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ISSN 2282-1694
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Introduzione

Sull’economia sociale nella dimensione globale

Gianluca Salvatori

L’impresa sociale: dalla teoria alle policy

Giulia Galera, Stefania Chiomento

Dal mondo

Esperienze dal mondo

Redazione

Le cooperative agricole familiari in Brasile

Leandro Pereira Morais, Miguel Juan Bacic

Economia solidale: due esperienze dall'America latina

Maura Viezzoli, Luigi Grando

Innovazione sociale: una via mediterranea?

Dario Carrera, Suheli Chrouda, Rosario Sapienza, Marco Traversi

L’ESS per il lavoro dignitoso nell’Africa subsahariana

Jürgen Schwettmann

In memoria

Ricordando Marco Maiello

Felice Scalvini

Numero 1 / 2022

Le politiche

L’Economia Sociale e Solidale: una prospettiva internazionale

Roberto Di Meglio, Vic Van Vuuren

Il contesto

Diseguaglianza crescente, deficit di lavoro dignitoso e riscaldamento globale sono aree problematiche che, accentuate dalla crisi causata dal Covid-19, richiedono decisioni e risposte urgenti. Risposte che devono tenere conto dello scenario di fondo con cui interagiscono, in particolare il progresso tecnologico, la transizione ecologica, l’incremento delle migrazioni e le tendenze demografiche. Un’equazione di difficile soluzione viste le numerose variabili in gioco, una sfida complessa per molti governi che faticano a livello internazionale e nazionale a trovare dei compromessi tra interessi diversi e tradurli in azioni efficaci. I numerosi summit sul clima fatti finora sono una clamorosa dimostrazione della difficoltà nel mediare, raggiungere accordi e poi nel metterli in pratica. La COP26, tenuta a novembre 2021 a Glasgow, aveva come obiettivo azzerare le emissioni nette a livello globale entro il 2050 e puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C. Ad ogni Paese si è chiesto di presentare obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni entro il 2030, allineati con il raggiungimento di un sistema a zero emissioni nette entro la metà del secolo. A Glasgow tutti si sono trovati d’accordo che fermare il riscaldamento globale è una priorità, ma non si sono stabilite misure concrete[1] per tagliare le emissioni di CO₂.

I costi della crisi climatica vanno anche loro ad incrementare le diseguaglianze, infatti molti Paesi in via di sviluppo dipendono fortemente dal loro habitat naturale e non sono in condizioni di far fronte ai cambiamenti climatici. Così come le persone con le fasce di reddito più basse che, nei Paesi sviluppati, vivono spesso a ridosso di complessi industriali altamente inquinanti o in località dove si smaltiscono illegalmente rifiuti, nocivi per la salute. Ad incrementare le diseguaglianze si somma anche l’impatto della pandemia. I dati su alcune grandi città, New York per esempio, mostrano come il numero di contagi e di decessi sia molto più alto nelle periferie dove vivono i lavoratori e le famiglie con redditi medi e bassi.[2]

