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ISSN 2282-1694
impresa-sociale-1-2022-potenzialita-e-sfide-delle-cooperative-agricole-familiari-nell-aumentare-la-sicurezza-e-la-qualita-degli-alimenti-riflessioni-dall-esperienza-brasiliana

Introduzione

Sull’economia sociale nella dimensione globale

Gianluca Salvatori

L’impresa sociale: dalla teoria alle policy

Giulia Galera, Stefania Chiomento

Dal mondo

Esperienze dal mondo

Redazione

Le cooperative agricole familiari in Brasile

Leandro Pereira Morais, Miguel Juan Bacic

Economia solidale: due esperienze dall'America latina

Maura Viezzoli, Luigi Grando

Innovazione sociale: una via mediterranea?

Dario Carrera, Suheli Chrouda, Rosario Sapienza, Marco Traversi

L’ESS per il lavoro dignitoso nell’Africa subsahariana

Jürgen Schwettmann

In memoria

Ricordando Marco Maiello

Felice Scalvini

Numero 1 / 2022

Dal mondo

Potenzialità e sfide delle cooperative agricole familiari nell’aumentare la sicurezza e la qualità degli alimenti. Riflessioni dall’esperienza brasiliana

Leandro Pereira Morais, Miguel Juan Bacic

Original Portuguese version

Introduzione

Secondo l’IPCC AR6, il Sesto Rapporto sul cambiamento climatico, il mondo è entrato in una situazione critica e di difficile reversibilità relativamente ai cambiamenti climatici causati dall’azione umana (IPCC, 2021). La situazione climatica che ha favorito nel corso dei millenni l’espansione della specie umana tende a cambiare, presentando caratteristiche che renderanno più difficile la vita e le attività economiche. Lo sviluppo delle attività agricole sarà fortemente influenzato dall’aumento della temperatura e della variabilità climatica che aumenterà la frequenza e l’intensità di siccità e inondazioni. L’innalzamento del livello del mare spingerà milioni di persone fuori dai loro luoghi di residenza e di lavoro.

Come effetti di questo scenario, vi saranno ripercussioni negative sulla produzione di alimenti e la sicurezza alimentare. La situazione attuale non è buona e potrebbe peggiorare secondo il quadro descritto dall’IPCC. Secondo un rapporto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) nel 2020, tra 720 milioni e 811 milioni di persone nel mondo hanno sofferto la fame, 118 milioni dei quali hanno iniziato a soffrirla a causa della pandemia (FAO, 2021).

Nel caso del Brasile, i dati della FAO (2020) indicavano l’esistenza di 37,5 milioni di persone che vivevano in una situazione di “moderata insicurezza alimentare”, tra il 2014 e il 2016; tale cifra è aumentata a 43,1 milioni tra il 2017 e il 2019. Uno studio del Penssan Network (2021) mostra un calo significativo dell’indice di sicurezza alimentare in Brasile a partire dal 2013, anno in cui il 77,1% della popolazione si trovava in una situazione di piena sicurezza alimentare. Nel 2018 questa percentuale è scesa al 63,3% (una cifra vicina a quella osservata nel 2004). La stessa ricerca relativa all’anno 2020 ha rilevato come solo il 44,8% della popolazione si trovasse in una condizione di sicurezza alimentare. D’altra parte, in Brasile la grave insicurezza alimentare (cioè la fame) è passata dal 4,2% nel 2013 al 9% nel 2020. Questi dati del 2020 riflettono l’impatto della pandemia da Covid-19 sull’economia, che ha colpito la regione dell’America Latina e dei Caraibi (ALC) in un momento già caratterizzato da debolezza del loro quadro macroeconomico (ECLAC, 2020).

Carvalho et al. (2020) sottolineano come la situazione di insicurezza alimentare sia aumentata in modo significativo a causa degli effetti della pandemia e dell’insieme di scelte del governo (ad es. aiuti di emergenza), insufficienti a contenere l’aumento dell’insicurezza alimentare. Manfrinato et. al (2020), in una ricerca applicata in due favelas nella città di San Paolo, hanno scoperto che la metà dei residenti soffriva di insicurezza alimentare e il 10% stava soffrendo la fame.

A questo proposito, Sambuichi et al. (2019), evidenziano la contraddizione del Brasile che, disponendo di una delle maggiori superfici agricole del mondo ed essendo uno dei maggiori produttori alimentari a livello planetario – con la quota più importante di tale produzione destinata al mercato estero – convive tuttora con la fame e l’insicurezza alimentare e nutrizionale per larga parte della sua cittadinanza.

