In questo articolo si presentano le caratteristiche ed elementi di apprendimento del progetto La cultura dietro l’angolo. L’intervento, realizzato dal 2022 nella Città di Torino, ha coinvolto un partenariato composito di enti di diversa natura nella co-progettazione di un palinsesto di attività culturali indirizzate a persone con povertà relazionali. La proposta voleva servire a generare occasioni per la socialità e la costruzione di legami. Il focus è posto sugli aspetti organizzativi della progettazione. In particolare, le motivazioni della partecipazione e gli apprendimenti dalla prospettiva degli enti coinvolti. I risultati possono essere di interesse per policy maker interessati alla realizzazione di progetti sociali che vedono il coinvolgimento di reti multi-attore eterogenee.
È possibile stabilire una collaborazione efficace tra enti di promozione della cultura ed enti votati all’impegno sociale? Un ente filantropico può non limitarsi alla sola erogazione di risorse economiche e si può fare ideatore e promotore attivo di una progettazione sul territorio? Quali rischi e quali opportunità nascono da strutturare processi complessi? Queste sono alcune domande a cui proverà a rispondere questo articolo attraverso gli elementi emersi da uno studio valutativo sugli esiti dei processi avviati dal progetto La cultura dietro l’angolo a Torino.
È noto come, a seguito della pandemia da Covid-19, sia incrementato il numero di persone che vivono in condizioni di insicurezza economica e/o di indigenza. Secondo il rapporto Caritas 2021 la quota di persone incontrate per la prima volta con i servizi dell’ente (“nuovi poveri”) era del 44%, a fronte del 7% osservato l’anno precedente. Il concetto di povertà è ampiamente multidimensionale (Sen, 1999; Nussbaum 2000) e il deterioramento di “capitali” di ampie quote della popolazione nel periodo post-pandemico non è stato solo di natura economica. Le misure restrittive della socialità per la tutela della salute (Stanig e Daniele, 2021) hanno infatti intaccato componenti altrettanto importanti per la qualità della vita e il benessere delle persone, come le relazioni (Wilson et al. 2007; Steptoe et al., 2013). Gli effetti negativi si sono osservati in modo particolare per le persone più anziane con reti relazionali ridotte (Zaccaria et al., 2020), oppure per chi già vivesse contesti di vulnerabilità sociale (Poli, 2021).
Il progetto La cultura dietro l’angolo nasce con questa finalità: favorire modalità di partecipazione e socializzazione di persone in condizioni di solitudine attraverso un palinsesto di iniziative culturali di alto profilo. Il progetto prevedeva la programmazione di un palinsesto di attività culturali (feste, spettacoli, concerti, conferenze, laboratori, accesso a musei cittadini) in luoghi della città decentrati a cui i beneficiari veniva offerta la possibilità di partecipare in modo gratuito. A seguito di un’iscrizione (e, quindi, al rilascio di una tessera individuale) le persone prendevano parte alle iniziative proposte. L’iniziativa ambisce a favorire la (ri)costruzione di reti relazionali investendo su due aspetti fondamentali: la proposta di “iniziative culturali” e l’ottica della “prossimità”. La logica è stata quella di attivare processi virtuosi per produrre nuove relazioni.
Il progetto è stato realizzato a Torino su iniziativa della Fondazione Compagnia di San Paolo subito dopo la pandemia, anche se la sua ideazione è nata proprio durante i mesi caratterizzati dal lockdown. Si è trattato di uno dei progetti operativi avviati dalla medesima Fondazione in cui, oltre al sostegno economico, si sono unite capacità progettuali, competenze gestionali, messa a rete del proprio capitale relazionale per coinvolgere partner progettuali (culturali e sociali), realizzare campagne comunicative. Dopo una prima edizione pilota nel 2022, il progetto è proseguito negli anni successivi; nel nostro articolo si prendono in esame le prime due edizioni (2022 e 2023)[1].
In questo saggio, il focus è posto sugli elementi di apprendimento riferibili all’organizzazione e alla realizzazione della progettazione. Sono state realizzate 24 interviste semi-strutturate con attori privilegiati (in seguito saranno forniti dettagli) e 3 focus group, che rappresentano le principali basi informative della ricerca. Il progetto La cultura dietro l’Angolo ha attivato in una logica di co-progettazione una rete costituita da più enti. Oltre alla Fondazione, alla progettazione hanno preso parte enti del settore culturale, sociale e presidi partecipativi come le case del quartiere. All’interno del nostro studio ricostruiremo due aspetti chiave, che sono: 1) le motivazioni della partecipazione degli enti; 2) gli esiti di apprendimento organizzativo intesi come aspetti positivi oppure negativi osservati a seguito della co-progettazione realizzata. La rete multi-attore ha rappresentato un'ulteriore scommessa progettuale - oltre all’investimento sul ruolo della cultura come occasione per generare relazioni - e l’analisi di implementazione ha consentito di tracciare come abbia funzionato nella prova pratica. Al di là degli aspetti qualificanti del progetto, esso stesso è un interessante caso di studio data la complessità del coordinamento tra soggetti così diversi tra di loro. Una complessità confermata dagli enti coinvolti che lo hanno definito come “faticoso” e “ambizioso”.
