Sostienici! Rivista-Impresa-Sociale-Logo-Mini
Fondata da CGM
ISSN 2282-1694
impresa-sociale-3-2025-nuovi-modelli-organizzativi-e-modalita-di-intervento-sociale-alcuni-tratti-distintivi-del-welfare-di-prossimita

Numero 3 / 2025

Saggi

Nuovi modelli organizzativi e modalità di intervento sociale: alcuni tratti distintivi del welfare di prossimità

Carlo Andorlini, Laura Bongiovanni

Abstract

Dal 2018 in avanti l’Osservatorio Prossimità Italia realizza, in parallelo con il percorso della Biennale della prossimità[1], un’indagine dedicata alle pratiche di prossimità in Italia. Ad oggi alla sua IV edizione, l’Osservatorio evidenzia come la cifra caratteristica degli interventi sia quella della “densità relazionale”, che significa avviare percorsi partecipativi e di coinvolgimento di tutti gli attori in gioco, che diventano così co-protagonisti nella ricerca delle soluzioni richieste dal contesto. È un coinvolgimento che riguarda non soltanto i soggetti che erogano il servizio, ma anche gli stessi beneficiari, tanto che in questo contesto si è orientati a superare la dicotomia erogatore-fruitore per parlare invece in ogni caso di “soggetti partecipanti”, a sottolineare così il contributo di idee e di azione che ciascuno soggetto- singolo o organizzativo – offre al percorso. Da quanto appena sottolineato, si evince che ciò che emerge è il processo anziché il modello di intervento: si potrebbe quasi dire che il modello della prossimità si caratterizza proprio per il processo che essa attiva, valorizzando costantemente il carattere di densità relazionale. A partire dai risultati dell’analisi, il paper evidenzia come gli approcci ispirati alla prossimità costituiscano un’innovazione significativa dell’intervento sociale rispetto agli strumenti del welfare istituzionale. È questo un rinnovamento che attraversa sia il livello gestionale, sia quello delle competenze acquisite e infine anche delle capacità di generare reti radicate nei territori. Sono effetti non privi di un ritorno sociale degli investimenti realizzati - come evidenziato dall’indice SROI verificato dall’analisi – un tema caro anche alle pubbliche amministrazioni che si confrontano con la sfida di ottimizzare la relazione benessere sociale e costi connessi. È proprio su questi aspetti che si centra l’ultima edizione dell’Osservatorio, la cui sfida oggi è quella di allargare il dibattito e le evidenze raccolte, rivolgendosi proprio alla parte pubblica, che ha un ruolo strategico nell’accompagnare l’evoluzione dalle singole esperienze all’ecosistema di prossimità, un’evoluzione qui fortemente auspicata.

Dai modelli ai processi, un nuovo sguardo all’intervento sociale

Stiamo attraversando una fase di profondo cambiamento della società: crisi climatica, pandemica, transizione digitale, migrazioni, progressivo invecchiamento della popolazione, aumento delle povertà e delle disuguaglianze, sono solo alcuni dei fenomeni che stanno generando nuovi bisogni, stili di vita, aspirazioni, paure, che delineano uno scenario a crescente complessità, in cui le soluzioni unidirezionali risultano inefficaci anzitutto nella loro incapacità di accogliere il desiderio di senso e di partecipazione attiva che, anche se messo in secondo piano dalla narrazione dominante, risulta esser vivo e vivace, una forza variamente articolata nei nostri territori[2], da ascoltare e valorizzare. In questo scenario, le pratiche di prossimità oggetto del presente approfondimento rappresentano veri e propri agenti del cambiamento, una novità rispetto agli approcci consolidati del welfare istituzionale che si è ampiamente affermato nel secondo dopoguerra.

In questo contributo si procederà pertanto a definire preliminarmente i principali concetti utilizzati, tra cui quelli di “prossimità”, “pratiche (o interventi) di prossimità” ed “ecosistemi di prossimità”. Dopo avere richiamato brevemente l’attività dell’Osservatorio, con particolare riferimento alla metodologia di ricerca utilizzata nell’ultima edizione, si ripercorreranno alcuni elementi comuni riscontrati nelle pratiche studiate. Successivamente si analizzeranno alcune questioni organizzative trasversali alle pratiche di prossimità, per poi proporre alcune conclusioni, sia dal punto di vista dell’analisi di ricerca, sia delle sfide per i diversi soggetti coinvolti nelle pratiche di prossimità.

Di che cosa parliamo: la prossimità, definizione e caratteristiche

Preliminarmente, è utile delineare alcuni dei concetti utilizzati nell’indagine.

Con “prossimità” si intende la capacità di innescare e realizzare pratiche finalizzate al raggiungimento di obiettivi condivisi, coinvolgendo persone, gruppi o sistemi organizzati che appartengono ad una comunità, quasi sempre definita territorialmente.

