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ISSN 2282-1694
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Numero 2 / 2023

Recensioni

Terzo settore e costituzione. Paolo Sanna recensisce il libro di Luca Gori Terzo settore e Costituzione

Paolo Sanna


La presente recensione è disponibile anche in forma estesa a questo indirizzo: https://www.rivistaimpresasociale.it/forum/articolo/luca-gori-terzo-settore-e-costituzione

Chi, per interesse scientifico o per necessità pragmatiche, intenda approfondire il tema del Terzo settore e della sua recente (ma non più recentissima) Riforma, nella prospettiva, centrale, ma non esclusiva, del diritto Costituzionale, troverà senza dubbio motivo di interesse nell’opera di Luca Gori, dal titolo “Terzo settore e costituzione”, edita nel 2022, per i tipi della Giappichelli.

L’obiettivo – dichiarato dall’A. - è quello di perimetrare il Terzo settore e di definire finalità, contenuti e limiti del trattamento giuridico di favore legislativo riservato agli enti del Terzo settore (per brevità, ETS) in una duplice prospettiva costituzionale: «statica» rivolta al verfassungsgrundlage, da cui ricavare valori e principi che informano l’intervento normativo in materia; «dinamica» che si interroga sul “chi, perché e come” il diritto si interessi del Terzo settore, pur trattandosi, appunto, di un diritto promozionale.

Il Capitolo I° (intitolato “L’emersione sul piano giuridico del Terzo settore”) contiene una ricostruzione storica del Terzo settore nell’ordinamento italiano, in particolare la sua metamorfosi da categoria dogmatica ad ambito normativo. Scorrono sotto gli occhi del lettore alcune delle più importanti tappe normative – efficacemente delineate nei loro tratti più espressivi - che, nell’arco di più di un secolo e mezzo, hanno avuto la loro acme con la Riforma del 2016. Quanto al più recente stadio evolutivo inerente alle regole del Terzo settore italiano (la delega racchiusa nella l. n. 106/2016 ed i relativi decreti legislativi di attuazione e, in particolare, sul d. lgs. n. 117/2017, recante il Codice del Terzo (per brevità, CTS), benché si tratti di un corpus normativo ritenuto non esaustivo e non scevro da profili di criticità, la scelta di ricorrere alla forma del Codice è valutata, infatti, come centrale e di indubbio interesse sistematico. Segue una prima analisi di uno degli aspetti ordinamentali più rilevanti della novella, anche ai fini del lavoro di ricerca: la definizione del Terzo settore. Dal CTS emerge una categoria normativa di enti ai quali il legislatore attribuisce uno statuto giuridico (tendenzialmente) unitario e una piena riconoscibilità istituzionale e politica: è il riflesso di un processo di cambiamento che interessa altresì il piano socioculturale e che, più di recente, ha trovato un suggello sul versante costituzionale con la sentenza del Giudice delle Leggi n. 131/2020.

Preso atto della novità definitoria e, allo stesso tempo, dell’intrinseca dinamicità del Terzo settore che ne rende la disciplina giuridica cronicamente inadeguata, la ricerca prosegue nel Capitolo II° (intitolato “Criteri costituzionali e scelte legislative di riconoscimento del terzo settore”) in una duplice direzione: da una parte, saggiare il fondamento costituzionale del settore in esame; dall’altra parte, verificare quanto dello spazio riservato dalla Carta all’area degli enti delle libertà sociali risulti effettivamente occupato e quanto, invece, resti normativamente non considerato o inesplorato.