L’articolo è strutturato come segue: dopo una breve introduzione, nel secondo paragrafo si descrivono le principali caratteristiche del progetto esaminato. Nel terzo paragrafo si delinea l’architettura progettuale in termini di ruoli e pratiche di co-progettazione adottate; nel quarto si forniscono dettagli sulla metodologia di ricerca adottata nello studio. Nel quinto paragrafo sono discussi i principali risultati e, nell’ultimo, le indicazioni di policy.
La cultura dietro l’angolo è un’iniziativa nata nel 2022 dalla Fondazione Compagnia di San Paolo, frutto di una collaborazione innovativa tra alcuni dei principali enti culturali di Torino e i presidi civici cittadini. L’obiettivo è rendere la cultura accessibile a tutti, portandola vicino alle persone anche nei quartieri più periferici, questo per favorire nuove opportunità di incontro, condivisione, socialità e partecipazione. Le attività si svolgono in luoghi come case di quartiere, biblioteche e spazi pubblici. La cultura dietro l’angolo si sviluppa attraverso diverse componenti principali: in primis le feste nei presidi civici cittadini – organizzate ad hoc anche per promuovere le attività del progetto - come momenti di convivialità e socializzazione. Poi, un calendario di attività da realizzare nei diversi presidi, che animano le circoscrizioni torinesi con concerti, spettacoli teatrali, performance artistiche, visite ai musei, giochi, incontri di divulgazione scientifica. Oltre a essere un ricco programma di eventi, La cultura dietro l’angolo offre anche una tessera che garantisce agevolazioni per visitare sostanzialmente tutti i principali musei cittadini, come la GAM, le Gallerie d’Italia e il Museo Egizio, e per partecipare a importanti appuntamenti culturali realizzati nella Città di Torino.
Il progetto non si è caratterizzato per una connotazione esplicita di tipo sociale, per quanto si sia posto l’obiettivo di favorire la partecipazione al medesimo in modo particolare di persone più isolate all’interno della comunità. Il progetto è stato quindi promosso come un palinsesto di attività culturali indirizzato all’intera cittadinanza, per quanto i beneficiari ricercati con azioni dedicate sono state le persone in situazione di povertà relazionale da reclutare con l’aiuto dell’associazionismo locale (i presidi territoriali degli enti sociali, in particolare, con la promozione presso i propri contatti) e cittadini comuni attraverso canali indiretti (marketing, pubblicità, social, cartellonistica, etc.). Alla prima edizione (2022) sono state tesserate 2.300 persone circa e sono stati calendarizzati 80 eventi. Nel 2023 sono state tesserate altre 2.939 persone e nel 2024 (dato parziale a settembre 2024) 1.411 persone[2].
Nelle due annualità l’azione progettuale è stata accompagnata da un’analisi degli esiti volta a misurare l’evoluzione di indicatori di dimensioni relazionali e di isolamento per un collettivo di beneficiari (persone in condizione di povertà relazionale) coinvolti. La valutazione – realizzata con questionario e batterie di domande validate in letteratura – ha previsto una raccolta dati pre e post (all’incirca dopo 1 anno) partecipazione su un centinaio di beneficiari, suggerendo potenzialità del progetto. In particolare, la partecipazione a La cultura dietro l’angolo è risultata associata alla riduzione del senso di solitudine percepita dai beneficiari più poveri di relazioni in partenza, un incremento della fiducia verso gli altri (in particolare verso le associazioni del quartiere e i negozianti – proxy per figure di prossimità), una riduzione dell’isolamento percepito rispetto alla propria comunità cittadina. Tali effetti sono associati a un incremento della fruizione di attività culturali come uscite per mostre, musei, cinema, ma anche eventi di socializzazione vissuti dalle persone nel periodo considerato[3].