La crisi pandemica ed il mondo del lavoro

La pandemia generata dal Covid-19 ha causato uno sconvolgimento senza precedenti che, senza un’azione politica concertata, lascerà sul paesaggio sociale e occupazionale profonde cicatrici che impiegheranno molti anni a svanire. Tutti i Paesi hanno subíto un forte deterioramento dell’occupazione e dei redditi nazionali, con conseguente incremento delle disuguaglianze e rischio di danneggiare in modo duraturo i lavoratori e le imprese. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) stima[3] che nel 2020 si sia perso l’8,8% delle ore lavorative totali, equivalente alle ore lavorate in un anno da 255 milioni di lavoratori a tempo pieno. Questo indicatore sintetico riflette i diversi percorsi attraverso i quali la pandemia ha colpito i mercati del lavoro. Circa la metà delle ore di lavoro sono state perse come risultato della riduzione dell’orario per coloro che hanno mantenuto l’occupazione (e possono essere attribuite a orari ridotti o a “zero” ore di lavoro come risultato di schemi di congedo obbligatorio). La metà rimanente è dovuta alla distruzione di posti di lavoro. Rispetto al 2019, l’occupazione totale è diminuita di 114 milioni di lavoratori che o sono diventati disoccupati o hanno abbandonato la forza lavoro. Insieme, queste perdite significano che il deficit di occupazione globale è aumentato di 144 milioni di posti di lavoro nel 2020, accentuando ulteriormente la carenza di opportunità che già esisteva prima della pandemia. L’America Latina, l’Europa e l’Asia centrale sono le regioni più colpite, con perdite di ore lavorative stimate in ogni caso superiori all’8% nel primo trimestre e al 6% nel secondo trimestre del 2021.[4] Lo sconvolgimento dei mercati del lavoro ha avuto conseguenze devastanti sia per gli uomini che per le donne. Ma l’occupazione femminile registra una diminuzione del 5% nel 2020, rispetto al 3,9% degli uomini. La crisi ha colpito anche molti giovani in un momento cruciale della loro vita, interrompendo il loro passaggio dalla scuola o dall’università al lavoro. Guardando al futuro, la crescita dell’occupazione prevista sarà insufficiente a riempire i vuoti lasciati dalla crisi. Tuttavia, a partire dalla seconda metà del 2021, si intravede l’inizio di una ripresa graduale, anche se non uniforme, dell’economia globale, guidata dai progressi nella vaccinazione e dalla spesa di bilancio su larga scala. La maggior parte di questi effetti positivi rimarrà limitata nella portata geografica se l’azione internazionale sui vaccini e sostegni finanziari, compresa la riduzione del debito, non sarà globale.

Aspettando che le politiche sovranazionali siano finalmente concordate e tradotte in azioni concrete, sono urgenti politiche nazionali per rafforzare le diverse realtà produttive locali con potenziale e caratteristiche adatte a rispondere alla richiesta di sostenibilità ed inclusione. L’impatto della crisi attuale ha drammaticamente messo in primo piano l’urgenza di risposte concrete.

Economia Sociale e Solidale: un concetto trasversale alle quattro dimensioni dell’Agenda del lavoro dignitoso della OIL

Nel marzo 2021, in piena crisi pandemica, il Consiglio di Amministrazione della OIL ha deciso di includere nell’agenda della Conferenza Internazionale del Lavoro (ILC) che si terrà a giugno del 2022, un punto relativo alla “Economia Sociale e Solidale (ESS) per un futuro del lavoro centrato sull’uomo” per la discussione generale. Con questa decisione la OIL[5] pone quindi il dibattito sull’ESS nel mondo del lavoro al massimo livello, ritenendo che l’ESS[6] debba essere presa in considerazione per contribuire a realizzare l’Agenda del lavoro dignitoso, ossia accesso ad un lavoro produttivo, in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana per tutti gli uomini e le donne. D’altronde già nella Dichiarazione sul Futuro del Lavoro[7] del 2019 era incluso uno specifico riferimento all’ESS per un nuovo contratto sociale centrato sulle persone. Più di recente, nel giugno del 2021, anche l’“Appello globale all’azione per una ripresa centrata sull’uomo dalla crisi COVID-19 che sia inclusiva, sostenibile e resiliente[8] della OIL fa riferimento all’Economia Sociale e Solidale. Da oltre un decennio la OIL è impegnata in diverse azioni a supporto della ESS, dalla implementazione di progetti di cooperazione tecnica, di formazione e di ricerca ad azioni di consulenza a governi e diffusione di informazione e conoscenza sull’ESS. L’esperienza delle Accademie OIL sulla ESS, di cui recentemente si è celebrata la dodicesima edizione,[9] è di particolare importanza sia per la partecipazione di attori rilevanti legati all’ESS sia per l’interesse concreto mostrato dai Paesi che di volta in volta hanno finanziato l’iniziativa. Si tratta di eventi internazionali di scambio di esperienze e metodologie su temi rilevanti per la ESS.[10]