In particolare, al fine di individuarne la base e la meritevolezza costituzionali, l’A. approfondisce la definizione legale di «Terzo settore» e di «ente del Terzo settore» (come si è detto, data rispettivamente ex artt. 1, l. 106/2016, e 4, CTS), rinvenendone l’elemento distintivo nel profilo teleologico: “sono le finalità, infatti, che consentono di far emergere dall’indifferenziato coacervo del pluralismo sociale una serie di enti che, in ragioni di tali fini, vengono a connotarsi per una serie di caratteristiche uniformi”. La tesi essenziale – ampiamente discussa e motivata nella prospettiva d’indagine indicata - è che – a prescindere dalla loro forma giuridica in concreto assunta sul piano civilistico – le formazioni sociali del Terzo settore rappresentano un “momento di manifestazione della personalità umana e luogo nel quale il dovere di solidarietà può esprimersi compiutamente, nella sua componente orizzontale o fraterna (ossia volontariamente assunta come libera espressione della socialità della persona), al fine di concorrere all’attuazione dell’obiettivo delineato dagli articoli 2 e 3 della Costituzione, e in particolare del programma proclamato dal secondo comma di quest’ultima disposizione, quale obiettivo finale di tutto il processo di attuazione costituzionale”. Sempre principalmente del prisma del diritto Costituzionale, l’A. compie una disamina – completa, ragionata e critica - dei singoli elementi che concorrono a definire l’ETS. A conclusione del secondo capitolo, l’A. si sofferma – non trascurando la prospettiva del diritto euro-unitario - sul contenuto degli indici normativamente richiesti all’ente qualora voglia conseguire la qualifica di «ente del Terzo settore» e, di conseguenza, accedere al regime specifico previsto per la categoria. 

L’A. avverte, però, come tali indici non debbano essere valutati in maniera ipostatizzante, ma al contrario, assunti nella loro intrinseca “mobilità” storica, posto che “appare davvero arduo ipotizzare che i confini ed i caratteri del Terzo settore siano stabiliti una volta e per tutte ma, al contrario, compito del diritto è scorgere e valutare le novità che, progressivamente, l’autonomia privata dei cittadini, singoli o associati, produce e che, almeno in parte, ha già prodotto, e che il diritto pubblico ha, magari embrionalmente, iniziato a riconoscere”.

Nel Capitolo III°, intitolato “La promozione del Terzo settore come questione di diritto costituzionale”, l’A. si propone di definire i contenuti propri del diritto promozionale del Terzo settore - così come delineato dal legislatore statale - e di identificare i settori di promozione nonché i caratteri e problemi da essi posti. Si tratta del «profilo dinamico» del Terzo settore, ossia dell’insieme di strumenti che consente al «profilo statico» di inverarsi come prassi sociale diffusa.

Il profilo «dinamico» è colto mediante una metodologia d’indagine “paradigmatica” e “concreta” svolta per il tramite delle norme promozionali: “ciò significa comprendere come l’art. 118, u.c. Cost. – e, in particolare, l’espressione «favoriscono» – trova applicazione in concreto, consentendo il dinamico sviluppo del Terzo settore oppure, al contrario, come una limitata o insufficiente applicazione ne costituisca un fattore di freno”.

Prima di tutto, è indagato, sul piano generale, il significato giuridico proprio del c.d. diritto promozionale, di cui è posto in evidenza il necessario ancoraggio causale a un bene di rango costituzionale. Diverse e difficilmente riconducibili ad unitatem sono poi le modalità promozionali introdotte dal legislatore nel settore in esame, che l’A. non manca di schematizzare in modo esaustivo, suggerendone una lettura interpretativa – anche in chiave di valutazione di costituzionalità - non atomistica, ma di tipo sistematico: “l’obbligo costituzionale di «favorire» deve essere misurato non già con riguardo alla singola misura promozionale ed alla sua natura derogatoria, bensì all’effetto complessivo risultante per l’ambito omogeneo considerato”. Fa seguito una puntuale analisi delle misure promozionali, con una particolare cura dedicata ad alcune possibili chiavi di lettura costituzionali della disciplina tributaria e a quella inerente ai rapporti con la P.A.: scelta espositiva coerente con la considerazione della centralità del ruolo che tali regole giocano nell’ambito delle politiche promozionali per il Terzo settore.

Come segnala il suo titolo “Gli effetti della qualifica della qualifica di Ente del Terzo Settore ed il controllo nella prospettiva costituzionale”, il Capitolo IV° affronta i temi degli effetti che discendono dall’acquisizione della qualifica di ETS sul piano degli obblighi giuridici gravanti sugli enti interessati e dei controlli per essi stabiliti ex lege.  

Si tratta, in sostanza, dell’esplorazione di quel versante definito dall’A. come “l’altro lato della promozione”.