Come già anticipato, la rete attivata è stata numerosa e variegata per dimensioni, settore, target di enti coinvolti. Il progetto ha coinvolto in particolare - oltre alla Fondazione, soggetto promotore e finanziatore - due tipologie di enti: enti “sociali” (presidi territoriali, quali le Case del Quartiere o le biblioteche pubbliche) e “culturali” (istituzioni operanti in questo ambito).
Per la selezione degli enti sociali da cui iniziare la sperimentazione, si è scelto di partire da alcuni degli enti facenti parte della rete di Torino Solidale, una rete nata nel 2020 con l’obiettivo di dare sostegno ai cittadini di Torino nell’affrontare l’emergenza pandemica. Il progetto ha coinvolto alcuni presidi territoriali torinesi: Bagni pubblici di Via Agliè, Cecchi Point (non più coinvolto nell’edizione del 2023 del progetto), Gruppo Abele, Piùspazioquattro, Casa Nel Parco, Officine Caos, Casa del Quartiere San Salvario. Tali enti sono stati denominati “snodi” a cui facevano riferimento altri enti, denominati “sotto-snodi”, realtà territoriali analoghe, ma dipendenti dallo snodo di riferimento[4]. I sotto-snodi coinvolti sono stati la Casa del Quartiere Barrito (connesso allo snodo della casa del quartiere San Salvario), Cascina Roccafranca (connesso allo snodo della casa del quartiere Casa nel Parco), e la Consulta per le persone in difficoltà (connesso allo snodo Gruppo Abele). Nell’edizione del 2023 sono state aggiunte come presidi Beeozenam (un community hub) e tre biblioteche: la biblioteca del Centro Interculturale, biblioteca Italo Calvino, biblioteca Don Milani.
Per quanto riguarda invece le istituzioni culturali coinvolte con l’edizione pilota (2022) se ne contavano sei: Abbonamento Musei (con funzione di coordinamento), Museo Egizio, Teatro Stabile, Unione Musicale, Fondazione Teatro Ragazzi, Centro scienza; nell’edizione del 2023, a questi si sono aggiunte Gallerie d’Italia, Galleria d’arte moderna (GAM) e Teatro Piemonte Europa (TPE). Un insieme quindi molto eterogeneo che andava da realtà sistemiche che gestiscono il servizio di una tessera per l’accesso ai musei, a musei stessi, oltre a enti produttori di spettacoli. Risulta peraltro evidente la sfida rappresentata da far collaborare in modo paritario enti pubblici ed enti del privato sociale. Le attività proposte tramite l’organizzazione di eventi sono state di diverso tipo: musicali, dialogiche, teatrali, ludiche o narrative, tutte con un alto grado di coinvolgimento dei partecipanti.
Il partenariato non si è costituito spontaneamente, ma è stato formato grazie all’azione di uno storico ente filantropico come la Fondazione Compagnia di San Paolo, che ha inizialmente coordinato la rete mettendo in collegamento il proprio patrimonio di relazioni strategiche tra cui Arci Torino che si è occupata di svolgere il monitoraggio del progetto e Fondazione Ufficio Pio (ente strumentale della Compagnia di San Paolo), che nel 2022 ha gestito un corso di formazione per operatori sulla comunicazione digitale con i beneficiari e nell’edizione del 2023, ha implementato alcune azioni trasversali rivolte all’attivazione dei beneficiari[5].
La rappresentazione del modello logico del progetto La cultura dietro l’angolo, riportato nella Figura 1, descrive gli elementi fondamentali in termini di soggetti coinvolti, attività, risultati direttamente prodotti (output) ed esiti. La figura permette di cogliere, in particolare, l’organizzazione della rete in merito alle attività da realizzare.
Figura 1. Una ricostruzione del modello logico del progetto La cultura dietro l’angolo (edizione 2023)
Fonte: elaborazione degli autori.
Al soggetto promotore (Fondazione Compagnia di San Paolo) è spettato il compito della gestione finanziaria, l’indirizzo strategico (scelte di fondo su obiettivi e target di progetto), la valutazione e il monitoraggio delle realizzazioni, la promozione sui propri canali. Un impegno che ha visto la partecipazione di due uffici dell’area erogativa/progettuale (Missione Favorire la partecipazione attiva e Missione Diventare comunità), della Direzione Pianificazione, Studi e Valutazioni (per l’attività di valutazione) l’ufficio comunicazione (per un supporto all’attività della comunicazione).
L’architettura organizzativa prevedeva, poi, un nucleo fondamentale tramite due figure di coordinamento (project manager) per gli enti culturali e di una per i presidi territoriali. A questo livello organizzativo erano riservate le scelte sul tipo e sul periodo di realizzazione del palinsesto, oltre ad eventuali ricalibrazioni in itinere a fronte dei feedback dal monitoraggio. È soprattutto con riferimento al coordinamento che gli enti potevano, quindi, trovare occasioni strutturate di confronto-relazione.