Questa situazione si verifica più per la debolezza della domanda (basso potere d’acquisto), che per le caratteristiche dell’offerta di prodotti alimentari. Pertanto, è necessario considerare la natura della produzione agricola, che si concentra su prodotti per l’esportazione (soia, mais, zucchero) e sulla produzione di combustibili (etanolo), prodotti in grandi proprietà, che operano su larga scala nei mercati delle materie prime, secondo tecniche agricole che prevedono un largo uso di fertilizzanti, pesticidi e gasolio. Questo modello agricolo estensivo, se da un lato è efficace per generare ritorni economici per i grandi proprietari, non risponde alla necessità di produrre alimenti sani per il consumo umano e non è nemmeno efficace nella generazione di posti di lavoro, dato il suo elevato livello di meccanizzazione.

Secondo Lopes et al. (2011) il modello dominante di agricoltura in Brasile è caratterizzato da monocoltura esposta al sole e con un basso livello di diversità biologica. Questa gestione provoca squilibri ecologici, impedendo una naturale autoregolazione dei terreni, caratteristica degli ecosistemi più complessi.

Questo modello di agricoltura porta ad esternalità negative per la società, con inquinamento, eutrofizzazione delle acque fluviali, esaurimento delle fonti idriche, erosione del suolo, problemi di salute della popolazione e impatti sociali derivanti dall’espulsione delle persone nelle aree in cui viene applicato. D’altra parte, poiché si presta all’applicazione di tecniche avanzate, comporta progressi nelle tecnologie genetiche (che non cessano di essere controversi) per l’adattamento delle colture, e all’utilizzo di attrezzature tecnologiche per l’irrigazione, la semina e la raccolta, nella logistica e in tutta la catena di fertilizzanti, pesticidi e prodotti farmaceutici per gli animali. Tutti questi progressi dipendono dall’uso di risorse non rinnovabili, in particolare il petrolio.

L’attuale modello di produzione agricola, sebbene apparentemente efficiente in termini tecnico-produttivi e finanziari, si rivela inefficace per soddisfare pienamente i bisogni fondamentali della società, come nel caso dell’alimentazione. Basta vedere come, attualmente, assistiamo da un lato a uno straordinario progresso tecnologico, ma dall’altro a crescenti tassi di esclusione, povertà, miseria e mancanza di accesso alle risorse di base per una parte significativa della popolazione mondiale. Questo modello basato sulle tecnologie dovrà affrontare crescenti difficoltà con il cambiamento climatico, il che ci fa pensare che nei prossimi decenni i tassi di insicurezza alimentare probabilmente aumenteranno. In questo scenario, diventa urgente pensare ad alternative che puntino a paradigmi di produzione agricola che operino su scala minore e che possano presentare un maggior grado di resilienza e avere caratteristiche più umane e sostenibili.

In questa prospettiva, questo articolo, alla luce del caso brasiliano, intende rilevare l’importanza delle cooperative agricole familiari come alternativa più sostenibile, umana e solidale al modello di produzione alimentare basato sulle tecnologie. Pertanto, l’articolo è strutturato come segue: dopo questa introduzione, si presenterà l’emergere dell’agricoltura familiare, per discutere il ruolo delle cooperative in questo ambito e quindi si argomenterà la necessità di rafforzare il percorso di solidarietà delle cooperative di agricoltori familiari. Infine, si proporranno alcune considerazioni finali.

Brasile, la ‘sua’ agricoltura e l’emergere dell’agricoltura familiare

In Brasile, secondo Picolotto (2014), l’emergere della categoria dell’agricoltura familiare e degli agricoltori familiari come “personaggi politici” ha storia recente. Secondo l’autore, è stato solo dal 1980 che questa categoria è apparsa come modello di agricoltura e come identità politica consapevole da parte di gruppi di agricoltori. Questo processo è avvenuto sulla base di alcuni “attori che hanno sostenuto e posto l’attenzione sulla categoria dell’agricoltura familiare e il suo valore come soggetto politico” (Picolotto, 2014, pag. 4) in diverse forme:

  • dibattiti accademici che hanno fatto luce sulla rilevanza dell’agricoltura familiare nei Paesi del capitalismo avanzato e sulle condizioni di precarietà storica in Brasile;
  • azioni dello Stato che hanno contribuito a fornire un quadro di riferimento per le politiche pubbliche di rafforzamento;
  • azioni autonome di auto-rappresentanza sindacale dei lavoratori rurali.