L’idea è che l’ammissibilità della disciplina promozionale per gli ETS e lo status di favore facciano il pari con una serie di obblighi e di adeguate forme di controllo (affidate, in primis, ai pubblici poteri), volta a verificare la sussistenza e la permanenza dei requisiti essenziali affinché l’ente possa continuare a definirsi «del Terzo settore» e, quindi, a fruire del relativo regime di favor, senza che ne sia vulnerata l’autonomia costituzionalmente protetta.

In particolare, l’A. s’interroga sull’obiettivo finale degli obblighi e dei controlli, nonché sulle regole costituzionali in grado di orientare sia il legislatore sia l’ermeneusi delle norme vigenti.

Nel Capitolo V°, intitolato “Il Terzo settore nel pluralismo territoriale”, l’A. si propone di “leggere” il profilo costituzionale del Terzo settore nell’ordinamento costituzionale proprio alla luce del contesto pluralista delineato dal Titolo V°, ritenendolo un momento imprescindibile per comprendere le modalità di realizzazione del riconoscimento, della promozione e del controllo sul Terzo settore.  Infatti, i diversi livelli di governo concorrono, con competenze legislative e funzioni amministrative distinte, al raggiungimento del medesimo obiettivo promozionale del Terzo settore, inteso come “una modalità di perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociali”, ma che da luogo a una rilevante tensione fra Stato e Regioni, composta in sede di giurisdizione costituzionale.

L’auspicio – formulato alla luce dell’esperienza regionale toscana - è che la “regionalizzazione” del Terzo settore “non si esaurisca, semplicemente, con l’attuazione delle misure che, più o meno espressamente, sono indicate nel d.lgs. n. 117 del 2017, bensì si esprima all’interno di un quadro coerente, costituzionalmente orientato, di norme di riconoscimento e di forme di promozione delle diverse manifestazioni del pluralismo sociale, sia che esse si esprimano in forme collettive o individuali” (non viene può trascurato il rischio che, per via regionale, il Terzo settore si estenda, sul piano sostanziale, al di là del perimetro stabilito dalla legge statale).

Come si è accennato, a chiusura dell’opera si ritrovano alcuni Spunti conclusivi”, dove a un sintetico riassunto contenutistico del percorso di ricerca compiuto, l’A. aggiunge altri arricchenti elementi di riflessione. Non mancano le sfide: se la Riforma del Terzo settore ha inteso forgiare strumenti giuridici innovativi a fronte di un rapporto tra cives e istituzioni che, abbandonato il principio di autorità, sembra annodarsi su di una trama tendenzialmente paritaria e dialogica, il rischio è che la crescente “liquidità” del Terzo settore e degli enti che lo popolano possa, in prospettiva, costituire un problema di tenuta dell’idea stessa di “settore” con confini determinati o determinabili. Nondimeno, “la valorizzazione dell’amministrazione condivisa, la centralità assunta dagli spazi pubblici da riqualificare, il ricorso agli strumenti di sussidiarietà fiscale e le forme alternative di esercizio di funzioni amministrative da parte di soggetti privati sono la cartina di tornasole di una trasformazione dell’amministrazione, in grado di propagarsi sino a lambire tratti essenziali della forma di stato, disegnando un nuovo scenario di democrazia”: si assiste, insomma, a un fenomeno di mutamento della dislocazione del potere politico, cui, però si accompagna un delicato gioco di equilibri tra il ruolo del Terzo settore e quello dell’amministrazione pubblica.

L’A. invoca il ricorso alla Carta come fattore di equilibrio capace di individuare un punto baricentrico, così da assicurare lo sviluppo del Terzo settore e la trasformazione dell’amministrazione nell’alveo costituzionale, nella consapevolezza però che l’incessante mobilità degli attori sociali pone il baricentro in una condizione di perenne instabilità: “cogliere il senso di questa instabilità, che non è, di per sé, un dato negativo o positivo, attraverso le categorie del diritto costituzionale, è una delle funzioni più importanti, anche per leggere lo stato di salute della nostra democrazia pluralista”.

DOI: 10.7425/IS.2023.02.12

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