Operativamente, le attività di coordinamento hanno prefigurato azioni dedicate a processi trasversali fondamentali per alimentare la rete multi-attore e le relazioni come alcuni “tavoli di lavoro” (oltre alla condivisione di materiali, azioni di comunicazione interna). Sono in particolare due gli strumenti adottati in tal senso: il “tavolo di lavoro in plenaria” e il “tavolo di lavoro ristretto”. Il tavolo di lavoro in plenaria ha visto la partecipazione di tutti gli enti culturali coinvolti, del coordinatore degli enti culturali, di un rappresentante degli snodi, di un referente per il monitoraggio. Emerge, quindi, una prevalenza in questa struttura organizzativa del punto di vista delle istituzioni culturali. Il tavolo di lavoro ristretto era invece composto dal coordinatore degli enti culturali, dal rappresentante degli snodi territoriali, dal referente del monitoraggio, dal referente della comunicazione, dai referenti della Fondazione, da un collaboratore di Arci, da un rappresentante delle case del quartiere e da un referente della Fondazione Ufficio Pio. Le occasioni di incontro fra tutti gli enti coinvolti - presidi territoriali ed enti culturali - sono stati momenti meno operativi e più formali, come ad esempio l’avvio o la fine del progetto, in occasione della restituzione dei dati di monitoraggio e valutazione.
L’implementazione vera e propria del progetto ha quindi necessitato l’ideazione e la realizzazione del palinsesto, oltre alla gestione dei rapporti con gli enti partecipanti. Tra tutte queste attività, alcune sono state attribuite in modo sostanzialmente esclusivo alle diverse tipologie di enti. L’ideazione della proposta, la progettazione, l’organizzazione in loco, la promozione dei singoli eventi è stata attribuita agli enti culturali. Ai presidi territoriali è stata invece delegata l’operatività associata alle realizzazioni, quindi l’iscrizione dei beneficiari, la loro accoglienza durante gli eventi, il tesseramento nel progetto, l’allestimento di un contesto che potesse favorire le relazioni con e tra i partecipanti.
Data la natura sperimentale del progetto, la Fondazione ha predisposto un disegno di valutazione che permettesse di raccogliere informazioni utili a raccogliere informazioni sull’efficacia del progetto sui partecipanti (valutazione d’impatto quantitativa) e dei processi avviati attraverso l’analisi di implementazione (Bobbio et al., 2017). La prima, seppure abbia prodotto risultati interessanti e validato l’efficacia del modello, non sarà trattata in questo articolo che invece si concentrerà sulle evidenze emerse riguardo ai complessi processi avviati. L’attività di ricerca ha osservato le due prime annualità (2022 e 2023). Nello specifico, la ricerca ha utilizzato interviste semi-strutturate e focus group per analizzare i processi di collaborazione instaurati comprendendone punti di forza e criticità. Gli obiettivi si sono configurati nell’approfondire le prospettive dei diversi attori in relazione ai processi di lavoro; esplicitare gli apprendimenti individuali e organizzativi della sperimentazione; far emergere le linee di orientamento condivise.
Operativamente, nell’ambito della prima edizione progettuale sono state realizzate 15 interviste (svolte online) con i referenti della Fondazione Compagnia di San Paolo, gli snodi territoriali e gli enti culturali coinvolti[6]. Sono state intervistate persone con diversi livelli di coinvolgimento nel progetto: i due project manager, la coordinatrice degli snodi territoriali, la coordinatrice degli enti culturali, la referente del monitoraggio, per ogni snodo territoriale le responsabili e gli operatori), mentre per gli enti culturali è stato ascoltato il parere del livello di coordinamento coinvolto nella progettazione (direttori, segreteria generale, responsabili di area) e un’artista che ha svolto le attività di animazione.
In seguito ad analisi preliminari delle interviste, è stato quindi realizzato un focus group con gli snodi territoriali per avere un feedback sui risultati delle interviste ed aiutare l’interpretazione del materiale raccolto e approfondendo e condividendo nel contempo anche le implicazioni. L’ottica adottata è quella del cosiddetto “approccio partecipato” (Cataldi, 2012; Decataldo e Russo, 2022), in cui al centro vi è la prospettiva delle persone e delle organizzazioni, oltre alla sostenibilità dei processi di lavoro. Effetto indiretto - ma desiderato - dell’analisi è l’aver reso disponibili alla rete multi-attore momenti per la riflessione dando l’opportunità di rileggere l’operatività dei processi collaborativi intrapresi.
