dell’azienda e della tipologia di figure professionali necessarie sia su lavorazioni pratico manuali che su profili di maggior complessità professionale.

Estratto analisi di impatto

I principali cambiamenti emersi dalle interviste con focus qualitativo[12] ai referenti delle due aziende coinvolte nella sperimentazione sono:

  • crescita della sensibilità e della cultura aziendale sui temi dell’inclusione lavorativa;
  • miglioramento del clima lavorativo e delle relazioni tra i dipendenti;
  • isola formativa che è diventata parte integrante e funzionale dell’azienda.

L’analisi di impatto monetario previsionale evidenzia l’importanza di generare economie di scala in grado di ottimizzare le risorse e aumentare la portata degli effetti che contribuiscono ad accrescere l’impatto sociale generato. La stima dell’impatto previsionale è stata condotta attraverso il calcolo dell’indice SROI (Social Return On Investment). Il dato sintetico previsionale per i prossimi 24 mesi indica che 1 € investito genera 1,70 € di impatto sociale. Per l'analisi previsionale, si prevede un investimento di 102.000€ per lo svolgimento delle attività, reso possibile da una riduzione dei costi di tutoring e affiancamento dei lavoratori, grazie alla maggiore esperienza e formazione dei tutor. Il valore sociale stimato, pari a 173.336,00€, deriva principalmente dai benefici legati all'inserimento lavorativo delle persone con disabilità.

Conclusioni

La rassegna degli indicatori emersi dalle analisi di impatto evidenzia la capacità delle imprese sociali di agire in modo efficace nel mutare le convinzioni consolidate delle imprese for profit circa l’impossibilità di conciliare l’integrazione lavorativa delle persone con disabilità con l’efficienza e l’efficacia dell’azione di impresa perché complessa da gestire e con costi troppo onerosi in termini di tempo ed investimenti dedicati.

Una relazione di reciprocità tra imprese sociali e imprese profit è invece capace di generare innovazione e cambiamento, con l’impresa sociale partner strategico e consulente per l’area della disabilità, offrendo all’azienda il suo know-how e le sue competenze.

L’auspicio è che il soggetto pubblico favorisca e valorizzi le relazioni virtuose tra imprese sociali di inserimento lavorativo, centri per il collocamento mirato e impresa profit come quelle richiamate in questo contributo; in questa direzione il Decreto Direttoriale n. 154 sopra citato che, se adeguatamente sviluppato, può rappresentare uno strumento di visibilità e riconoscimento delle avanguardie di esperienze in atto.

La raccolta sistematica delle buone pratiche di inclusione lavorativa è infatti finalizzata a contribuire, con la diffusione di esperienze positive ed efficaci, all’innalzamento degli standard di gestione del sistema del collocamento mirato e ad assicurare la disponibilità su tutto il territorio nazionale di modelli replicabili di azioni, procedure e progettualità a beneficio delle persone con disabilità e dei datori di lavoro interessati dalla normativa per il collocamento mirato, favorendo così un processo di diversificazione dei sistemi di welfare, che valorizzi al contempo anche il ruolo della parte pubblica a garanzia di un processo in cui inclusione, partecipazione, universalismo e tutela dei più esclusi dai sistemi sociali viaggiano all’unisono.

DOI 10.7425/IS.2025.01.10

 

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Istat, 2019, Conoscere il mondo della disabilità in https://www.istat.it/produzione-editoriale/conoscere-il-mondo-della-disabilita-persone-relazioni-e-istituzioni/

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 2023 https://www.lavoro.gov.it/notizie/pagine/buone-prassi-materia-di-collocamento-mirato-pubblicato-il-decreto

[1] Per approfondimenti si rimanda al seguente link https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/disabilita-e-non-autosufficienza/focus-on/Convenzione-ONU/Documents/Convenzione%20ONU.pdf.

[2] Rapporto dell’ISTAT «Conoscere il mondo della disabilità” (2019) https://www.istat.it/produzione-editoriale/conoscere-il-mondo-della-disabilita-persone-relazioni-e-istituzioni/

[3]  Nel mese di giugno 2024 è stata presentata la ricerca realizzata dal Ministero del Lavoro insieme all’Istituto nazionale per le analisi delle politiche pubbliche Inapp. I numeri sono aggiornati al 2021.