Storicamente e istituzionalmente, l’importanza politica dell’agricoltura familiare si è strutturata con la formazione della Federazione dei lavoratori nell’agricoltura familiare (FETRAF), la Confederazione nazionale dei lavoratori agricoli (CONTAG), la conquista di spazi nelle istituzioni, la creazione di politiche pubbliche e di un quadro normativo sull’agricoltura familiare, nonché da un lavoro culturale per contrastare le valutazioni negative che sono state attribuite a questo modello di agricoltura, talvolta indicato come arretrato, inefficiente e inadeguato.

Tali considerazioni vedevano nell’agricoltura estensiva tradizionale, in un contesto di opposizioni situate in “campi di forze” distinti, il riferimento equivoco in termini comparativi di ciò che è ritardato o avanzato, efficiente o inefficiente, adeguato o inadeguato. Vale la pena ricordare che in Brasile l’agricoltura “grande”, estensiva, basata su monocoltura e, in gran parte, focalizzata sulle esportazioni, è stata considerata in molte occasioni, anche da parte dello Stato, l’unica soluzione per garantire l’equilibrio della bilancia commerciale brasiliana, grazie appunto all’esportazione dei prodotti agricoli di interesse internazionale. Inoltre, questo profilo dell’agricoltura, nel corso della storia brasiliana, è stato imposto come un modello sociale, politico ed economico ampiamente riconosciuto. In questa prospettiva, le altre esperienze, di agricoltura familiare o comunque su scala meno estesa, sono considerate secondarie o addirittura marginali, e condannate in un certo senso ad una sorta di “invisibilità socioeconomica e politica” (Picolotto, 2014, pag. 6).

A questo proposito, Brumer et al. (1993) riconoscono che l’agricoltura familiare “è nata in Brasile sotto il segno della precarietà, precarietà legale, economica e sociale del controllo dei mezzi di lavoro e di produzione e, soprattutto, della terra”, implicando anche una precarietà connessa al “carattere rudimentale dei sistemi di cultura e delle tecniche di produzione e della loro povertà generalizzata” (p.12). Così, come ha osservato Picolotto (2014, pag. 7), questa precarietà, “il più delle volte, limitava la costituzione di una categoria di agricoltori focalizzati sul lavoro familiare che potessero rappresentare un contrappeso socioeconomico e politico rispetto ai grandi proprietari e alle loro organizzazioni”.

Come anticipato, questo stigma veniva gradualmente meno, sia dal punto di vista reale che simbolico; hanno contribuito a questo processo, tra le altre cose, opere importanti come Kageyama e Bergamasco (1989); Veiga (1991) e Abramovay (1998). Nel primo studio, le autrici hanno scoperto che il 71% degli stabilimenti agricoli, il 42,3% della superficie totale e il 74% del personale occupato in agricoltura, erano inquadrabili come agricoltura familiare nel periodo analizzato. Nel secondo, Veiga (1991) ha dimostrato che il modello agricolo dei Paesi avanzati si basava sullo sfruttamento agricolo su base familiare, mentre Abramovay (1998) ha sottolineato che l’agricoltura familiare moderna nei Paesi europei si appoggiava sull’impresa familiare e poteva essere più democratica, efficiente e sostenibile rispetto al modello fondato su un datore di lavoro, più impersonale ed esclusivamente focalizzato sul profitto, così come in altri settori di attività economica. Un altro riferimento importante è stato il Rapporto della FAO, realizzato insieme all’INCRA (Instituto Nacional de Colonização e Reforma Agrária) nel 1994, che, riconoscendo l’importanza socioeconomica degli agricoltori familiari, ha suggerito la priorità delle politiche pubbliche per minimizzarne le difficoltà e la fragilità (FAO-INCRA, 1994).

Nel 2006, la legge n. 11.326 del 24 giugno ha stabilito i concetti, i principi e gli strumenti volti a formulare politiche pubbliche rivolte all’agricoltura familiare e alle imprese familiari rurali. Secondo la legge, un agricoltore familiare è colui che pratica attività nelle aree rurali e soddisfa alcuni requisiti, come l’utilizzo prevalente del lavoro della propria famiglia nelle attività economiche dello stabilimento o dell’impresa; che ha una percentuale minima di reddito familiare originato da attività economiche dello stabilimento o dell’impresa; che dirige lo stabilimento o l’impresa agricola con la famiglia ecc.