Nella seconda edizione del progetto sono stati svolti 2 focus group e 9 interviste (tutte realizzate in ottobre 2023), coinvolgendo complessivamente 34 persone. Per quanto concerne le interviste, 4 hanno riguardato i responsabili dei nuovi presidi territoriali coinvolti nella seconda edizione; mentre, ulteriori 3 sono state realizzate ai referenti della città di Torino: dirigente del servizio attività culturali, dirigente del servizio biblioteche, assistente in staff dell’assessorato al welfare, diritti e pari opportunità. Con le interviste è stato altresì sondato il parere di figure apicali e/o project manager della Fondazione per la Cultura e della Fondazione Ufficio Pio. Per quanto riguarda i due focus group invece un campione qualificato di 14 operatori culturali selezionati per garantire una rappresentanza di tutte le tipologie, e 10 operatori dei presidi territoriali e referenti per le biblioteche[7].
I principali risultati dell’analisi di implementazione hanno permesso di identificare e comprendere meglio come hanno realmente funzionato i processi avviato dal progetto. Nel testo verranno, inseriti alcuni brani tratti dalle interviste o dai focus group, quando ritenuti particolarmente esemplificativi per il tema trattato.
Il progetto è stato più volte definito dagli intervistati come “faticoso”, “un progetto che chiede di alzare l’asticella”, “impegnativo”. Per investire in una progettazione che si è presentata sin dall’origine come ambiziosa, le organizzazioni hanno necessitato di strutturare motivazioni e obiettivi della partecipazione. Questi ultimi alimentano la spinta a collaborare, e a farlo con beneficio, andando oltre le proprie prassi consolidate. Oltre agli obiettivi generali - condivisi e riconosciuti dalle realtà coinvolte - ogni ente ha declinato le motivazioni della partecipazione rispetto a propri statuti e mission organizzative. In particolare, le principali dimensioni emerse sono state:
“L’obiettivo è che le persone possano sentirsi bene: noi qui conosciamo le persone in maniera approfondita e possiamo direzionarli anche in altri progetti di diverso tipo” (ente sociale).
“C’è come una questione spaziale nell’accessibilità culturale, è come se gli enti culturali fossero fuori dalla portata di certe persone, è una percezione, ci si sente lontani fisicamente (ente culturale)
“Da parte nostra è stata una bella opportunità di conoscere punti della città che non avremmo altrimenti conosciuto (…)” (ente culturale)
“Non ci ha scoraggiato il fatto che queste persone non ci conoscessero, anche noi abbiamo una responsabilità di uscire dai luoghi sacri della cultura e andare a incontrare le persone” (ente culturale)
Il ruolo della Fondazione emerge chiaramente dalle interviste realizzate dove risulta come sia stata capace di identificare un problema e al tempo stesso una politica per affrontarlo, mettendo a disposizione il proprio capitale di relazioni, oltre a risorse economiche, e offrendo ai partner l’occasione di investire nella partecipazione a una rete multi-attore di co-progettazione. D’altra parte, le ambizioni del progetto e la presenza di un partenariato eterogeneo e diffuso hanno portato alla percezione da parte degli enti di un ingente impegno ed uno sforzo considerevole che è stato chiesto loro.
“Nel giro di qualche mese abbiamo portato a casa un calendario importante. (…) Operativamente abbiamo collaborato bene, mi è molto piaciuto ragionare con enti diversi per un progetto sociale. Molta concretezza” (ente culturale)
“Siamo stati chiamati, in un progetto con queste ambizioni e questi partner, non ti tiri indietro. Io non mi sognerei mai di tirarmi indietro a un progetto di Compagnia (…); se lei mi chiede di partecipare a un progetto che mette insieme 5 grandi istituzioni…” (ente sociale)
“L’impegno che ci è stato richiesto in termini di risorse è stato molto gravoso. Però questo si faceva perché c’era l’indicazione da parte di Compagnia, da soli non lo avremmo fatto” (ente culturale)
In tema di collaborazioni, sono le dinamiche intercorse tra enti di natura così diversa (istituzioni culturali e enti operanti in ambito sociale, nello specifico) a suggerire esiti utili a fini di apprendimento generale.