Con “pratiche di prossimità” ci si riferisce ad azioni, processi, attività concrete generate da persone e/o gruppi formali e informali che si uniscono consapevolmente e intenzionalmente collaborando per rispondere in modo concreto e condiviso ad un problema, un bisogno un desiderio o un progetto, in un contesto spaziale specifico, attivando reciprocità e beni relazionali che i protagonisti stessi generano. La pratica di prossimità opera, quindi, in un contesto territoriale specifico, prende le mosse dalla condivisione iniziale di una finalità esplicita da parte dei promotori, è contraddistinta da un metodo di lavoro – anche “artigianale”, spesso spontaneo e talvolta non del tutto consapevole – che esercita però una forza aggregante, nel senso che crea relazioni intorno alla progettualità in costruzione.

Con “ecosistema di prossimità” ci si riferisce a luoghi di dimensioni diverse – può trattarsi di piccole località, parti di città, quartieri, borghi, spazi pubblici, fino ad arrivare a contesti più circoscritti come condomini o luoghi spesso rigenerati anche privati ma ad uso plurale – dove la biodiversità di persone e organizzazioni che li abitano permette la convivenza, la relazione e la collaborazione, e quindi di fatto l’innesco di pratiche di prossimità. Negli ecosistemi di prossimità sono quindi presenti e attive persone che “abitano” questi contesti e che consapevolmente e intenzionalmente alimentano una infrastruttura di socialità, fiducia e collaborazione permanente finalizzata ad affrontare a geometrie variabili bisogni, desideri, progetti in una logica di reciprocità. Sono, in altre parole, contesti abilitanti, che favoriscono l’innesco e lo sviluppo di pratiche di prossimità.

La prima edizione dell’Osservatorio aveva restituito l’immagine della prossimità come un fenomeno fluido a grande capacità di innovazione, ma con forti limiti di strutturazione. Le iniziative di prossimità erano risultate spesso frutto di circostanze molto particolari e durata temporale relativamente breve, con conseguente rischio di dispersione del patrimonio di conoscenza ed esperienza generato. La seconda edizione ha evidenziato la capacità delle iniziative di prossimità di confrontarsi con eventi e processi inaspettati, utilizzando la volatilità e il disordine, persino gli errori, come stimolo all’evoluzione e allo sviluppo delle interconnessioni. La terza edizione ha approfondito questi aspetti e ha osservato alcuni fattori comuni nelle iniziative di prossimità; sono emersi dieci elementi caratteristici riconosciuti come “ricorrenti” nella maggioranza delle esperienze osservate. La quarta edizione, da poco conclusa, ha centrato l’attenzione sull’impatto sociale, ossia sull’analisi degli effetti e dei cambiamenti generati dalle iniziative di prossimità.

In questa edizione, i cui esiti sono illustrati nel presente contributo, sono stati realizzati 16 studi di caso relativi a esperienze di prossimità. Si tratta di esperienze individuate avendo cura di salvaguardare alcuni aspetti eterogeneità del campione: sono presenti casi del nord Italia, del Centro, del Mezzogiorno e delle Isole; organizzazioni di tipo diverso (associazioni, fondazioni, cooperative) e di dimensioni diverse; il tema della dimensione è stato considerato anche dal punto di vista dell’entità della specifica esperienza di prossimità. Si è cercato inoltre di individuare settori diversi (culturale, sociale, alimentare, rigenerazione, ecc.) e di avere tra i soggetti studiati sia esperienze consolidate, sia di nuova costituzione. Per ciascuno di questi casi, i ricercatori sono stati presenti due o tre giorni in loco, intervistando sia la figura che ricopre i più elevati ruoli di responsabilità, sia altri operatori o membri dell’organizzazione; in alcuni casi, per iniziativa della stessa organizzazione, si sono intervistati anche rappresentanti delle istituzioni pubbliche territoriali coinvolte nell’azione di prossimità. Accanto alle interviste, i ricercatori sono stati presenti sul campo osservando sia il funzionamento quotidiano dell’organizzazione, sia la specifica pratica di prossimità oggetto di approfondimento. In seguito alla visita si è inoltre richiesto di inviare materiali illustrativi e, in alcuni casi, si è proceduto ad un successivo contatto a distanza per sviluppi o chiarimenti. Successivamente, le figure apicali sono state ricontattate per la compilazione di un questionario strutturato, finalizzato alla realizzazione della valutazione di impatto più avanti illustrata.

I risultati di questa analisi sono inoltre stati discussi in un panel svoltosi a Bologna nel dicembre 2024 nell’ambito del Forum Transizioni Giuste che ha coinvolto i soggetti interessati dalla ricerca dell’Osservatorio, rappresentando una sorta di focus group su alcuni dei temi centrali della ricerca

L’analisi dell’impatto prossimità mira a tracciare le potenzialità degli approcci di prossimità promuovendo una rilettura dei servizi pubblici. L’obiettivo è inquadrare possibili sviluppi organizzativi per ripensare gli stili di intervento di fronte a bisogni emergenti, che mettono in difficoltà gli approcci tradizionali, nel sociale, nell’educazione, nella sanità, nell’urbanistica, nella cultura, nel commercio di vicinato. La ricerca ha fatto emergere importanti risultanze in termini di effetti degli interventi, quantificazione del ritorno sociale degli investimenti, trasformazione dei modelli organizzativi.