Inoltre, la OIL ha fondato nel 2013, assieme ad altre organizzazioni, il Gruppo di Lavoro Inter agenziale delle Nazioni Unite sulla ESS (UNTFSSE), che oggi presiede. La creazione di questo Gruppo di Lavoro si origina all’interno del sistema delle Nazioni Unite come uno sforzo per ripensare lo sviluppo sulla scia di molteplici crisi globali e nel contesto dell’agenda di sviluppo post-2015. Oggi nel 2021, il gruppo di lavoro conta 18 membri, tra cui PNUD, UNRISD e OECD, e 15 osservatori, tra cui la Rete Intercontinentale per la Promozione dell’Economia Sociale e Solidale (RIPESS), l’Istituto di Ricerca per le Cooperative e le Imprese Sociali (EURICSE) ed il Centro Internazionale di Ricerca e Informazione sull’Economia Pubblica, Sociale e Cooperativa (CIRIEC). Il numero dei membri e degli osservatori continua a crescere. La UNTFSSE promuove iniziative congiunte con i membri ed osservatori come, per esempio, la piattaforma online Knowledge Hub (ESS per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile), l’organizzazione di eventi anche in connessione con i processi e le conferenze ONU pertinenti, contribuendo a creare e consolidare partnership ed approfondire il dialogo con entità governative e della società civile.[11]

In quest’ultimo decennio, oltre ai riconoscimenti da organismi ed istituzioni internazionali, abbiamo preso atto dell’interesse crescente da parte dei governi di molti Paesi sia del Nord che del Sud del mondo, riguardo la ESS. Abbiamo osservato un proliferare di leggi, norme, programmi ed iniziative dirette a promuovere e consolidare la ESS, sia a livello nazionale che locale. Sebbene il nome possa essere diverso (Economia Solidale, Economia Sociale, Economia Sociale Solidale, Economia Popolare, Terzo settore) e una definizione unica sia difficile da trovare, gli elementi in comune sono molti e mettono in evidenza la ricerca di un’altra economia centrata sulla persona e sul pianeta.

Politiche pubbliche sull’ESS a livello nazionale: alcuni esempi

I riconoscimenti a livello internazionale sono il corollario del numero crescente di Paesi che hanno fatto passi in avanti negli ultimi decenni nel dare attenzione particolare alla ESS.[12]

  • Politiche in senso ampio sull’ESS sono state adottate in Argentina, Brasile, Bolivia, Canada (Québec), Capo Verde, Camerun, Colombia, Costa Rica, Gibuti, Ecuador, Spagna, Francia, Grecia, Honduras, Italia, Lussemburgo, Messico, Romania, Portogallo, Senegal, Tunisia, Uruguay e Venezuela.
  • Il Sudafrica, il Marocco, Repubblica di Corea e le Filippine sono tra i Paesi che attualmente stanno sviluppando politiche di economia sociale e imprenditoria sociale.
  • Ministeri o dipartimenti dell’ESS sono stati creati in Colombia, Francia, Lussemburgo, Spagna e Repubblica di Corea.
  • Programmi nazionali e locali di promozione dell’ESS sono stati messi in atto in Colombia, India, Nicaragua, Repubblica di Corea e Spagna; e nell’Africa occidentale si stanno sviluppando programmi settoriali (per esempio la salute).

Sono quindi molti i Paesi che hanno operato attivamente nel riconoscimento della ESS, con misure di politica pubblica in senso ampio, di seguito un cenno su alcuni esempi.

Africa

L’Unione Africana (UA), organismo continentale composto dai 55 stati membri che compongono i Paesi del continente africano, è in procinto di lanciare una strategia sull’ESS per il continente.

La Tunisia, dove la OIL ha in campo diverse iniziative sulla ESS, è il primo paese del Maghreb ad avere una legge quadro sull’ESS, adottata nel 2020, preceduta da Capo Verde (2016), Camerun e Gibuti (2017) nel continente africano. La legge tunisina del giugno 2020 sull’economia sociale e solidale include la seguente definizione: “l’ESS è un modello economico costituito da un insieme di attività economiche che hanno una finalità sociale e che riguardano la produzione, trasformazione, distribuzione, scambio, commercializzazione e consumo di beni e servizi forniti da imprese dell’economia sociale e solidale, per soddisfare i bisogni collettivi dei loro membri e l’interesse economico e sociale generale, e il cui scopo principale non è la distribuzione di profitti”. L’adozione di questa legge quadro sull’ESS è stata accompagnata dalla creazione di un’Autorità tunisina dell’occupazione, dell’economia sociale e della solidarietà. Con la legge quadro sono state varate misure a sostegno dell’ESS basate sui pilastri fondanti del settore ossia il quadro istituzionale e giuridico ed il sistema di finanziamento e statistico.[13]