Il primo aspetto da evidenziare è riassumibile nella “fatica del conoscersi”: con riferimento alla dimensione dell’esito della collaborazione, sono emerse evidenti aspettative solo in parte confermate. Il principale tema sollevato dagli enti culturali è la fatica della relazione a causa della forte eterogeneità tra le componenti del privato sociale e le scarse occasioni di incontro confinate perlopiù ai vertici delle rispettive organizzazioni. Le interlocuzioni di progetto sono state infatti dedicate sostanzialmente alla gestione della logistica degli eventi (es. spazi, impianti fonici) e sono avvenute coinvolgendo relativamente poco gli operatori. Si è verificata, dunque, una difficoltà associata alla diversa natura del partenariato dal momento che la “trasmissione” delle informazioni nelle istituzioni culturali è risultata più diretta. Per delineare processi organizzativi più efficaci, sarebbe risultato funzionale investire in figure di raccordo capaci di sovrintendere i momenti di collaborazione, decisione, e poi la realizzazione.
“Ci sono snodi molto diversi…con meccanismi di pianificazione del lavoro più strutturati e altri meno”. (ente culturale)
“Noi non abbiamo mai incontrato gli snodi in una riunione, abbiamo incontrato solo il loro referente. Sarebbe bello che ci fosse ad esempio una visita guidata allo snodo per capire come opera, un processo guidato…” (ente culturale)
Dalla prospettiva degli snodi territoriali, la collaborazione con gli enti culturali si è configurata in chiave positiva, ed è stata giudicata in tal senso poiché supporto fondamentale per la “divisione del lavoro” in fasi. Quindi, in chiave sostanzialmente strumentale. L’elemento più fattivo della collaborazione, per gli enti sociali, è stato poter delegare una gran parte delle attività ancillari agli eventi liberando tempo da dedicare alla relazione con i beneficiari. La progettualità funzionava perché “ognuno aveva il suo compito”, lo snodo territoriale rispetto alla relazione e l’aggancio con i beneficiari, l’ente culturale rispetto alla messa in campo del prodotto culturale. Ciò può essere un punto di partenza per arricchire la collaborazione in chiave generativa siccome la delega di attività rientra nella prospettiva di efficientamento dei processi organizzativi. Tuttavia, ciò può altresì palesare criticità. Ad esempio, in tema di contenuti delle iniziative gli snodi non avendo sempre chiaro come si sarebbe svolta l’attività si sono trovati in difficoltà nel rispondere a quesiti dei beneficiari o a orientarli verso quelle di loro maggiore interesse. In generale, sembra fondamentale integrare le competenze in modo funzionale, ma senza eccessiva specializzazione per favorire una maggiore conoscenza reciproca, per osservare cosa sia possibile “fare di nuovo”, insieme. Nel progetto, tali dinamiche sono state confinate più alla presa di iniziativa personale non risultando esito della coprogettazione.
“Menomale che c’era una parte che si occupava della comunicazione, sono arrivati subito, non abbiamo dovuto pensare a tutta quella parte (…). Noi abbiamo fatto solo aggancio, relazione, stiamo ancora facendo quella parte lì e ha funzionato effettivamente, ci hanno tolto un problema.” (ente culturale)
“È stato facilitante il fatto che abbiano fatto loro delle proposte, sulla base della loro esperienza e disponibilità. Nessuno di noi fa programmazione culturale a quel livello, non saremmo stati in grado di fare quel tipo di offerta quindi ben venga.” (ente sociale)
Per gli enti culturali, seguire gli incontri di progettazione è risultato a volte faticoso, non sempre se ne è intravisto il senso. È emersa la difficoltà nel bilanciare due dimensioni tra loro interconnesse: la parte relativa alla “cornice di senso” (gli obiettivi, i contenuti che il progetto vuole promuovere) con la parte “operativa/organizzativa” relativa ai carichi di lavoro, tempi, spazi e competenze a disposizione. Questo riguarda anche il tema dell’investimento di tempo e dell’aggancio dei ruoli apicali delle organizzazioni. Per gli enti culturali, una questione fondamentale è stata quella di comunicare all’interno della propria organizzazione il valore di quanto svolto sul territorio per i cittadini:
“Il mio tema è cercare di far comprendere il programma all’interno del mio ente, le proposte che aveva fatto il mio direttore inizialmente non erano coerenti, internamente è stato difficile come primo anno” (dal focus group con gli enti culturali edizione 2023).
Un secondo tema rilevante riguarda il cambiamento nei processi di lavoro: in merito agli apprendimenti favoriti nel “fare insieme”, l’incontro con modalità di lavoro, organizzazione e target sfidanti ha richiesto riflessioni e sforzi aggiuntivi generando - in alcuni casi - dei cambiamenti nelle prassi di lavoro più tradizionalmente utilizzate. Gli enti culturali, in particolare, hanno attuato adattamenti per concorrere agli obiettivi di progetto, ad esempio attraverso il coinvolgimento di collaboratori ritenuti adeguati a un lavoro a più stretto contatto con le fragilità, ma anche rispetto alle flessibilità organizzative da mettere in campo.