Secondo Reis et al. (2015, p. 215), l’agricoltura familiare è “un’attività diversificata ed eterogenea, ma che mantiene tratti comuni per quanto riguarda l’uso delle risorse naturali, con l’uso intensivo del lavoro e talvolta dell’aiuto reciproco”. Inoltre, per gli autori, l’agricoltura familiare rappresenta più di un “intreccio tra l’agricoltore, le risorse naturali, le forniture e le influenze”, in quanto sono anche “centri di produzione e consumo in cui gruppi familiari condividono relazioni sociali come l’amicizia, la famiglia, le tradizioni e il controllo collettivo del territorio”. Secondo Cruz et al. (2021, p.1), “l’agricoltura familiare comprende una popolazione con una grande diversità culturale, sociale ed economica”.

Il censimento agricolo (IBGE, 2017) – il più recente – indica che il 77% degli stabilimenti agricoli brasiliani proviene da agricoltura familiare. In termini di superficie essa occupava 80,9 milioni di ettari, equivalenti al 23% della superficie totale degli stabilimenti agricoli brasiliani. Inoltre, secondo il censimento, l’agricoltura familiare: i) impiegava più di 10 milioni di persone (il 67% del numero totale di persone impiegate in agricoltura); ii) rappresentava il 23% del valore totale della produzione degli stabilimenti agricoli; iii) ha una partecipazione significativa alla produzione di alimenti che arrivano sulla tavola dei brasiliani: nelle colture permanenti, il segmento rappresenta il 48% del valore della produzione di caffè e banane; nelle colture temporanee, rappresentano l’80% del valore della produzione di manioca, il 69% dell’ananas e il 42% della produzione di fagioli. Al di là però degli aspetti economici, l’aspetto più importante è che l’agricoltura familiare svolge un ruolo fondamentale nell’economia brasiliana, poiché contribuisce alla produzione di alimenti e alla lotta contro la fame, alla sicurezza alimentare, alla generazione di lavoro e reddito e al miglioramento della qualità della vita diretta e indiretta delle persone nelle campagne e nelle città. Per Cruz et al. (2021), questo di per sé giustifica l’istituzione di politiche per sostenere e stimolare questo segmento.

Dal punto di vista delle politiche pubbliche, fondamentalmente si devono menzionare il Programma nazionale per il rafforzamento dell’agricoltura familiare (PRONAF), creato nel 1995 dal governo federale con l’obiettivo di fornire assistenza differenziata ai piccoli agricoltori e all’agricoltura familiare (Schneider et al., 2014) e il Programma di acquisizione alimentare (PAA), creato dall’articolo 19 della legge n. 10.696 del 2 luglio 2003, per i due scopi fondamentali di promuovere l’accesso al cibo e incoraggiare l’agricoltura familiare (Sambuichi et al., 2020).

Nel 2021 è stato approvato il Piano Safra (2021-2022); si tratta di un piano del governo federale per sostenere il settore agricolo brasiliano che assegnerà, secondo i dati del Ministero dell’Agricoltura (MAPA), 251,22 miliardi di R$ per la produzione agricola nazionale,[1] cifra del 6,3% superiore rispetto a quello stanziato nel piano precedente (2019-2020). Del totale, 178 miliardi di R$ saranno destinati a costi e commercializzazione e 73 miliardi di R$ saranno destinati agli investimenti. Le risorse per i piccoli agricoltori sono aumentate del 19%, poiché 39,3 miliardi di R$ saranno stanziati per il finanziamento da parte di PRONAF, con interessi dal 3% al 4,5%. Di questo importo, 21,7 miliardi di R$ sono per i costi e la commercializzazione e 17,6 miliardi di R$ per gli investimenti.

Nonostante l’aumento delle risorse destinate a PRONAF, vale la pena notare che queste risorse rappresentano solo il 15,6% delle risorse totali del Piano Safra e che sarebbe stato opportuno prevedere tassi d’interesse più bassi per stimolare e sostenere il rafforzamento dell’agricoltura familiare nel Paese. Resta inteso che c’è spazio per aumentare il trasferimento a questa categoria, che, come mostrato sopra, comprende il 77% degli stabilimenti agricoli brasiliani.