Aspetti trasversali delle pratiche di prossimità

Ciò premesso, cosa hanno in comune le pratiche studiate? Dalla ricerca emergono alcuni elementi – atteggiamenti, capacità, posture, in grado di moltiplicare la densità relazionale – di seguito sintetizzati.

Autopromozione di benessere interno. Nel realizzare la pratica di prossimità, accanto ai risultati sugli ambiti oggetto di lavoro comune, i partecipanti intervistati avvertono un miglioramento del proprio benessere professionale, organizzativo e personale. In sostanza, l’essere coinvolti in pratiche di prossimità fa star bene chi la prossimità la agisce.

Pratiche di prossimità come interlocutrici e co-costruttrici con la pubblica amministrazione. Le pratiche di prossimità studiate si attivano – per risolvere un problema o seguire un desiderio, per vivere meglio il proprio territorio, per immaginare e costruire nuove infrastrutture sociali – in ambiti centrali per la qualità della vita e il benessere delle persone e così facendo rappresentano un interlocutore naturale della pubblica amministrazione che tende a riconoscere e valorizzare la capacità delle azioni di prossimità di individuare esigenze, bisogni e desideri in modo anche più diretto rispetto a quello delle istituzioni.

Una pluralità di dimensioni e di forme organizzative. Le forme organizzative che gestiscono e animano le pratiche sono tra loro diverse per area geografica, forma, entità e periodo di sviluppo, competenze, storie, anche se tutte hanno elementi che le associano a significati simbolici per la comunità in cui nascono. Vi sono pratiche piccole, semplici, destrutturate ed altre di dimensioni medio grandi, con architetture complesse e articolate. Vi sono esperienze situate in piccoli centri e aree interne, ma anche pratiche di prossimità in grandi aree urbane. La spinta iniziale in alcuni casi proviene da iniziative autonome del tessuto sociale (enti di Terzo settore, ma talvolta anche imprese for profit); altri casi hanno visto un ruolo significativo del soggetto pubblico in alleanza con espressioni della società civile. Hanno forme organizzative diverse: cooperative sociali, cooperative di comunità, associazioni di promozione sociale, associazioni di volontariato, imprese for profit, gruppi non formali.

Prossimità come cura del tempo. L’ingrediente fondamentale della prossimità è la relazione sociale, contraddistinta dalla presenza di un orientamento reciproco che porta all’agire comune. E questo processo ha come elemento fondamentale nelle pratiche studiate il dedicare tempo all’ascolto attivo, alla conversazione, al dialogo: ci si relaziona reciprocamente, si forma una squadra di persone che partecipano attivamente e che al tempo stesso costruiscono nella relazione la connessione tra singoli in un sistema di gruppo.

La prossimità come gesto politico. Le pratiche di prossimità studiate avvertono di intervenire su dimensioni fondamentali dell’agire politico: sull’etica della cura dell’altro, qualunque sia la sua condizione economica, sociale, culturale, sull’ etica pubblica, sulla costruzione di civiltà e di benessere collettivo, sul superamento di situazioni di sofferenza, di isolamento, di separazione, di anaffettività civica, di rinuncia. Questo è realizzato dalle pratiche di prossimità studiate in modo consapevole come un atto politico, costruendo processi virtuosi che fanno nascere risposte in grado di riconoscersi dentro una stessa cornice politico-valoriale.

Prossimità è welfare di comunità. Le pratiche di prossimità costituiscono un modello di intervento basato sull’attivazione delle persone, centrato sulla dimensione locale partecipata, creativa e sostenibile, dove persone e soggetti formali – pubblici e frutto dell’attivazione del tessuto locale – e informali condividono le proprie idee, danno la loro disponibilità, le loro competenze e le loro esperienze per implementare, in forme spesso innovative, le risposte sociali già esistenti o generare nuove risposte a bisogni insoddisfatti. Le pratiche di prossimità partono dalla convinzione che ciascuno abbia la possibilità di contribuire al benessere collettivo, trasformando il proprio network relazionale in una rete attiva di promozione sociale e sviluppo. E questo è quello che succede nelle pratiche osservate.

Prossimità come innovazione. Le pratiche di prossimità studiate presentano tre aspetti connessi con l’innovazione. Il primo è la presenza di un approccio valoriale, sempre ridefinito e in movimento accogliendo gli stimoli delle persone coinvolte nella relazione, che rappresenta da una parte una dimensione identitaria, dall’altra un motore di cambiamento. Il secondo è uno stile di lavoro che comprende forme di ritualità che rinforzano la collaborazione e narrazioni che contribuiscono a prendere coscienza degli obiettivi trasformativi. Il terzo, coerente con i precedenti, è uno sguardo all’orizzonte, una “visione del mondo che vorremmo”, del futuro desiderato.