“Il grandissimo sforzo è stato semplificare e uscire dal format, è stato uno sforzo enorme (…) Uscire dalla pianificazione, degli spazi, per proporre una cosa che aveva come obiettivo non portare pubblico, ma contrastare la povertà relazionale, è stato un grande sforzo.” (ente culturale)
“In generale le case del quartiere non sono contesti facili per operatori che arrivano da organizzazioni diverse: sono contesti fluidi, misti, buttati sulla praticità, e in realtà devo dire che gli enti culturali sono stati in grado di individuare degli operatori molto capaci di stare dentro il nostro contesto e di dialogare con i cittadini. (…)” (ente sociale)
Con i limiti relativi al tempo a disposizione e delle modalità di lavoro intraprese, sembra che abbiano preso forma anche “pensieri nuovi” circa modalità di lavoro, potenziali ibridazioni e sperimentazioni di nuove forme del fare cultura. Il progetto ha rappresentato per la Città di Torino (in chiave informativa per altri contesti metropolitani) una prima occasione per ragionare, dal punto di vista degli enti, sulla possibilità di realizzare attività insieme verso target nuovi. Povertà relazionali e cultura, un binomio non comune per le periferie. Ciò ha fatto nascere in alcuni enti la consapevolezza che sia possibile fare proposte con ricadute sociali più ampie rispetto al preventivato. In alcune occasioni sono nate collaborazioni e progettazioni, inedite, fra snodi territoriali, beneficiari di azioni, ed enti culturali. Per quanto, queste sembrano essere dovute, però, perlopiù alla proattività dei singoli che non a esiti sistematici la cui causa si possa ricercare alle pratiche adottate. Ad esempio, alcuni presidi territoriali sono stati sede di una serie di incontri con un relatore del centro scienza a disposizione del pubblico, con temi scelti dai beneficiari.
“Questo ci ha consentito di diventare ancora più capillari nei nostri interventi, nei territori più delicati.” (dal focus group con gli enti culturali).
In altri casi, alcuni partecipanti sono diventati volontari del Museo Egizio, presso l’associazione a esso riferita. Alcuni partecipanti hanno richiesto di avviare con gli enti culturali una riflessione sul valore dell’accoglienza e dell’importanza della dimensione relazionale nella divulgazione culturale. Le storie dei beneficiari emerse in alcuni laboratori sono state raccolte in un libro, rimasto a disposizione dei presidi culturali.
Il progetto La cultura dietro l’angolo ha voluto incidere su condizioni di vulnerabilità relazionale in una grande città metropolitana come Torino attraverso un partenariato complesso che si è coagulato intorno all’iniziativa di uno storico ente filantropico. Vi è stato un approccio innovativo per affrontare il tema della povertà relazionale, vale a dire proporre contesti abilitanti e socializzanti, attorno a un tema di interesse comune, come la fruizione di eventi culturali.
Un’altra sfida che il progetto ha dovuto affrontare è stata la costruzione di una rete multi-attore attivata con un approccio innovativo in termini sia di relazioni sia di prassi adottate. Il risultato non era scontato e l’analisi realizzata conferma come gli enti culturali e sociali, di fronte ad una proposta sfidante, hanno dimostrato un atteggiamento tendenzialmente propositivo e di messa in gioco. Il riconoscimento di sfaccettati bisogni delle persone in condizione di fragilità unitamente alla volontà degli enti di apprendere sotto il profilo organizzativo e di rinsaldare opportunità di collaborazione restituiscono l’idea di attori pubblici attivabili. Le dinamiche osservate dimostrano tuttavia la necessità – quando si riuniscono in una progettazione enti di diversa natura – di curare molto il confronto condiviso dell’azione, di aspetti sia decisionali che operativi, alimentando la circolarità delle comunicazioni in considerazione di prassi consolidate in partenza distanti. Senza distrarre l’attenzione dagli obiettivi di contrasto alla povertà relazionale, sembra necessario garantire tempi appropriati per la progettazione, per la condivisione di ipotesi e per l’apertura di spazi di riflessione e pensiero oltre l’operatività.