Inoltre, si osserva che, quando organizzato in cooperative, il movimento economico, sociale e politico dell’agricoltura familiare tende a rafforzarsi ancora di più, in accordo con quanto sostiene Gaiger (2021, p. 2): “uno dei ruoli storici dell’economia sociale e solidale (ESS) è legato alla conservazione dei sistemi di vita e delle organizzazioni socioeconomiche distinte dall’economia di mercato, costituendosi come società di persone, basate su relazioni sociali vincolanti”, guidate dal “principio di reciprocità, con il quale stabiliscono altri processi di produzione e circolazione dei beni”. Ci sembra che gli elementi costitutivi di base dell’agricoltura familiare si fondano e si confondano con i principi cooperativi, qualificando l’agricoltura familiare come una parte della ESS. Questo argomento sarà affrontato al meglio nella sezione successiva.

Le cooperative e la necessità di rafforzare le cooperative agricole familiari in Brasile

Nel XX secolo, secondo Silva et al. (2003), la letteratura indica una “fioritura della pratica cooperativa brasiliana” a partire dal 1932, dovuta, fondamentalmente, allo stimolo da parte dei poteri pubblici ad incoraggiare il cooperativismo identificandolo come strumento di ristrutturazione delle attività agricole. In questo senso, secondo gli autori: “in Brasile, le cooperative agricole, per tutta la prima metà del XX secolo, non solo si sono rivelate le più importanti in termini di volume d’affari, ma sono state anche le principali responsabili della diffusione del sistema di valori cooperativo nel paese” (Silva et al., 2003, p. 78). Tale massiccio sostegno da parte dello Stato ha assicurato che le cooperative agricole svolgessero un ruolo egemonico tra i vari segmenti cooperativi in Brasile (Silva et al., 2003; Sierra, 2013). Per avere un’idea, alla fine degli anni ‘80, rappresentavano, in relazione al totale delle cooperative in Brasile, il 93% delle entrate totali; 92% di tutti i fondi di sostegno e 77% del capitale totale delle cooperative (ECLAC, 1989).

Per quanto riguarda il riconoscimento legale del cooperativismo in Brasile, devono essere considerati due momenti fondamentali: a) l’emergere dell’Organizzazione delle Cooperative Brasiliane (OCB) nel 1969 e b) la promulgazione della legge 5.764 del 1971 - la “Legge generale delle cooperative”.

Nonostante il riconoscimento del contributo storico dell’OCB in termini di strutturazione del settore cooperativo in Brasile, vi è chi critica il fatto che esso sostenga un “nuovo” tipo di cooperativismo in Brasile, che privilegia le cooperative medie e grandi, sostenendo quindi una sorta di cooperativismo più “business” e pro-export, a scapito di un cooperativismo più “solidale” e connesso con l’agricoltura basata sulla famiglia e o ad argomenti come ESS, agroecologia, consumo consapevole, commercio equo e solidale ecc. Per Silva et al. (2006, p. 130) “il modello di rappresentanza unica adottato nel cooperativismo brasiliano ed esercitato dall’OCB è un’estensione del carattere autoritario delle classi economicamente dominanti, espresso, a quel tempo, dallo Stato dittatoriale, e il cui scopo era quello di controllare la struttura cooperativa, in un movimento binario dal carattere aggregativo e disaggregativo di interessi”.

Secondo Schneider (1981), la mancanza di rappresentanza dei piccoli produttori si verifica per il “carattere conservatore” in cui il cooperativismo è stato concepito e implementato nel Paese (“modello implementato dall’alto verso il basso”). In questa prospettiva, secondo Rios (1987), in Brasile, “c’è un cooperativismo d’élite e un cooperativismo con i piedi per terra; un cooperativismo legalizzato, alfabetizzato e finanziato e un cooperativismo informale, ‘senza legge e senza documenti’, non finanziato e persino represso. Il cooperativismo non è quindi ‘immune’ alla divisione della società in classi”.

Come ha sottolineato Alves (2019, p. 33), “la nostra condizione storica ha definito un’esperienza di cooperativismo che comprende diverse visioni e persino diversi ‘progetti’ di cooperativismo”. Da un lato, la “cooperativa di natura imprenditoriale” e, dall’altro, anche se con possibilità di alcune intersezioni, il “cooperativismo solidale”, che si centra su temi e preoccupazioni non solo relativi alla competitività economica, ma integra le dimensioni dell’inclusione socioeconomica, soprattutto dei gruppi economicamente più svantaggiati, nonché la difesa della produzione biologica e dei piccoli produttori.