In Senegal, fino a poco tempo fa, non esisteva una definizione ufficiale di economia sociale e solidale ma nel giugno 2021, l’Assemblea Nazionale del Senegal ha adottato una legge che ha introdotto importanti innovazioni, tra cui la definizione dei termini utilizzati nel settore, l’identificazione della tipologia di attori e stakeholder, la creazione di misure fiscali e doganali e, infine, la creazione di un Consiglio Nazionale dell’ESS. Questa legge definisce l’economia sociale e solidale come “un insieme di attività economiche incentrate sull’essere umano e aventi una finalità sociale e ambientale, svolte da cooperative/mutue, associazioni imprenditoriali e imprese sociali, responsabili e a responsabilità limitata” (articolo 1). Per essere considerato un attore dell’ESS, la legge in Senegal stabilisce che deve essere soddisfatta almeno una delle tre condizioni seguenti:

  1. fornire, attraverso la sua attività, sostegno alle persone in situazioni vulnerabili a causa della loro situazione economica o sociale; queste persone possono essere dipendenti, utenti, clienti, membri o beneficiari di questa impresa;
  2. contribuire alla lotta contro l’esclusione e le disuguaglianze sanitarie, sociali, economiche e culturali, all’educazione alla cittadinanza o al mantenimento e al rafforzamento della coesione territoriale;
  3. contribuire allo sviluppo sostenibile nelle sue dimensioni economiche, sociali, ambientali e partecipative, alla transizione energetica o alla solidarietà internazionale” (articolo 11).

Il Ministero della microfinanza e dell’economia sociale e solidale (MMESS), creato nel 2017, è l’istituzione di riferimento per le questioni legate all’ESS.

Asia

I principi di solidarietà, reciprocità e mutualità sono profondamente radicati nelle culture e tradizioni asiatiche ed un gran numero di Paesi asiatici hanno sviluppato politiche e strategie per sostenere lo sviluppo dell’ESS. In alcuni Paesi dell’Asia orientale e sudorientale si dà maggiore rilevanza all’impresa sociale mentre nel Sud e nel resto del Sud-Est asiatico, le cooperative, le organizzazioni di auto-aiuto e i gruppi comunitari sono prominenti.[14]

Alcuni Paesi, come la Corea[15] e la Malesia hanno adottato leggi specifiche per le imprese sociali, mentre in altri le imprese sociali sono registrate sotto le leggi commerciali esistenti. In Corea non esiste una legge sull’economia sociale ma c’è un progetto di legge quadro proposto nel marzo 2019, con l’obiettivo di stabilire una base giuridica per l’economia sociale, ridurre le disuguaglianze e aumentare la qualità della vita della popolazione. L’attuale amministrazione ha fissato la promozione dell’economia sociale come una delle sue priorità strategiche.

Nelle Filippine dal 2012 esiste una legge sulle imprese sociali. Attualmente si sta conducendo una consultazione nazionale sulla possibile modifica della suddetta legge. Le organizzazioni del settore informale, guidate dalla Commissione Nazionale Anti-Povertà per i Lavoratori del Settore Informale (NAPC-WIS) e l’Alleanza dei Lavoratori del Settore Informale (ALLWIES) stanno sostenendo l’ampliamento del focus della legge oltre le imprese sociali e l’incorporazione del concetto di ESS. La legge dovrebbe riconoscere e incorporare il ruolo globale dell’ESS nella riduzione della povertà, la formalizzazione dell’economia informale, l’inclusione finanziaria e la promozione di una transizione giusta.

Europa

In Europa, contesto tutt’altro che omogeneo, abbiamo Paesi dove sono incluse solo le organizzazioni che, per legge o tradizione, non distribuiscono profitti ai loro proprietari; in altri sono incluse anche le cooperative; e in altri ancora le forme convenzionali di impresa che assumono volontariamente una qualche forma di responsabilità sociale.[16] I termini utilizzati per identificare il settore variano sia nella letteratura scientifica che nei provvedimenti legislativi. Non profit, terzo settore, economia sociale ed economia sociale e solidale sono i termini più utilizzati, che includono però diversi insiemi di organizzazioni. Il termine più comune è economia sociale che comprende tre grandi tipologie di organizzazioni: associazioni, cooperative e mutue, alle quali in tempi recenti si sono aggiunte le fondazioni e le imprese sociali.