Pratiche di prossimità come catalizzatrici dell’attivismo “di transito”. Le esperienze studiate riescono ad attrarre e valorizzare energie e risorse che non si collocano facilmente in esperienze fortemente identitarie e che invece trovano nelle pratiche di prossimità una situazione più confortevole e adattabile. Si tratta, in molti casi, di un attivismo “di transito”, messo in atto da persone che si fanno coinvolgere – anche in modo intenso - per un tempo limitato e per uno scopo ben definito. Dunque, una forma di attivismo e di partecipazione molto diversa da quella, tendenzialmente permanente e fortemente identitaria, intercettata dalle grandi strutture associative, che oggi peraltro mostra evidenti segnali di crisi.

Volendo provare ad individuare un elemento che attraversa tutti i precedenti e che è emerso chiaramente in tutti gli studi realizzati sin dal 2018 con l’istituzione dell’Osservatorio Prossimità Italia ad oggi alla sua IV edizione, si può indicare senza dubbio la “densità relazionale”: in altre parole le pratiche di prossimità sono centrate su percorsi partecipativi e di coinvolgimento degli attori in gioco, che diventano co-protagonisti nella ricerca delle soluzioni richieste dal contesto. È un coinvolgimento che riguarda non soltanto i soggetti che erogano il servizio, ma anche gli stessi beneficiari, tanto che nel linguaggio della prossimità, è preferibile superare la dicotomia erogatore-fruitore per parlare invece in ogni caso di “soggetti partecipanti”, a sottolineare così il contributo di idee e di azione che ciascuno soggetto- singolo o organizzativo – offre al percorso. Pertanto, ciò che risulta qualificante degli interventi di prossimità è essenzialmente un aspetto di processo più che una caratteristica dell’intervento: si potrebbe quasi dire che il modello della prossimità si caratterizza proprio per il processo che essa attiva nella valorizzazione continua del carattere di densità relazionale accennato più sopra.

Focus sui modelli organizzativi

La successiva domanda di ricerca è così riassumibile: a partire dagli elementi che ricorrono trasversalmente nelle pratiche di prossimità richiamati nel precedente paragrafo, è possibile individuare aspetti organizzativi che accomunano la maggior parte delle pratiche di prossimità studiate? Se nel sono individuati tre, di seguito sviluppati:

  • la ricerca di equilibrio tra un modello di gestione orizzontale, partecipativo, dialogico e l’efficienza operativa;
  • le competenze necessarie a facilitare l’innesco e la conservazione dei processi di prossimità;
  • gli strumenti da mettere in campo a supporto delle comunità coinvolte in iniziative di prossimità.

Equilibrio tra gestione orizzontale ed efficienza operativa

In buona parte delle pratiche osservate i processi sono fortemente partecipativi e frutto di un rapporto paritario tra i diversi portatori di interesse coinvolti nell’iniziativa. Lo stile di relazione che ne scaturisce aumenta la fiducia di ciascuno nella possibilità di generare un cambiamento. In questa dinamica anche coloro che – negli schemi ordinari di welfare – sarebbero stati inquadrati come “i beneficiari” si considerano corresponsabili nel trovare soluzioni e superano l’atteggiamento di delega passiva che caratterizza i modelli di welfare consolidati. Si assiste dunque ad un processo di abilitazione con lo sviluppo della convinzione di poter introdurre effetti attraverso l’azione collettiva e l’acquisizione dei mezzi necessari per farlo. Il tratto caratteristico è l’affermazione di un senso di efficacia collettiva, che può esser definito come “la convinzione condivisa di un gruppo riguardo alla capacità congiunta di organizzare ed eseguire i corsi di azione necessari per realizzazioni di vario livello”[3]. È così che la convinzione collettiva ha come oggetto le capacità operative del gruppo, e quindi è strettamente collegata a parametri di efficacia ed efficienza: uno su due dei protagonisti del Panel Prossimità affermano “C’è più impegno di tutti nel cercare soluzioni, grazie ad un aumento di fiducia verso il cambiamento” (rif. tabella 1, in evidenza i cambiamenti connessi con il tema equilibrio tra gestione orizzontale ed efficienza operativa e percentuale di diffusione)

Tabella 1) Quali cambiamenti in questo ambito sono stati generati grazie alla realizzazione della pratica/esperienza di prossimità sui vari stakeholder del territorio (organizzazione, operatori, beneficiari, cittadini, enti pubblici)?