La manifestazione di questa “divisione” inerente al cooperativismo brasiliano può essere visualizzata con l’emergere, nel 2014, dell’Unione Nazionale delle Organizzazioni Cooperative di Solidarietà (UNICOPAS), durante il Primo Incontro inter-organizzativo del cooperativismo solidale. UNICOPAS[2] riunisce le quattro maggiori organizzazioni nazionali di “cooperativismo solidale”: Centrale delle Cooperative e Imprese Solidali (UNISOL BRASIL[3]); Unione Nazionale delle Cooperative di Agricoltura Familiare ed Economia Solidale (UNICAFES[4]); Confederazione delle Cooperative di Riforma Agraria del Brasile (CONCRAB[5]) e Cooperative di Raccoglitori di Materiale Riciclabile in tutto il Brasile (UNICATADORES[6]). Attualmente UNICOPAS comprende circa 2.500 cooperative e 800.000 lavoratori, mentre l’OCB, nel suo ultimo Annuario (2020), conta con 5.300 cooperative, 15,5 milioni di soci cooperativi e 427.500 lavoratori.[7]

In questo senso, comprendere l’ampiezza e la complessità del movimento e dei settori cooperativi in Brasile richiede di tenere presente l’esistenza delle due modalità cooperative che presentano le loro intersezioni, ma anche le loro divergenze. Per quanto riguarda l’esistente divisione delle forme di agricoltura in Brasile, come sopra richiamato, c’è una quota maggiore di cooperative di agricoltura familiare, rappresentate da UNICAFES e CONCRAB, legate a UNICOPAS e non necessariamente all’OCB.

Su questo tema, è importante ricordare che esiste in Brasile un disegno di legge (PL) che sostiene l’espansione della sua rappresentanza cooperativa, oltre al l’OCB. Si tratta del PL 519[8] del 2015, che si occupa delle società cooperative e della Politica Nazionale di Cooperativismo, considerato uno dei principali progetti che riguardano il cooperativismo nel Congresso Nazionale. Questo PL, in sintesi, si riferisce alla revisione/modernizzazione di alcuni aspetti del Diritto Generale delle Cooperative (5.764, 1971).

Secondo Ribeiro (2019), il PL 519 propone adattamenti alle esigenze del settore, in particolare in relazione alla costituzione e al funzionamento delle cooperative, comprese le cooperative di solidarietà, al fine di garantire che la rappresentanza del sistema cooperativo non sia delegata unicamente all’OCB, ma sia attribuita anche a UNICOPAS. Secondo l’autrice, non vi è ancora alcun riconoscimento della rappresentatività del cooperativismo da parte delle cooperative di solidarietà a causa della legislazione attualmente in vigore, poiché la Legge Generale (5.764) indica solo l’OCB come un’organizzazione che ha questo ruolo. Pertanto, l’adeguamento proposto dalla PL 519 – che sostiene l’inclusione di UNICOPAS – porterà maggiore riconoscimento istituzionale all’istanza di rappresentanza delle cooperative di solidarietà.

Se tale proposta sarà approvata, garantirà certamente un canale istituzionale di rappresentanza di UNICOPAS e, di conseguenza, dei suoi centri collegati, consentendo una maggiore forza politica ed economica delle cooperative di agricoltura familiare. Secondo il Censimento Agricolo (2017), l’11,4% degli stabilimenti agricoli brasiliani (579,5 mila) sono associati a cooperative; una cifra superiore del 67,3% rispetto a quella registrata nel Censimento del 2006. In termini di superficie, le cooperative rappresentano 70,5 milioni di ettari, pari al 20% della superficie di tutti gli stabilimenti agricoli brasiliani, e il 70,6% degli stabilimenti associati alle cooperative ha una superficie compresa tra 1 e 50 ettari.

Del totale delle cooperative catalogate nel Censimento 2017, il 71,2% proviene da agricoltura familiare, circa 410.000 stabilimenti. Sebbene le cooperative rappresentino una percentuale relativamente piccola del totale delle imprese agricole in Brasile, si noti che, tra le cooperative, quelle di agricoltura familiare hanno una notevole partecipazione, rivelando la loro importanza e ribadendo la necessità di politiche per sostenere il loro rafforzamento.

Il punto di discussione successivo sarà relativo a come rafforzare il settore, questione che passa attraverso l’avanzamento del cooperativismo verso un’economia più sociale e solidale.