Sebbene il quadro europeo sia eterogeneo, con differenze a seconda dei contesti giuridici e delle culture prevalenti, nei Paesi dell’Unione Europea si è osservato, negli ultimi due decenni, un crescente interesse per le organizzazioni e le imprese dell’economia sociale. Ne è prova il lancio nel mese di dicembre 2021, del Piano di azione europeo per l’economia sociale[17] che ne riconosce il ruolo nella transizione ecologica, nelle politiche industriali e di innovazione, nella lotta alle crescenti diseguaglianze e nella promozione della coesione.

Si spera quindi che gli Stati membri tengano in conto l’economia sociale nella formulazione delle politiche che si accingono a adottare per una ripresa inclusiva e sostenibile.

La Spagna ha svolto un ruolo rilevante nella promozione, al suo interno e non solo, dell’economia sociale negli ultimi decenni, tra l’altro, approvando la legge sull’economia sociale nel 2011 e nell’attuazione della strategia spagnola per l’economia sociale, pubblicata nella gazzetta ufficiale dello Stato nel 2018. Un attore chiave è la Confederazione spagnola delle imprese dell’economia sociale (CEPES). CEPES, insieme al Ministero spagnolo del Lavoro e della Economia Sociale, ha organizzato nel 2017 la conferenza “L’economia sociale, un modello di business per il futuro dell’Unione europea”. Le conclusioni di questa conferenza, firmate dai governi di Spagna, Lussemburgo, Portogallo, Grecia, Italia, Romania, Slovenia, Malta, Bulgaria, Cipro e Svezia, affermano tra l’altro che i valori comuni dell’economia sociale contribuiscono attivamente alla coesione sociale e quindi alla crescita innovativa, intelligente, sostenibile e inclusiva, così come alla creazione di un’occupazione di qualità. A marzo del 2021 è stato annunciato il piano presentato all’esecutivo dal CEPES per la partecipazione dell’economia sociale al fondo europeo per la ripresa (Next Generation EU). Attraverso questo piano, le imprese dell’economia sociale propongono progetti al governo per un importo totale di quasi 2.000 milioni di euro.

America Latina

In America Latina, il fallimento storico nella creazione di un mercato del lavoro con salari e diritti per la maggioranza dei lavoratori e la conseguente esistenza di una economia informale che coinvolge oltre il 50% dell’occupazione, ha spinto sin dagli anni Novanta a concepire l’economia sociale e solidale come un modo alternativo di fare economia e quindi fortemente associata al cambiamento sociale.

In Argentina, paese con una lunga e radicata tradizione cooperativa, l’Istituto Nazionale dell’Associazionismo e dell’Economia Sociale (INAES), autorità esecutiva delle leggi cooperative e mutualistiche, da dicembre 2019 si propone di ampliare la sua materia politica con l’obiettivo strategico di raggiungere la centralità dell’ESS nel Paese. In questo contesto, l’INAES è stato trasferito dal Ministero dello Sviluppo Sociale al Ministero dello Sviluppo Produttivo (MDP). Nel secondo semestre del 2021 ci sono stati degli incontri tra il Presidente argentino e gli organi direttivi dell’INAES che indicano un interesse per il settore da parte dell’esecutivo da cui si attendono misure concrete.

Per quanto riguarda la Colombia, è stata creata una Commissione Intersettoriale del Settore dell’Economia Solidale (Decreto 1340 del 2020) presieduta dal Vicepresidente della Repubblica e la partecipazione di cinque Ministeri, un dipartimento nazionale di pianificazione, la Sovrintendenza dell’economia solidale e l’Unità Amministrativa Speciale delle Organizzazioni Solidali. Obiettivo di questa Commissione è coordinare e guidare la formulazione e l’esecuzione di politiche, piani, programmi e azioni necessarie per l’attuazione trasversale e integrale della politica pubblica dell’economia solidale a livello nazionale. Inoltre, nel periodo 2018-2021 sono state emesse diverse leggi, decreti e circolari di interesse per l’ESS.[18]

Il quadro di politica pubblica del Costa Rica per l’economia sociale e solidale, approvato nel novembre 2020, a cui ha collaborato la OIL, ratifica l’impegno di dare impulso all’ESS in collaborazione con i governi locali. Questo riconoscimento all’interrelazione virtuosa tra l’economia sociale solidale e i governi locali si è tradotto in una Strategia Nazionale per le Amministrazioni Locali, che stabilisce diverse linee d’azione, tra cui: formazione, finanziamento, mappatura locale dell’economia sociale solidale e la creazione di una rete nazionale di governi locali per l’economia sociale solidale.