Ci sono più spazi in cui condividere bisogni e soluzioni 71,4%
Le soluzioni trovate sono più efficaci grazie al rapporto paritario tra i portatori di interesse 50,0%
I beneficiari sono più corresponsabili nel trovare soluzioni 50,0%
C’è più impegno di tutti nel cercare soluzioni, grazie ad un aumento di fiducia verso il cambiamento 50,0%

Fonte: Indagine Panel Osservatorio Prossimità IV edizione

Una volta fotografato il cambiamento, ai partecipanti al tavolo di lavoro è stato chiesto come coniugano la partecipazione con l’efficienza organizzativa. Alcuni operatori protagonisti delle esperienze di prossimità presenti al focus di approfondimento restituiscono l’immagine di una verticalizzazione partecipativa, che tiene insiemeuna suddivisione di compiti e responsabilità che però non inficia la partecipazione: si lavora tutti insieme “con” l’organizzazione e non “per” l’organizzazione. È lo spirito con cui si fanno le cose che è fondamentale, esistono compiti assegnati specifici ruoli e responsabilità, ma le riunioni sono sempre assembleari, è importante ascoltare il punto di visto di ciascuno che dona un pensiero complesso e articolato su ogni questione. “Certo la dinamica partecipativa richiede tempo, ma ne vale la pena, non è un tempo sprecato ma al contrario, è un tempo capace di valorizzare e far crescere ogni singola professionalità, che entra in un processo virtuoso ed evolutivo senza mai smettere di formarsi e amplificare visioni e competenze. Un processo che si avvia senza che qualcuno lo chieda, ma in modo assolutamente volontaristico, perché si crede in quello che si fa[4]”.

Competenze per facilitare i processi di prossimità

Le pratiche di prossimità hanno fatto da innesco ad un progressivo aumento delle competenze, sia quelle di tipo trasversale che quelle di tipo tecnico specialistico. Si evidenzia che l’aumento di competenze – e questo è proprio un tratto caratteristico delle esperienze di prossimità – riguarda tutti i soggetti coinvolti, a prescindere dal loro ruolo – nei termini tradizionali, come sopra evidenziato non appropriati agli interventi di prossimità – di operatori o di beneficiari. È aumentata inoltre anche la capacità degli operatori di identificare il reale bisogno dei beneficiari-partecipanti. Dalla testimonianza diretta degli operatori a commento di questi aspetti emerge che “È ovvio che occorrono fortissime conoscenze tecnico-operative, amministrative e tecnologiche, ma questo non basta perché c’è la necessità che ogni operatore sia sempre pronto a rispondere alle nuove sfide con un bel “si può fare”. Lo stile di intervento si caratterizza per la sua capacità di adattamento alle esigenze del territorio con flessibilità operativa e creativa. Le doti che via via vengono affinate sono quelle dell’empatia e dell’ascolto attivo, dell’attenzione alla comunità, dell’etica della cura per la quale ci si cura dell’altro a prescindere dalle sue condizioni di partenza. Sono doti che si concretizzano nelle “miracolose” capacità relazionali che portano l’operatore sociale ad abbandonare il luogo sicuro del mansionario e agire ogni giorno chiedendosi: cosa posso fare io per colmare il vuoto lasciato dal pubblico; come posso sciogliere io per primo i nodi del sistema che ho intorno; come posso creare alleanze generative per il cambiamento?”.La vera sfida che ogni giorno si attualizza è dunque quella di capire come non restare vincolati ad un processo schematico e standardizzato, ma vivere con curiosità e spirito di cambiamento l’agire organizzativo dedicato all’intervento sociale (vedi tabella 2 per l’evidenza dei cambiamenti in questo ambito).

Tabella 2) Quali cambiamenti sono stati generati in questo ambito grazie alla realizzazione della pratica/esperienza di prossimità sui vari stakeholder del territorio (organizzazione, operatori, beneficiari, cittadini, enti pubblici)?

Sono aumentate le competenze trasversali dei beneficiari 85,7%
Sono aumentate le competenze tecnico-specialistiche dei beneficiari 78,6%
Sono aumentate le competenze tecnico-specialistiche degli operatori 78,6%
Sono aumentate le competenze trasversali degli operatori 78,6%
È aumentata la capacità degli operatori di identificare i reali bisogni dei beneficiari 78,6%

Fonte: Indagine Panel Osservatorio Prossimità IV edizione

Strumenti a supporto delle comunità di prossimità

Tra gli effetti degli interventi di prossimità vi è una maggiore diversificazione degli enti in collaborazione, e anche un aumento del numero dei partecipanti e del numero dei volontari. Aumenta anche la frequentazione delle proposte da parte dei beneficiari e in generale si registra un incremento del senso di appartenenza alla comunità, con anche i cittadini più disponibili ad aiutarsi reciprocamente e in modo gratuito e disinteressato. Sono cambiamenti che segnano davvero un cambio prospettico, se pensati a confronto con la narrazione di una società contrassegnata da disincanto, rassegnazione, isolamento. Dalla testimonianza di alcuni degli operatori emerge che in alcuni casi, per favorire l’innesco dei processi, è stata prevista la figura del “facilitatore”: “Il facilitatore viene identificato a partire da alcune caratteristiche distintive ovvero, la volontà di introdurre nuove modalità di relazioni, far interagire un territorio più vasto; avviare un progetto di welfare aziendale; creare sinergie nuove; portare proposte innovative di economia di condivisione. L’attivatore è motivato a sviluppare un sistema innovativo di scambi che sappia diffondere benessere a livello individuale e collettivo, oltre la sola dimensione economica. Il dare-avere favorisce relazioni egualitarie basate sul valore apportato da ciascuno. Il facilitatore intesse la rete territoriale, contatta gli enti, ne verifica i bisogni, identifica i match e le sinergie che si possono creare”. (vedi tabella 3 per l’evidenza dei cambiamenti in questo ambito)

Tabella 3) Quali cambiamenti sono stati generati in questo ambito grazie alla realizzazione della pratica/esperienza di prossimità sui vari stakeholder del territorio (organizzazione, operatori, beneficiari, cittadini, enti pubblici)?