Tale affermazione è sostanziata nel caso studio dal fatto che tra le diverse edizioni progettuali si sia verificato un maggior investimento in occasioni per la discussione tra enti, e ciò ha permesso di lavorare con maggiore fluidità e sostenibilità dei processi di lavoro. L’analisi condotta permette di confermare come il valore aggiunto del progetto non sia stato solo quello di ridurre la povertà relazionale dei beneficiari dell’iniziativa – dato confermato dall’analisi d’impatto - ma anche di creare relazioni, processi, modalità di lavoro che hanno permesso un approccio sistemico ed un’eredità di lunga durata per la città. Non è, quindi, casuale, ma piuttosto un risultato rilevante e fin dall’inizio voluto dalla Fondazione, che nel 2024 vi sia stato un passaggio di testimone alla guida del progetto dalla Compagnia ad un ente strumentale della Città di Torino (Fondazione per la Cultura). La Fondazione è rimasta all’interno del progetto non solo come finanziatore, ma anche continuando ad investire nel monitoraggio e nella valutazione dell’iniziativa. In questo senso La cultura dietro l’angolo rappresenta un caso di un successo di un progetto sperimentale, nato su iniziativa di un ente filantropico ma che, dopo aver dimostrato attraverso solide evidenze empiriche, di essere una risorsa per la comunità e il territorio, è diventato un bene comune dell’intera collettività.
DOI 10.7425/IS.2025.01.03
Bobbio, L., Pomatto, G., e Ravazzi, S. (2017). Le politiche pubbliche: Problemi, soluzioni, incertezze, conflitti. Mondadori Università.
Cataldi, S. (2012). La ricerca sociale come partecipazione. Il rapporto tra ricercatore e attore sociale nell'indagine sociologica. Franco Angeli
Decataldo, A., e Russo, C. (2022). Metodologia e tecniche partecipative. La ricerca sociologica nel tempo della complessità. Pearson Italia.
Nussbaum, M. (2000). Women's capabilities and social justice. Journal of human development, 1(2), 219-247.
Poli, S. (2021) Anziani in lockdown: tra fragilità, vulnerabilità e resilienza. ocietàMutamentoPolitica 12(24): 163-180. doi: 10.36253/smp-13234
Sen, G. (1999). Engendering poverty alleviation: Challenges and opportunities.
Stanig, P., e Daniele, G. (2021). Fallimento lockdown: come una politica senza idee ci ha privati della libertà senza proteggerci dal virus. EGEA spa.
Steptoe A., Aparna S., Panayotes D., Wardle J. (2013). Social Isolation, Loneliness, and all-cause mortality in older men and women. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, 110(15), 5797-5801.
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Zaccaria, D., Sala, E., Cerati, G. (2020) “Anziani e reti di relazioni durante la pandemia”, Welforum
[1] In relazione alle edizioni 2022 e 2023 agli autori è stato assegnato il compito di valutatori. Per quanto noto, tra i cambiamenti più significativi dell’edizione 2024 il coinvolgimento della Fondazione per la Cultura (con compito di coordinamento) oltre due assessorati della Città di Torino (“Welfare” e “Cultura”).
[2] Nel 2023 le attività calendarizzate sono 120, quelle nel 2024 sono state 240.
[3] Per ulteriori informazioni sul progetto si veda anche: https://www.laculturadietrolangolo.it/iniziativa/
[4] Il loro ruolo nel progetto è stato principalmente supportare all'ingaggio dei beneficiari, attingendo da proprie liste di contatti per promuovere il palinsesto del progetto.
[5] In particolare, i “gruppi di proposta”, nati con l’obiettivo di coinvolgere attivamente i destinatari delle attività, approfondire idee e interessi portati e lavorare insieme sull’aspetto culturale e sociale della costruzione delle proposte attraverso la progettazione di nuove attività; vi era inoltre l’ipotesi che coinvolgere persone del territorio avrebbe facilitato l’aggancio di altri cittadini del quartiere.
[6] I soggetti promotori sono stati intervistati a luglio 2022 (durante la fase di ingaggio dei beneficiari e poco dopo l’inizio delle prime attività di progetto); gli snodi territoriali e i sotto-snodi sono stati intervistati a inizio settembre 2022 (durante lo svolgimento delle attività culturali e con la fase di ingaggio dei beneficiari ancora in corso); gli enti culturali sono stati intervistati a ottobre 2022 (vicini ai loro ultimi interventi negli snodi territoriali). I soggetti promotori sono stati intervistati nuovamente al termine del progetto, a ottobre 2022, durante la fase di riprogettazione; mentre, a ottobre 2022 gli snodi territoriali sono stati ascoltati in un focus group al termine degli eventi culturali.
[7] Le persone selezionate per la partecipazione ai focus group erano direttamente coinvolte nell’organizzazione e/o nella gestione delle attività del progetto La cultura dietro l’angolo.
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