Le cooperative agricole familiari: un percorso solidale sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale

Secondo Alemán (2009), l’agricoltura familiare nel campo dell’ESS consente di migliorare la qualità della vita e il benessere delle persone, in modo socialmente co-costruito, per generare capacità locali che consentano alla comunità di godere delle proprie risorse. Inoltre, Motta (2007) sottolinea che l’integrazione tra agricoltura familiare e ESS può portare miglioramenti dal punto di vista dell’accesso a circuiti alternativi di vendita, di produzione e di consumo, cosa fondamentale per garantire l’indipendenza degli attori delle cooperative agricole familiari. Questa percezione è ancorata alla diagnosi che “la dipendenza dalle grandi imprese, i prezzi internazionali e la limitata disponibilità del pubblico dei consumatori per i loro prodotti lasciano gli/le agricoltori/trici in una posizione dominata (di inferiorità)” (Motta, 2007, p. 82).

Un altro aspetto è che la piccola scala dell’agricoltura familiare è compatibile con pratiche agricole che non sono dannose per l’ambiente.

Secondo Assis (2005), negli anni ‘70 sorge il termine “agricoltura alternativa al modello convenzionale”, con una visione legata al tema della sostenibilità, divenendo la base concettuale per i vari metodi dall’agroecologia. Secondo León (2019) la scienza ambientale studia le complesse interrelazioni tra ecosistemi e culture umane e l’agroecologia è la scienza che studia la struttura degli agrosistemi dal punto di vista ecologico e culturale. Secondo Wezel et al. (2009) l’agroecologia ha tre aspetti: scienza, pratica e movimento sociale. Torres e Silva (2016), affermano che l’agroecologia è legata all’agricoltura familiare, perché, tra gli altri fattori, richiede un maggior grado di intervento umano. Inoltre, data la sua scala più umana e locale, è compatibile con forme di vita che cercano alternative all’attuale modello di consumo insostenibile, come il “buen vivir” (Diedrich et al., 2021).

Il fatto che l’agroecologia sia, allo stesso tempo, una pratica e un movimento sociale e politico, facilita l’organizzazione dei produttori per la creazione di reti per la promozione commerciale e lo scambio di competenze. L’organizzazione di cooperative solidali è un percorso possibile all’interno di questo quadro.

Oltre ai vantaggi produttivi, l’organizzazione in cooperative consente guadagni dal punto di vista commerciale. Mira et al. (2018) osservano che i meccanismi commerciali sono molto più vantaggiosi per gli agricoltori, i consumatori e l’ambiente di quanto non si osservi negli ambienti di produzione e commercializzazione tradizionali, dati i pilastri della produzione cooperativa e di autogestione, insieme ai concetti di sostenibilità e commercio equo e solidale che caratterizzano l’ESS. Nella stessa direzione, Motta (2007) afferma che l’inserimento della cooperazione nell’agricoltura familiare, orientata dal punto di vista dell’ESS, porta possibilità molto più ampie rispetto ai soli vantaggi produttivi o di marketing, poiché consente agli/alle agricoltori/trici familiari di “liberarsi” da intermediari o grandi aziende che di solito si appropriano di parte della ricchezza generata, fornendo un contatto diretto con il pubblico dei consumatori.

Così, come hanno sottolineato Lima e Locatel (2012), pensare a meccanismi di commercio equo e solidale per le cooperative di agricoltori familiari può contribuire in larga misura a superare le sfide della produzione, della distribuzione e del consumo del settore, specialmente in un Paese caratterizzato dall’estrema concentrazione di reddito, da disuguaglianza ed esclusione sociale, come nel caso del Brasile. Connettere e rafforzare le cooperative di agricoltura familiare, attraverso cooperative di solidarietà, è estremamente rilevante per affrontare le sfide e per l’espansione delle condizioni di investimento per la produzione e la commercializzazione dell’agricoltura familiare, non solo in Brasile, ma anche in altri Paesi.

Inoltre, una maggiore integrazione tra reti di cooperative agricole familiari è una pratica pedagogica permanente per la promozione e l’articolazione politica di questo modello di produzione, consumo e relazione tra le persone, al fine anche di rafforzare la pressione per la creazione di politiche pubbliche efficaci rivolte a questo segmento.

L’esistenza di reti cooperative tende, poi, ad essere positiva per lo scambio di conoscenze sui metodi dell’agroecologia e la generazione di innovazioni da applicare nel settore. Università e istituti di ricerca possono collaborare a questo percorso.