Al di là dei riconoscimenti: perché l’ESS?

L’ESS è un fenomeno emergente, come mostra l’aumento significativo delle misure di politica pubblica ed il gran numero di riconoscimenti internazionali. Questo riconoscimento diffuso e crescente non è casuale.

La difficile stagione che vive oggi la democrazia in molti Paesi occidentali spinge la ricerca di forme alternative per canalizzare, attraverso forme collettive, il forte disagio delle persone rispetto a temi come il lavoro, la politica e l’ambiente.

Inoltre, durante l’attuale crisi generata dalla pandemia globale da Covid-19, le imprese dell’ESS hanno dimostrato la loro resilienza e capacità di adattamento offrendo servizi che rispondono ai bisogni generati dalla crisi.

Le esperienze raccolte e diffuse dall’OIL dal 2010, mediante eventi internazionali (per esempio le Accademie dell’OIL) e le ricerche e le indagini condotte in diversi Paesi europei, mostrano segnali molto incoraggianti riguardo al ruolo delle organizzazioni dell’ESS nel promuovere l’integrazione nel mercato del lavoro e nel creare occupazione di qualità.

Come accennato all’inizio, tra gli impatti più negativi della crisi attuale, con conseguenze potenzialmente imprevedibili sulla stabilità sociale, c’è l’aumento della disuguaglianza multidimensionale. Disuguaglianza che non indica solamente disparità nel livello dei redditi ma anche in quello dei consumi, nell’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione e nella speranza di vita. Attualmente, solo il 47% della popolazione mondiale è effettivamente coperta da almeno un beneficio di protezione sociale, mentre 4,1 miliardi di persone (53%) non ottengono alcuna sicurezza di reddito dal loro sistema nazionale di protezione sociale.[19]

Nel volere invertire la tendenza all’aumento delle diseguaglianze è necessario offrire opzioni innovative, che diano risposte a quei bisogni che né il settore pubblico né quello privato tradizionale sono interessate o sono in grado di offrire. Combinando l’obiettivo sociale con quello economico, la dimensione collettiva, la governance democratica ed il radicamento territoriale, l’ESS offre una risposta alla necessità di riappropriarsi di una economia a misura umana. Come ci ricorda l’Agenda 2030 – e la crisi attuale lo ha ulteriormente evidenziato – è urgente innovare anche attraverso modelli produttivi complementari capaci di integrare diverse dimensioni della vita delle persone (salute, società, ambiente ed economia) per uno sviluppo globale, nazionale e locale inclusivo e sostenibile. 

Transizione all’economia formale, transizione ecologica ed inclusione nel mercato del lavoro delle donne

Per quanto riguarda la transizione ad una economia verde, le organizzazioni ed imprese dell’ESS offrono caratteristiche vantaggiose rispetto al business tradizionale, non essendo la logica della massimizzazione del profitto parte della loro ragion d’essere, vi sarà scarsa o nessuna propensione ad esternalizzare i costi ambientali e sociali. Inoltre, nell’ESS i sistemi di produzione e scambio fanno sì che tendano ad avere impronta di carbonio più bassa, com’è il caso di numerose imprese dell’economia circolare che scelgono modelli organizzativi della ESS.[20]

L’economia informale comprende più della metà della forza lavoro e più del 90% delle micro e piccole imprese (MSE) nel mondo.[21] La continua crescita dell’occupazione precaria legata all’economia informale rappresenta una sfida complessa alla cui soluzione l’ESS può contribuire date le sue caratteristiche. Le organizzazioni dell’ESS possono facilitare l’accesso ai finanziamenti, alla tecnologia, ai servizi di supporto, alla commercializzazione dei prodotti migliorando la capacità dei produttori di negoziare prezzi.[22] Mediante l’ESS, tutti coloro che sono coinvolti nell’informalità hanno la possibilità di far sentire le proprie necessità ed aspirazioni. La co-costruzione di politiche inclusive passa per un dialogo sociale che sia rappresentativo del mondo produttivo e della società civile.