La rete degli enti in collaborazione è più diversificata (tipologie diverse) 92,9%
È aumentato il numero di partecipanti 71,4%
È aumentato il numero di volontari per le organizzazioni coinvolte 42,9%
È aumentato il senso di appartenenza alla comunità 42,9%
I beneficiari hanno aumentato la frequenza di partecipazione alle proposte 35,7%
I cittadini si confrontano con più frequenza su temi di comune interesse 21,4%
C'è più disponibilità dei cittadini ad aiutarsi reciprocamente in modo gratuito e disinteressato 21,4%

Fonte: Indagine Panel Osservatorio Prossimità IV edizione

La prossimità conviene? Il calcolo dell’impatto monetario attraverso lo SROI

Per valutare il ritorno sociale dell’investimento, è stato stimato l’impatto monetario delle pratiche di prossimità sulla comunità attraverso il calcolo dello SROI (Social Return On Investment). Lo SROI misura la capacità di trasformare le risorse investite in valore economico per la società. Per il calcolo è stata considerata la sola variabile di outcome legata alle attività gratuite degli stakeholder. Per la valorizzazione del cambiamento è stato utilizzato il seguente dato proxy[5]: valorizzazione economica di 1 ora di attività gratuita svolta per aiutare la comunità = 11,7€[6]. Si stima che le attività delle pratiche di prossimità analizzate abbiano generato un impatto sociale pari a 5.247.057,83 €, a fronte di un investimento (al netto degli interventi di ristrutturazione degli immobili) pari a 4.117.525,20 €, ottenendo un valore dello SROI pari a 1,27. Ciò significa che per ogni euro investito nelle pratiche di prossimità si è generato un valore di 1,27 euro per la comunità.

Grafico 1 – SROI delle pratiche di prossimità esaminate

Fonte: Indagine Panel Osservatorio Prossimità IV edizione

Questo calcolo si basa esclusivamente sulla valorizzazione economica delle attività di partecipazione attiva (attività svolte a titolo gratuito da parte di cittadini, beneficiari, volontari e altri stakeholder), che rappresentano, ad oggi, l’impatto più evidente, ed è elemento trasversale a tutte le pratiche di prossimità. Nella stima dello SROI non sono stati considerati gli effetti che queste attività di partecipazione attiva hanno avuto sui destinatari (effetti di secondo livello). Ad esempio, se un gruppo di cittadini decide di attivarsi gratuitamente per controllare la sicurezza di un parco pubblico, questo potrebbe portare a una diminuzione di piccoli reati, con conseguente riduzione dei costi sociali. Quindi, oltre all’effetto di primo livello (attività svolte a titolo gratuito), si potrebbero generare effetti di secondo livello (diminuzione di piccoli reati). Per uno SROI più completo, andrebbero dunque valutati gli effetti delle attività di partecipazione attiva con un approfondimento dedicato alla singola pratica. La ricerca ha inoltre rivelato che sono emersi altri cambiamenti, oltre alle attività di partecipazione attiva, che ad oggi non sono stati monetizzati ma che potrebbero avere un impatto economico rilevante nel medio-lungo termine. Questi benefici, se adeguatamente valorizzati, potrebbero aumentare significativamente lo SROI. Ad esempio:

  • aumento delle competenze (trasversali e tecnico-specialistiche) degli operatori: Queste competenze possono migliorare l'efficacia e l'efficienza del progetto, portando a una riduzione dei costi operativi o a un aumento dei risultati raggiunti, entrambi fattori che incrementano lo SROI.
  • aumento delle competenze e dell'occupabilità lavorativa dei beneficiari: un maggiore livello di occupabilità potrebbe portare a una riduzione della disoccupazione, creando impatti positivi sul sistema economico locale attraverso una maggiore spesa per beni e servizi, oltre a generare entrate fiscali e contributive.
  • diversificazione della rete di enti in collaborazione: una rete più diversificata potrebbe portare a maggiori opportunità di collaborazione, risorse aggiuntive e soluzioni innovative che potrebbero essere monetizzate.

