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ISSN 2282-1694
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Numero 2 / 2023

Recensioni

Per una definizione positiva di Enti di Terzo settore. Recensione del libro "Lineamenti di diritto degli enti del terzo settore e delle cooperative" di Alceste Santuari

Redazione


L’emergenza sanitaria da Covid-19, da un lato, e i finanziamenti previsti nel PNRR, dall’altro, rappresentano due contesti contemporanei che hanno, se possibile, evidenziato la centralità dell’azione degli enti non lucrativi nel nostro Paese. Nello specifico, come evidenzia l’autore, se si pone mente all’art. 1 del Codice del Terzo settore, gli enti in parola perseguono, tra gli altri, la finalità di elevare i diritti di cittadinanza attiva, contribuendo così all’implementazione di taluni principi costituzionali, quali la “rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale … che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” (art. 3, comma 2) e la garanzia di “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (art. 117, comma 2, lett. m). In quest’ottica, infatti, è possibile rintracciare le attività, gli interventi, i progetti e le azioni degli enti del terzo settore nel comparto dei servizi di welfare, in cui essi operano per irrobustire le tutele e i diritti delle persone più fragili, vulnerabili e in difficoltà, anche economica. Questa funzione, che l’ordinamento giuridico riconosce in capo ai soggetti non profit, è figlia delle caratteristiche peculiari delle organizzazioni non lucrative, che le differenziano dalle imprese con finalità di lucro.

Si tratta, sottolinea Santuari, di una concezione “positiva” di Terzo settore, che supera quella “negativa” centrata sull’assenza della distribuzione di utile che caratterizza le definizioni comunemente utilizzate a proposito delle organizzazioni non profit.

Le organizzazioni non profit sono infatti sempre state definite, sia a livello internazionale sia a livello nazionale, dal vincolo alla non distribuzione degli utili, inteso come divieto in capo agli associati, ai membri degli organi direttivi e agli altri portatori di interesse di appropriarsi degli utili eventualmente conseguiti (divieto del c.d. lucro soggettivo, ma non di quello oggettivo). Tuttavia, secondo l’autore, da un lato, il progressivo scoloramento dello scopo lucrativo nelle società commerciali, a favore di altre istanze, quali per esempio, l’impatto sociale ovvero il green engagement e, dall’altro, la progressiva “commercializzazione” di molte attività svolte dalle organizzazioni non profit ha cominciato a rendere più difficile tracciare una netta divisione tra le imprese (tradizionali) e i soggetti non lucrativi, quanto meno sul fronte del divieto alla non distribuzione degli utili. Un esempio proposto dall’autore a questo riguardo è quello delle società sportive dilettantistiche, costituite sotto forma di società caratterizzate dalla non lucratività, in questo senso come le associazioni sportive dilettantistiche.

È stato dunque necessario, secondo Santuari, introdurre altri elementi distintivi che sappiano cogliere in termini più moderni le differenze tra diverse tipologie organizzative. In quest’ottica, la Riforma del Terzo settore ha inteso affidare (coerentemente con la prassi statutaria di molte associazioni e in linea con alcune leggi speciali precedenti) alle finalità perseguite dagli Enti del terzo settore il compito di distinguere queste formule organizzative da altre. Ne consegue, ricorda l’autore, che un’organizzazione non profit che intenda iscriversi al Runts non solo deve dichiarare espressamente che nella propria attività istituzionale non intende perseguire alcuno scopo lucrativo, ma soprattutto che intende perseguire, nello svolgimento delle proprie attività di interesse generale, una finalità civica, solidaristica o di utilità sociale.

In questa prospettiva, il Codice del Terzo settore ha operato una scelta di campo innovativa: ha ritenuto di combinare finalità e attività specifiche, identificando queste ultime in un elenco “chiuso” contenuto nell’art. 5 del d. lgs. n. 117/2017. Questo elenco rappresenta il “campo da gioco” su cui tutti gli ETS sono chiamati a perseguire le loro finalità statutarie.

Nell’ambito di una definizione unitaria di ETS, il CTS ha identificato alcune tipologie speciali di ETS che, in ragione delle loro caratteristiche giuridiche e organizzative risultano maggiormente “preferite” agli altri per svolgere talune delle attività di cui all’art. 5. Da ciò discendono, evidenzia ancora Santuari, le previsioni di cui all’art. 56 e 57 del Codice che individuano nelle OdV e nelle APS le uniche tipologie soggettive ammesse a stipulare convenzioni con gli enti pubblici, rispettivamente per lo svolgimento di attività o servizi sociali di interesse generale (art. 56) e di trasporto sanitario di emergenza e urgenza (art. 57). Questa “corsia preferenziale” riservata alle organizzazioni che fondano la propria attività sul prevalente contributo dei volontari risulta comprensibile, afferma l’autore, se si muove dall’assunto che la gratuità delle prestazioni è strettamente collegata con i doveri di solidarietà espressi nella Costituzione e che l’assenza di scopo di lucro è vieppiù garantita in soggetti giuridici associativi la cui attività è finalizzata in re ipsa a conseguire finalità di interesse collettivo. Tuttavia, la qualificazione giuridica di Ente del Terzo settore identifica anche organizzazioni (associazioni e fondazioni) che possono finanche svolgere attività economico-imprenditoriale in forma imprenditoriale e che, qualora ne ricorrano le condizioni formali e sostanziali, possono adottare lo status di imprese sociali.

La Riforma del Terzo settore ha dunque inteso giungere alla definizione di una categoria unitaria di enti non profit, nell’ambito della quale, tuttavia, sono rispettate le diversità organizzative delle singole tipologie giuridiche, le quali sono assoggettate ad un sistema di controlli, esterni ed interni, finalizzati a garantire il perseguimento di finalità di interesse generale.

Il volume di Alceste Santuari, dopo aver ricostruite il quadro giuridico ed istituzionale in cui operano le organizzazioni non profit, dedica una specifica analisi alle diverse tipologie giuridiche di Enti del Terzo settore e alle cooperative in senso generale, approfondendone i profili organizzativi interni. I profili giuridici e gli assetti organizzativi degli enti non profit e delle imprese cooperative risultano funzionali alla comprensione di un fenomeno che, soprattutto in epoca recente, ha assunto una connotazione anche di carattere pubblicistico. Infatti, in quest’ottica, gli enti del terzo settore e le imprese sociali sono coinvolte attivamente dalle pubbliche amministrazioni nei percorsi e procedimenti di co-programmazione, co-progettazione, accreditamento e convenzionamento.

Alla luce di queste premesse, il volume intende offrire agli operatori, pubblici e privati, nonché agli studenti universitari, una bussola per comprendere:

  1. i profili giuridici e di governance delle organizzazioni che non nascono per perseguire uno scopo di lucro;
  2. la disciplina degli Enti del Terzo settore e delle imprese sociali alla luce della Riforma del terzo settore;
  3. i rapporti giuridici tra gli enti pubblici e le organizzazioni non profit per la definizione, gestione ed erogazione di servizi di pubblica utilità;
  4. il diritto europeo che influenza l’azione degli enti non profit.

DOI: 10.7425/IS.2023.02.11

Alceste Santuari è professore associato di Diritto dell’Economia nell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, afferente al Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia. È titolare dei seguenti insegnamenti: Diritto dell’economia degli enti non profit e della Cooperazione, Diritto dell’economia, Partenariati pubblico-privati e Diritto dei servizi sociali.

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