Le donne hanno spesso una forte presenza nelle organizzazioni e nelle imprese dell’ESS e hanno assunto, soprattutto in alcuni Paesi europei, ruoli di leadership nelle associazioni nazionali, regionali e internazionali. L’occupazione nelle organizzazioni ed imprese dell’ESS può essere particolarmente importante per le donne che affrontano la discriminazione del mercato del lavoro e il conflitto lavoro-famiglia. Le organizzazioni e le imprese dell’ESS spesso facilitano la flessibilità nella gestione del tempo, fornendo opportunità di lavoro retribuito che può essere gestito insieme alle responsabilità associate al lavoro di cura non retribuito. Ottenere voce e capacità di networking e advocacy è cruciale per l’emancipazione e l’empowerment politico delle donne, permettendo loro di rinegoziare le tradizionali relazioni di genere e fare richieste alle istituzioni esterne.[23]

Verso un nuovo paradigma di produzione e consumo

Nel 2018 la prima Ministra scozzese Nicola Sturgeon affermò che l’obiettivo di una politica economica deve essere la salute e la felicità dei cittadini e non la ricchezza misurata dal prodotto nazionale lordo (PIL). Parole premonitrici, vista la crisi generata dal Covid-19 all’inizio del 2020. Molti Paesi si sono trovati impreparati nell’affrontare la pandemia dal punto di vista dei sistemi sanitari, avendo negli ultimi decenni ridotto vieppiù la spesa nella sanità pubblica, soprattutto nella capacità di risposta a livello territoriale. L’argomento della politica scozzese richiama all’importanza del messaggio contenuto nel documento di risoluzione delle Nazioni Unite “Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile[24] adottato dai 193 Paesi membri all’Assemblea Generale il 25 settembre 2015. Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), attorno ai quali è strutturata la strategia di implementazione dell’Agenda, sono una chiamata universale all’azione per proteggere il pianeta e migliorare la vita e le prospettive delle persone. In particolare, il punto 28 del documento ONU afferma: “Ci impegniamo a fare cambiamenti fondamentali nel modo in cui le nostre società producono e consumano beni e servizi”. Affinché questa visione diventi realtà, le strutture che generano disuguaglianza ed esclusione devono essere cambiate.

Gli scenari di fondo nelle regioni del mondo sono assai diversi, per storia, cultura e tradizioni. Questa diversità deve essere tenuta presente senza abbandonare l’obiettivo comune di costruire delle società più inclusive e sostenibili. Nel caso dell’America Latina risalta la necessità di uscire da politiche assistenzialiste e cercare, attraverso un progetto, di offrire alternative alla grande massa di persone emarginate e senza possibilità di avere un lavoro dignitoso. Nel caso europeo, i cui lavoratori sono maggioritariamente integrati in un mercato del lavoro formale, sembra prevalere la necessità di dare risposte innovative a vecchi e nuovi bisogni che una società in trasformazione sta generando. Mentre nel caso dell’Asia troviamo, anche per le sue dimensioni, una maggiore eterogeneità e quindi la necessità – diversa da Paese a Paese – sia di risposte complementari che di un progetto che punti all’integrazione nel mondo del lavoro. Anche il continente africano presenta una marcata differenza tra situazioni che obbliga a tenere conto dei singoli contesti locali al fine di introdurre politiche per promuovere inclusione e sostenibilità mediante l’ESS.

In tutte le regioni si osserva lo sforzo dei governi di ripensare e adattare i propri modelli di sviluppo per rispondere alle esigenze crescenti di intere fasce della popolazione. Sono quindi urgenti politiche che creino un ambiente favorevole all’innovazione, indispensabile per poter operare quelle trasformazioni che renderanno la nostra società più inclusiva e sostenibile. Gli attori del settore pubblico, del privato tradizionale e della società civile sono chiamati a giocare un ruolo attivo nel co-creare soluzioni alle sfide crescenti. L’economia sociale e solidale ha le carte in regola per essere protagonista di tali processi ed essere un attore cruciale in un nuovo paradigma di produzione e consumo che metta al centro le persone ed il pianeta.