Conclusioni

La sfida adesso

Da fenomeno estemporaneo con forti tratti di creatività ma con limiti di modellizzazione così come tratteggiato nelle prime rilevazioni, l’Osservatorio, alla sua quarta edizione, testimonia la significativa evoluzione dello stile di intervento di prossimità in Italia. Un’evoluzione che non va a discapito degli aspetti di innovazione, che sono al contrario ulteriormente certificati dall’emersione degli elementi trasformativi. L’analisi d’impatto sociale evidenzia come il processo trasformativo sia già concretamente in atto, e non solo un orizzonte concettuale e ispirativo. Esiste un vissuto esperienziale che ingaggia più attori all’interno di una stessa comunità, con effetti originali e condivisi dalle varie esperienze, benché ciascuna portatrice di caratteristiche e contesti assai diversificati. È l’affermazione di uno stile che propone nuove modalità di risposta ai bisogni e nuovi stili di vita, con una modalità di intervento resa possibile da una nuova percezione di sé e delle proprie capacità all’interno dei contesti comunitari. La cultura del servizio sociale come assistenza standardizzata che, rimarca una distanza tra erogatore e fruitore e forgia un atteggiamento di delega passiva (del pubblico rispetto al privato sociale, dell’utente rispetto all’erogatore) oggi da sola non è più sufficiente. Non è solo un tema di efficacia, ma di necessità di valorizzare quella spinta propulsiva all’esserci con fare collaborativo nella cura della relazione, che i cittadini e le organizzazioni testimoniano nell’ideare e realizzare gli interventi di prossimità. Si sostanzia un modello organizzativo che assume nella cura delle relazioni il proprio tratto distintivo a partire dalla cura di sé, sviluppando autostima, percezione di possibilità, animando il desiderio di poter incider anche se a piccoli passi, sui contesti in cui si vive.

Proprio per queste caratteristiche che l’indagine certifica, il modello di intervento merita un adeguato riconoscimento da parte pubblica al fine di valorizzare le esperienze che da pratiche possano assumere sempre più la forma di veri e propri ecosistemi di prossimità.

Indicazioni

Le pratiche di prossimità studiate fanno emergere anche alcune indicazioni sia per il Terzo settore, sia per la pubblica amministrazione, che sono di seguito richiamate.

Rispetto agli Enti di Terzo settore, va acquisita la consapevolezza che la prossimità rappresenta una possibilità di dare forza e prospettiva al proprio ruolo. Per interpretare questo ruolo è necessario far sì che progettare e agire relazione diventi un tratto distintivo del proprio operato. Si tratta di agire sulla densità relazionale dei contesti in cui si opera e che facilitano naturalmente il link tra domanda, bisogno, desideri e attivazione di una possibile risposta, di una presa in carico, di un coinvolgimento a geometrie variabili tra le persone. Le pratiche di prossimità sono sostanzialmente densità relazionale agita. Lavorare per creare densità relazionale richiede tempo e competenze, la capacità di creare spazi in cui le persone mettono in comune visioni e creano relazioni di reciprocità, percependo come agire per il bene comune sia al tempo stesso, in ottica di reciprocità, una fonte di benessere personale.

Rispetto alla pubblica amministrazione, va acquisita la consapevolezza che le pratiche di prossimità, oltre a contribuire in modo decisivo alle finalità che la stessa pubblica amministrazione ha l’obiettivo di perseguire, possono costituire una fonte di legittimazione del proprio ruolo a fianco dei cittadini.

In sintesi, la creazione di un ecosistema della prossimità richiede la compresenza di un insieme di elementi diversi: l’attivazione in ottica di reciprocità del tessuto sociale, nelle sue diverse componenti – formali e informali, gratuite e imprenditoriali – con un Terzo settore che assume la densità relazionale come elemento fondante della propria azione e una pubblica amministrazione che include la promozione della prossimità nelle proprie strategie. Questa è la sfida impegnativa che si ha di fronte: passare dall’attuale considerazione della prossimità incentrata sulla narrazione di buone prassi, ad un disegno consapevole e condiviso tra attori diversi di costruzione di un ecosistema di prossimità.

Ringraziamenti

La ricerca muove sempre da una disponibilità e dalla condivisione di un obiettivo, che le organizzazioni protagoniste dell’indagine confermano e rafforzano. Un grazie speciale a tutte le pratiche protagoniste della quarta edizione dell’Osservatorio sulla prossimità in Italia, con una menzione speciale ad Agora Cooperativa sociale - pratica di prossimità STARTAPPE; CAUTO impresa sociale di Brescia -  pratica di prossimità Banco di Comunità ®; La Sorte Cooperativa di Comunità di Napoli - pratica di prossimità Luce al Rione Sanità; Camilla impresa Sociale di Bologna - pratica di prossimità Emporio di Comunità, le cui testimonianze sono state riprese nei commenti in corsivo inerenti il focus sui modelli organizzativi. Un grazie anche alla Fondazione di Modena e alla Fondazione Impresa Sensibile che hanno sostenuto la ricerca, condividendo l’impegno di valorizzare questa modalità di intervento.

10.7425/IS.2025.03.06

 

Bibliografia

Bandura A. (2020), Autoefficacia. Teoria e Applicazioni, Erickson.

Bongiovanni L., (2019), I tanti volti della prossimità, in Welfare Oggi n. 4-5 Maggioli editore.

Bongiovanni L., Andorlini C., (2019), Le iniziative di prossimità, tra protagonismo, creatività (e criticità), in Welforum, 16/07/2019.