[4] Tra gli altri si segnala la prima indagine macroeconomica sull’impatto sociale degli inserimenti lavorativi in Italia realizzata nel 2016 http://www.impresasociale.net/osservatorio/l_impatto_sociale_dell_inserimento_lavorativo_in_italia.php

[5] I dati rimandano alla XVI edizione dell’Osservatorio Isnet sull’impresa ad impatto sociale in Italia. Il Panel Isnet interrogato a cadenze periodiche comprende imprese sociali e dal 2016 anche le Società benefit, una qualifica introdotta dalla Legge di Stabilità del 2016, stanno agendo per affiancare allo scopo di generare profitto e dividere gli utili anche il perseguimento di finalità di beneficio comune, in alcuni casi con riferimento all’incremento delle opportunità occupazionali.

[6]  Si segnalano alcuni articoli per approfondimenti https://www.welforum.it/contaminazioni-profit-non-profit/; https://www.rivistaimpresasociale.it/forum/articolo/l-impresa-sociale-e-impresa-for-profit-la-relazione-che-produce-cambiamento.

[7] Si segnala la prima indagine sul Social procurement in  Italia http://www.impresasociale.net/osservatorio/profit_e_non_profit_uniti_dal_social_procurement_-__isnet_e_right_hub-1.php e il piu’ recente approfondimento realizzato in Piemonte per Torino Social Impact http://www.impresasociale.net/proposte/acquisti_ad_impatto_sociale.php.

[8] È questo il caso del quarto cluster di relazioni impresa sociale e profit per l’inserimento lavorativo così come descritto da Sara Depredi nel saggio Il contratto di rete tra cooperative sociali di inserimento lavorativo e imprese in Impresa Sociale 3/2021 —dove sia la funzione produttiva che quella occupazionale e/o sociale sono al centro della relazione. Per approfondimenti si rimanda anche a Inserimento lavorativo e contatti di rete, di Carlo e Matteo Borzaga, edito da Il Mulino.

[9] Per approfondimenti si rimanda a https://www.lavoro.gov.it/notizie/pagine/buone-prassi-materia-di-collocamento-mirato-pubblicato-il-decreto.

[10] Le analisi di impatto sociale sono state realizzare da Associazione Isnet nell’ultimo anno. Per l’analisi si è fatto riferimento alla teoria del cambiamento. Il quadro assume che a fronte di determinate risorse (input) impiegate attraverso processi (activities) si ottengono dei risultati (output) che a loro volta danno origine a dei benefici (outcome). L’analisi degli effetti delle attività (attesi e inattesi, positivi e negativi, diretti e indiretti) è stata condotta su tre livelli: Qualitativo (descrittivo, narrativo, non numerico); Quantitativo (statistico descrittivo) Monetario indice SROI: Social Return On Investment. Va considerato che l'impatto sociale è fortemente condizionato dai fattori di adjustment (aggiustamento): deadweight (ciò che sarebbe potuto accadere senza le attività); attribution (altre cause agli effetti); drop off (diminuzione degli effetti nel tempo); displacement (effetti negativi). Questi fattori possono dipendere, oltre che dal tipo di attività impiegate, anche da altri aspetti indipendenti dalle decisioni dell'ente, ad esempio: le caratteristiche specifiche dei destinatari che aderiscono all'iniziativa, la presenza di altre proposte e soluzioni alternative nel territorio di riferimento, la quantità e qualità di stakeholders non direttamente coinvolti nelle attività ma che possono agevolare i risultati, ecc. Dato questo inciso, per poter comparare gli "indici di causalità" e/o gli indici SROI di due o più iniziative, occorre procedere per passi incrementali.

[11] I risultati si riferiscono all’analisi quantitativa rivolta ai responsabili degli store Leroy Merlin coinvolti nel progetto, sono stati raccolti complessivamente 33 questionari su 52 store coinvolti complessivamente

[12] L’analisi qualititativa è stata circoscritta alle persone con disabilità assistite dagli enti invianti.

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