Secondo Marques (2010), ci sono connessioni e sensibilità convergenti tra quanto viene affermato sulla sovranità alimentare, la protezione dell’agricoltura locale e, quindi, l’importanza di rafforzare le cooperative agricole familiari. Questa affermazione “favorisce la mobilitazione innovativa, fruttuosa e integrata di temi come l’agroecologia, la filiera alimentare corta, l’agricoltura familiare, la multifunzionalità dell’agricoltura e lo sviluppo territoriale” (p. 13).

Una lotta importante del movimento che sostiene l’agricoltura familiare risiede nelle misure e nelle azioni per rafforzare la PAA e il Piano Nazionale per l’Alimentazione Scolare (PNAE[9]) attraverso acquisti istituzionali. Da un lato, gli alimenti locali sono garantiti alle varie istituzioni pubbliche nei comuni (come ospedali, scuole, scuole materne, case di cura, ecc.) e, dall’altro, si promuovono l’attività produttiva e di commercializzazione delle cooperative di agricoltori familiari.

Altre misure per migliorare le condizioni operative del settore si riferiscono alla già menzionata approvazione del PL 519, agli aspetti relativi agli ostacoli nella legislazione brasiliana per la commercializzazione dei prodotti artigianali, che potrebbero considerare la formalizzazione di questo tipo di prodotti attraverso altri standard di certificazione (Smeraldi, 2021). Ciò potrebbe aumentare il valore aggiunto generato dal settore. Tali misure sono intese come rafforzamento dell’ecosistema per le cooperative agricole familiari nei rispettivi territori (Morais, Bacic, 2020).

Considerazioni finali

In un momento difficile per l’umanità, data la crisi ambientale e la pandemia da Covid-19 e i suoi impatti socioeconomici, le cooperative di agricoltura familiare, sia nei loro aspetti produttivi che sociopolitici, costituiscono uno strumento rilevante per far fronte a questa realtà. Queste cooperative, quindi, consentono lo sviluppo di un sistema produttivo sostenibile che aiuti a mitigare gli effetti della crisi climatica, oltre a garantire, per una parte della popolazione, la sicurezza e la qualità degli alimenti e la generazione di lavoro e reddito, rafforzando i legami sociali. Poiché si tratta di un settore ad alta intensità di lavoro, esso può contribuire all’aumento del reddito di parte della popolazione e offrire cibo sano, implicando una diminuzione dell’insicurezza alimentare.

Tuttavia, ci sono ancora grandi sfide per questo settore, che sta vivendo difficoltà di finanziamento, di accesso alla tecnologia, ai mercati, alle politiche pubbliche, alle conoscenze in ambito gestionale, ecc.

C’è un ampio percorso che può essere intrapreso per sostenere l’agricoltura familiare e la formazione di cooperative, dall’adozione di provvedimenti legislativi, allo sviluppo e la diffusione di pratiche e il sostegno alle università, agli istituti di ricerca e di estensione rurale e alle reti di produttori più mature. Il Brasile ha una vasta rete di istituti di ricerca e di estensione rurale che potrebbero vedere le loro attività sostenute dall’approvazione di una legislazione più favorevole, nonché da migliori meccanismi di finanziamento. Sembra auspicabile la co-costruzione di programmi di insegnamento, ricerca ed estensione nelle università che possano contribuire a rafforzare il cooperativismo di agricoltura familiare, al fine di discutere e affrontare i problemi reali che affliggono il settore. Inoltre, con le attività delle cooperative e delle reti di produttori, si potrebbe costruire un solido ecosistema di innovazione e sostegno alle imprese agricole familiari.

DOI: 10.7425/IS.2022.01.07

Bibliografia

Abramovay R. (1998), Paradigmas do capitalismo agrário em questão, Hucitec, Campinas.

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Note

  1. ^ Tasso di cambio del 2 agosto 2021, USD 1 = R$ 5.13 (https://www.bcb.gov.br/).
  2. ^ Somos a União Nacional das Organizações Cooperativistas Solidárias (UNICOPAS), criada em 2014, no Distrito Federal.
  3. ^ UNISOL Brasil.
  4. ^ UNICAFES.
  5. ^ UNICATADORES se integrará à UNICOPAS.
  6. ^ UNICAFES: quem somos.
  7. ^ Acesse o Anuário do Cooperativismo Brasileiro 2020.
  8. ^ Disponibile qui.
  9. ^ Sobre o PNAE. O que é?
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