Bongiovanni L., Andorlini C., (2023), Osservatorio sulla prossimità in Italia. Terza edizione, in Impresa Sociale 1/2023.

Bongiovanni L., Andorlini C., (2024), Verso gli ecosistemi di prossimità, in Welforum, 28/10/2024.

Canevaro A., (2020), La prossimità, il welfare, la società, Messia F. e Venturelli C. (a cura di), Welfare di prossimità Partecipazione attiva, inclusione sociale e comunità, Erickson.

Commissione europea Direzione generale Occupazione, affari sociali e inclusione Unità C2 (2015), Approcci proposti per la misurazione dell’impatto sociale, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea.

Cosentino A., Bongiovanni L., Cesari A., Di Stefano C. (2017), Social Impact as an Intangible Driver in Assessing Economic Value: An Application to the Italian Third Sector, American Journal of Applied Sciences, Volume 14 No. 12, 1152-1166.

Laloux L., (2020), Reinventare le organizzazioni, Guerini.

Marocchi G., Tabacchi G., (2021), Alla ricerca della prossimità, ed. Spazio Spadoni.

Senge P., Sharmer O., Jaworski J. (2016), Presence. Esplorare il cambiamento profondo nelle persone, nelle organizzazioni e nella società, Franco Angeli 2016.

Taleb N. (2024), Antifragile, prosperare nel disordine, Il Saggiatore.


[1] La Biennale della Prossimità è un evento che si svolge nel nostro paese dal 2015; la prima edizione si è svolta a Genova, poi a Bologna, Taranto, Brescia e nel 2024 a Napoli. La Biennale è un’esperienza fatta di incontri, di scambi e soprattutto di crescita di un sentire comune intorno alla parola prossimità. Fin dalla seconda edizione della Biennale della Prossimità si è costituito un gruppo di lavoro coordinato da Laura Bongiovanni (Presidente di Associazione ISNET) e Carlo Andorlini (Università di Firenze), dedicato alla conoscenza e all’analisi delle caratteristiche e della evoluzione del fenomeno.

[2] La pandemia Covid 19 anche se ormai archiviata come “brutto ricordo” ha in realtà fatto da spartiacque tra un “prima” e un “dopo”, fungendo da acceleratore dei cambiamenti. Le pratiche trasformative delle organizzazioni ispirate ai modelli di prossimità qui descritte ne costituiscono una testimonianza concreta e in merito segnaliamo anche i dati dell’osservatorio sulle previsioni di cambiamento post Covid realizzato da Isnet nel 2020. Un dato emblematico tra gli altri, rivelava che 7 italiani su 10 auspicavano nell’avvio di un forte processo trasformativo di stili di vita e modelli economici: il distanziamento forzato all’insegna dello slogan io resto a casa” ha creato un senso di vicinanza, comunità e la riscoperta di una responsabilità civile concreta con la sperimentazione della potenza di un'azione collettiva dal basso, che sta vedendo ogni individuo più coinvolto e ispirato da un orizzonte comune.
Un'esperienza che, per la maggior parte degli intervistati, può esser ancora utilizzata e re-indirizzata in una prospettiva di cambiamento ispirata ad un principio di sostenibilità diventando pragmaticamente possibile.

[3] La definizione è tratta da Bandura (2000), pag.639.

[4] Il corsivo di ciascuna sezione riporta uno stralcio dell’intervento degli operatori di prossimità che hanno preso parte ai tavoli di lavoro “Ricucire le distanze: approcci e politiche di prossimità” realizzato dalla Biennale della Prossimità nell’ambito del Forum “Alleanza per le Transizioni Giuste”, ospitato nel dicembre 2024 al Palazzo d’Accursio di Bologna, con il coinvolgimento di cittadini, enti di Terzo settore ed enti pubblici.

[5] La proxy è un indicatore che stima o sostituisce una variabile non direttamente osservabile o difficile da misurare. Esempi: il costo dell’attività che serve per generare quel cambiamento; costo sostenuto dal sistema se quel cambiamento non fosse avvenuto; spesa media che si sostiene per quel cambiamento. Per calcolare le proxy si fa riferimento ai tariffari professionali nazionali o regionali, a studi sui costi sostenuti, a studi statistici o ad altre fonti utili all’indagine

[6] Fonte: Istat – valore economico e sociale del lavoro volontario

Sostieni Impresa Sociale

Impresa Sociale è una risorsa totalmente gratuita a disposizione di studiosi e imprenditori sociali. Tutti gli articoli sono pubblicati con licenza Creative Commons e sono quindi liberamente riproducibili e riutilizzabili. Impresa Sociale vive grazie all’impegno degli autori e di chi a vario titolo collabora con la rivista e sostiene i costi di redazione grazie ai contributi che riesce a raccogliere.

Se credi in questo progetto, se leggere i contenuti di questo sito ti è stato utile per il tuo lavoro o per la tua formazione, puoi contribuire all’esistenza di Impresa Sociale con una donazione.