DOI: 10.7425/IS.2022.01.09

Note

  1. ^ Was COP26 in Glasgow a success?
  2. ^ Source: New York City Health Department.
  3. ^ ILO (2021), World Employment and Social Outlook – Trends 2021.
  4. ^ Si veda nota 3.
  5. ^ L’OIL è l’unica fra tutte le organizzazioni del sistema multilaterale ad avere una struttura tripartita dove i rappresentanti dei governi, delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei sindacati di 187 Paesi membri hanno la stessa voce e lavorano insieme per adottare norme internazionali del lavoro e formulare politiche e programmi internazionali che hanno un impatto sul mondo del lavoro e la politica sociale.
  6. ^ La definizione (non ufficiale) della ESS che è utilizzata nella OIL proviene dalle conclusioni della riunione tripartita della OIL tenuta a Johannesburg nel 2009 e fa riferimento a imprese e organizzazioni – in particolare cooperative, mutue, associazioni, fondazioni e imprese sociali – che producono specificamente beni, servizi e conoscenze perseguendo obiettivi economici e sociali e promuovendo la solidarietà.
  7. ^ La Dichiarazione per il futuro del lavoro, adottata nel 2019, menziona esplicitamente lo sforzo che l’OIL deve fare per sostenere il ruolo del settore privato, che comprende anche l’economia sociale e solidale, come fonte principale di crescita economica e di creazione di posti di lavoro, promuovendo e facilitando un ambiente ad essa favorevole.
  8. ^ ILO (2021), Global call to action for a human-centred recovery from the COVID-19 crisis that is inclusive, sustainable and resilient.
  9. ^ 12th ILO Academy on Social and Solidarity Economy (Lisbon, Portugal, 15-26 Nov 2021).
  10. ^ Approfondimenti ulteriori sono possibili sulla piattaforma di conoscenza condivisa Collective Brain che riporta documenti, video, interviste e molto altro sulle varie edizioni tenutesi in Italia (2), Canada, Marocco, Sud Africa, Brasile, Messico, Corea, Costa Rica, Lussemburgo, Spagna e Portogallo.
  11. ^ Obiettivi della UNTFSSE (United Nation Task Force on Social and Solidarity Economy) sono: aumentare la visibilità della ESS all’interno del sistema delle Nazioni Unite e oltre; migliorare il riconoscimento del ruolo delle imprese e delle organizzazioni dell’ESS nello sviluppo sostenibile; promuovere la conoscenza dell’ESS e consolidare le reti dell’ESS; sostenere la creazione di un ambiente istituzionale e politico favorevole all’ESS ed assicurare il coordinamento degli sforzi internazionali e creare e rafforzare le partnership.
  12. ^ In questo articolo si usa il termine ESS (Economia Sociale e Solidale) sebbene i termini utilizzati nei Paesi possano essere diversi, abbiamo infatti tra i più diffusi: Economia Sociale, Economia Solidale, Economia Popolare, Terzo Settore. Abbiamo raccolto sotto la dizione di ESS quelle organizzazioni ed imprese che presentano aspetti comuni a tutte e che sono stati considerati rilevanti (si veda: ILO (2010), Social and Solidarity Economy - Chapter 1).
  13. ^ ILO (2020), Public Policies for the Social and Solidarity Economy and their Role in the Future of Work.
  14. ^ Vedi il progetto della OIL Strengthening Social and Solidarity Economy in Asia.
  15. ^ Repubblica di Corea.
  16. ^ ILO, 2017.
  17. ^ "Presentato dalla Commissione un piano d'azione per promuovere l'economia sociale e creare posti di lavoro".
  18. ^ Legge 2143 del 2021 (Legge sulle mutue aggiornata, che conferisce loro autonomia e le collega all’economia come imprese solidali); Legge 2069 del 2020 (Legge sull’imprenditoria cooperativa); Legge 2046 del 2020 (Legge sugli appalti pubblici locali); Legge 1901 del 2018 (Società di utilità collettiva); Circolare Supersolidaria 09 del 2020 (Attuazione del bilancio sociale); Circolare esterna Supersolidaria 20 del 2021 (aggiornamento della Circolare Legale di Base 2021, quadro normativo unificato); Risoluzione 2950 del 2020 (Planfes: Plan Nacional de Fomento a la Economía Solidaria y Cooperativa Rural - Planfes).
  19. ^ "More than 4 billion people still lack any social protection, ILO report find".
  20. ^ Vedi nota 19.
  21. ^ ILO: Informal economy.
  22. ^ UNTFSSE Position Paper: Social and Solidarity Economy and the Challenge of Sustainable Development.
  23. ^ Documento di posizionamento del Gruppo di Lavoro Inter agenziale delle Nazioni Unite (2014).
  24. ^ The Sustainable Development Agenda.
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