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ISSN 2282-1694
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Numero 1 / 2021

Introduzione

Gli indicatori di bilancio per le imprese sociali: introduzione

Redazione

Se è del tutto consolidata la convinzione che i dati di bilancio siano utilizzabili per costruire indici sintetici in grado di aiutarci a valutare la solidità, la redditività, la produttività e altre caratteristiche di un’impresa, non appare sviluppata sino in fondo una riflessione su quali indici siano utili a descrivere e comprendere l’operato di un’impresa sociale.

E, in carenza di ciò, si assiste ad una duplice tendenza: da una parte, a ritenere che, con riferimento specifico alla lettura del bilancio, un’impresa sociale sia omologabile ad una impresa for profit e dunque vada studiata ed interpretata con gli stessi strumenti e gli stessi indicatori; dall’altra, a collocare l’analisi delle peculiarità dell’impresa sociale nel bilancio sociale.

Se indubbiamente si può convenire sul fatto che il bilancio sociale rappresenti un’importante fonte di informazioni, la convinzione che l’analisi del bilancio economico debba essere realizzata in forme analoghe a quelle di qualsiasi altra impresa e non possa che restituire, d’altra parte, lo stesso tipo di informazioni che si desumono dall’analisi di un’impresa for profit, deve invece essere messa in discussione.

Questo è quanto si inizia a fare nei due successivi articoli, proponendosi di sviluppare ulteriormente in futuro questo tema, nella consapevolezza che si tratta di una questione non priva di complessità e che espone gli studiosi a dubbi interpretativi rischi di fraintendimento.

Su alcuni aspetti appare infatti costruirsi progressivamente un consenso tra gli esperti; ad esempio sulla necessità di passare da una rilettura dei bilanci centrata sull’utile di impresa ad una considerazione delle strategie di produzione e distribuzione del valore aggiunto, considerando quindi l’utile – le risorse devolute a patrimonio intergenerazionale che rafforza l’impresa – come una delle finalizzazioni del valore aggiunto disponibile accanto ad altre, corrispondenti alle istanze e alle attese dei diversi stakeholder (spesso anche azionisti dell’impresa sociale stessa): i lavoratori che aspirano a condizioni retributive gratificanti, gli utenti interessati alla qualità e quantità dei servizi resi, i finanziatori che chiedono la conservazione e la quantomeno moderata valorizzazione delle risorse apportate, ecc.

Se ciò rappresenta un esempio di come un corretto approccio all’analisi delle imprese sociali richieda una riconsiderazione radicale degli strumenti utilizzati e apra prospettive di comprensione altrimenti precluse, via via che ci si addentra nei ragionamenti ci si trova di fronte a questioni che richiedono ulteriori sforzi interpretativi. Per fare solo un esempio, laddove si consideri – appunto, come una delle possibili destinazioni del valore aggiunto – la voce finale del bilancio riclassificato, la voce C26 – Utile (perdita) dell’esercizio, dove ci attendiamo di rinvenire le conseguenze dell’orientamento “sociale” dell’impresa sociale? Ragionevolmente si potrebbe rispondere “in un risultato di esercizio contenuto”, presupponendo che laddove vi fossero disponibilità significative ci si aspetterebbe che l’impresa sociale aumentasse la qualità dei servizi, ne ampliasse la fruizione a cittadini che non possono pagare, ecc. con l’esito appunto di contenere tale voce, allocando quindi in coerenza con gli interessi degli utenti una parte del valore aggiunto che un’impresa for profit avrebbe destinato agli azionisti. Ma vale anche un ragionamento diverso: un risultato di esercizio elevato contrassegna un’impresa in cui i soci – spesso lavoratori, ma anche “azionisti” dell’impresa – hanno consapevolmente scelto di non riversare a proprio vantaggio le disponibilità dell’impresa (ad esempio, aumentandosi le retribuzioni e destinando quindi a sé il valore aggiunto disponibile) ma di destinarle, ora e per sempre, ad un patrimonio intergenerazionale, contribuendo con la propria rinuncia a rafforzare la capacità di produrre un risultato sociale.

Man mano che si sviluppano questi ragionamenti emerge come molte delle voci meritino analisi e discussioni dagli esiti non scontati; ma proprio per questo si comprende come, anche a prescindere dall’ulteriore valore informativo che può racchiudersi nel bilancio sociale, anche i numeri del bilancio siano tutt’altro che “freddi” e rivelino, laddove si individui la corretta chiave di lettura, informazioni importanti per comprendere l’azione e le peculiarità di un’impresa sociale.

Nelle pagine che seguono questi temi sono sviluppati grazie ad un saggio di Bagnoli, che rappresenta un’introduzione ampia e sistematica all’utilizzo degli indicatori di bilancio relativi ad un’impresa sociale, ed un saggio di Montrone e Poledrini, la cui riflessione teorica si accompagna all’analisi comparata di un’ampia banca dati di bilanci di imprese sociali e imprese for profit.

Si è consapevoli di come questi due ottimi contributi costituiscano una base importante per aprire un dibattito e non certo per chiuderlo una volta per tutte; e per questo Impresa Sociale sarà bel lieta di accogliere ulteriori approfondimenti su questi temi, che ci accompagneranno anche nei prossimi numeri.

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